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Autore: scImMIA    28/07/2009    1 recensioni
Il pianeta Vegeta non è mai esploso ma per i saiyan non è che vada tutto rose e fiori ... c’è qualcuno infatti che vuole far loro la pelle e per giunta conoscono anche chi è costui.
Storia partecipante alla Sfida indetta in Writers Arena
Nota per i lettori: dimensione carattere +1 ... ora dovreste riuscire a leggere senza difficoltà
Genere: Generale, Azione, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altri, Bardack, Vegeta
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Personaggi:Goku, Vegeta, Radish, Bardack, Re Vegeta, Nappa, Freezer, Zarbon, Dodoria, Bulma, Yamcha, Muten ... oh, troppi XD

Disclaimer: Personaggi, luoghi e nomi e tutto ciò che deriva dalla trama ufficiale da cui ho elaborato la seguente storia, non mi appartengono ma sono di proprietà di Mr. Akira Toriyama ( con in aggiunta la Toei Animation) che ne detiene tutti i diritti sia per quanto riguarda sia l’opera cartacea che per quella video ludica. Quest’opera non è stata scritta a scopo di lucro e, viceversa, gli elementi di mia invenzione, non esistenti nella trama originale di “Dragon Ball” e “Dragon Ball Z”, appartengono soltanto a me.


Credits: Saranno svariate le battute che troverete lungo la storia che sono state riprese dallo scritto originale e, poiché mi sarebbe impossibile elencarle tutte poiché ne tralascerei sicuramente qualcuna per strada, enuncerò soltanto i volumi dal quale sono state tratte. I manga in questione sono quelli di “Dragon Ball: Perfect Edition”: n° 08, n° 15, n° 17, n° 18 e n° 20 se non erro. Ulteriori battute, non presenti nell’opera stampata, sono state invece estrapolate dall’anime trasmesso svariate volte in televisione e dall’opera autoconclusiva (Movie) “Dragon Ball: Le origini del mito”.


Note dell’autore: Questa storia in origine era fatta da un unico capitolo ma, visto che la mole era esosa, ho deciso di dividere in più pezzi il lavoro.Le parti avranno all'incirca la medesima lunghezza pertanto, capirete con che tipo di testo andrete ad incappare. Comunque ... Hem, mettetevi comodi, ne avrete per un po’ ^-^”


Introduzione alla Fan’s Fiction: Il pianeta Vegeta non è mai esploso ma per i saiyan non è che vada tutto rose e fiori ... c’è qualcuno infatti che vuole far loro la pelle e per giunta conoscono anche chi è costui.





WE WISH







La notte era stata tremendamente fredda quella volta, forse persino insostenibile per creature normali ma per coloro che invece sentivano nelle proprie vene il sangue guerriero, quella non era altro che una nottata come tantissime altre. Tali personaggi si notavano su di quello spiazzo metallico poiché il confronto, e le consequenziali differenze con altri soggetti, rendevano il risultato di una semplicità impressionante: se i primi, temerari e valorosi, attendevano con una baldanza quasi arrogante l’arrivo di altri elementi dal carattere a loro simile, altri invece avrebbero tremato come foglie dinanzi a loro se non fossero stati spalmati con un senso del coraggio da un essere che avrebbe messo terrore persino a quegli sbruffoni.
Le numerose lampade che erano state applicate a tempo debito su tutto il perimetro della struttura, illuminavano a dovere la scena facendo quasi alludere agli stolti che in realtà fosse giorno. Ma benché tale paesaggio avrebbe potuto ingannare l’occhio più pigro, anche il più grande asino del luogo avrebbe compreso che non era né notte né dì … forse perché, semplicemente, quell’inferno di metallo non ruotava attorno ad alcuna stella. O forse, altri di maggiore spessore, avrebbero affermato con presunzione sottile che in realtà alcun elemento spaziale aveva anche solo il coraggio di avvicinarsi ad esso per terrore di intravedere l’oscuro signore.

