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Autore: DolceGiuggy    28/07/2009    1 recensioni
Salve a tutti...questo è un racconto che scrissi un po' di tempo fa... parla di una ragazza che perde il fratello maggiore in una partita di calcio,la violenza negli stadi quindi...forse può sembrarvi noioso...ma vi prego di leggerlo. Lasciate stare i nomi delle squadre...sono solo cose insignificanti! spero vi piaccia...vi prego ditemi cosa ne pensate!
Genere: Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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 Tutto cominciò quel piovoso giorno di novembre,allo stadio di Salerno si svolgeva la partita salernitana - avellino. Alle tifoserie di entrambe le squadre,purtroppo,era stato concesso di assistere la partita nonostante le parecchie zuffe avvenute negli anni precedenti. In quei pochi minuti il caos regnò sovrano sullo stadio Arechi di Salerno. La tifoseria avellinese era riuscita ad arrivare alla curva sud salernitana,da lì l’inferno.
Incominciarono a volare coltellini,pugni e calci. La polizia cercò di intervenire senza successo,solo dopo una mezz’ora riuscirono a calmare i bollenti spiriti delle due tifoserie. Si era sentito di qualche ferito e 3 morti. Dato che mio fratello aveva assistito alla partita subito io e mio padre ci precipitammo verso la stazione di polizia per avere maggiori notizie. Arrivati lì ci accolse un uomo sulla cinquantina e ci pregò di aspettare qualche minuto. In quello stesso momento dalla porta sbucarono altre 13 persone,anche loro venuti lì per sapere dei propri figli. La tensione aumentava ogni momento che passava,c’era un silenzio tombale nella stanza,si udiva soltanto il rumore delle lancette dell’orologio appeso al muro. Ad un certo punto l’uomo che ci aveva accolto ci pregò di dire il nome di chi cercavamo e mio padre disse:”Fabio Amendola grazie”. Il signore lesse su una lista che gli arrivò per fax ed il nome era compreso nella colonna”morti”. A malincuore l’uomo ci annunciò che mio fratello era in fin di vita,io e mio padre capimmo quanto quelle parole fossero dure e capimmo che mio fratello non c’era più. In quel momento mille espressioni si leggevano sul volto di mio padre:rabbia,dolore,paura…non lo vedevo così da quando la mamma se ne era andata via di casa 3 anni fa. Io incominciai a piangere,non riuscendo a crederci,incominciai ad urlare,a dare calci alla roba che mi circondava,mio padre cercò di calmarmi ma senza successo così corsi fuori,avevo bisogno di aria. Mio padre mi rincorse con le lacrime agli occhi,non lo avevo mai visto piangere,quel giorno scoprii che dietro quella maschera di ferro di mio padre,si nascondeva un uomo tenero che non aveva paura di mostrare le proprie emozioni. Tentò di consolarmi dicendo:”Ludo calmati,vedrai che si risolverà tutto,daremo giustizia a tuo fratello” e io gli risposi:” e la stessa cosa che mi hai detto quando la mamma se ne andò,prima la mamma e ora lui,ma perché?”. Avevo toccato un tasto dolente,da quando la mamma se ne era andata io e Fabio non avevamo mai parlato di lei in presenza di mio padre. Lui smise di guardarmi e si mise ad osservare l’orizzonte,ma in realtà guardava il vuoto. Rimanemmo in silenzio fino a casa,non avevamo voglia di accendere la tv così mio padre se ne andò in camera sua e ci rimase per un bel po’ di tempo. Io intanto ero andata in camera di mio fratello,avevo bisogno di ricordarmi il suo viso,di sentire il suo odore,di ricordare tutto di lui prima che la mia mente se ne potesse dimenticare. Appena entrai in camera sua mi buttai sul letto,misi la testa sul cuscino e iniziai a piangere,ma mentre piangevo sul quel cuscino riconoscevo il suo odore,così chiusi gli occhi e mi ricordai di quando la mamma se ne andò,lui mi portò su questo letto e mi rassicurò promettendomi che tutto sarebbe andato a gonfie vele. Ma così non fu,mio padre qualche mese dopo cadde in depressione e così toccò a mio fratello fare il padre di famiglia. In quel periodo mio fratello ed io eravamo molto uniti,lui mi raccontava tutto e io pure. Non c’erano segreti fra di noi,fin quando la fidanzata di mio fratello,Laura,non lo lasciò. Da quel momento Fabio era sempre nervoso,non ci raccontavamo più niente,non scambiavamo parola,ci dicevamo solo:”mi passi l’acqua?”e poi finiva lì. In quel periodo pensai che mio fratello facesse uso di stupefacenti,ma per mia fortuna scoprii che non era così.
