~~Stark smontò da cavallo accanto all’entrata di una casa in pietra, circondata da costruzioni più basse con tetti di paglia e muri di un colore chiaro, un luogo che ricordava qualcosa a un uomo, un passato lontano.
Dalla porta uscì la donna con i capelli rossi, che risplendevano nel sole del mattino, due bambine al seguito, diretta alla stalla dove un cavallo era legato a un carretto carico di frutti, primizie di grande valore, appena raccolte. Il marito teneva le redini dell’animale e la donna chiamò il figlio più piccolo, che portava un cesto più grande di lui di pregiate fragole da vendere al mercato.
Stark rimase immobile dentro un folto cespuglio di rose, silenzioso e invisibile agli uomini armati che improvvisamente arrivarono al galoppo da ogni direzione. Il bambino lasciò cadere il cesto e si nascose dentro il cespuglio e il pesante mantello di Stark mentre i guerrieri passavano con la ferocia dei distruttori, uccidendo il padre e la madre e caricando le sorelle sui loro cavalli. Dall’interno della casa la nonna corse fuori e venne trafitta da una spada prima di vedere i suoi cari morti.
Il bambino non ebbe quasi il tempo di capire quello che succedeva, solo quando il fuoco avvolse la sua casa si mosse e Stark lo trattenne per un braccio, due guerrieri erano ancora vicini, l’avrebbero visto. Gli uomini si guardarono attorno, cercavano qualcuno, ma il mantello e le spine erano un perfetto nascondiglio.
Stark si rivolse al bambino solo quando rimasero soli.
“Non puoi salvarli, non ha potuto allora, non puoi adesso.”
“Lasciami andare!”
Il bambino dai capelli rossi si ribellava, colpendo Stark con mani da uomo, le vene sporgenti, lle dita callose, picchiando a vuoto uno spirito.
“Jaquen, fermati, hanno sterminato la tua famiglia anni fa, non puoi tornare indietro.”
“Sono morti tutti, hanno ucciso anche le mie sorelle, le ho trovate lungo la strada e io stavo morendo di fame e sete.”
I cavalieri avevano gettato veleno di proposito nel pozzo, incendiato il frutteto e distrutto i campi con i raccolti perché nessuno potesse più vivere li e il bambino aveva vagato per giorni senza punti di riferimento, smarrito, fino a quando uno straniero gentile lo aveva trovato svenuto in un bosco, nascosto in parte da dei grossi massi.
“Il tuo maestro ti ha raccolto senza sapere chi saresti diventato.”
“Io sono nessuno.”
“Sei un H’quar, non sei l’ultimo.”
Un bambino adesso uomo scuoteva la testa, rifiutando il nome che rappresentava quel dolore.
Aveva dimenticato tutto per non soffrire più e non voleva ricordare di muovo, era stato faticoso perdere se stesso e diventare un senza volto.
“Quando ti sei rivelato a mia figlia eri già qualcuno.”
Cosa lo aveva spinto con Arya a usare il suo vero nome e il suo vero volto e poi a rinnegarli?
Chiese a Stark una spiegazione ma l’uomo si trasformò in aquila e il suo cavallo in un lupo, scomparendo nella nebbia.
Al risveglio un uomo prese il rotolo, vide subito che erano poche righe, dal significato oscuro.
“Saranno giorni difficili, saranno fatica e sudore per lei e per te, fiducia e rispetto per un traguardo ambizioso.
Sarai un maestro abile di una allieva esigente, ti metterà alla prova e imparerai nuove cose.”
Il rotolo non dava risposte ai suoi dubbi, se il suo destino era di servire, il percorso era simile a quello che stava già vivendo; obbedire e servire, era inutile opporsi.
Chiese al suo maestro se i sentieri della mente potevano variare dall’itinerario che sembrava prestabilito: dopo venti anni vissuti al servizio del Dio, stava perdendo i punti di riferimento.
Il suo maestro aveva da tempo compreso che Arya Stark non era destinata a perdere la propria identità, ma era il mezzo per un fine più nobile, superire, che il Dio stesso accettava e benediva.
Se per questo fine un uomo doveva ritrovare se stesso, ciò era anche il volere del Dio a cui un tutti gli uomini senza volto portavano rispetto e devozione.
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Negli anni in cui Arya rimase alla Casa del Bianco e Nero, Stark ridusse le sue apparizioni; un uomo avrebbe voluto porre domande al padre della sua allieva, forse aveva interpretato male le parole di Stark, forse i piani erano cambiati, forse per Arya era un addestramento troppo difficile.
I dubbi sul futuro di Arya, sul passato, sul presente sospeso nel tempio, tutto per cercare di comprendere il motivo per trasformare una ragazza in una discepola del Dio rosso.
Stark rimase ai confini del mondo di un uomo senza volto, presenza impalpabile che si manifestava in minuti segni.