Numerosi tecnici dalla pelle verdastra e dall’aspetto ridicolo iniziarono a fare i primi controlli della situazione d’onde evitare inutili e fastidiose disgrazie: alcuni controllarono il gonfiaggio dei cuscini di atterraggio, altri si attrezzarono con preziosi telecomandi per aggiustare dalla distanza la traiettoria degli elementi in arrivo. Nel frattanto altri esseruncoli ancora cercavano inutilmente di far allontanare gli arroganti personaggi poiché proprio questi sembravano invece sempre più intenzionati ad essere i primi della fila, come se fossero stati bambini viziati in attesa di entrare in un qualche luogo speciale.
“Stò ricevendo un segnale” mormorò il capo degli addetti della scientifica “La navicella numero tre mi ha confermato che saranno qui tra pochissimo, hanno in visuale il pianeta” terminò poi spingendo maggiormente la cuffia sull’orecchio dalla forma appuntita. Un altro alieno dal colorito violaceo, ma con una struttura facciale che ricordava seriamente quella di un teschio deforme, alzò gli occhi alla volta nera e poggiò una mano alla fronte come per aumentare la propria capacità visiva “E’ vero, si intravedono persino i bagliori adesso. Manca poco”. Un soggetto ombroso poggiato alla fredda parete della grande struttura, mantenne le braccia conserte e non alzò gli occhi al cielo fino all’ultimo. Soltanto quando quello che pareva un fidato collega lo intimò di osservare egli stesso cosa fosse in arrivo, l’uomo mosse il capo mantenendo il piglio serio. “1 ... 2 ... 3 ... 4 ...” iniziò a contare per poi fermarsi non vedendo altre luci nell’ombra. I pochi simili presenti, che avevano anch’essi contato mentalmente assieme al collega, rimasero ammutoliti come questi. Rimasero silenziosi persino quando le quattro navicelle dalla forma sferica precipitarono con tutta la loro spinta sui morbidi cuscini di frizione e poi scrutarono con irritazione gli estranei che scivolavano fuori dalle pallette come serpi. Mentre erano in corso i tediosi saluti da parte dei tecnici con gli arrivati, il piccolo gruppo degli elementi seriamente sgraditi si riunì attorno a quello che pareva il personaggio più serio del gruppo mentre un singolo elemento, grande come un armadio ma con una faccia che si discostava un po’ dal broncio tipico della razza, si allontanava un secondo in cerca di spiegazioni. Quando quest’ultimo fu di ritorno, gli altri si sentirono dire le medesime espressioni che da troppo tempo si facevano udire in quel postaccio: “Non ce l’hanno fatta” mormorò il grande Toma con un’aria tutt’altro che convinta in volto “Mi hanno detto che sul pianeta Zlot c’erano dei validi combattenti e che sono morti con dignità”. Il gigante incrociò le braccia al petto e sospirò chiudendo gli occhi. Il capo tacque ma qualcun’altro parlò a sproposito al posto suo “Non è possibile, scommetto che Totapo si sarà fermato a ingozzarsi come suo solito! Non si sarà fatto di certo battere da quelle salamandre da quattro soldi!” borbottò con fare arrogante il grassoccio Panbunkin mantenendosi sempre alla destra del superiore che manteneva la sua posa inflessibile. “Anch’io non ci posso credere ...” iniziò l’unica donna del gruppo “E poi è risaputo che su Zlot non ci sono degli avversari così temibili!”. Seripa si zittì e mise le mani ai fianchi, rimanendo in attesa che Bardack si pronunciasse in un qualche modo, in qualsiasi modo. Il saiyan dagli scaldamuscoli color del sangue si limitò ad allontanarsi da quel luogo senza osservare i compagni. Questi, forse più per fedeltà che per curiosità, lo seguirono senza fiatare fino a che non raggiunsero le loro navicelle monoposto che possedevano il medesimo aspetto di quelle che erano atterrate poco prima. Bardack aprì il portello curvo mediante un piccolo telecomando e si accomodò sulla poltrona in pelle che si trovava all’interno della sfera, si sporse fuori con la testa prima di richiudere il pannello “Panbunkin, tu rimani qui e avvertimi immediatamente se per caso dovessero arrivare altre navicelle da Zlot. Voialtri seguitemi, torniamo su Vegeta”. Il tarchiato alieno rimase piantato dove stava mentre scrutava con irritazione i suoi amici che se ne andavano lasciandolo in quel posto che mal sopportava. Le navicelle, dopo un sonoro boato, spiccarono alla volta dell’infinito allontanandosi dal pianeta dell’odiato chealing.
“Uffa ... detesto aspettare” sbuffò il barilotto rimanendo, come ordinatogli, ad attendere.




“Dimmi Bardack, tu cosa ne pensi di tutta questa storia? Credi davvero che Totapo sia stato eliminato da uno di Zlot?” la voce di Seripa si udì gracchiante nell’abitacolo del capogruppo. Nonostante i saiyan fossero validi guerrieri e contribuissero in maniera evidente all’espansione del tiranno Freezer, il viscido soggetto non aveva mai concesso loro alcun privilegio. Considerati alla stregua di schiavi, il popolo natio del pianeta Vegeta, non aveva il benché minimo diritto dinanzi al potere dell’albino e dei suoi scagnozzi, pertanto non era loro concesso nemmeno il lusso di avere delle navicelle perfette. Bardack continuò ad osservare fuori dall’oblò di vetro rosso alla ricerca di una qualche stella conosciuta ma poi, quando comprese distrattamente di non essere realmente interessato alla questione stellare, rispose lapidario all’amica “No. Ora lasciatemi dormire”. Il saiyan spense la radio di comunicazione. Sentire parlare continuamente di quella questione non gli piaceva per niente ... e non perché era stato mandato all’altro mondo un suo amico, ma perché la questione si stava ripetendo da troppo e, visto che comunque avrebbe dovuto parlare dell’accaduto con un elemento particolare, non trovava sensato riferire continuamente, ad ogni saiyan che lo incrociava, la propria versione dei fatti. Mentì spudoratamente sul dormire: durante tutto il viaggio infatti non chiuse occhio.




Dopo l’atterraggio su Vegeta, i guerrieri Toma e Seripa si eclissarono lentamente comprendendo di non essere d’aiuto o comunque ben accetti nel luogo che avrebbe invece dovuto raggiungere il capogruppo. Bardack si incamminò con flemma al grandioso e oscuro palazzo che s’ergeva poco distante, simbolo del potere reale e della famiglia più potente dell’intero pianeta. La figura orgogliosa del saiyan, ben conosciuta a corte sia per fama che per affidabilità, gli permise di oltrepassare rapidamente i cancelli e le varie porte del grande castello facendogli così raggiungere il grandioso salone nel quale Vegeta, il Re dei saiyan, attendeva pazientemente. Appena entrato nel gigantesco luogo, Bardack si inginocchiò in segno di devozione e iniziò a percorrere tutta la navata soltanto dopo il consenso del proprio signore. Camminare su di quel tessuto rosso, simbolo di potere e ricchezza, significava molto per una terza classe qual’era.
“Allora ...” iniziò con voce potente il Re mentre con una mano guantata si accarezzava la barba “... Cosa mi vieni a raccontare questa volta?” terminò poi facendo allontanare i saiyan che secondo i suoi gusti gli erano troppo vicini. Bardack si inginocchiò nuovamente e rimase in quella posizione, con il viso rivolto vero il basso, per riferire il suo spiacevole messaggio “Oggi altre quattro navicelle contenenti saiyan non hanno fatto rientro” nella sala iniziò ad alzarsi un vociferare inquieto “Anche Totapo, un valido membro della mia squadra, è stato eliminato durante la missione. Francamente dubito che la sua morte sia opera di uno di Zlot”. Re Vegeta, udendo il nome del pianeta e ricordando le caratteristiche del medesimo luogo, comprese che le insinuazioni dell’altro potevano essere tutt’altro che inesatte. Qualcuno aveva eliminato i saiyan per conto di terzi, questo era fuori discussione. E ormai sembrava palese chi fosse l’artefice di tale scempio.