Quando finii di annusare il suo cuscino mi guardai intorno,vedevo migliaia di poster della salernitana,la scrivania tutta scombinata e li mi venne un piccolo sorrisetto,mi ricordai che quando ero piccola e per dirgli qualcosa gli facevo i disegnini e li lasciavo sulla sua scrivania. Vicino a questa,poi, c’era la sua sedia preferita dove si sedeva per guardare il tg dello sport,per leggere il giornale e per giocare alla Play station. Un po’ più a destra,invece,c’era la sedia dove lui ammassava tutti i suoi vestiti,si poteva dire che quella stanza era un vero caos. All’improvviso mio padre entrò in camera e mi disse:”che ne facciamo di questa roba?” e io gli risposi:”voglio che rimanga tutto qui,così quando vorrò sentirlo vicino mi basterà entrare qui per ricordarlo” mio padre annuì e chiudendosi la porta alle spalle entrò nella camera e si sedette vicino a me sul letto. Mi disse:”chissà cosa starà facendo…” e io:”secondo me ci sta osservando,spero che almeno lì sia felice”,”perchè pensi che prima non lo fosse?” disse mio padre,”non lo so,lo sentivo assente chissà cosa gli girava per la testa…”dissi ripensando a pochi giorni prima. Mio padre fece un piccolo sorrisetto e mi disse:”e già,era proprio come tua madre.”disse fissando una sua foto,”che strana sensazione fino a poche ora fa lui era qui,e poi come un soffio ce lo hanno portato via”aggiunsi io. Con quelle parole mi scese una lacrima sul viso così mio padre mi abbracciò e mi diede un bacio sulla fronte,quasi a voler cancellare tutti i miei orribili ricordi.
Dopo andai a farmi una doccia,avevo bisogno di chiarirmi le idee. Appena entrai in bagno sentii il suo odore,ma non avevo voglia di ricordare,stavolta no,così aprii la finestra per far cambiare l’aria. Sentivo pian piano l’odore di mio fratello andarsene e diffondersi per tutta la città. Appena l’aria cambiò chiusi la finestra e mi buttai sotto la doccia,speravo che così mi sarebbe scivolato tutto addosso,ma non fu così,anzi mi sentii ancora più confusa e mi rattristai maggiormente al pensiero che l’indomani ci sarebbe stato il suo funerale. Non potevo crederci,come se n’è potuto andare così velocemente pensai,non gli ho potuto neanche dire addio. A questo pensiero le lacrime si mischiarono con l’acqua della doccia e pensai che ancora una volta una semplice partita si era trasformata in una tragedia. Pensai a come fu stato facile portarmelo via,ma sicuramente non sarebbe stato altrettanto facile farlo ritornare da me. È strano come la vita possa finire in un solo istante,un attimo prima sei felice e un attimo dopo ti ritrovi dentro una bara. I miei pensieri mi riportano alla realtà così uscii dalla doccia ansimando.
