Film > Il gobbo di Notre Dame
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Autore: Angelica Cicatrice    03/09/2019    1 recensioni
Clopin aveva dedicato tutta la sua vita nel donare il sorriso ai bambini di Parigi. Non desiderava altro nella sua umile vita da giullare della piazza. Eppure, qualcosa stava per stravolgere quella felice monotonia, e la paura di essere dimenticato o messo da parte ( per colpa dell'arrivo di un nuovo cantastorie ) lo avrebbe logorato. Per non parlare dell'imminente giorno della Festa dei Folli. I due giullari si sarebbero scontrati in un duello all'ultimo spettacolo? O sarebbe accaduto qualcosa di assolutamente inaspettato da far rovesciare gli eventi? Il re degli zingari non si era mai posto il quesito: e se esistesse, in questo mondo folle, una persona come me ?
Genere: Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Clopin, Nuovo personaggio
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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                                                                                     Una maschera per il Re

Era strano. Troppo strano, svegliarsi di buon' ora, e invece di udire il dolce cinguettio dei passerotti, o avvertire il buon profumo di pane caldo, trovarsi in un tipo di realtà ben diversa. Dentro al suo carretto, posto in un angolo, nella Corte dei Miracoli, la bella Roxanne si stava preparando con calma. Fuori le arrivavano le risate dei primi bambini appena svegli, che giocavano nei dintorni. Attraverso le fessure della finestrella arrivò un profumo invitante di pasticci, spezie come zenzero e curcuma, e stufato di verdure. "In fin dei conti, non è poi così diverso " pensò la giullare, constatando che quei suoni e profumi avevano qualcosa in comune con quelli che aveva sempre avvertito, lì nel piazzale. Doveva solo abituarsi meglio a quella situazione. Ma le mancava tanto quella sensazione di libertà, di vivere all'aria aperta, protetta all'interno di un semplice teatrino mobile. 
Roxanne capiva che non era possibile. Almeno non in quel periodo. Forse, un giorno le cose sarebbe cambiate, e tutto sarebbe stato come desiderava.
Già, tutto... 

PV. Roxanne

Prima di sistemare la solita acconciatura, mi pettinai i capelli corvini, e notai che erano cresciuti molto. Mi arrivavano ormai oltre l'orlo della gonna in tulle, quindi dovevano misurare 1.20 cm. Ricordai quante volte, da bambina, facevo i capricci mentre mia madre cercava di pettinarmi, ma io gridavo ad ogni singolo nodo che si incastrava nel pettine. Sorrisi con gran nostalgia, rivedendo l'immagine di mia madre, così bella e paziente. Mentre annodavo e sistemavo l'acconciatura, aiutandomi con pinze e nastri, ripensai alle parole di Esmeralda. Esattamente la sera prima, quando venne a trovarmi per sapere come stavo, dopo tutto quello che avevo passato... per Clopin. Mi disse che aveva cercato di parlargli, ma lui sembrava ancora diffidente nei miei confronti. La cosa mi fece rattristare, ma capì che per prima cosa, dovevo avere un contatto con lui. Un modo per restaurare l'inizio di un rapporto, di una nuova conoscenza. L'unico problema era come metterlo in atto. Esme ci pensò su per un po’, poi i suoi occhi, verde smeraldo, si illuminarono e mi sorrise.
- Ho in mente un piano - disse lei, trionfante. Non mi anticipò nulla, ma mi disse solo che il giorno dopo mi sarei dovuta far trovare nella sua tenda. Il resto sarebbe venuto da sé. Ed eccomi lì, pronta per uscire dal carretto. Dopo aver applicato il mio prezioso orecchino con la mezzaluna, aprì la porta sul retro, e uscendo mi avviai a buon passo verso la mia meta. Entrando nella tenda, vidi la mia amica sistemare qualcosa in un foglio di carta. Quando si accorse della mia presenza, lei mi venne incontro, e con serenità mi diede il buongiorno. Mi offrì una tazza di latte (di certo quello di Topazia, la capra di Michelle).
Mentre facevamo colazione insieme, io mi chiedevo cosa stesse tramando Esme. Perché era così rilassata? 
- Esmeralda, dov'è Clopin? - le chiesi, senza giri di parole. Lei, per rassicurarmi poggiò affettuosamente la mano sulla mia.
- Tranquilla. Sarà qui a momenti - mi rispose, con una certezza che mi lasciò allibita. Ma ad un tratto sentì dei passi che si avvicinavano. Il re degli zingari fece il suo ingresso, disinvolto e pieno di energie. Per un attimo, il cuore si fermò e mi stava andando di traverso il latte che stavo bevendo. Notai che aveva dei vestiti che non avevo mai visto prima.
Probabilmente quelli vecchi erano ormai inutilizzabili. 
- Bonjour, mon petit, dormito bene? - salutò sua sorella. Quando girò il capo verso di me, la sua espressione cambiò, in un misto di sorpresa e disagio. Avrei voluto dire qualcosa, ma mi limitai a chinare il capo come gesto di saluto. Che situazione pesante! Lui fece lo stesso, senza dire nulla.
Oh, Clopin, mi manca così tanto quel tuo modo di trattarmi, giocoso e tenero, ogni volta che mi donavi le tue attenzioni...
Infine, lui si rivolse di nuovo alla zingara seduta di fronte a me. Sembrasse avere una certa fretta.