“Ho capito ...” Vegeta si alzò in piedi con una fermezza che spinse Bardack a rimirare la sua figura piena di eleganza “Chiama a rapporto Onny, Pharlic, Curgotte e Abergn. Comunica loro che si devono presentare qui tra tre ore. Tu sei incluso al richiamo. Ora vattene”. Bardack non se lo fece ridire due volte, memorizzò tutti i nomi facendo passare nella propria mente il viso di quei personaggi già conosciuti in passato, si alzò accennando un ultimo inchino e si allontanò. A metà percorso però si fermò nuovamente risentendo la voce del proprio signore che lo richiamava con voce penetrante, si voltò per non mancargli di rispetto. “Vedi di non spargere troppo la voce” si raccomandò il regnante per poi lasciare in libertà il guerriero.

Bardack cercò immediatamente le persone richieste e riferì loro il medesimo messaggio attraversando più volte il paese ed entrando di volta in volta in settori adibiti alle classi superiori alle quali non apparteneva, dopodiché si dileguò nella propria bettola, situata ai confini del paese, per riposarsi seriamente prima di ritrovarsi nuovamente circondato da altre seccature. La creatura che gironzolava per casa non venne nemmeno degnata di uno sguardo poiché la figura del guerriero dalla zazzera scompigliata si diresse direttamente nelle proprie stanze chiedendosi soltanto cosa si sarebbe deciso poche ore dopo.

I saiyan morivano uno dopo l’altro sotto le mani di esperti assassini mentre omuncoli ben più deboli rimanevano illesi ... oramai le cifre che si aggiravano erano spaventose per un popolo che per anni guardava in faccia alla morte ogni giorno senza però mai farsi sfiorare dal suo tocco gelido ... quindi, che cosa avrebbe escogitato il Re Vegeta per fermare il lento sterminio della razza saiyan?
Si disfò della corazza logora e sporca e degli indumenti maleodoranti, impregnati dell’odore di sangue e sudore. Sbatté tutto a terra, sul pavimento sfatto del minuscolo bagno immergendo poi il proprio corpo, ricoperto di cicatrici, nell’acqua gelida di una insignificante vasca da bagno. Si lavò rapidamente, senza utilizzare alcun prodotto che servisse per togliere di mezzo maggiore murcia, senza prestare la minima attenzione al leggero scalpiccio che di tanto in tanto si udiva oltre la soglia. Quando il severo guerriero uscì dal buco adibito a toilette, si abbandonò pesantemente sul suo sgualcito giaciglio senza nemmeno procurarsi un indumento, per nulla preoccupato dell’effetto che avrebbe potuto fare su altri. Si addormentò, inquieto, ripensando nuovamente alle battaglie, nuovamente alla morte.




Non era di famiglia l’abitudine alla conversazione, pertanto, se non era espressamente richiesto dal genitore, il bambino rimaneva tendenzialmente zitto come se non avesse nulla da dire. Quando però si ritrovava fortuitamente a casa allo stesso momento del genitore, non gli sarebbe dispiaciuto mostrargli i suoi progressi e comunicargli quali ideuzze gli erano balzate in quella sua testolina capelluta per riuscire maggiormente negli scontri. L’insegnamento e il senso di rispetto però, lo obbligavano a non comportarsi come un bambino appiccicoso e rompiscatole perciò si ritrovava costretto a mantenere le distanze ... eventualità che di certo non faceva migliorare i legami. Il padre si era diradato nei suoi spazi senza dargli la minima attenzione e, sentendo il russare profondo di Bardack, Radish comprese che suo padre stava dormendo nella grossa. Il bambino, che come aspetto ricordava molto più un signorino delle scimmie per colpa della massa voluminosa di capelli rispetto a molti altri, si ritrovò combattuto a decidere se svegliare il dormiente o meno. Lo shouter che Bardack aveva infatti abbandonato nel pulcioso salotto, emetteva continui richiami sonori ad intervalli assillanti e regolarissimi. Dopo numerosi minuti però, Radish decise che se la conversazione richiesta era così insistente, ci dovesse essere qualcosa di importante. Inoltre sarebbe stato fortemente irrispettoso da parte sua ascoltare la conversazione in veci del genitore che se la dormiva bellamente ... ciò però non sarebbe successo, il piccolo infatti non era in grado di utilizzare quell’aggeggio. Con le piccole mani già ricoperte di graffi e calli, afferrò l’indicatore suonante, bussò alla porta del proprietario di casa e senza attendere alcuna risposta varcò la soglia dell’umile camera da letto. “Padre” mormorò soltanto comprendendo che il genitore si era già svegliato e che dai mugolii sembrava nuovamente irritato. Nonostante il genitore fosse totalmente nudo, si avvicinò più deciso che potè, attese che Bardack si voltasse pancia all’aria e che lo guardasse negli occhi. Radish gli allungò lo shouter e si defilò appena il padre ebbe afferrato l’arnese. L’interesse per il figlio portò Bardack a non osservare nemmeno la porta che si chiudeva alle sue piccole spalle. L’uomo si sistemò lo shouter all’occhio sinistro e spinse il bottoncino sul fianco che permetteva la conversazione “Dimmi” mormorò secco sapendo chi vi era dall’altra parte. Panbunkin, che risiedeva ancora sul pianeta di Freezer, non si sorprese affatto, osservò per un’ultima volta la navicella dalla quale era uscito un particolare personaggio e prese a parlare “Bardack, proprio poco fa è atterrata la navicella di Dodoria. Ho saputo che veniva da Zlot ...” si fermò un attimo prima di riprendere il discorso mentre con una mano si lisciava i baffetti “Da quel che mi ricordo, l’ultima volta hanno aspettato almeno un giorno prima di tornare alla base ...”. Il saiyan nudo si mise seduto sul giaciglio e poggiò entrambi i gomiti sulle ginocchia osservando con occhio critico l’insulso comodino che era parallelo al letto “Evidentemente Freezer vuole accorciare i tempi. Forse ha già capito che sospettiamo di lui e quindi gli sembra stupido mascherare troppo le azioni dei suoi leccapiedi” lo sguardo venne attirato dal fascio di luce che proveniva dalla stanza adiacente e che faceva il suo ingresso sotto la porta malmessa. Con la vista attenta riuscì a capire che un individuo origliava al di là della soglia ... se ne disinteressò dando mentalmente dello stupido a quell’esseruncolo e tornando immediatamente al suo daffare “Al Re serviranno anche queste informazioni, anche se non sembrano, sono utili. Puoi fare rientro su Vegeta”. L’altro ringraziò rapidamente e chiuse la comunicazione. L’apparecchio venne staccato con una certa pigrizia dall’orecchio e lanciato malamente sul comodino poco distante. Bardack si buttò nuovamente sul letto cosciente che il momento dell’incontro era ancora lontano e che quindi si sarebbe potuto riposare ancora un po’ nonostante lo spirito del pigrismo fosse quasi totalmente sparito. Si grattò con goduria i genitali al vento poi portò le mani dietro la nuca, alzò un po’ la testa e constatò che il figlioccio era ancora nei pressi dell’uscio. Prima che questi si allontanasse lo richiamò a sorpresa “Radish!”. Il monello sembrò saltare per la sorpresa, l’ombra agitata sotto la porta evidenziò lo stato d’animo mettendolo ben in evidenza al genitore. “Svegliami tra un’ora esatta e non azzardarti a disturbarmi ancora!” disse repentorio all’insegna del bambino che si limitava a rispondere con degli umili “sì”. Poi, non ancora soddisfatto, aggiunse dell’altro “Se ti scopro un’altra volta a spiarmi ti faccio fuori. Non sopporto i vigliacchi che si nascondono! Spero di essere stato chiaro”. “Sì, vi chiedo perdono. Non accadrà più” Radish si allontanò da quella porta e non le si avvicinò se non un’ora dopo come ordinatogli.
Nel silenzio di quella insulsa casetta, fatta quasi di soli rottami, il pigro di turno aveva udito chiaramente che il figlio se n’era andato chissà dove poco dopo la paternale. Senza apparente interesse, si voltò dall’altra parte, voltando la fronte al freddo muro, riprendendo il pisolino.
No, in quella famiglia la conversazione era pressoché assente.