Era il giorno del funerale e quella notte non ero riuscita a chiudere occhio,infatti sembravo un panda. Prima del funerale andai a vedere tutte le foto di me e mio fratello da piccoli,lui era riccio e magrissimo capelli nero scuro e due occhi stupendi celesti. Avevamo un bel rapporto anche se io avrei voluto conoscerlo meglio. Mentre guardavo le foto mille ricordi si affiorarono nella mia mente,ma era tardi,la cerimonia stava per iniziare così presi una foto che avevamo fatto qualche tempo fa e me la misi in tasca.
 Arrivata alla cerimonia mi accorsi che c’erano una marea di persone fra cui la maggior parte giovani dell’età di mio fratello. Fra di loro riconobbi Antonio il suo amico d’infanzia che stanziava abitualmente a casa nostra,più in là c’era la sua ex Laura e infondo mi accorsi che c’era un visto abbastanza familiare,ma non riuscii a riconoscerlo. La mia mente fantasticò su chi poteva essere,b’è innanzitutto era una donna che…aspettate un attimo,quello è il bracciale che regalò mio padre a mia madre,quello con le pietre verdi,no,non ci potevo credere era mia madre? Ma come si è permessa di venire? Aveva giurato che una volta l’anno ci sarebbe venuti a trovare ma questo non accadde mai, sul mio volto apparvero varie e emozioni fra cui la rabbia,ma anche il dolore,faceva male averla lì quando poi ci misi almeno 10 mesi per dimenticarmi di lei,la sua visita mi scombussolò completamente mi sentivo mancare e mi ricordai che a breve,secondo il parroco,avrei dovuto dire qualcosa in merito a mio fratello. Così all’improvviso sentii Don Mario che mi chiamava a condividere qualche pensiero su di lui. Avevo il cuore in gola,mi ricordo che avevo preparato un discorsetto su dei foglietti di carta,ma non me la sentivo di leggerli,avevo voglia di sfogarmi e questo non comprendeva leggere piccoli pensieri ridotti su dei minuscoli pezzetti di carta così azzardai. Arrivata lì iniziò il mio discorso:” b’è salve a tutti,purtroppo siamo qui riuniti perché dobbiamo dire addio ad una persona che nonostante la sua età ha regalato emozioni diverse per ognuno di noi. Ora non vorrei perdermi in ricordi,ma vorrei solo dire che per me è stato come un secondo padre,mi ha sempre aiutata nel momento del bisogno,mi ha allevato come sua figliola e poi in un giorno me lo hanno portato via…”mi fermai e sentii le lacrime scendere,così ad un certo punto sentii dal fondo un improvviso battito di mani e da lì tutti applaudirono,era stata lei ad iniziare. Papà aveva ragione,ora che la potevo guardare in volto,era proprio uguale a Fabio. Scesi dal palchetto di legno sorridendole,ma infondo ero arrabbiata con lei,perché se ne era andata? Perché ci aveva abbandonato? Perché non si è fatta più sentire?,in quel momento mi sentii molto confusa. Dopo il funerale andammo al cimitero, prima di far chiudere la bara per sempre diedi un piccolo bacio a mio fratello sussurrandogli:” non ti scorderò mai…”. Incominciai a piangere come una bambina,mentre mio padre aveva lo sguardo perso nel vuoto. Così gli andai vicino e lo abbracciai.
Alle 16:30 tornammo a casa,mio padre era distrutto, gli si leggeva in volto,così con un filo di voce mi disse:”vai a fare i compiti che domani torni a scuola”, “è vero la scuola” mormorai,quel nome mi rimbombava nella testa. In questi giorni non avevo proprio pensato alla scuola,a tutti i miei compagni,ai miei migliori amici.
