Fanfic su artisti musicali > Michael Jackson
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Autore: DianaSpensierata    04/09/2019    0 recensioni
"Mi mancava non sapere che cosa dire, mi mancava essere spiazzata dal suo irresistibile modo di fare, mi mancava il suo sguardo che sapeva e il suo sorriso che non necessitava parole, mi mancava avere qualcuno con cui poter parlare a quel modo. Mi mancava lui, in tutto il suo complicato e affascinante essere, a volte così forte che non riuscivo nemmeno a darmi della stupida."
Genere: Commedia, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Jackson Family, Martin Bashir, Michael Jackson, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Capitolo 8. Tabloid junkie
 
 
 
Dopo la rinnovata speranza di vedere Michael, le giornate da sola in casa erano trascorse incredibilmente veloci. Ero rimasta combattiva contro la feroce malinconia delle feste, incolume fino al primo gennaio 2003, e ora attendevo che Tom riportasse Ronan a quella che con ancora una punta di infantile orgoglio ritenevo essere la sua vera casa. Che in quei giorni avevo lasciato un po’ a se stessa, in realtà, motivo per cui il campanello mi colse in piena opera di rimessa in sesto del soggiorno. Ricordandomi con ironia che apparire bella per Tom non sarebbe più stato di alcuna utilità a nessuno,  e rinunciando perfino a dare una piccola controllata allo specchio, andai ad aprire la porta.
– Michael?! – esclamai, sorpresa e in un attimo viola per l’imbarazzo. Il mio cervello ragionò: non solo gli stavo aprendo la porta in una mise a dir poco informale, ma stavo anche correndo il rischio che Tom arrivasse e trovasse in casa mia quel piccolo dettaglio di cui mi ero effettivamente dimenticata di parlargli.
– Ciao Claire – sorrise, col viso e con la voce. L’ansia mi si spezzò nel petto come di colpo e credo che fino in Florida si sarebbero accorti che ero felicissima di vederlo.
– Non mi aspettavo che fossi tu… nel caso non fosse evidente – scherzai, accennando alla mia felpa di tre taglie più grande e ai miei jeans strappati stile adolescente complessata.
Scoppiò a ridere. – Lo sai che non sono un maniaco della formalità… ma devo ammettere che sono un po’ offeso. Speravo ti fosse piaciuto il mio regalo, vedo che non lo indossi mai…–
Inarcai un sopracciglio, mordicchiandomi l’interno delle guance per non ridere. – Anch’io sono offesa. Aspettavo l’occasione speciale per indossarlo, ma non è ancora arrivata…–
Rise di nuovo, alzando le mani in segno di resa. – Ho capito, ho capito, è colpa mia. – svanì il sorriso sulle labbra, ma ne rimase un riflesso negli occhi, che mi scaldò il cuore. – Come stai? –
– Sola, ma ancora per poco. Tom sta per riportare a casa Ron –.
– Spero di riuscire a salutarlo –  fece sinceramente.
– Chi, Ron o Tom? – domandai ironica.
– Ron… a Tom avrei soltanto una domanda da fare…– sollevai le sopracciglia con aria interrogativa. – Cosa mai può aver trovato di meglio di stare una donna come te…–
Risi, lusingata in modo fin troppo evidente. Di solito frasi del genere avevano il potere di… annoiarmi, insomma, quante volte te le senti dire… eppure questa volta rabbrividii, perché nelle parole di Michael c’era sempre un qualcosa che andava oltre e ti dava cento risposte e ti faceva nascere mille domande… – Attento, Michael, sei in campo minato…– lo osservai mentre rideva. Sembrava piuttosto cambiato rispetto all’ultima volta che l’avevo visto, parlava, scherzava eppure sembrava più distante, quasi spaventato. Anche lo sguardo, sempre capace di espiantarmi dal pavimento di casa mia, lanciarmi sulla luna e poi risbattermi a terra, eppure appariva diverso, come se ne avesse passate troppe, come se quelle vacanze non fossero state vere vacanze per lui. – Tu come stai? – gli domandai sinceramente interessata e preoccupata. Aprì la bocca per rispondere mentre mi appoggiavo con la spalla allo stipite della porta, ma quel mio gesto mi fornì una visuale leggermente maggiore sulla strada davanti casa, al che vidi un uomo lì in piedi, a circa cinque metri da noi, con sulla spalla una telecamera.
Mi raddrizzai all’istante, allarmata. – Chi è lui? – istintivamente tirai Michael per un braccio verso casa: forse lo avevano seguito e non se ne era reso conto.
In tutta risposta Michael allontanò dolcemente la mia mano dal suo braccio e mi sorrise. – E’ Martin. Sai che ti avevo parlato del documentario che avrei girato in queste settimane? Lui è il giornalista che mi ha intervistato. Abbiamo quasi finito le riprese, e siccome gli ho accennato di te e Ron aveva pensato di mostrare il rapporto che ho con voi, così forse gli altri capiranno che…–
– Michael! Cristo santo ma ti rendi conto di cosa hai fatto? – la temperatura del mio corpo salì all’istante di cinquanta gradi: ero furiosa. – Spenga la telecamera – urlai rivolta a Martin, dopodichè trascinai quel fottuto genio e me fuori dalla sua visuale. – Non ci posso credere! Come ti salta in mente di venire qui con quel tizio armato di  telecamera, in casa mia e di mio figlio di cinque anni? –
– Non è come pensi, Claire. Martin è una brava persona… –
– Dio mio, non hai ancora imparato niente? –
I suoi occhi si fecero spaventosamente sempre più vuoti mentre discutevamo. – Lui vuole raccontare la verità…–
– Sono io che non voglio entrare nella tua verità, Michael – ribattei, brusca. –Ho un figlio da proteggere. Possibile che tu per primo non lo capisca? –
– Hai… hai ragione, scusa…–
Essere ferma e risoluta di fronte a quell’atteggiamento di Michael, che era sempre meno lui e sempre più un corpo vuoto e ripiegato su se stesso, fu la  cosa più difficile da fare per me. Ma dovevo pensare a Ron e alla mia vita, per prima cosa. – Lasciami fuori dai tuoi casini, per favore –, e, dio, odio dirlo, ma gli chiusi la porta in faccia.
Rimasi incollata al pavimento per un numero indefinibile di minuti, scioccata, indecisa se esserlo di più per il comportamento di Michael, o per come avevo reagito io. È che mi sembrava talmente stupido il suo comportamento, per soli due secondi nel film della vita di Michael Jackson potevo dover rinunciare alla mia vita normale, come aveva fatto a non pensarci? Non sapevo niente di quel Martin e speravo solo che lui ne sapesse abbastanza, ma non poteva pretendere di scaricare anche su di me i suoi pesi. Avevo mio figlio da proteggere e la ferocia per farlo non sarebbe mai stata abbastanza.
 