Mentre altri saiyan erano intenti ad ubriacarsi in bettole sfasciate e a ingozzarsi come porci in luoghi alla mano mentre differenti scimmie erano abituate a fornicare con donnacce dalle razze più disparate, i soggetti richiesti dal grande Re Vegeta erano seduti a panciolle attorno a un grande tavolo del castello in attesa dell’arrivo del sovrano. Mentre soggetti chiacchieroni come Pharlic e Abergn discutevano sui bilanci della società poiché questi, essendo di seconda classe, si occupavano di tale settore; una prima classe quale Curgotte si limitava al silenzio così come Bardack, unica terza classe convocata. Onny, altro saiyan di seconda classe convocato in quella sala sfarzosa, non si era presentato all’appuntamento. Il motivo era sconosciuto ma, quando Re Vegeta fece il suo elegante ingresso e chiese il perché dell’assenza, sembrò poco interessato all’accaduto e quindi, dopo essersi seduto sulla scrana di maggiore rilievo, diede inizio alla riunione. Il sovrano afferrò i due fogliacci che distavano poco lontano da lui e li adocchiò severamente, come se li dovesse incenerire con lo sguardo. Memorizzò le cifre dei defunti che erano state scritte e poi lanciò a poca distanza gli scritti, come se non avessero avuto il benché minimo valore. Poggiò i gomiti alla superficie lignea e incrociò le dita delle mani tra loro, osservò tutti i presenti negli occhi mantenendo il silenzio. Davanti a un essere così potente, tutti gli ospiti percepirono qualcosa nell’aria di fortemente spiacevole, come uno spirito incollerito. “Allora ...” iniziò il Re con una voce quasi ironica “... Che cosa stà accadendo secondo voi?”. Curgotte, forse poiché maggiormente vicino al suo signore come livello sociale, si trovò in diritto di parlare per primo “E’ chiaro come il sole mio signore: Freezer ci stà distruggendo, ci stà eliminando uno dopo l’altro!” chiuse con forza le mani ricoperte da quei guanti blu “Se non facciamo qualcosa ci ritroveremo alle spalle al muro più di quanto siamo già”. Abergn, un uomo molto alto ma apparentemente poco robusto, sembrò più che altro attratto dalla folta barba della prima classe, la fissava ardentemente mentre parlottava con la sua vocetta acuta “Freezer ha oramai risorse pressoché infinite ma comprende che il nostro lavoro gli è fortemente utile in fondo ... siamo noi infatti che gli forniamo gli ingressi migliori. Forse è per questo che ha deciso di eliminarci un poco alla volta, per non intaccare drasticamente il suo conto”. Alla fine dell’affermazione il saiyan continuava a fissare la barba … forse perché lui, al contrario di Curgotte, era calvo e completamente senza peluria in volto. “Io non sono d’accordo” affermò Pharlic che era al fianco del secondo “Io ho sentito che in realtà quella serpe ci teme, perché se fossimo uniti potremmo mettergli seriamente i bastoni tra le ruote. Freezer ha paura di noi, per questo ci stà facendo fuori!” esclamò con una certa rabbia prima di battere un pugno sul tavolo senza però incrinarlo. Re Vegeta rimase impassibile, voltò gli occhi verso l’unico che non aveva ancora pronunciato parola “E tu terza classe? Nulla da rettificare?”. Bardack parve rifletterci, poi fissò il suo Re cosciente che non si sarebbe potuto esprimere come desiderava “Anch’io penso che Freezer ci temi in qualche modo. Benché singolarmente non siamo in grado di fargli nemmeno un graffio, forse insieme avremmo la forza di danneggiarlo. Ma è logico che se ci elimina lentamente e in questo modo, se poi volessimo unirci non saremmo abbastanza numerosi per contrastarlo”. Curgotte aggiunse dell’altro “Ha ragione, e inoltre, da quanto è stata affidata alle truppe di Freezer la scelta delle squadre da mandare all’attacco, mi sono accorto che più di una squadra saiyan è stata smantellata e spedita in parti diverse con emeriti sconosciuti”. “Infatti ...” ritornò a parlare Bardack attirando l’attenzione della prima classe che l’aveva bloccato “Di recente uno della mia squadra è stato spedito assieme ad altri saiyan su di un altro pianeta lasciando invece noi altri fermi a braccia conserte. Prima di questa decisione noi ci muovevamo e facevano tutto da soli sapendo già come lavorare”. Abergn, che fino a quel momento non aveva detto nulla di convincente, incrociò le braccia al petto e chiuse gli occhi “E’ logico che se qualcuno vedesse la situazione penserebbe che le morti siano dovute alla mancata organizzazione e che quindi la colpa cadrebbe solamente su di noi stessi poiché appariremmo come elementi disorganizzati. Forse è proprio questo che Freezer vuol far credere”.
Re Vegeta tacque. Dopo alcuni secondi si alzò in piedi e si indirizzò ad una delle grandi finestre che davano una splendida vista sulla città sottostante. Il sovrano scrutò lo scenario impassibile e incrociò anch’egli le braccia al petto così come avevano fatto molti dei presenti. Respirò profondamente. “Io ho acconsentito alla scelta mista dei guerrieri poiché ero, e sono ancora convinto, che noi, popolo dei saiyan, siamo in grado di adattarci a qualsiasi situazione e che pertanto sarebbe stato impossibile che intere squadre venissero disintegrate solo per colpa della sorpresa delle accoppiate” Vegeta proseguì a mostrare le spalle ai presenti “Freezer vuole farci credere questo ma se pensa che noi possiamo cadere in una scusa simile, si sbaglia di grosso. Come avete potuto constatare voi stessi, persino la terza classe e cosciente di ciò che stà accadendo”. Nonostante Bardack, unico presente di simile rango, venisse preso in causa come se fosse il pezzente di turno, non se la prese minimamente poiché era per lui un onore essere al cospetto del suo Re essendo di così infimo livello. Vegeta proseguì “Siamo troppo deboli rispetto a Freezer, è palese, ma non intendo farmi schiacciare in questo modo, ne và del mio orgoglio” il sovrano si voltò lasciando volteggiare il largo mantello, segno del suo lignaggio “Visto che come singoli non siamo all’altezza e come numero non siamo sufficienti, ordino seduta stante che vengano recuperati tutti i saiyan spediti in altre galassie e che vengano portati qui!”.
“SISSIGNORE!!” riecheggiò nella stanza appena illuminata. Tutti i saiyan si alzarono in piedi e si inchinarono dinanzi al loro padrone consanguineo. Bardack però, al quale venne un dubbio a riguardo, si espresse immediatamente prima che il regnante si ritirasse “Re Vegeta!” lo richiamò senza mancargli di rispetto mantenendo il capo chino “Ho una domanda da porle”. Il saiyan dai folti capelli a fiamma lo squadrò con un sorrisetto sul volto “Sentiamo” proferì schietto come per invitare l’altro a fare in fretta. Bardack non si trattenne “Tempo fa il mio secondogenito è stato mandato su di un pianeta lontano. Non dico che non si potrebbe recuperare, ma se ci penso potrebbe risultare troppo piccolo per essere d’aiuto. Come ci dobbiamo comportare per situazioni simili?”. Pharlic, Curgotte e Abergn rimasero zitti. Evidentemente la terza classe non aveva fatto una domanda così stupida come quelli delle casate superiori si aspettavano. Il Re rispose prima di sparire alla vista dei saiyan “Recuperateli ugualmente” aveva detto “Penseremo al loro addestramento intensivo una volta che saranno arrivati, solo allora risulteranno d’aiuto. Per ora limitatevi a spostarvi pochi per volta senza dare nell’occhio”.
“Sissignore”.