Il mattino dopo mi ritrovai davanti a quel portone,mi sentivo impaurita come il primo giorno di scuola,non ero più sicura di me,la Ludovica di una volta se ne era andata via per sempre. Il suono della campanella mi risultò nuovo,ma entrai lo stesso,avevo paura di essere giudicata,di non riuscire ad affrontare la giornata. Entrata in classe sentivo gli occhi dei miei compagni su di me,mi sentivo una criminale,volevo fuggire. Andai a sedermi al mio posto consapevole che quella giornata non si sarebbe conclusa come le altre. In quel momento entrò la prof,e dietro di lei si scorgeva un ragazzo alto moro con gli occhi verdi che indossava un jeans ed una maglietta a maniche corte nera. La prof ce lo presentò ci disse:”ragazzi questo è Marco,il nuovo alunno venuto dall’Inghilterra”, Marco fece un cenno con la testa e un fischio di approvazione da parte di Elena gli rimbombò nelle orecchie. Dato che io ero seduta da sola la prof fece sedere il nuovo ragazzo vicino a me,intanto Elena non gli levò gli occhi di dosso,ma a Marco non sembrava importare. Le lezioni finirono in un secondo,ma io e Marco non ci eravamo rivolti parola. Il mattino dopo lo stesso, niente di nuovo. Il 3° giorno ero decisa a parlargli. Arrivata in classe cercai di fare amicizia ma lui sembrava pensare da altro. Appena mi avvicinai gli dissi:”Ciao il mio nome è Ludovica ho 16 anni e tu?”,lui mi guardò in modo strano e incominciò a parlare:” Piacere,mi chiamo Marco ed ho 16 anni”. Io imbarazzata gli rivolsi uno sguardo e incominciai a parlare con lui del più e del meno. Venni a sapere che aveva perso suo padre in un incidente sul lavoro così lui,sua madre e sua sorella si erano trasferiti in cerca di una nuova vita. Stranamente parlava bene in italiano,anche se il suo accento si sentiva. Così mi incuriosii e gli chiesi del perché parlasse così bene,lui mi rispose che suo padre era italiano e che quando era piccolo lo incitava ad imparare la sua lingua. Stranamente quel suo modo di parlare,di guardarmi mi faceva ricordare Fabio,mi sentii male,anche la somiglianza era incredibile così senza neanche salutarlo corsi via,non volevo pensare a lui,non volevo piangere,volevo essere felice almeno per un po’. Tornai a casa così appena giunsi in camera mia cercai la foto di mio fratello che portavo sempre con me ma non c’era,così andai nel panico,per me quella foto era speciale,incominciai a frugare ovunque ma non c’era traccia,purtroppo l’avevo persa. La notte non riuscii a dormire pensando a dove potesse essere. Il mattino seguente,davanti al portone della scuola,Marco mi venne in contro con la foto in mano. Ero talmente felice che mi venne voglia di baciarlo,ma non lo feci,mi limitai ad un semplice bacio sulla guancia e ad un “grazie”. Marco incuriosito mi chiese del perché il giorno prima me ne fossi andata così,senza dirgli nulla, gli risposi che ero sovrappensiero e da lì non so perché gli parlai del ragazzo che era nella foto,cioè di mio fratello e da lì tutto divenne più facile. Ora che ognuno sapeva tutto dell’altro forse le nostre barriere si erano distrutte ma ancora non avevo il coraggio di dirgli di quanto mi ricordasse di Fabio.
È da un po’ di giorni che io e lui ci frequentiamo e agli occhi di tutti siamo la nuova coppia dell’istituto,ma sappiamo entrambi che fra di noi c’è solo una tenera amicizia e niente di più. Oggi dovrei vedermi con lui,ma ho paura,paura di non potercela fare,paura che possa crollare in qualsiasi momento,ma mentre i miei pensieri mi offuscano la testa Marco mi citofona e io scendo salutando in fretta e furia mio padre. La sera mentre andiamo a prendere un caffé in centro,mi racconta delle sue vicende in famiglia,incominciamo a ridere e lo vedo. Assomiglia esageratamente a Fabio,non ci posso credere,ma ecco che quel disagio mi attraversa di nuovo,me lo immagino vicino a lui,lo rivedo,incomincio a piangere e corro via,senza dargli spiegazioni. Appena arrivo a casa mio padre non fa caso a me,da quando è morto Fabio io e lui non ci parliamo mai,lui va a lavoro,mangia,guarda la tv e dorme. Finisce tutto lì,è diventato un mollusco,non lo riconosco più,ma adesso ho voglia di piangere,così smetto di pensarlo e cerco di calmarmi e di non pensare a quello che è accaduto poco fa.