- Bene, Esme, io sono pronto ad andare. Eh lo so, tuo marito mi ha già fatto una testa così con le sue raccomandazioni. Conosco bene la situazione che stiamo vivendo, ma proprio per questo devo uscire dalla Corte - iniziò lui, con fermezza. Proprio come mi aveva accennato Esmeralda, Clopin era intenzionato a tornare al piazzale di Notre Dame, per riprendere i suoi spettacoli. 
- Ricordati che io sono pur sempre il re degli zingari, ho dei doveri verso la nostra gente, e la responsabilità di questo posto. Inoltre, non posso abbandonare i miei piccoli spettatori, mi staranno aspettando. Perciò, Esme cara, se mi vuoi bene non tentare di fermarmi - terminò lui, intrecciando le braccia al petto. Esmeralda rimase ad ascoltarlo, senza cercare di obiettare. Infine annuì, come segno di approvazione e disse:
- Hai ragione, Clopin. Tu sei il re, e non possiamo ostacolare i tuoi piani. Poi non c'è da preoccuparsi, saprai comunque cavartela alla grande - detto ciò, Esme si alzò dalla sedia e prese il fagotto che stava preparando poco fa. Il giullare saltellò entusiasta.
- Oh, grazie, sorellina, sapevo che mi avresti capito - fece lui - allora, hai con te quello che mi serve? - chiese, con una certa impazienza. La zingara stringeva quell'oggetto a se, ma invece di porgerlo a suo fratello, lo strinse ancora di più e fece una smorfia.
- Aspetta un momento. Se ci tieni così tanto, devi accettare una condizione - annunciò lei, con tono serio - Che andrai a lavorare insieme a Roxanne -. Per un attimo credetti di essermi sognata tutto. Spalancai gli occhi e vidi che anche Clopin era stupefatto quanto me. Esme, ma cosa stai facendo?
- Cosa? Ma, Esmeralda perché dovrei? Spiegamelo - fece lui, e per un attimo i nostri sguardi stupiti si incontrarono. Esme, intanto, aveva già assunto la posa tipica della sorellona contrariata. Appoggiò la mano libera sul fianco ed ebbe un'espressione corrucciata.
- Perché, mio caro re, ti ricordo che sei rimasto senza il tuo carretto. Come pretendi di andare a lavoro come al solito? Potresti anche esibirti in mezzo alla strada con quel poco che hai, ma non sarebbe da te. Sbaglio o sei anche l'orgoglioso re del piazzale? -.  Esme fece una pausa, mentre lui si strofinava il collo con una mano. Sembrava che davanti a quella verità si sentisse un po’ umiliato. Ma la mia amica si ammorbidì e aggiunse.
- Ascoltami, Roxanne ha un carretto tutto suo. Potresti usarlo per esibirti per bene, e lei potrebbe farti da assistente. Mi sembra uno scambio equo. Inoltre posso confermarti che lei ha un gran talento, ti basta pensare che mi ha sostituita alla festa dei folli. Quindi che ne pensi? -. Clopin rimase in silenzio, come se stesse ponderando la sua decisione. In cuor mio stavo sperando in una risposta positiva. Poi lui, alzò gli occhi in alto, sospirò e disse:
- Come potrei dire di no, alla bella e saggia principessa della Corte -. Esmeralda, soddisfatta di quella risposta, gli cedette finalmente il pacchetto, e gli diede una tiratina affettuosa alla guancia destra. Ero così felice che avrei voluto gridare. Ma appena vidi Clopin avvicinarsi, scattai in piedi e dopo avermi osservata, mi porse una mano coperta dal guanto.
- Beh, spero allora che non sia un problema per te...ehm, Roxanne? - disse lui, un po’ titubante. Quella fu la prima volta, dopo giorni e giorni, che pronunciava nuovamente il mio nome. Non era esattamente come lo avevo immaginato, ma ero troppo di buon umore per vedere il bicchiere mezzo vuoto.
- Assolutamente. Sarà un onore per me - gli risposi, stringendogli la mano. Era un inizio scialbo, ma pur sempre un inizio. Le mie pupille si spostarono di poco e notai Esmeralda che mi faceva l'occhiolino. Mi era tutto chiaro. Grazie a lei, avevo ottenuto il modo per riavvicinarmi al mio amato. E capì anche il motivo per cui non mi aveva spiegato il piano; se Clopin avesse sospettato di qualche mia partecipazione, non avrebbe mai acconsentito alla condizione. Esme, la mia migliore amica, era davvero bella, saggia e molto furba. Il viaggio verso il piazzale fu un vero mortorio. Per tutto il tempo non ci scambiammo parola, e ci limitammo a camminare l'uno accanto all'altra, a una certa distanza. Io avevo cercato di rompere quel silenzio, ma ogni volta mi mordevo le labbra, e tacevo. Era come se avessi paura di parlare, di dire qualcosa fuori posto. Appena arrivammo a destinazione, il mio teatrino era al suo posto, come se fosse apparso per magia. Clopin, dopo tutto quel silenzio, mi spiegò che ci avevano pensato i suoi sottoposti a portarlo lì. Dopo aver congedato i suoi uomini con una piccola ricompensa, per aver fatto la guardia mentre ci attendevano, non perdemmo tempo ed entrammo nel carretto. Lui si guardò attorno, e io non potei fare a meno di ricordare quel giorno, in cui avevo ospitato il re dei giullari nella mia dimora.