Mezz’ora non fu sufficiente a riprendersi, ma fu dopo tale arco di tempo che il campanello suonò, preannunciando una visita decisamente più piacevole. – Mamma! –
Ron mi saltò al collo senza nemmeno darmi il tempo di prendere il borsone dalle mani di suo padre.
– Ciao tesoro – mormorai, ricambiando la stretta tanto attesa. Non avevamo mai passato tanto tempo separati, mi era mancato tantissimo. Mi lasciò e insistette per trascinare da solo il piccolo bagaglio fino in camera. Mi risollevai e lasciai che Tom mi salutasse con un bacio sulla guancia. – Com’è andata? –
– Benissimo, è stato davvero un tesoro. Anche se ieri notte non voleva più lasciarci dormire, era troppo emozionato per i fuochi d’artificio –.
– Immagino – sorrisi, ancora un po’ sovrappensiero.
– Piuttosto, qui tutto bene? –
Mi morsi il labbro inferiore. Era il momento di parlargli di Michael? Ora più che mai, ammisi a me stessa, a malincuore. – Sì sì, benissimo. C’è solo una cosa che…–
– Mamma, ti ho portato un regalo! – esclamò Ron, correndo fuori dalla camera da letto.
– Sei proprio un tesoro, piccolo. Che cos’è? –
Mi porse un disegno. Una donna, che riconobbi come me solo grazie ai disegni che mi aveva mostrato negli anni, quattro bambini, e un uomo. Vedere com’era rappresentato quest’ultimo mi fece sbiancare. Aveva dei riccioli neri ed era vestito in bianco e nero. Inoltre i bambini portavano delle maschere. Deglutii la sabbia che mi si era formata in gola. – Questi sono… –
– Io e te con Michael, Blanket, Prince e Paris – rispose fiero.
Alzai gli occhi verso Tom e incontrai il suo sguardo divertito. – Sì, me l’ha detto – confermò.
Mi misi le mani tra i capelli. – Mi dispiace un sacco, credimi, avrei voluto farlo io, è solo che…–
– Non preoccuparti. Solo, mi sono talmente sbizzarrito a immaginarti nella situazione, che adesso vorrei sentire la tua versione dei fatti. – fece, con un sorrisetto furbo. – Avrei voluto essere una mosca…–
– Oh, avresti dovuto esserci, non c’è dubbio – replicai. Poi aggiunsi, un po’ esitante: – Ronan, puoi andare un secondo in camera tua? Devo chiedere una cosa al tuo papà –.
– Va bene, vado a disfare il borsone! – e sparì.
Lo seguii con lo sguardo. – A volte mi chiedo chi lo abbia cresciuto così bene…– scoppiammo a ridere, tuttavia tornai quasi subito seria. – Cosa ne pensi, Tom? –
– Che intendi? –
– Lo sai cosa intendo. –
Alzò le spalle. – Sinceramente mi sembra una bella cosa. Insomma, sai che non credo alle stronzate dei tabloid, ho sempre apprezzato Michael Jackson e l’idea che sua figlia abbia una cotta per mio figlio mi rende molto orgoglioso –.
Risposi al suo sorriso. – Sono contenta che la pensi come me. Però…–
– Però? –
– Non temi che Michael potrebbe metterci in mezzo alla sua vita, se le cose andassero avanti? –
–  Vedila così – fece lui, passandomi un braccio attorno alle spalle – a me sembra un’esperienza divertente, tanto per Ron quanto che per te. Naturalmente, se dovesse succedere che anche solo le iniziali del vostro nome arrivino all’orecchio della pronipote del vicino di casa della nonna della moglie di un qualunque giornalista, il Re del Pop dovrà vedersela con me –.
 
