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Autore: MaryFangirl    12/09/2019    3 recensioni
Bastò davvero poco, e all'improvviso tutto ciò che Hanamichi riuscì a vedere e pensare, fu Kaede Rukawa. [...] Kaede si sarebbe reso presto conto che non sarebbe più riuscito a togliersi Hanamichi dalla testa.
Genere: Fluff, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Hanamichi Sakuragi, Kaede Rukawa
Note: Lemon | Avvertimenti: nessuno
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In realtà trascorsero pochi minuti, ma per Hanamichi il tempo si sospese.
Continuò a non badare alla neve, alla strada, alla consapevolezza di poter essere visti.
Si perse ad accarezzare il viso di Kaede che era freddo rispetto alle sue mani straordinariamente calde pur non avendo i guanti.
Si squassò per la felicità di averlo ancora così vicino, attaccato, provava un sottile timore che Kaede gliel'avrebbe fatta pagare e sarebbe stato lui a scostarsi per piantarlo in asso, ma Hanamichi era forse troppo coinvolto nel suo tornado di emozioni per rendersi conto dello stordimento di Kaede. Quest'ultimo riceveva i baci come terra arida del deserto con la pioggia, a malapena si ricordava di ricambiare, se ne stava lì col collo inarcato ad accettare la tempesta di Hanamichi che non sembrava contrariato, pareva anzi volerlo divorare senza alcun ostacolo.
Kaede non si era mai sentito così amato e desiderato e il suo cuore si era moltiplicato per finirgli un po' ovunque, dal petto era guizzato in gola, nello stomaco, nelle gambe che tremavano, nelle tempie, batteva così forte che Kaede ebbe la sensazione di avere un mancamento, e nessuna delle partite più sfiancanti gli aveva mai provocato simili brividi, dolorosi e piacevoli.
Forse disse cose che non avrebbe mai detto e che nemmeno pensava di poter concepire, poi il tempo volò pur sembrando dilatato, il sacchetto di Kaede passò in mano ad Hanamichi, le loro gambe presero ad avanzare in direzione della casa di Kaede; così, senza accordi verbali, naturalmente, fluidamente, con passi che venivano assorbiti dalla neve, lungo strade ora realmente deserte e lampioni che parevano aver abbandonato la loro luminosità per lasciare che la notte in procinto di sfociare in un ennesimo Natale proteggesse i due giovani che non si tennero per mano, non si guardarono, non si parlarono, ma lo scintillio nei loro occhi e il rossore sulle guance non imputabile solo al freddo avrebbero potuto comunicare molto più di qualsiasi ciarla di Hanamichi, e più di un'occhiata fintamente indifferente di Kaede.
Per Kaede tutto andò avanti come in un vecchio film muto e in bianco e nero. Come se il periodo di 'no contact' non fosse esistito, si ritrovò a ospitare Hanamichi a casa sua, seduto al tavolo a mangiare le leccornie che aveva acquistato, Hanamichi si era offerto di riscaldarli adottando qualche trucchetto da figlio/nipote di ristoratrici in modo che le cibarie non risultassero gommose e sgradevoli, che Kaede non conosceva e che sicuramente non avrebbe mai ricordato.
Per Kaede era come se fosse appena uscito da una discoteca, le orecchie gli fischiavano e sentiva poco le frasi di circostanza di Hana sulle tante calamite presenti sul frigorifero – Hazuki Rukawa collezionava anche quelle degli aeroporti in cui faceva scalo -, pensò solo distrattamente che la cena fosse gradevole ed effettivamente quello che aveva comprato risultò croccante e delizioso anche se ripassato in forno.
Sentì se stesso chiedere in un sussurro: “Dormi qui?”, e vide Hanamichi arrossire, ritenendosi autorizzato ad aggiungere che intendeva proprio dormire e nient'altro. Non era una bugia. Voleva solo godersi la sua presenza e, perché no, ripetere l'esperienza di dormire abbracciato, senza pretendere altro. Udì vagamente Hanamichi affermare di avere un cambio nello zaino perché avrebbe dovuto rimanere a casa di Yohei, poi aggiunse che sarebbe andato in bagno e vide se stesso, come se si trovasse all'esterno della propria persona, gesticolare con la mano in segno di assenso.
Si alzò come un robot, riordinando le poche stoviglie che avevano usato, e finendo troppo in fretta si ritrovò impalato come un merluzzo a non sapere cosa fare. Avrebbe raggiunto Hana in bagno, ma forse era ancora eccessivo. Non stava mai con le mani in mano, tantomeno a crogiolarsi su come fosse meglio agire, ma ormai aveva capito che Hanamichi gli aveva fottuto il cervello per sempre. Si sarebbe sfogato con un bell'urlo ma non voleva proprio esplicitare quanto fosse pazzo. E felice. Perché una serata così incredibile non l'avrebbe prevista neanche se fosse stato dotato di chiaroveggenza, per come era iniziata si sarebbe solo raffigurato sul divano a sbranare tutti i dolciumi e i cioccolatini presenti in casa, regali dei molti colleghi dei suoi genitori, perché la famiglia Rukawa teneva alla corretta alimentazione e non comprava mai tutte quelle calorie composte da zuccheri e grassi.