- Niente male, questo posticino - fece lui, mentre esaminava un cesto colmo di pupazzetti fatti con varie stoffe. Sì, Clopin, quello è lo stesso cesto dove hai frugato quella mattina, lo stesso giorno che con dolcezza mi avevi confessato quanto temessi per una mia improvvisa scomparsa. Un mezzo sorriso si allungò sul mio viso, beandomi momentaneamente di quel ricordo. Ma presto dovetti tornare alla realtà, perché si stava facendo tardi, e Clopin voleva incominciare il prima possibile. Rimasi piacevolmente sorpresa quando mi diede la precedenza per cambiarmi d'abito, e uscì dal carretto per lasciarmi in piena privacy. 
Anche quel gesto mi fece ricordare il passato. Tutti quei modi gentili, che lo rendevano un perfetto gentiluomo. Mentre lui aspettava fuori, ed io indossavo il costume, stavo riflettendo in quale modo potevo far riattivare i suoi ricordi. Ora che ci trovavamo a lavorare spalla a spalla, dovevo approfittarne e agire. Mentre mi specchiavo, studiando ogni dettaglio del mio abbigliamento, ebbi l'idea. Se mi avesse visto con quel costume avrebbe incominciato a ricordare, magari proprio quel giorno alla festa dei folli. Non era proprio un granché, ma dovevo comunque provarci. Richiamai l'attenzione del mio socio, bussando alla porta per avvisarlo che ero pronta. Lui entrò e rimase per un attimo a fissarmi. Sentì il cuore galoppare, come un cavallo selvaggio che corre lungo la prateria. Senza dire nulla, si avvicinò e le mie gambe cominciarono a tremare. Ti prego, fa che si ricordi di me...dissi a me stessa. Ma lui era rimasto immobile, e strofinandosi il mento disse semplicemente:
- Curioso...-. Non mi aspettavo un commento simile, e le mie gambe si irrigidirono, mentre l'ansia mi stava logorando all'interno.
- Cosa? Cosa c'è di curioso? - domandai, e pregai che il mio intento fosse andato a buon fine. Lui mi guardò negli occhi per un attimo, per poi rispondere:
- No è che...è la prima volta che vedo una donna nelle vesti di giullare. Mi incuriosisce - mi spiegò. Mi sentivo strana e confusa. Non riuscivo a capire cosa Clopin volesse dire. Quella frase era una sorta di complimento, oppure no? Era ammirazione o una velata indifferenza? Non riuscivo a decifrarla. Ben presto mi trovai fuori dal teatrino, ad aspettare che il mio collega si cambiasse. Non va bene. Non va affatto bene. Dissi a me stessa, pensando a quanto fosse difficile. Forse avevo bisogno di più tempo. Non dovevo essere così impaziente. In fondo, la mente non è uno scrigno dove poterci mettere qualsiasi cosa per riempirlo e dargli un ruolo. La mente umana è molto più complessa. Mentre pensavo a ciò, avvertì un lamento e un tonfo all'interno del carretto. Senza pensarci due volte, spalancai la porta e vidi Clopin, col suo costume nuovo, per terra a gambe all'aria. Sbigottita mi precipitai verso di lui.
- Cosa è successo? - gli chiesi, mentre cercavo di aiutarlo a rimettersi in piedi mentre si massaggiava il fondo schiena.
- Ahi ahi, stavo provando qualche movimento per testare il costume, ma sono inciampato su queste scarpe nuove -.
Il giullare fece una smorfia, e si mise davanti allo specchio posto a un lato del carretto. Intanto, mi accorsi che sul pavimento c'era il foglio giallastro che Esme aveva usato per impacchettare quel misterioso dono.
 - Vorrei tanto sapere cosa aveva in mente Esme mentre cuciva questo...coso - disse lui, mentre fissava la sua immagine allo specchio. All'inizio non capì quale fosse il problema, ma quando me ne accorsi, ebbi l'impulso di sorridere. Approfittando della perdita del suo costume da giullare, bruciato insieme al carretto, Esme gli aveva cucito un costume nuovo, stesso modello e stessi colori. L'unica differenza era la fantasia a rombi e a linee verticali. Proprio come il mio. Anche quello era opera tua, vero amica mia? Faceva tutto parte del suo piano per farci riavvicinare. Lui sbuffò, ma io lo rassicurai con dolcezza.
- Suvvia, almeno abbiamo i costumi abbinati, dato che da oggi saremo colleghi. E devo ammettere che i rombi ti donano molto -. Cercai di essere più spontanea possibile, e lui mi donò finalmente uno sguardo genuino. Era sorpreso, ma anche un po’ imbarazzato. Infatti, dietro a quella mascherina color fucsia, ero certa che si celasse un lieve rossore. Finalmente stavo riuscendo ad abbattere quel muro di diffidenza che ci teneva lontani.
- Beh, alla fin fine è solo un costume - disse, guardando altrove. Quella situazione mi fece sperare che nonostante avessimo iniziato col piede sbagliato, con calma e dolcezza, sarei riuscita a farlo sciogliere. Dovevo solo non angosciarmi ogni volta che lui sembrava freddo e distaccato. 
