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Autore: Eristhestrange    03/09/2019    1 recensioni
Sono passati trent'anni dal disastro di Londra, ma i guai non sembrano essere finiti.
Una nuova minaccia incombe sulla Gran Bretagna e il mondo intero ma grazie ad una nuova arma Integra Hellsing potrà finalmente liberarsi del male che incombe sulla Terra.
Forse.
Genere: Avventura, Introspettivo, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Alucard, Integra Farburke Wingates Hellsing, Nuovo Personaggio, Seras Victoria
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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DEAD END

 

CAP.IV

 

 

L'edificio estremamente fuori mano rispetto al centro della città.

La giornata nuvolosa conferiva alla zona un'aria ancora più tetra di quanto non fosse anche senza quel grigiore.

Il rudere in mattoni rossi, estremamente lungo, richiamava un po' gli edifici della seconda rivoluzione industriale, con i basamenti in cemento e le finestre lunghe e strette, perlopiù rotte o malamente sbarrate da travi di legno.

Allo stesso modo era stato occluso l'ingresso, che Seras aveva provveduto a buttare giù con un calcio, rompendo le assi e sparendo nel buio insieme al suo compagno.

Senza i vampiri avrebbe dovuto sentirsi meglio, ma percepiva comunque un senso di inadeguatezza.

L'aria era estremamente umida e fredda, nonostante sentisse poco o niente da sotto la tuta aderente e nera, anzi, il giubbotto antiproiettile la stava facendo sudare.

I capelli, raccolti in una lunga treccia, ondeggiavano grazie al venticello freddo che spirava da ovest.

Attorno al loro furgone ne erano parcheggiati altri lungo la via; il vicinato si sarebbe insospettito, se solo ce ne fosse stato uno.

L'edificio era alla fine di una via industriale, poi si apriva una sorta di campo secco e vuoto, al limitare del quale si apriva uno dei piccoli boschi che circondavano Glasgow.

La zona era praticamente deserta e priva di strutture abitate, delle altre che dovevano essere state fabbriche un tempo, erano completamente crollate e in rovina.

"Quanto vorrei andare a fare una passeggiata, o comunque lontano da qui" pensò, mentre si riallacciava uno degli stivali.

Non era abituata a portare il peso della cintura con la fondina per la pistola, che spesso la infastidiva nei movimenti.

"Non c'è problema" le aveva detto Integra durante una piccola partita di sof-tair pochi giorni prima "Vedrai che ti abituerai presto".

La donna era riuscita ad appurare che Isabel non aveva alcun problema con la difesa personale, d'altronde era la figlia di un feldmaresciallo, così si era del tutto convinta a lasciarla andare in missione.

Aveva avuto molti dubbi, nonostante il giorno della partita di scherma sembrasse convinta e decisa, ma alla fine si era rassegnata al fatto che non avrebbe avuto molte altre scelte.

Non voleva farle rischiare la vita e si fidava di Alucard e Seras, sebbene il pericolo fosse inevitabilmente sempre in agguato.

Inoltre aveva ricevuto non poche lamentele dal Nuovo Dodici: a quanto pare non apprezzavano che venisse messa a repentaglio la sicurezza della ragazza.

 

Questi pensieri non giunsero mai né alle orecchie né alla mente di Isabel, che continuava a considerare Integra una donna piuttosto egoista, nonché estremamente pericolosa.

Non aveva più visto gli altri ragazzi, aveva preferito barricarsi nella sua stanza e aspettare di andare in missione. Non voleva avere più pensieri di quanti già non ne avesse.

 

«Milady? Siete pensierosa? Non vi biasimo...» si voltò a guardare il maggiordomo, anche lui in tenuta militare, per l'occasione.

Integra era contraria alla sua partecipazione e all'inizio anche Isabel, ma poi si era convinta che fosse meglio avere un volto amico durante una tale occasione, senza contare il fatto che lui non avrebbe mai rinunciato a seguirla.

Ciò che aveva convinto la Hellsing era il fatto che anche lui avesse combattuto al fianco di De Bethencourt durante l'operazione Millennium.

«Sì...mi domando cosa stiano facendo lì dentro. Non sento alcun rumore...forse sono alleati dei nemici!» «Non dica sciocchezze» si intromise uno dei soldati che erano rimasti all'avamposto davanti all'edificio «Non c'è nessuno più affidabile di quei due!»