Quella sera cenai con Ronan, che tuttavia era stanco morto e crollò addormentato sul divano non appena lo ebbe sfiorato dopo mangiato. Lo portai in camera, lo coprii per bene e andai a prendere il suo posto sul divano, mentre immancabilmente ritornavo col pensiero ai fatti di quella mattina.
Neanche a dirlo, a Tom non avevo detto nulla. La sua reazione, seppure assolutamente comprensibile, mi aveva congelata e indotta a tacere. Non era stato minimamente nelle mie intenzioni ometterlo, ma in quel momento non sarei riuscita a parlarne, forse nemmeno a pensarci. In fondo sapevo che Michael aveva buone intenzioni e non volevo che Tom potesse anche solo dubitare del contrario. Ma certo, Michael era una persona meravigliosa, non avrebbe mai messo nei guai nessuno…
Allora perché diavolo si era presentato a casa mia con un giornalista?! Cristo santo, lo adoravo ma non riuscivo a capire  che razza di meccanismo fosse partito nel suo cervello per fargli fare una cosa del genere. Perché? Perché proprio nella mia casa?
… perché non aveva nessun altro da cui andare.
Quel pensiero mi soffocò, crollandomi addosso come un macigno. Non era possibile che una persona come lui fosse sola, insomma a parte tutto il circo mediatico che lo attorniava era fantastico e sembrava assurdo che nessuno lo avesse capito, eppure ragionai che se era giunto alla conclusione di inserire nella sua vita una persona insignificante come me (che aveva visto neanche cinque volte), evidentemente non doveva aver trovato molto di meglio.
Cercai di scacciare quell’idea con tutte le mie forze, in preda a un forte disagio. Per due motivi. Il primo, è che ho sempre odiato scoprire o comunque concentrarmi sulle debolezze delle persone per cui provo grande stima e affetto. Non lo so, mi sembra di fare loro un torto, di essere ingiusta, in un certo senso. È difficile da spiegare. Ma il secondo motivo, era che forse avevo cacciato Michael dall’unica casa alla cui porta aveva ancora voglia di bussare.





Angolo autrice:
Carissime lettrici/lettori! I capitoli diventeranno piuttosto intensi e anche più lunghi da qui in poi...spero pazienterete e apprezzerete! Wow! Che bello essere tornata a bordo! Piccola richiesta personale: essendo che ho ricominciato a scrivere dopo una lunga pausa, potrebbero esserci dei cambi di stile da qui in avanti. Se lo notaste e dovesse sembrarvi eccessivo o stonato, non esitate a esprimere la vostra opinione! Sempre apprezzata l'onestà <3 
Un abbraccio a tutti voi, vi auguro una settimana meravigliosa.
 
   
 
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