- Su, ora che siamo pronti, meglio metterci a lavoro, altrimenti si farà notte - mi avvisò, sistemandosi meglio il cappello blu cobalto, con la piuma dorata che svolazzava ad ogni suo movimento. Non vedevo l'ora di iniziare. Avremo fatto di sicuro un gran spettacolo. Se solo fosse stato così semplice. Praticamente non riuscimmo a metterci d’accordo sul tema e sul modo di rappresentare la scena. Lui insisteva nel volere una storiella d'avventura con accenni
comici. Io preferivo un racconto fantastico, con tanto di morale e accompagnata dalle note del mio violino. La finestrella del carretto era già aperta da un pezzo, ma noi eravamo lì, a discutere ancora sulla questione. Alla fine la faccenda degenerò e arrivammo a questo:
- Sono io il re del piazzale, quindi dico che è meglio la storia d'avventura! - fece lui, gonfiando il petto come un piccione spennacchiato.
- E il carretto è mio! Quindi vediamo di metterci d’accordo - dissi, che non voleva assolutamente litigare, ma nemmeno cedere ai suoi capricci. Devo dire che nonostante tutto, il suo lato da bambinone stranamente non era andato in fumo, ed era rimasto intatto. Ricordavo quanto fosse più semplice collaborare con lui, come quella volta quando mi ero offerta di aiutarlo nell'esibizione. Ma in quell'occasione era tutto diverso. Stavamo continuano a discutere e non ci rendemmo conto che stavamo praticamente dando spettacolo, perché sotto al davanzale si erano riuniti il solito gruppetto di pargoli. 
Alcuni di loro, che conoscevano bene Clopin, cominciarono a gridare a squarciagola:
Quei piccoli, vispi e adorabili marmocchi, stavano letteralmente donando il loro calore e affetto al giullare della piazza, il cui volto si illuminò, quando si accorse di quella inaspettata accoglienza. Lo vidi allargare le braccia, sporgendosi il più possibile dal davanzale, per poter stringere le manine e donare qualche abbraccio al suo pubblico adorato. Eccolo! Eccolo qui il mio Clopin, quello che sto cercando e che ho sempre amato. Lo zingaro che non faceva il buffone per arricchirsi, ma per donare tutta la felicità ai bambini di Parigi. Mentre mi beavo di quella commovente scena, uno dei bimbi più grandi mi disse:
- Ehi, Roxanne, cosa stavate facendo? Era l'inizio di una commedia, quella di poco fa? -. Feci un sorriso nervoso, mentre Clopin sembrava non aver capito.
- Ma che dici? - fece un altro bambino, accanto al primo - era ovvio che stavano litigando. Cose da fidanzatini, sai -. Ebbi quasi un sussulto, e mi girai di scatto verso il giullare. Oh, Mon Diè, perché i bambini sanno essere così diretti?! Pensai, mentre vidi il viso di Clopin tramutarsi in una espressione confusa.
- Fidanzatini? - chiese Clopin. Ero sul punto di intervenire, ma una bambina, la più piccola del gruppo, pronunciò:
- No, non è vero! Roxanne sposerà petit Clopin, ve lo ricordate? - fece con una vocina dolce e piena di innocenza. A quella frase mi venne da ridere. Invece il mio collega era visibilmente basito. Si girò verso di me, con una faccia che diceva " ma cosa hanno mangiato a colazione?
Prima che la situazione degenerasse, mi porsi in avanti, allargando le braccia e afferrando i pomelli delle porticine della finestra.
- Bene, bene, piccoli, vi ringraziamo di essere venuti a trovarci, ma oggi faremo una pausa. Se non ci troverete oggi pomeriggio, vi attenderemo domani mattina. A bientot! -. Forse ero stata troppo affrettata, ma dovevo assolutamente fare qualcosa. Sospirai, mentre udì le vocine dei bimbi che ci salutavano e ci pregavano di tornare presto. Che sollievo, pensai. Ma quando mi girai, vidi Clopin proprio davanti a me. Il suo viso era a pochi centimetri dal mio. Fu così improvvisa la sorpresa, che stavo quasi per saltare in aria, come un gatto colto alla sprovvista. Mi stava osservando con occhi indagatori, e mi sentì piccola piccola.
Perché mi stava guardando in quel modo? Con tono serio, ma anche un po’ canzonatorio mi chiese:
- C'è per caso qualcosa che dovrei sapere? -. Portò le mani ai fianchi, e il suo alito arrivò a sfiorarmi le labbra. Se avessi ascoltato la mia parte impulsiva, lo avrei baciato, lì all'istante. Lo desideravo tanto. Inghiottì il nodo che avevo in gola, e con una certa disinvoltura mi limitai a rispondere:
- Oh, no, niente -. A dire il vero, sì, mio caro Clopin! Ci sono tante cose che dovresti sapere, ma che purtroppo non ricordi più. 
- E allora, come mai poco fa i bambini ci hanno definito " fidanzati " ? - mi chiese, con aria sospetta. Vaglielo a spiegare, adesso! Forse avrei dovuto cogliere la palla al balzo, e confessare semplicemente che stavamo insieme. Ma non sarebbe stata certo la verità. Noi due non ci eravamo dichiarati, e prima del disastro, eravamo ancora due amici molto intimi, che avevano scoperto di provare attrazione l'una verso l'altro. Ma non potevamo definirci fidanzati. Inoltre, anche se ci avessi provato, Clopin avrebbe capito che stavo mentendo. Mi stava mettendo alla prova, forse? Mi sforzai di sorridere.