Avrebbe voluto replicare, ma prima che potesse farlo il suo corpo si irrigidì inspiegabilmente, facendole accapponare la pelle.

«Sono...sono qui...» prima che il maggiordomo potesse chiederle qualsiasi cosa, un colpo raggiunse il soldato che era accanto a loro, facendolo crollare a terra.

Il suono dello sparo e il grido di orrore di Isabel segnarono l'inizio dell'attacco.

Dall'altro lato della strada, dall'edificio quasi completamente crollato, era uscita inspiegabilmente un'orda di ghoul, accompagnati da vampiri armati, come quello che aveva centrato il bersaglio poco prima.

Trovandosi dietro uno dei furgoni, Isabel si risparmiò la scena apocalittica.

Venne immediatamente circondata, come da protocollo, da soldati che le fecero da scudo, mentre una buona parte del drappello era andata in prima linea.

Non si rese conto di quello che stava accadendo, si stava praticamente lasciando trasportare da Richard: lo sguardo di orrore e il corpo riverso nel sangue dell'uomo che pochi minuti prima le aveva parlato erano ancora fissi davanti ai suoi occhi.

Richard la scosse lievemente, cercando di riportarla alla realtà «Milady, la prego, si riprenda! Non c'è tempo!» mentre scuoteva le membra gelide come il ghiaccio, la sensazione di malessere che provava vicino ai vampiri non cessava, anzi, era acuita da tutto ciò che era successo così improvvisamente.

«Ci stavano aspettando! Non abbiamo altra scelta, dobbiamo entrare nell'edificio, subito!» uno dei comandanti dell'operazione, che si trovava proprio a protezione di Isabel, impartì l'ordine in maniera autoritaria ed estremamente concitata, lasciando intendere che le cose, sull'altro versante della strada, non si mettevano bene.

Mentre indietreggiavano, uno dei furgoni venne ribaltato, aprendo il passaggio ad un consistente drappello di spaventosi ghoul.

Non poteva vederli, ma poteva sentirne gli agghiaccianti lamenti.

 

Il drappello giunse fino all'ingresso poco prima distrutto da Seras e in pochi secondi tutti furono all'interno.

Alcuni uomini iniziarono a sbarrare nuovamente l'entrata come potevano, su ordine del comandante.

«Come faranno gli altri ad entrare?» chiese un soldato appostato alla finestra, urlando sopra il rumore del suo fucile semi automatico.

Non ottenne risposta e ciò bastò a far capire che la situazione era totalmente degenerata; in tutta quel trambusto fatto di urla e spari, Isabel si trovava ad avere le orecchie ovattate, come se fosse in una dimensione a sé stante.

Gli occhi erano vitrei, spalancati in uno sguardo privo di intensità ma totalmente sopraffatto dall'orrore.

Il maggiordomo l'aveva portata in un angolo più appartato, cercando di farla rinsavire.

Si aspettavano che l'orda raggiungesse l'edificio, travolgendo finestre e l'ingresso: tutti erano pronti a fare resistenza.

Improvvisamente i ghoul, che erano arrivati a pochi metri da loro, smisero di muoversi, formando una sorta di muro di fronte a loro.

I soldati continuavano a sparare, atterrandoli, ma quelli non si muovevano.

«Che succede comandante?» «Non ne ho idea, forse uno dei vampiri ha dato loro ordine di fermarsi, aspettate ancora qualche minuto e se non si muovono, andiamo avanti e tentiamo di uscire di qui dal retro!».

Contrariamente ad ogni aspettativa, i ghoul stettero lì davanti senza muoversi e, come era stato ordinato, in qualche secondo tutti i soldati si alzarono e cominciarono a correre verso l'interno dell'edificio, sgombrando quella stanza.

«Che sta succedendo?» il rumore dei passi, il fatto di dover correre e le continue suppliche di Richard sortirono il loro effetto sulla mente di Isabel, che si era come riscossa dal suo incubo, trovandosi in un altro ancora peggiore.

«Milady, i ghoul si sono fermati, stiamo scappando verso un'altra uscita. I rinforzi stanno arrivando...»

«SERAS! SERAS! RISPONDI! Dannato vampiro! Dove diavolo sono finiti, dovrebbero essere già qui! SERAS! MI RICEVI?».

 

«C'è decisamente qualcosa di strano qui dentro...»