Quel postaccio puzzava tremendamente di alcool e presso i gabinetti tale odoraccio si avvicinava maggiormente a quello del vomito. Quei pochi saiyan che come deboli femminucce non riuscivano a trattenere in corpo quegli intrugli fantastici, correvano in bagno a riversare i loro succhi nella speranza di non ritrovare anche le budella in fondo ai cessi. Nonostante questi pietosi soggetti, perlopiù energumeni tutti muscoli e niente cervello, fossero paragonati a donnette senza spina dorsale, una delle poche lady presenti invece dimostrava con orgoglio che ella stessa poteva tener testa anche agli scimmioni più grezzi. Seripa appunto, dall’attimo in cui si era messa seduta, non aveva smesso un solo istante di bere. Dopo aver trangugiato un calice di brodaglia ne chiedeva immediatamente un altro e poi un altro ancora sotto lo sguardo perplesso e allibito di Toma che a confronto sembrava una delle donnette citate poco fa. I due saiyan si erano posizionati in quel divanetto blu da quando erano giunti sul pianeta Vegeta ma, prima di impregnarsi come spugne, avevano mangiato come maiali fino ad avere la pancia piena, il che per un saiyan è tutto un dire ... immaginarsi anche solo la scena sarebbe fatale. I due, presi dall’ebbrezza, avevano brindato più volte in memoria dell’amico scomparso e in quel momento, in cui la conversazione era più che altro basata su rutti che parole, i saiyan attendevano solamente l’arrivo di qualcun altro per fare altre inutili chiacchiere. Bardack, terminata la riunione, entrò proprio in quel locale sapendo che vi erano i suoi amici poiché era un luogo di amichevole riunione.
“Hei Bardack” lo salutò Toma con un’espressione serena “Ti vedo più sfatto di stamattina, che hai combinato?” domandò poi vedendo l’amico sedersi pesantemente sulla seggiola vicina e poi sbattere con nonchalance la fronte al tavolino bianco. Bardack farfugliò qualcosa di incomprensibile. “Eh? Ma che stai dicendo?” domandò nuovamente l’amico avvicinandosi al capobranco. Il padre di Radish alzò il viso mostrando una grave smorfia d’irritazione “Ho detto che ho fame!” sbraitò poi prima di sfracellare ancora una volta il viso sul piano di ferro. Seripa fece portare altro cibo mettendolo tutto sul conto di Panbunkin (che non era presente) così come avevano fatto per tutta la sera. Soltanto quando Bardack si ritrovò qualcosa di fumante e sugoso sotto le zanne iniziò ad apparire come una bestia più mansueta e trattabile. “Ma non hai mangiato niente quando sei andato a casa?” domandò la donna con una punta di dubbio. “Lasciamo stare” biascicò il saiyan tra un boccone e l’altro mentre proseguiva ad ingoiare ad oca “Quell’ingrato non aveva preparato nulla. Se sapevo così venivo qui”. Toma assottigliò le sopracciglia, si portò una mano al mento e alzò gli occhi al soffitto “Ingrato?” domandò più a sé stesso che ad altri. “Massì, parlo dell’unica zecca che mi gira per casa!” replicò ancora una volta Bardack in direzione dell’amico dopo aver bevuto quasi un’intera caraffa di birra. Il gigante, ricordando finalmente la zecca saiyan al quale il compare si riferiva, iniziò a ridere bonaccione mettendosi pure una mano sulla pancia “Ha-ha-hah, ma ha fatto bene! Mica è il tuo servo!” esclamò poi attirandosi un po’ le ire di quello che in quel momento era un perfetto esempio del mangiatore di fagioli. Seripa si aggregò a far da spalla a Toma mentre con aria intellettuale giocherellava con il bicchiere vuoto “Giusto. E poi adesso è il periodo delle selezioni ... Non penso che a Radish interessi molto farti da balia, credo che preferisca fare bella figura davanti ai selezionatori, ora come ora”. Bardack rimase zitto, forse perché ignorante della situazione e la donna, che lo notò perfettamente, proseguì a spiegare dopo uno sbuffo “Adesso li allenano fino allo stremo per vedere se alcuni di loro sono degni di combattere alla pari delle seconde classi. Da quello che ho sentito in giro Nappa gli stà quasi spappolando il cervello”. Il capo parve risvegliarsi “Nappa?! Ma non c’era Paragas?”. Seripa appoggiò la testa ad una mano con il preciso scopo di sorreggerla “Paragas non c’è più da un bel pezzo, ma non te lo ricordi? E’ sparito improvvisamente assieme a suo figlio che era appena nato. Da allora quel leccapiedi di Nappa si è sempre occupato delle terze classi oltre al Principe Vegeta”. Il gigante parve rabbuiarsi un po’ “Il principe Vegeta ...” mugolò con una goccia di sudore che gli scendeva lungo la guancia “Ho sentito dire che è una vera furia, una bestia ... che in confronto il Re è una persona dall’animo sensibile e generoso” Toma sorseggiò dell’altra birra prima di proseguire “Scommetto che se continuerà così, ben presto sarà lui a prendere le fila del pianeta Vegeta e a vedersela con Freezer”. Il discorso cadde lì, nessuno osò dire altro sul principino.