- Sai, come sono fatti i bambini. Viaggiano spesso con la fantasia - terminai, mentre mi mossi per potermi allontanare dal suo sguardo. Ma lui mi fermò, bloccandomi con una mano contro la porticina del davanzale. In quel modo, era in trappola.
Il cuore riprese a battermi fortissimo.
- Sai, io sono un grande osservatore. Ho imparato a studiare ogni singolo gesto delle persone. Quindi, so benissimo quando qualcuno mi sta nascondendo qualcosa -. La sua voce era calda e profonda. Sarebbe stata una dolce musica per le mie orecchie, se non fosse stata anche così seria. Clopin aveva forse capito tutto? Il pensiero di dovergli confessare ciò che provavo per lui, in quel modo forzato, non mi piaceva affatto. O forse, non era poi così male, magari sarebbe stata l'occasione giusta per fargli tornare la memoria. I suoi occhi, neri come il carbone, mi scrutarono, e mentre le gambe 
ricominciarono a tremarmi, lui riprese.
- Dimmi solo una cosa, Roxy... -. Eh, Roxy!? Come gli veniva in mente di storpiarmi il nome?
- Roxanne! - precisai, un po’ infastidita. Il giullare chinò poco la testa, in segno di scuse.
- Certo, Roxanne. Dimmi una cosa -. Stavo sudando freddo, ma ero pronta ad affrontarlo, quindi non staccai lo sguardo dal suo.
- Io e te...siamo stati a letto insieme? -. Un attimo di silenzio, che sembrò interminabile, calò su di noi. Avvertivo solo il mio cuore, che dopo una spaventosa corsa accelerata, sembrava che si fosse fermato di botto. Il mio cervello stava analizzando quella domanda, cercando di capire se fosse vera oppure un semplice scherzo della mia già provata sanità mentale. No, non ero pazza. E solo in quel momento, razionalizzando tutto, la mia voce si fece sentire.
- Ma sei cretino?! - lo spintonai, non preoccupandomi di aver usato troppa forza. Clopin agitò le braccia per non cadere all'indietro, e riuscì a mantenersi in equilibrio. Mi guardò esterrefatto, e allora aggiunse:
- Scusami, ma sai, Esme mi ha detto che ci conosciamo già dal giorno della festa dei Folli e che tra noi c'è stata intesa. Poi quella scenata di poco fa da parte dei bambini... - cominciò a giustificarsi, come un bimbo sorpreso a fare qualche marachella - Dato che non ricordo nulla, ho pensato che tu...-.
Non gli diedi neanche il tempo di continuare. Ma prima di uscire dal carretto, con la faccia paonazza, ebbi la forza di gridargli: 
- Assolutamente no! Non ci sono stata e non entrerò mai nel tuo letto! -. Dicendo così, spalancai la porta sul retro e mi fiondai fuori. La faccia mi bruciava, e sentivo la vergogna uscirmi da tutti i pori. Come gli era venuto in mente? Tra tante domande che poteva farmi, proprio quella doveva scegliere. Una cosa che non potevo tollerare, era che il re del piazzale mi potesse vedere come una sua vecchia fiamma, una donna con cui aveva condiviso poche ore per poi tornare alla solita realtà, come se niente fosse accaduto. Considerarmi una delle sue tante amanti passeggere. Non lo avrei sopportato. E pensare che stava procedendo così bene, non benissimo, ma stavamo sulla buona strada. La mia reazione doveva sembrare esagerata, ma davvero non potei farne a meno. Passai parecchie ore in giro per Parigi, senza fare nulla di particolare, e senza una metà precisa. Non avevo voglia di tornare da sola alla Corte dei Miracoli, e non volevo nemmeno andare da Quasimodo per lamentarmi di quello che era successo. Era troppo imbarazzante. Diamine, a letto insieme? Non sapevo nemmeno com'era farlo, figuriamoci...no, no basta, devo smetterla di pensarci! Va bene, lo dovevo ammettere. In fondo non ero una santa. Avevo detto " non entrerò mai nel 
tuo letto" ma solo perché ero fuori controllo. Quindi, non è che il pensiero non mi avesse mai sfiorato minimamente. Molte volte, infatti, quando ci eravamo trovati in momenti particolari, avevo avuto l'impulso di lasciarmi andare, proprio perché si trattava di lui. Ma desideravo arrivare al quel traguardo sapendo che c'era un legame profondo e sincero tra noi. Non per semplice lussuria del momento. Eh, no, per quanto fossi tentata, non sarei caduta così in basso. Appena si fece pomeriggio inoltrato, e mi ero schiarita le idee, decisi di tornare al carretto. Mi sentivo una stupida per quel che era accaduto. Ma non me ne pentivo, e a 
dire il vero, era lui che doveva chiedermi scusa. Quando ebbi il coraggio di entrare, scoprì che Clopin non era lì. Il carretto era vuoto. Strano. Mi diedi un'occhiata in giro, e notai un foglietto di carta colorata, inchiodato su una delle porticine del davanzale. Lo presi e lessi il contenuto. 
" Cara collega, sono andato a bere ". Davvero? Perfino in un momento simile, se ne andava in giro a ubriacarsi?
Pensai, mentre scossi la testa contrariata.
Comincia a chiedermi dove fosse andato. La taverna di Marcel era distrutta, e avevo saputo che ci avrebbero messo ancora del tempo per ricostruirla. I miei pensieri furono interrotti da un bussare sulla porta. Una voce d'uomo familiare risuonò all'interno.