Seras, armata di fucile, girava da una parte all'altra attraverso gli stanzoni e i corridoio dalla muratura a vista, alla ricerca di qualcosa che non conosceva bene nemmeno lei.

Al contrario, Alucard passeggiava tranquillamente lungo i corridoi.

"Certo che in questo posto non sembra essere venuto nessuno da secoli...forse Integra ci ha mandati nel luogo sbagliato, oppure non c'è davvero niente qui dentro" "Io non ne sarei così sicura...Alucard sta andando avanti, sembra quasi che abbia un obiettivo" la voce di Pip, da dentro di lei, la sollevò un po' da quelle congetture solitarie.

"Forse sì, o forse per niente...chi lo sa a cosa pensa il Maestro..." lo raggiunse correndo attraverso l'ennesimo corridoio.

«E se cercassimo fuori?» «E se cercassimo...lì sotto?» Seras non si era accorta della presenza di una botola nella nuova stanza in cui erano capitati, che non aveva nulla di diverso dalle precedenti se non proprio quel passaggio nel pavimento.

La ragazza si avvicinò e aprì con facilità lo sportello di metallo, per poi calarsi nel buio, seguita dal suo Maestro.

Non appena misero piede sul fondo, il terribile odore dell'umidità misto a qualcosa di ben peggiore li assalì.

Immediatamente, le luci al neon poste sul soffitto si accesero, rivelando un passaggio simile ad una fognatura.

«C'è odore di morte qua sotto...» esordì Seras «Ci stavano aspettando» sussurrò Alucard, che, come di consueto, non lasciava trasparire alcuna emozione.

Procedettero avanti, Seras pronta a fare fuoco, quando improvvisamente una strana voce proveniente da un punto indistinto li fece arrestare.

«Benvenuti, gentili ospiti!» «Chi sei?» chiese Seras, senza farsi pregare, di fronte a quel tono canzonatorio «Inutile che te lo dica, non mi conosci e non so se mi conoscerai mai. Sapevo che sareste venuti a farmi visita, così ho preparato questa bella passeggiata per voi...e una sorpresa per i vostri amici di sopra».

A quelle parole, Seras raggelò.

Estrasse immediatamente il ricevitore dal giubbotto ma si accorse ben presto che il segnale non era funzionante, così cominciò a guardarsi intorno alla ricerca della provenienza della voce.

«E' tutto inutile, quello non ti servirà qui. Inoltre conviene di più che pensiate a voi stessi per» la trasmissione della voce si interruppe bruscamente, lasciando aleggiare nel tunnel uno strano brusio di sottofondo.

"...ghoul...signore..." qualche parola serpeggiava tra il ronzio degli altoparlanti, detta da voci diverse dalla prima che avevano sentito "...non si muovono...".

«Che diavolo sta succedendo?» «Seras, torniamo indietro!» ma mentre correvano verso l'uscita, un terribile boato scosse l'intero tunnel.

«Di là non si passa! Potete andare solo avanti, ma non preoccupatevi...sarà un gioco da ragazzi per voi uscire da qui. Non altrettanto per i poveretti lassù...Credevo che Lady Integra avesse una nuova arma, pazienza!» «Vieni fuori se ne hai il coraggio!» sibilò Seras, incollerita, ma non ricevette risposta.

«Finiscila di lamentarti e concentrati, stanno  arrivando...» «Uh?» un brusio riempì il tunnel e in poco tempo le luci degli spari costellarono quell'ambiente malsano e ristretto.

Mentre estraevano le armi, guardarono entrambi inconsapevolmente il soffitto per qualche secondo.

 

........

 

«Prendi la ragazza e scappa! SCAPPA!» Intimò il capitano con foga «Dovete nascondervi prima che vi trovino e la missione vada a farsi fottere! Se non mi uccidono loro lo farà Integra, quindi ANDATEVENE!».

Richard e Isabel non se la sentirono di replicare.

I ghoul erano rimasti fermi dov'erano, ma in compenso i vampiri erano arrivati al loro posto.

Non erano in molti ed essendosi rifugiata nel drappello più interno all'edificio Isabel non li aveva ancora visti, l'unica cosa che sapeva era che erano tre, e in tre stavano decimando gli uomini rimasti: presto li avrebbero raggiunti.

Il terrore che aveva provato all'inizio si trasformò lentamente in istinto di sopravvivenza.

Estrasse la pistola, diede un'occhiata d'intesa a Richard e rivolse le ultime parole al comandante «Vi prego, rimanete vivi».