Invece Kaede sentiva i rumori discreti e confortevoli provenienti dal bagno e stava con la testa in su, rivolta al soffitto che combaciava col pavimento della stanza in cui si trovava la persona che lo stava ossessionando senza possibilità di tregua. Si riscosse con un barlume di rabbia verso se stesso per essere così ridicolo e decise di salire di sopra, immaginando con la poca empatia di cui era dotato, e di cui naturalmente Hanamichi era l'unico destinatario, che anche il bel rossino dovesse trovarsi in imbarazzo.
Lo incontrò mentre usciva dal bagno, in t-shirt e boxer lunghi bianchi, sentendosi sollevato nel sapere di non essere l'unico a rimanere immobile come un totale babbeo per un tempo imprecisato che doveva aggirarsi intorno al minuto, ma che parve molto più lungo. Si sentì stupidissimo quando marciò verso la sua stanza senza dire una parola, mentre Hanamichi lo seguiva timidamente poco dopo, serrando lo zaino e gli abiti che aveva cambiato a mo' di personale rete di sicurezza. Gli borbottò di accomodarsi pure dove voleva, recuperando dal cassettone una vecchia tuta pesante che avrebbe decretato come pigiama in quella notte di Natale, non capendo come Hanamichi fosse a suo agio così poco vestito a fine dicembre. Non che volesse lamentarsi.
Si cambiò freneticamente in bagno, sciacquandosi velocemente e rabbrividendo per il contatto dell'aria sulla pelle bagnata, rifugiandosi nella larga e calda tuta che un tempo era appartenuta a suo padre, quando al college era piuttosto in sovrappeso e lontano dalla ferrea disciplina intrapresa quando la compagna della sua vita, l'unica donna che avesse mai avuto, era rimasta incinta, e per supportarla nel seguire un'alimentazione attenta si era dato una regolata, prendendoci gusto nel raggiungere il peso ideale senza più sgarrare.
Si sfregò i denti come un pazzo, facendo una smorfia nello scorgere del sangue dalle gengive maltrattate, provvedendo a risciacquare la bocca con un bicchierino un po' troppo colmo di collutorio del discount. Uscì dal bagno sentendosi ridicolo e imbecille in quella tuta enorme in cui il suo lungo collo magro e i suoi folti capelli neri lo facevano somigliare, a suo dire, a uno stupido fungo. La tuta era di un color ruggine sbiadito. Niente di più sexy. Non aveva mai dovuto alzare un dito per sforzarsi a conquistare le ragazze, anzi più faceva di tutto per mostrare il suo disinteresse e più attirava isteriche rompipalle. Pur essendo acido come uno yogurt scaduto, era sempre stato miele per quelle fastidiosissime mosche, e il motivo esulava dalla sua comprensione. Non gli era mai interessato di apparire affascinante, ogni tanto aveva anzi raggiunto vette di disperazione nel desiderare di essere un cesso per poter essere lasciato in pace con le sue dormite e il suo basket, le uniche cose che gli importavano.
Adesso era tutto diverso. Voleva essere bello per Hanamichi. Voleva profumare e avere l'alito gradevole, voleva continuare a piacergli in maniera irrazionale, perché Hanamichi aveva già dimostrato di apprezzarlo, cosa sorprendente per Kaede che era consapevole di avere un carattere di merda pur non riuscendo a farci niente.
Piaceva a quel sole, a quella scarica di luce e colore incredibile che attirava tutti come pianeti del suo personale sistema, aveva amici che avrebbero dato i propri arti per aiutarlo e una famiglia unita e affettuosa, che non si era lasciata inaridire dal dolore per la perdita del signor Sakuragi ma si era ancora più affiatata, e l'espressione dolce di Hanamichi quando parlava di sua madre e sua zia, che era sempre stata una figura genitoriale mista a quella di una sorella complice senza gli obblighi e le regole di una madre ma con altrettanta affidabilità, era più eloquente di qualsiasi parola.
Anche Kaede aveva genitori adorabili, ma era fisicamente incapace di dimostrare quanto tenesse a loro, pur sapendo di essere amato nonostante tutto. Era lì, ora, a torcersi le mani, avvicinandosi alla soglia della sua stanza come a una grotta inesplorata, non sapendo che Hanamichi era seduto sul letto stando attento a non affondare troppo nel materasso, il battito del cuore nelle tempie, felice e frastornato.