 
PV Febo 

- Permesso? C'è nessuno? -. 
Dopo la dura giornata di perlustrazione, dando ordini ai miei soldati, mi ero ricordato che dovevo passare al piazzale per scortare Roxanne alla Corte dei Miracoli. Esmeralda mi aveva mandato un messaggio spiegandomi la situazione, aggiungendo che era riuscita perfino a riunire i due giullari nello stesso carretto. La cosa non mi stupì: mia moglie riusciva sempre a ottenere ciò che voleva, e perfino Clopin non poteva svincolarsi dal volere della sorella. Avevo sposato una donna fantastica.
- Roxanne, mia cara, sono qui per scortarti alla Corte. Non è sicuro tornare da sola, lo sai bene - dissi ad alta voce e appena vidi la zingara le feci segno di uscire fuori. Notai che aveva ancora addosso il suo costume da giullare. Quando mi fu vicina, ebbi l'impressione che la sua mente fosse altrove. Mi chiedevo se le cose tra lei e Clopin stessero filando lisce. Roxanne era una brava ragazza, oltre a essere bella, e dovevo essere sincero; dal primo momento in cui l'avevo vista insieme a mio cognato, fui certo che insieme formassero una bella coppia. Tra le tante donne che avevo visto accompagnare Clopin, lei era senza alcun dubbio la dama che meritava di stare al suo fianco. 
- Febo, tu sai dove Clopin va a bere, specialmente ora che Marcel non ha più la sua taverna? - mi chiese all'improvviso la violinista. Quella domanda mi lasciò per un attimo interdetto, ma capì subito. Conoscendolo, ero certo che mio cognato fosse andato in qualche locanda di basso borgo per affogare lo stress nell'alcol. 
- Credo che andrebbe al "Il focolare del re" -risposi, e il mio cavallo Achille sbuffò, come a voler dimostrare il suo dissenso. Anche a lui non piaceva quel posto. Roxanne mi sorrise e si fiondò nel teatrino, per recuperare un mantello. Non so, avevo un brutto presentimento. Quando infine mi rivelò che voleva dirigermi a quella locanda, le dissi in tono serio:
- Quel posto non è adatto per te -.
Non conoscevo le ragioni, ma non potevo permettere a Roxanne di esporsi ad altri pericoli. Aveva già rischiato troppo.
- Ti prego, Febo, ho bisogno di vederlo. Oggi non abbiamo avuto un primo giorno di lavoro sereno...e, abbiamo avuto un piccolo diverbio... -. 
Era la prima volta che si confidava con me, e mi sentì strano. In fondo, non avevamo un'amicizia così stretta. Ma i suoi occhi colmi di supplica mi disarmarono senza lasciarmi la possibilità di obiettare. Quella gitana doveva amare davvero tanto Clopin, e avrebbe fatto qualunque cosa per lui, e per riaverlo al suo fianco. Sospirando, montai a cavallo, e porsi la mano alla giullare. 
- Su, lascia almeno che ti accompagni, così sono sicuro che non correrai rischi - dissi, donandole un sorriso rassegnato, ma gentile. Con entusiasmo, lei afferrò la mia mano e con agilità, prese posto sulla sella davanti a me.  
Prima di partire, diedi ordini alle guardie di restare nei pressi del carretto, fino al mio ritorno. Dopo quello che era successo al teatrino di Clopin, non era più sicuro lasciare incustoditi altri carretti in giro per la piazza. Infine, spronai Achille al trotto, e con il rumore degli zoccoli sulla pietra, ci dirigemmo al di là del piazzale, in un labirinto di viottoli e vicoli bui. Appena arrivammo a destinazione, aiutai Roxanne a scendere, e per essere sicuro, la accompagnai anche all'interno della locanda. Il focolare del re, era decisamente una bettola, a differenza della bella taverna di Marcel. Nella piccola e angusta sala, c'era un po’ di folla, ma riuscimmo comunque a trovare facilmente il nostro uomo. La piuma dorata del suo cappello era visibile anche da lontano. A quel punto potevo ritirarmi e lasciare la violinista, che mi ringraziò col sorriso sul volto. 
- Buona fortuna! - le augurai, e mi congedai da lei con un baciamano. Appena chiusi la porta, salì in sella, pronto per ritornare al piazzale.
- Speriamo in bene, Achille, vecchio mio - dissi, accarezzando il collo del mio fedele destriero, per poi agitare le redini e ripartire. 
 
PV Roxanne
  
Prima di avanzare, mi feci coraggio, e mi avvia facendomi largo in mezzo alla folla. E ora cosa gli dico? Mentre mi chiedevo ciò, i miei occhi riuscirono a vedere non solo il profilo del mio giullare, ma anche quello di una donna. Una tipa provocante era seduta proprio accanto a lui. Con uno scatto felino, mi allontanai e nascosi il capo nel cappuccio del mio mantello. Mentre presi posto su un logoro sgabello, al bancone, cercai di spiare quei due. Chi era quella? Mi domandai, e una sensazione sgradevole mi salì dalle viscere. Come mi faceva rabbia, vedere quella donnetta, con i suoi occhioni azzurri e i capelli biondi, fare la civetta col mio Clopin! Era di certo una bella donna, ma alquanto 
volgare, pari a una prostituta di basso borgo. Chi era, un'altra delle sue dame da passatempo?! Grrr. Nell'aria della locanda, c'era un forte odore di alcool, ma ero troppo occupata per badarci. Ad un tratto, avvertì la presenza di qualcuno, dietro al bancone. Infine una voce profonda mi disse:
- Cosa le porto? -. Senza voltarmi, risposi con riluttanza, continuando ad osservare quella scena a pochi metri da me.