“Panbunkin non è ancora rientrato?” domandò Bardack mentre osservava in malo modo un viscido alieno che gli portava via da sotto il naso le prime stoviglie vuote. “Non ancora” disse il colosso facendo spallucce. “Piuttosto ...” mormorò quest’ultimo avvicinandosi terribilmente all’amico e iniziando a bisbigliargli nell’orecchio “Che cosa voleva il Re? Promozione?”. “Ma quale promozione ... magari!” esclamò il saiyan scontroso mentre si ficcava uno stuzzicadenti in bocca e si portava le mani dietro la nuca, iniziò a dondolare sulla sedia come un bamboccio di scuola infantile “Ha semplicemente confermato ciò che tutti pensano” disse senza pensieri. Seripa non sentì più la voglia di bere “Intendi Freezer?”. “Ha-hah” mugolò soltanto Bardack facendosi capire perfettamente, si mise nuovamente seduto “quasi” composto e si riavvicinò agli amici abbassando in maniera evidente il tono di voce “Il Re ha dato ordine di recuperare tutti i saiyan sparsi per lo spazio, è stato categorico”. Toma strabuzzò gli occhi “Cosa?! Ma ci vorrà un sacco di tempo!” esclamò estremamente sorpreso. Seripa invece non si smosse “E’ l’unica cosa da fare per ora. Il Re vuole soltanto bilanciare il nostro numero. Penso che i saiyan, lasciati sui pianetucoli, siano ancora più inutili ... tantovale recuperarli, no?”. Toma annuì un po’ ebete e tornò a fissare Bardack “E quando sono previste le prime spedizioni?”. Il boss incrociò le braccia al petto “Io sono stato fortunato: la prossima missione di Freezer l’ho tra parecchio tempo e quindi non ho convocazioni. Quindi ho pensato che prima parto per risolvere questa scocciatura prima non ce l’ho più tra i piedi”. Il gigante arraffò una delle cosciotte di Yoni lasciate ancora da parte e l’azzannò per riempire un buchino nello stomaco “E’ una fortuna per te che nell’ultima spedizione la navicella di Zarbon fosse fuori-uso ... altrimenti, molto probabilmente, non staremmo nemmeno a parlarti ...” Toma parve imbambolarsi prima di guardare il compare con sguardo bieco “Aspetta un attimo ...” proferì stranamente ottenebrante “Ma te hai un marmocchio in giro per lo spazio?”. Bardack sbuffò “Sé ... Ho controllato negli archivi delle spedizioni prima di venir qui e ho scoperto che Kakaroth è stato mandato su di un pianeta chiamato Terra, una sorta di sasso della Galassia del Nord” alzò gli occhi al cielo come nella speranza che qualche divinità sentisse le sue lamentele “Io, costretto a partire per recuperare un ranocchio di infimo livello ... Incomincio a pensare di essere alla frutta!”. Il saiyan tornò a guardare il compare “Accompagnami” gli ordinò accigliato. Toma fece ‘no-no’ con una mano “Spiacente, farei volentieri una vacanza, ma dopodomani ho una missione per conto di Freezer assieme a questa piantagrane” disse sornione indicando la collega che sorrise a sua volta “Dovrai chiedere a qualcun altro, spiacente”. Bardack iniziò a pensare seriamente a chi potesse essere il valido sostituto: Panbunkin avrebbe accettato - specialmente su costrizione - ma solamente se fosse rientrato ad un orario ragionevole perché altrimenti la sua presenza si sarebbe mostrata come l’ennesima palla al piede ... sorbirsi le sue lamentele era peggio di ricevere mille frustate a volte; su Toma e Seripa non poteva contare perché occupati; per Totapo fece una veloce preghiera con tanto di “imbecille” per essersi fatto ammazzare ... ma allora su chi doveva parare? Iniziò a pensare che se ci fosse andato da solo avrebbe risparmiato tempo e fatica. La pulzella poco raffinata incrociò le dita delle mani e mise queste sotto il mento sottile, scosse un poco la chioma corvina e quindi i piccoli penduli alle orecchie oscillarono con delicatezza “Perché non ti tiri dietro tuo figlio?” propose come se non fosse un problema. Bardack per poco non cadde dalla sedia “Ma sei pazza?! Già vado a prendere una rogna, non vedo perché me ne dovrei tirare dietro un’altra! Sono masochista, ma fino a un certo punto!” abbaiò la scimmia in direzione della femmina come se effettivamente fosse stato un cagnaccio rabbioso. La dama fece spallucce “Hai ragione” mormorò soltanto omettendo che se l’uomo avesse portato il figlio con sé quest’ultimo avrebbe guadagnato qualche punto poiché un viaggio nello spazio poteva insegnare moltissime nozioni. Bardack però comprese che qualcosa bolliva in pentola ...
Dopo i saluti si dileguò dirigendosi verso la bettola chiamata casa. Vedendo tutte le luci spente entrò pensando che l’esserino fosse a dormire ma, quando constatò che invece a casa non vi era anima viva, si chiese dove si poteva trovare il figlio a quell’ora. Forse guidato dal proprio istinto di guerriero, intraprese la strada che portava alle palestre d’allenamento. I palazzetti erano ancora illuminati a giorno dalle lampade al neon e all’interno di questi numerosi bambini dalle età più disparate e degli aspetti più malmessi, si incoraggiavano a vicenda per menarsi con maggiore forza. Moltissimi sputavano sangue alle continue randellate, altri addirittura dei denti mentre le codine pelose, fradice di sudore, rimanevano appiccicate alla cintola come una seconda pelle. Essendo numerose le strutture, Bardack osservò minuziosamente l’interno di ognuna e si fermò soltanto quando in una trovò ciò che cercava: il figlio, in fondo alla grande palestra, spolto e con il fiatone, picchiava come un indemoniato un coetaneo ruggendo come una belva. Colpiva l’altro dritto in faccia, noncurante del sangue che dal naso nemico gli arrivava addosso, menefreghista del fatto che il rivale faticava a reggersi in piedi, indifferente alle suppliche che questi gli lanciava ormai senza fiato, Radish continuava a picchiare con furia sempre crescente. Bardack, vedendo il figlio in un lago di sangue che non gli apparteneva, con quella maschera irosa sul viso, iniziò a chiedersi come realmente potesse essere il Principe Vegeta