Nei suoi occhi, un velo leggero di speranza copriva la sua paura.

Cominciarono a correre, attraversando in poco tempo le sale e i polverosi corridoi, illuminate dalla luce tenue del cielo grigio all'esterno.

Stavano correndo senza una meta, troppo impauriti per avere un piano, quando improvvisamente la ragazza ebbe un'illuminazione.

«Il bosco! Usciamo dalle finestre e corriamo fino al bosco. Adesso sono troppo impegnati per vederci, possiamo guadagnare tempo e nasconderci!» il maggiordomo annuì e corse dietro ad Isabel, che nel frattempo cercava di togliere un'asse che sbarrava una delle finestre.

In due riuscirono a sradicare i chiodi ormai arrugginiti e senza perdere tempo scavalcarono il finestrone, in direzione del campo brullo che separava l'edificio dal bosco.

«Ah!» saltando dalla finestra, Isabel si ferì inavvertitamente la mano con una delle poche schegge di vetro ancora presenti attorno alla cornice «Non è niente, andiamo!» intimò la ragazza, vedendo che il suo compagno si era fermato.

Ripresero a correre e più volte si guardarono le spalle pregando di non essere inseguiti, ma dietro di loro sentivano solamente le urla e gli spari dei soldati.

Quando si inoltrarono nella vegetazione si fermarono per qualche minuto, tirando un sospiro di sollievo.

«Dobbiamo muoverci subito o ci troveranno presto» «Richard, come è potuta succedere una cosa simile? Possibile che sapessero già che saremmo arrivati?» «Mi dispiace Milady - rispose ansimando l'uomo, palesemente provato da quella sfrenata corsa - devono averlo scoperto. Non saprei spiegarmelo altrimenti...ma adesso la prego, andiamo avanti. L'unico modo per noi è batterli sul tempo o augurarci che non sappiano che siamo qui!».

Annuì, guardandolo asciugarsi il sudore dal volto col dorso della mano, e poi...

 

"OH NO...NO, TI PREGO"

«Sono» «Sono qui! Le mie graziose prede sono proprio davanti a me...» una voce dall'interno del bosco l'aveva interrotta prima che potesse dare l'allarme.

Due occhi rossi spuntarono attraverso il folto della vegetazione e in pochi minuti venne alla luce quello che poteva essere solo e solamente un vampiro.

Aveva l'aspetto di un ragazzo piuttosto esile, i cui vestiti risultavano stranamente larghi per il suo fisico.

I lineamenti del volto erano spigolosi, pallidi come la morte stessa, ma sul suo capo ondeggiava una fitta foresta di capelli dorati. Non sembrava essere armato, ma teneva le mani nelle tasche dei larghi jeans, quindi non poteva esserne certa.

«Milady - esclamò in tono rassegnato il maggiordomo, lanciandole un'occhiata supplicante - scappi la prego, o renderà vani i sacrifici di tutti coloro che sono morti e moriranno per lei. Mi farà più male restando, la prego di correre e avere salva la vita. Io veglierò sempre su di lei, nel nome di suo padre e di sua madre».

Isabel impallidì.

Quella era forse la scelta più importante e dolorosa di tutta la sua vita, ma sapeva bene che non si trattava di una vera scelta.

Era un obbligo morale, civile, che non la riguardava affatto e che la toccava così da vicino.

Lanciò uno sguardo colmo di tristezza all'uomo, poi si voltò e corse, piangendo amare lacrime che sembrarono soffocarla.

Avrebbe voluto fermarsi e farsi inghiottire dalla terra sotto i suoi piedi, ma aveva un dovere a cui non poteva venire meno, né in quel momento né mai.

Corse per quelle che le sembrarono ore.

Il bosco non finiva mai, gli alberi le avevano sferzato il volto e le mani, tingendo la pelle candida di scarlatto.

Ad un certo punto le forze la abbandonarono: si trascinò dietro ad un albero e lì si rannicchiò, piangendo in silenzio per evitare di essere sentita, chiedendosi il perché di tutto quello che era successo infinite volte, senza riuscire a darsi risposta.

 

«Una ragazza non dovrebbe mai girare da sola nel bosco».

Il vampiro era esattamente dietro di lei, dall'altra parte del tronco dell'albero: in quel momento capì che era destinata a morire, come tutti quelli che l'avevano preceduta.