- Un doppio Sherry!...-. Ma il locandiere che mi aveva accolto, mi fece sobbalzare quando pronunciò il mio nome.
- Roxanne? Che ci fai qui? - disse pieno di stupore l'uomo senza volto e senza nome. Quel timbro di voce non mi era nuovo. Mi voltai e vidi il faccione di Marcel, a pochi centimetri da me. Spalancai gli occhi, e dopo essermi accertata che fosse lui, esclamai a voce bassa:
- Marcel?! -. Il mio amico mi spiegò in poche parole, che nel mentre la sua taverna veniva ricostruita, aveva chiesto a suo cugino, il proprietario della locanda, di assumerlo. Non poteva certo permettersi di rimanere disoccupato, e di soldi gliene servivano, eccome.
- Sai, inizialmente non ti avevo riconosciuta. E' la prima volta che ti vedo nelle vesti da giullare - mi spiegò, e in effetti non gli davo torto. Alla fine, per spiegargli il motivo della mia presenza, gli raccontai brevemente cosa era successo. Marcel aveva saputo dell'incendio, ma non era a conoscenza della perdita di memoria del suo amico gitano. Diede un'occhiata alla coppietta in fondo, e intuì cosa mi passasse per la testa.
- Mon ami, sono così dispiaciuto. Vorrei tanto poterti essere d'aiuto - mi disse, mentre si tormentava le mani. Della schiuma bianca, che era caduta dall’oscillare di un boccale di birra, stava scorrendo lungo il bancone. Nella mia mente si presentò un'idea. Sorridendo, mi rivolsi al mio amico, sussurrandogli all’orecchio: - In realtà, c'è qualcosa che potresti fare...-. 
Tutto era andato come avevo pianificato. Marcel aveva portato i boccali di birra ai due piccioncini. Facendo finta di inciampare, forse per uno sgambetto da parte di un tizio ubriaco, i boccali volarono, e tutto il contenuto finì proprio addosso alla povera accompagnatrice del giullare. In fondo, le birre si abbinano bene alle sgualdrine bionde. Dal suo viso scorreva il trucco ormai slavato, il vestito era inzuppato e i capelli incollati alla testa.
La tipa cominciò a strillare come un'oca, dando uno spettacolo penoso. Una finezza invidiabile, davvero!
Ridacchiai a quella scena, mentre vedevo quella volgare donnetta allontanarsi e uscire dalla locanda. Clopin era invece rimasto con una faccia interdetta. Marcel si scusò con lui, sinceramente mortificato (poverino, in quel momento mi sentì in colpa). Ma il giullare sospirò, e si lasciò ricadere sullo sgabello.
- Non fa nulla, Marcel. Forse è stato meglio così... - disse il re del piazzale, con aria scocciata. Solo in quel momento mi feci avanti.
- Posso farti compagnia? - canticchiai, mentre presi posto sullo stesso sgabello, dove poco fa si trovava quell’oca giuliva. Lui si voltò a guardarmi:
- Ah, ma guarda chi si rivede! - esclamò, con aria ironica. Dopo quel gran trionfo, non mi importava più cosa fosse accaduto quella mattina. Ero troppo felice di stare nel posto giusto, al momento giusto. Inoltre, notai che aveva assunto un atteggiamento più sciolto e spontaneo. Ripensando a quanto era stato freddo e distaccato fino a quel momento, mi sembrava una grande riconquista. Così, gli donai un sorriso giocoso, e feci dondolare le gambe ancora fasciate dalla calzamaglia a rombi rossi e neri. Lui sembrava piacevolmente sorpreso dai miei modi, e capì che non ero in collera con lui. Non più.
- Serata nera, da come ho notato - feci io, alludendo alla sua compagna che si era dileguata. Il giullare sorrise beffardo, e con leggerezza mi rispose:
- Naaah, cose che capitano, niente di grave. Non era chissà quale compagnia. E poi, aveva più trucco lei che un clown di strada -. Ridemmo insieme e l'atmosfera si fece più serena. Poi, mentre finiva la sua birra, il mio giullare mi fissò e con un tono canzonatorio disse:
- Dimmi una cosa... -. A quelle prime parole, lo guardai con sospetto. Lui se ne accorse e rise divertito. Alzò le mani per poi rassicurarmi.
- Tranquilla, non è come pensi tu, niente di imbarazzante. Dimmi, perché ogni volta che mi capita qualcosa di strano, ci sei sempre tu nei dintorni? -. Era ovvio che scherzava, ma compresi che si stava riferendo alle stranezze di quella giornata, come il nuovo costume, i commenti dei bambini e infine l'incidente dei boccali di birra. Canticchiai sottotono un motivetto, guardando altrove per metterlo sulle spine. Infine risposi:
- Non lo so, forse sei tu che ti metti in tali situazioni, e non dovresti starmi tra i piedi -. Lui trattenne una risata, ma nel farlo sputò la birra che stava sorseggiando, e tutto andò in faccia al povero Marcel, che stava passando in quel preciso momento. Mentre aiutavo l'omone con un fazzoletto, Clopin si scusò con il malcapitato. Dovetti richiamare tutte le mie forze per non ridere a quella situazione comica. 