in combattimento a confronto ... già il moccioso, ridotto a quel modo, gli sembrava una bestia. Una bestia sì, ma anche un saiyan. L’uomo si guardò attorno e notò che altri saiyan, probabilmente genitori dei piccoli, erano alle porte della palestra e guardavano con attenzione l’atteggiamento dei secondi. Alcuni, come lui, se ne stavano in silenzio ad osservare mentre altri, evidentemente più coinvolti sentimentalmente, incitavano e davano preziosi consigli per aiutarli a crescere. Mentre Bardack era intento a notare i vari soggetti non si accorse di un individuo che gli si avvicinò e che lo affiancò “Non ti si vede mai da queste parti” disse questi attirando le attenzioni dell’altro saiyan. La terza classe sorrise al gigantesco Nappa con fare parecchio ironico “Già, vedere quel tuo pelucchio sulla testa mi mette sempre una certa ansia”. Il ‘non ancora pelato’ ridacchiò portandosi le mani al petto “Vedo che ti piace fare lo spiritoso! Dimmi cosa vuoi” tagliò corto l’energumeno tornando a fissare in malo modo uno dei bambocci che non si dava abbastanza da fare. “Sono solo venuto a dare un occhio ... si sono lamentati del fatto che io sia un padre poco presente” disse ironico Bardack ricordando perfettamente i modi degli amici alla cena post-riunione. “E chissenefrega della presenza” esclamò Nappa andando incontro al pensiero del genitore. Quest’ultimo tornò ad osservare il figlio che non aveva ancora notato la sua presenza “Non utilizzate i colpi d’energia ... me ne chiedo il motivo ...”. Il colosso osservò altri “E’ molto semplice: la lotta con onde è concessa solo nelle ore diurne, dove la loro concentrazione è ancora sufficiente. Negli allenamenti notturni, molti per colpa della stanchezza, sbagliano le traiettorie e ogni volta è uno strazio risistemare tutto. Per questo di sera facciamo solamente corpo a corpo”. La terza classe annuì “Cosa mi dici di Radish?”. “Di chi?” domandò l’altro. Bardack, non stupendosi assolutamente del fatto che il gigante non conoscesse il nome del figlio e che non lo riconoscesse tra tanti, indicò l’esserino con un cenno del capo il fondo della palestra “E’ quello con i capelli lunghi”. Nappa si portò la mano al viso e con il pollice si sfregò il naso “Sì, sembra un elemento abbastanza valido, rimanendo sempre nei limiti delle terze classi, è ovvio” l’altro annuì e lo lasciò proseguire “E’ abbastanza agile e forte, quand’è feroce spicca un po’ più degli altri ma ha una pecca che mi dà un fastidio tremendo ...”. Bardack corrucciò le sopracciglia e iniziò a chiedersi di cosa trattava la pecca ma, prima che potesse perdergli nelle sue elucubrazioni, Nappa gli consigliò di osservare la scena che si stava presentando perché sottolineava proprio tale problema: Radish si era ritrovato con le spalle rivolte verso l’avversario e quest’ultimo era riuscito ad afferrargli la codina pelosa. Il bimbo, sapendo cosa sarebbe potuto accadere se l’altro avesse iniziato a stringerla con forza, lo guardò dritto negli occhi con aria implorante “Non farlo, ti prego. Ti darò il mio pranzo di domani, ti scongiuro, non farlo!” gli parlò. All’altro, forse sentendo parlare di cibo, gli luccicarono gli occhi “D-Davvero?” farfugliò senza qualche dente in bocca. Radish sorrise diabolico “Sé, col cavolo!!” fece un piccolo salto sul posto e con un calcio girato scaraventò il coetaneo contro la parete di sasso facendola letteralmente a pezzi. Il malridotto svenne sentendo nelle orecchie soltanto le risa dell’altro. Nappa assottigliò gli occhi “E’ un gran raccontaballe” stabilì a fine scenetta. Bardack sorrise invece piuttosto soddisfatto “Beh, in battaglia tutto è concesso. E’ colpa dell’altro che non doveva cadere in inganno”. Il colosso rimase serio “Non è questo il punto” iniziò attirando l’attenzione dell’altro e di altri genitori ai quali evidentemente faceva comodo sentire consigli “Soltanto i deboli utilizzano questi mezzucci per riuscire nelle battaglie. Un vero guerriero anziché implorare preferirebbe morire. E’ una lezione che prima o poi imparerà”. La terza classe si trovò d’accordo. Avanzò all’interno della palestra continuando ad osservare le spalle di Radish che, troppo intento a gioire della sua vittoria, non si era voltato nemmeno in direzione dell’insegnante. Bardack si fermò a una decina di metri da lui e i bambini vicini all’adulto si allontanarono in segno di rispetto. “RADISH!!” urlò l’infimo saiyan. Il fanciullo parve congelarsi riconoscendo la voce e poi, quando si voltò, la sua maschera di guerriero s’incrinò sembrando quasi quella di un agnello dinanzi al macellaio. Il piccolo dai capelli arruffati piegò la schiena e si esibì in un inchino “Perdoni padre se non l’ho salutata”. “Poche ciance” proferì severo il genitore facendo raddrizzare il marmocchio “Prendi la tua roba e andiamo a casa. Domani mi accompagnerai, partiamo per la Terra”. Bardack alzò i tacchi e si diresse verso l’uscita, si affiancò a Nappa e gli mormorò che poteva chiedere spiegazioni al Re mentre il bambino, ammutolito ma felice dell’accaduto poiché gli si era stampato in faccia uno strano sorriso, rimaneva imbambolato nella palestra. Il padre attese qualche istante ma poi ... “DATTI UNA MOSSA!” gli urlò addosso già irritato. Radish, scongelato ma ancora contento, iniziò a zompettare per l’intera palestra nell’intento di recuperare le sue cose.




