Serie TV > Squadra Speciale Cobra 11
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Autore: shaolin7272    08/09/2019    0 recensioni
Semir scosse la testa “Sai non è poi tanto male uscire con la stessa donna per un periodo più lungo delle tue quattro settimane. Potrebbe avere i suoi lati piacevoli, dovresti provare.” Gli consigliò pensando alla sua relazione con Andrea che durava ormai da qualche anno.
L’amico gli lanciò un’occhiataccia facendo un versaccio.
“Va bene, ho capito, mi faccio gli affari miei. Di cosa possiamo parlare. Ah sì, hai visto la partita ieri sera?”
“Non mi piace il calcio, lo sai, guardo le partite in ufficio con voi solo per non fare l'asociale.”
“André! Sei impossibile!” Esclamò Gerkhan alzando gli occhi scuri al cielo. Poi sottovoce “Sarà una lunga giornata.”
Genere: Angst, Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri, Andrea Schafer, Horst Otto Herzberger, Semir Gerkan
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 2

Erano arrivati in ufficio senza intoppi e avevano ripreso a lavorare su un caso di traffico di droga, ma André continuava a pensare all’uomo visto in ospedale.

Non poteva essere lui, pensava, non era poi passato così tanto da quando si erano sentiti. Però facendo mente locale si accorse che la realtà era diversa, erano almeno tre mesi che non lo chiamava. E addirittura non lo vedeva dal natale passato!

“André, mi stai ascoltando?” Lo richiamò Semir, che aveva notato la fronte corrugata e gli occhi verde acqua assenti dell'amico.

Fux si riscosse dai suoi pensieri con un sorriso di scusa, non aveva sentito una sola parola di quello che aveva detto Gerkhan.

“Scusa, ero distratto, mi sono ricordato che devo fare una telefonata. Giuro che dopo ti presterò attenzione.” Disse prendendo il telefono.

Semir assentì con il capo, aveva capito che c'era qualcosa che lo preoccupava, ma decise di non fare domande, pazientare e aspettare che fosse lui a parlare al momento giusto.

Dopo aver provato diverse volte a chiamare senza ottenere risposta, André, ripromettendosi di riprovare più tardi, ritornò a lavorare cercando di concentrarsi su quello che diceva il collega.

Era quasi sera quando André prese una decisione, ormai il suo turno era finito e per una volta poteva anche uscire in orario, chiuse di scatto il fascicolo che stava leggendo e si alzò prendendo la giacca.

“Dove stai andando?” Domandò Gerkhan

“Ho da fare una cosa, ci vediamo domani.” Disse senza dare troppe spiegazioni uscendo facendo un gesto di saluto con la mano.

Arrivato davanti alla porta André indugiò un attimo prima di suonare il campanello. Attese, ma nessuno venne ad aprire. Poteva provare ad entrare e aspettare, ma poi? Suo padre poteva essere a cena fuori con qualche sua nuova conquista. Si sentiva un cretino a preoccuparsi, tutto perché aveva visto qualcuno che gli assomigliava. Si sedette sui gradini davanti alla porta riprovando a chiamarlo al cellulare. Certo era strano che lo tenesse spento per tutto il giorno. L'unica altra soluzione possibile per avere una risposta alla sua inquietudine era andare al policlinico.

Si sentiva sempre a disagio negli ospedali, nonostante il lavoro che faceva, non gli piacevano per niente. Sperava di non incontrare l'infermiera della mattina.

Si fermò al bancone esitante, per fortuna c'era una giovane donna bruna, piccolina un po' formosa con grandi occhi blu che l'accolse gentilmente.

André sfoderò uno dei suoi sorrisi assassini che tanto piacevano alle donne, guardò la targhetta appuntata sul petto dell'infermiera. Beate, nome azzeccato, forse non aveva perso del tempo inutilmente. Magari le avrebbe chiesto il numero, offerto un caffè a fine turno e poi … chissà giocare al dottore.

“Sto cercando Camill Fux.” Esordì aspettandosi una risposta negativa.

“Camill Fux? Sì è nella stanza 27, ma l'orario di visite è terminato mi spiace. Deve ritornare domani mattina.” Cinguettò la ragazza.

André impallidì, il respiro mozzato come se avesse ricevuto un pugno in pieno plesso solare.

“Mi scusi, posso sapere chi è e perché vuole vedere il signor Fux?” Domandò Beate accorgendosi del turbamento dell'uomo.

“Sono il figlio.”


 

  
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