- Ok, credo che adesso siamo pari, mon ami - disse Marcel al suo amico, sistemandosi i baffi bagnati. Dopo essersi ricomposto, ricomparve con un vassoio, dove portava due calici pieni di Sherry.
- Ecco, Roxanne, quello che mi avevi chiesto - fece il mio amico, e con uno sguardo di intesa, ci lasciò nuovamente soli. Gli dovevo un favore davvero grande. Il tempo passò piacevolmente, e io e il giullare, bevemmo e ci scambiammo qualche idea per lo spettacolo di domani. Dovevamo rifarci per la giornata persa. A quel proposito, si fece immediatamente serio, e senza giri di parole cominciò a scusarsi. Disse che era stato un perfetto idiota, e che non voleva mettermi in imbarazzo. Io fui molto contenta di quelle scuse, anche perché stavo nuovamente scoprendo il vero Clopin che desideravo riavere indietro.
- Tu non mi sopporti, vero? - gli chiesi, ripensando alla freddezza del primo periodo, in seguito al suo risveglio. Lui scosse la testa, facendo ondeggiare la piuma sul cappello.
- Non è così! - affermò con fermezza - il fatto è che... tutta questa situazione, la perdita della memoria...Mi ha reso così insicuro. Non riconoscendoti mi sono messo subito sulla difensiva. Ma ammetto una cosa. Il semplice fatto che tutti, e dico tutti, Esmeralda, Febo, Quasi, i bambini, e addirittura Marcel, ti conoscano...mentre io non riesco neanche a ricordare la prima volta che ti ho vista... è così snervante -. Clopin si massaggiò le tempie e allora cominciai ad avere il sospetto di aver sbagliato tutto. Fin dall'inizio credevo che gli fosse tutto indifferente, e che perfino dei suoi ricordi perduti non gliene importasse nulla. Invece, gli faceva così male quella sua condizione. Lui per primo stava soffrendo, ma non aveva mai voluto ammetterlo, e allora si era creato un muro tra noi.
- Io voglio ricordare... - disse poi, battendo i pugni sul bancone - perché sento di essermi perso qualcosa di troppo bello -.
 
Appena terminò quella frase, gli occhi del re del piazzale si posarono sulla violinista. Lei si tolse la mascherina in merletto, e i loro sguardi si legarono per un istante. Roxanne sentiva che la speranza era ancora viva, e le si stava proponendo un'occasione unica. 
- Allora per prima cosa, ripartiamo da zero - disse, prendendo il suo calice, mezzo pieno - La nostra conoscenza rinascerà da stasera, che ne dici? Senza fretta, e senza cercare di sforzarti nel ricordare, sono sicura che tutto verrà da sé. Ti chiedo solo di fidarti di me, Clopin - 
Lui come risposta le fece un sorriso sicuro, e facendo tintinnare i calici l'uno all'altro, suggellarono quella promessa. Mentre l'intenso calore dello Sherry le scaldava lo stomaco, Roxanne aveva realizzato una verità, quella sera. Nonostante avesse perso la memoria, Clopin, il re dei giullari, l'uomo matto e gentile di cui si era innamorata, era sicuramente lì, accanto a lei. Ma era ancora nascosto dietro alla maschera che lo rendeva cieco, dei suoi ricordi e dei suoi veri sentimenti.                      
                  
Angolo dell'autrice:

Salve a tutti. Uff, se c'è una cosa che odio più del caldo, è il mal di gola durante l'estate. Spero che mi passi subito O.O. Comunque, tornando alla storia, anche questo capitolo è stato parecchio difficile da scrivere, perché avevo parecchie idee, molte delle quali per motivi di spazio, ho dovuto tagliare. Altre, invece, sono risultate non adatte al contesto, e quindi ho dovuto fare varie modifiche. La cosa più difficile è stato come descrivere Clopin in questo spazio tra il post guarigione e il ritorno alla solita routine, e soprattutto il suo approccio con la nostra Roxanne. E' chiaro che Clopin ha dovuto passare un momentaccio non indifferente, ma dopo aver superato i primi dubbi e fidandosi un po’ di più, sembra che sia in corso un nuovo inizio per i due protagonisti.  Ma non fateci l'abitudine, che questa calma apparente sarà scossa in futuro da altri eventi che riguarderanno la banda di malviventi, e metteranno a dura prova i nostri eroi. Piccola nota, avrete notato che ultimamente non ho inserito il punto di vista di Clopin, solo quello di Roxanne. Beh non è a caso, dato che il nostro giullare non è più quello dei capitoli precedenti, ma non temete, col passare della storia tornerà a descriverci le sue sensazioni, soprattutto quando... eh no, non posso dirvi altro XD Spero che vi sia piaciuto e che lo abbiate trovato interessante e divertente al tempo stesso <3
Alla prossima ^^
Ultima nota, la scena dove Marcel fa il casino con i boccali, mi è venuta ricordando un vecchio videoclip, della canzone degli 883 - Come mai - dove il cameriere finge di inciampare e fa il disastro XD Adoro quella canzone, quel video, e anche i cari 883, nonostante tutto <3
   
 
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