Si levò le lacrime dal volto e si alzò,  andandosi a parare direttamente davanti al suo nemico.

In mente aveva solo immagini della morte di innocenti, falciati senza pietà da creature prive della grazia di Dio.

«Hai un bel coraggio a metterti così davanti a me...mmm...vediamo - la squadrò dall'alto al basso, divertito -non so se staresti bene tra le fila dei vampiri, ci penserò...nel frattempo potresti dirmi cosa avete fatto ai nostri ghoul, così possiamo stare sicuri che non si ripeterà di nuovo!» «Non diventerò mai uno schifoso essere come te. Non so niente dei ghoul, ma preparati a morire!» rispose digrignando i denti per la rabbia, puntando la pistola contro il suo nemico.

I pochi secondi usati per puntare l'arma bastarono per ritrovarsi il nemico proprio dietro alle spalle.

Con un salto felino, Isabel ritornò faccia a faccia con il vampiro, sferzando l'aria con la lunga treccia castana.

«Non credo che una come te potrebbe uccidermi. Fidati, se nessuno di voi l'ha ancora fatto non sarai di certo tu quella che ci riuscirà. Ora da brava, raccontami la storia dei ghoul e ti prometto che non ti torturerò come ho fatto con gli altri, d'accordo?» il nodo che Isabel aveva nel petto si strinse ancora di più e non riuscì a trattenere una lacrima, che scorse sul suo viso mischiandosi al sangue e alla terra.

«Mi dispiace per il tuo amico...sbrigati a parlare e lo raggiungerai prima di quanto tu creda».

Mirò al cuore, chiuse gli occhi e fece partire il primo colpo contro un essere vivente della sua vita.

 

Ma aveva esitato troppo.

Aveva solo preso di striscio il braccio dell'avversario, che in pochi secondi le si avventò addosso, scaraventandola brutalmente contro un albero.

Il colpo tremendo alla schiena la fece gridare dal dolore.

«Avresti dovuto dirmi subito tutto - la faccia del vampiro era a pochi centimetri dalla sua e con una sola mano le stringeva il collo, spingendola contro il tronco, quasi strozzandola - così saresti morta. Adesso invece mi divertirò a vederti più volte ad un passo dalla fine».

La ragazza boccheggiava cercando di respirare e mentre il suo pensiero si offuscava sempre di più, istintivamente cercò di liberarsi dalla presa stringendo entrambe le braccia del suo avversario, senza sperare troppo di riuscire a liberarsi.

Del tutto inaspettatamente, il vampiro gridò, mollando la presa su di lei ed arretrando di qualche passo.

Inspirò ed espirò profondamente, riprendendo conoscenza.

Il braccio sinistro del nemico sembrava corrodersi nel punto in cui lei lo aveva stretto.

Si guardò le mani: non aveva medicato la mano destra quando si era ferita, non c'era stato tempo, ed era completamente macchiata del suo sangue.

Lo sguardo del vampiro si fece improvvisamente furente, era chiaro che fosse estremamente sofferente «Che cavolo hai fatto puttana! Te ne pentirai!».

Senza preavviso estrasse una pistola dalla lunga canna nera da una delle tasche laterali dei pantaloni e senza troppi complimenti sparò un colpo, ferendola al braccio.

Il suo grido squarciò il silenzio del bosco, dando soddisfazione al vampiro, che decise di avvicinarsi di nuovo a lei.

Le sue gambe avevano ceduto alla stanchezza e non era più in grado di muoversi.

«Visto che non ti piacciono i vampiri, ti trasformerò in ghoul: immagino sia il tuo sogno nel cassetto no?» come risposta, Isabel sputò nella sua direzione, suscitandone l'ilarità.

«Che fai "Milady"? Non è un atteggiamento poco signorile? Ad ogni modo, sarà meglio che mi assicuri di non trasformarti in un vampiro...» la malignità del suo ghigno le fece venire i brividi.

Con le poche forze rimaste riprese la pistola e sparò, senza mai riuscire a centrare il bersaglio: lui era troppo veloce, lei troppo debole.

«Non c'è più niente che tu possa fare - ormai il vampiro, messosi a carponi sul terreno, le era praticamente addosso -incomincia pure a».

Il corpo del ragazzo le cadde praticamente addosso, esanime.

L'ultima cosa che vide fu il suo ghigno agghiacciante gocciolare sangue; sopra la testa bionda, una figura nera, ammantata.

 

   
 
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