Intravide Kaede sulla soglia, ma subito dopo il padrone di casa spense la luce e Hanamichi si sentì sollevato; pur non riuscendo a vederlo subito con le pupille ancora ristrette, avvertì i suoi passi felpati sul parquet con qualche blando cigolio che stranamente lo rassicurava. Sentì chiaramente il ginocchio di Kaede affondare nel materasso, così come un battito del proprio cuore particolarmente violento, percepì la tensione dell'altro e anche questo lo tranquillizzò. Non capiva come la perfezione personificata alias Kaede potesse sentirsi nervoso di fronte al signor 50 rifiuti, ma un afflato di emozione lo colse nel constatare la vicinanza di Kaede,
che lo aveva perdonato, baciato, portato a casa sua, nel suo letto.
Il profumo del sapone che il volpino aveva usato gli accarezzò le narici e Hanamichi decise che tanto non gli servivano gli occhi per vederlo. Kaede fece per stendersi, arrovellandosi su cosa potesse dire, la sua lingua sembrava più pigra del solito, ma non perché non volesse parlare, solo che sapeva di essere pessimo con i discorsi e qualsiasi frase gli risultava sbagliata o fuori luogo. Nell'oscurità sentì le mani di Hanamichi sul viso, i pollici a premere sulle guance, come fosse terracotta, e forse con lui lo era davvero.
Rabbrividì pensando al freddo che faceva fuori e al calore delizioso di cui era beneficiario, non ritenendo che fosse giusto di poterne godere lui solo, non volendo al contempo concederlo a nessuno. Nessuna sciocca ragazzina ferma alle apparenze poteva apprezzare quel magma che si trovava in profondità, come diamanti nello stomaco di una grotta esternamente nient'altro che un cumulo di roccia. Quando nei film arrivava puntuale la scena degli amanti che si baciavano respirandosi addosso, Kaede aveva sempre sbuffato con una smorfia schifata, dando fastidio a chi gli stava intorno e avrebbe voluto godersi l'atmosfera romantica. Adesso amava infinitamente la bocca di Hanamichi che si confondeva con la propria, e gli istanti in cui si separavano rimanendo però vicinissimi; amava le mani di Hanamichi raccolte intorno al suo viso, come volesse reclamarne la proprietà, e Kaede che era sempre così rigido e controllato si abbandonava felicemente senza barriere al suo contatto. Per quanto avesse fantasticato e si fosse anche preparato all'atto pratico – sua madre non si era ancora accorta che sul suo estratto conto appariva una voce inerente all'acquisto di dilatatori che Kaede aveva trovato su un sito che parlava di vaginismo con lubrificante incluso – era in corso una magia indefinibile che non si poteva spezzare. Certo, ogni magia richiedeva un prezzo, e tanti conti sarebbero stati presentati sotto il loro naso dalla signora Vita, ma il bozzolo creato da Hanamichi Sakuragi era un buon incentivo.
Hanamichi pigiava la bocca su quella di Kaede con frenesia mal contenuta, quando pensava di poter smettere in realtà non ce la faceva, ogni bacio era una molla che lo faceva saltare in alto, sempre di più, impossibilitandogli l'atterraggio. I suoi occhi si erano adeguati al buio e ora riusciva a vedere bene la sua volpe, trovando fastidiosa la sua bellezza. Non sapeva smettere di toccargli il volto, come uno scultore stupefatto della propria opera.
Sussurrò con un tono basso che non usava mai:
“Ti amo, Kaede”
Era la seconda volta che glielo confessava nel giro di una manciata di ore. Non ricevette però occhiate sdegnose ne occhi al cielo, gli bastò percepire il battito galoppante mentre i palmi poggiavano sulle sue carotidi.
“Ti amo anch'io”
Pensava di provare un assurdo senso di vergogna nel dire parole così abusate, trite e ritrite nelle canzoni, banali, a volte vuote, come quelle che aveva sentito pronunciare da alcune ragazze in metropolitana con tono svogliato,o da uomini che guardavano il sedere delle studentesse; parole dette per noia, svuotate del loro significato, della promessa che contenevano anche se non pronunciata e scandita.
Hanamichi lo aveva detto due volte in poco tempo, ma Kaede sapeva che non lo aveva fatto con superficialità, perché Hanamichi in primis non era quello che sembrava o lasciava vedere a tutti. Era l'amico leale e il figlio affettuoso, un'anima generosa e buona, buona come raramente le persone erano.
Quel tipo di felicità sembrava troppo potente per Kaede: inutile specificare che non avesse mai avuto problemi con la solitudine, anzi gli era sempre piaciuto il senso di libertà che aveva caratterizzato la sua esistenza; e adesso era incatenato al suo opposto, al suo completamento, all'altro pezzo del puzzle.
Abbracciato a lui, senza pensare che preferisse dormire occupando tutto lo spazio presente sul letto, a godere dei baci delicati come i fiocchi di neve fuori da quella casa e da quel pianeta che lui e Hanamichi costituivano, a ripetersi in testa il 'Ti amo' come la più bella delle canzoni, addormentandosi sulle ali di una promessa mai espressa ma in cui non poteva fare a meno di credere.

 

  
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