Il giorno successivo padre e figlio iniziarono sotto gli occhi attenti dei tecnici e degli amici del genitore a sistemare le navicelle. Il bimbo, che non sapeva come comportarsi, cercava di non prendere i commenti derisori degli scienziati come offese ma cercò di utilizzarli per imparare qualcosa … era il suo primo viaggio nello spazio, ancora non ci credeva, e in più il padre gli aveva fornito una battle-suit che riteneva splendida. In realtà era uno scarto di magazzino ma per lui era già tanto. “Padre ...” iniziò il bambino in direzione del genitore che aveva quasi finito di sistemare le coordinate “La Terra è molto lontana?” domandò tenendo stretta una saccoccia che si era preso da casa. “Meno di quanto tu creda” proferì secco senza metterci un minimo di sentimento. A Radish la cosa scivolò addosso, come se fosse un’abitudine e poi lanciò il fagotto a Toma che era vicino “Lo prenda lei”. L’omone, arraffando il sacchetto e capendo che all’interno vi erano delle cibarie lanciò a sua volta l’oggetto a Panbunkin che iniziò immediatamente a mangiarne il contenuto. La donna si affiancò maggiormente all’amico che aveva rifiutato il dono “Alla fine Bardack ha ceduto”. Toma sorrise “Già, evidentemente l’eventualità di viaggiare solo con questo grassone l’ha terrorizzato” e poi adocchiò il compare sovrappeso che continuava a mangiare come un ingordo il piccolo pensiero.
“Sei pronto?” domandò il padre al figlio. “Sì, è pronto” risposero al posto del saiyan gli scienziati che, dopo aver rinchiuso all’interno della sfera il moccioso, si allontanarono dalla piccola pista. Toma si avvicinò rapidamente alla navicella dell’amico prima che questa si chiudesse “Hei Bardack, torna tutto intero”. Il capo sorrise “Io vado in vacanza! State attenti voi piuttosto …” disse con tono meno scherzoso quando rimembrò la missione che avrebbero dovuto fare l’amico e Seripa il giorno successivo. Il gigante annuì e si allontanò permettendo alle navicelle di accendere i motori. I propulsori rombarono e iniziò il conto alla rovescia.
... Meno cinque ...
Avrebbero fatto ritorno? Ovviamente sì.
... Meno quattro ...
E i suoi amici? Ce l’avrebbero fatta se si sarebbero imbattuti in Zarbon o Dodoria?
... Meno tre ...
“Padre, cosa andiamo a fare sulla Terra?”
... Meno due ...
Bardack osservò la radio stridente.
... Meno uno ...
“Andiamo a prendere Kakaroth. Adesso dormi”
... Zero.
Le navicelle spiccarono un balzò nelle immensità del cosmo in direzione del pianeta azzurro sotto l’osservazione speranzosa degli amici e del Re che, vedendoli dal castello, non sperava di certo di un barlume di speranza tale come quello che si sarebbe presentato grazie a quel viaggio.







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