La mattina mi ritrovo sempre davanti a quel portone,stanotte non sono riuscita a chiudere occhio,mi sento debole,non ho voglia nemmeno di andare a scuola. Mentre sono indecisa sul da farsi,mi guardo intorno e lo vedo,ha la stessa andata di mio fratello,indossa una maglia verde e i soliti jeans neri. Tra me e me penso che questo sia un motivo in più per non entrare,così devio e vado al mio bar preferito. Arrivata lì ordino una coca, ma all’improvviso vedo un ombra sedersi accanto a me,sono troppo confusa non riesco a capire chi è,lo sento chiamarmi,ma all’improvviso mi accorgo che è Fabio. Non è possibile,sto diventando pazza,mi guardo intorno e lo vedo dappertutto,così senza neanche dare un sorso alla mia coca corro via.

Sono giorni che non vado a scuola,mi sento uno schifo,continuo a fissare la foto di mio fratello e piango,piango come una bambina,piango finchè non sento gli occhi rossi. Più in la sul mio comodino vedo il mio cellulare,lo afferro e vedo “11 chiamate senza risposta” sono di Marco,mi sento in colpa,in fondo lui non c’entra niente con questa storia,sono una cretina. Avrei dovuto parlargli fin dall’inizio,magari mi avrebbe potuto aiutare…ma che aiutare,mi avrebbe sicuro presa per pazza e in fondo chi davvero mi può aiutare?
È il quinto giorno che non vado a scuola,non ne ho la forza,vederlo lì,accanto a me mi farebbe sentire ancora peggio. Ad un certo punto suonano alla porta,vado ad aprire e me lo ritrovo lì: bello come sempre,che mi fissa con i suoi occhi intensi. So perché sia qui,so che ha bisogno di spiegazioni,così lo faccio accomodare e iniziamo a parlare.
“Che ti è successo?”mi disse incuriosito
“Niente…sto poco bene”che bugiarda che sono!
“mi dispiace…” abbassa gli occhi
“no,non devi è un problema mio,tu non devi preoccuparti di nulla,non voglio che tu stia male per me,credi non ne vale la pena…”riesco a dire tutto d’un fiato,lui mi guarda quasi arrabbiato e mi dice:”sei mia amica certo che mi riguarda e poi forse posso immaginare il perché tu stia così.”, ”ah si” mormoro io mentre sento che mi scende una lacrima sul viso. “Si, è per Fabio”,lo guardo,ha centrato il punto. Come vorrei potergli raccontare tutto,ma non ne ho la forza, così lo abbraccio senza dire una parola. Rimaniamo così per quello che sembra un’eternità,poi non so perché,inizio a raccontargli tutto. Mi sfogo,gli dico tutto quello che penso,anche quello che non sapevo di pensare. Appena finisco lo guardo negli occhi,sembra quasi sbalordito così cerco di rompere questo silenzio imbarazzante dicendogli: “scusa,non so come mi sia venuto,ti prego dimenticati di tutto”. Lui mi fissa e mi dice:” No,non devi sentirti in imbarazzo,è a questo che servono gli amici,no?” mi guarda come per volermi aiutare,non so se ce la farà, ma vale la pena provarci.

È passato un anno ed io e Marco siamo più uniti che mai,i primi tempi sono stati duri,ma grazie alla sua amicizia sono riuscita a superare tutti i momenti bui. Papà è uscito dalla depressione e ora fa una vita completamente nuova,ora ha tempo anche per me.
Non posso dire che questo sia un finale da “ e vissero felici e contenti” ma per il momento la mia vita va bene così.
  
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