Un uomo si limitava a svolgere il suo ruolo di maestro al meglio, scrupoloso e inflessibile con l’allieva, convinto che alla fine sarebbe rimasta al suo fianco come una delle poche ragazze.
La pazienza e il silenzio condivisi lo rendevano sempre più legato ad Arya, che sopportava senza lamentarsi le lunghe ore di allenamento, il dolore fisico e le prove di resistenza a cui era sottoposta.
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Stark aspettava nel bosco fuori dal tempio, con indosso abiti eleganti, in sella al cavallo da parata, l’aspetto più elevato che aveva, da vivo: un nobile, un soldato, un cavaliere.
Chiamò l’assassino per farlo avvicinare, abbassando la spada in segno di non ostilità.
“Ho scelto bene per lei. E’ pronta.”
“Una ragazza non è ancora senza volto.”
“L’addestramento è concluso, Arya ha una missione, ora tu sei riconosciuto come Jaquen H’ghar, il suo maestro.”
Una domanda saliva alle labbra di un uomo, senza riuscire a staccarsi da esse.
Lui non era Jaquen H’ghar, era un senza volto, era nessuno, perché il padre non vedeva le orbite bianche, il naso indistinto, la bocca acquea?
E invece osservava un volto con contorni precisi e definiti, lo ammirava e diceva qualcosa in una lingua strana di cui un uomo comprese poche parole.
“E il tuo sangue entrerà nel suo, nel nostro.”
Cosa voleva dire? Uccidere lei, no, non voleva farlo, non poteva adesso colpire Arya, era la sua allieva, il suo progetto.
Questo desiderio di protezione, di vigilanza, non osava dire di possesso, era qualcosa di nuovo. Anche morire sembrava non più accettabile, un forte dispiacere da quando la dolce ragazza era entrata nella sua vita. Piuttosto che ferire lei avrebbe sacrificato se stesso.
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Arya era andata via, avvolta nella sua irruenza, facendo la sua scelta, quello che era stato scritto, che Stark aveva detto,
Il futuro aveva senso solo dopo le scelte del presente.
Il tempo dell’attesa era di muovo infinito, i compiti che venivano assegnati a un uomo erano di durata più breve rispetto al passato, il suo maestro sceglieva altri assassini per gli incarichi lontani o più lunghi di durata, cosi chè un uomo era spesso vicino al tempio.
Il maestro lo guardava in silenzio al tavolo comune dei pasti: da quando la ragazza aveva lasciato il tempio, il suo allievo preferito - il sui piccolo peccato, avere una predilezione – stava cambiando poco a poco.
Se era così, la profezia di Stark sarebbe davvero giunta a compimento. Ne ebbe la conferma quando, di ritorno dopo una missione di una settimana, il maestro vide una leggera barba rossa sul mento di un uomo.
A un senza volto non crescevano più ne baffi ne barba, non si formavano rughe sulla fronte o imperfezioni sulla pelle, ne rossore ne pallore. La flessibilità di cambiare molti volti cristallizzava anche quello reale, che molti assassini usavano dentro la Casa.
Tra poco un uomo non avrebbe più potuto indossare una maschera, sarebbe rimasto un assassino abile, esperto, condannato però a non cambiare più aspetto fisico. Il maestro rimase in silenzio, già vedeva i segni del turbamento interiore, avrebbe voluto risparmiare al suo allievo il doloroso processo.
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Era una missione che poteva durare una vita, con quel nome e quel volto.
Andando a ritroso, con uno sforzo, il maestro stimò in due decadi fa il loro primo incontro, quando un ragazzino spaventato era passato per la prima volta sotto il grande arco del tempio. Un talento naturale, un accettazione piena delle regole e una totale devozione alla causa. Un vero peccato lasciarlo andare, ma se il Dio così aveva deciso, quale dei suoi discepoli poteva opporsi?
Un giorno lo condusse nella sala dei volti, era il momento.
“Segnali di morte arrivano da Nord con sempre maggiore frequenza.”
Un uomo annuì, da qualche tempo sentiva il sangue pulsare più forte e il cuore battere più rapido a ogni visita di Stark.
“Il tuo compitò è la. Domani inizia la nuova missione.”
“Tutti devono servire.”
“Proprio così.”
Il maestro lo guardò intensamente.
“Lo sai che il tuo ritorno è incerto?”
“Se il dio mi chiama…”
Il maestro alzò una mano per interrompere, un gesto strano per un uomo così calmo e misurato.
“Il Dio ha un progetto per te che non si sviluppa dentro questi muri. Vai e trova la tua strada, forse ci vorranno anni, poi potrai ripassare da qui per raccontarla. Ricorda solo di non rivelare mai i nostri segreti.”
Prima che un uomo potesse replicare, il maestro era scivolato via.