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Autore: Abby_da_Edoras    15/09/2019    4 recensioni
Questa storia è il sequel della mia precedente long fic "Il mio nome è mai più" e dunque si ispira ancora una volta alla serie TV "I Medici- Lorenzo il Magnifico", con il mio personaggio originale Antonio Orsini che, innamorato di Jacopo Pazzi, decide di mettere a posto le cose tra le due famiglie fiorentine. E, come in ogni mia ff che si rispetti, nonostante tutto ognuno avrà il suo "lieto fine"! Questa ff è incentrata interamente sulla congiura e sul modo in cui Antonio proverà a "scongiurarla" XD... e ovviamente tutto andrà letto in chiave umoristica e leggera, anche se per me questi personaggi sono veri e reali!
Non scrivo a scopo di lucro e personaggi e situazioni appartengono a autori, registi e produttori della serie TV "I Medici".
Genere: Angst, Drammatico, Parodia | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Altri, Nuovo personaggio
Note: AU, Otherverse, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Medici Abby's Version'
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Capitolo diciassettesimo

 

We are crazy, but who cares
To our heaven there are stairs
If we want it to be like that
And reality is just
An illusion that we must

Soon return to, yes, but not yet
oh oh hold me
Only for tonight
Only for the stars in your eyes…

(“Only for the stars in your eyes” – Xandria)

 

La mattina successiva Jacopo si svegliò abbastanza presto, mentre Antonio ancora dormiva dolcemente accoccolato tra le sue braccia. L’uomo non volle svegliarlo, non subito. Pensava che il ragazzo avesse bisogno di riposare, che la sorpresa che aveva preparato per lui lo avrebbe atteso, ma soprattutto era felice di guardarlo dormire e godeva di quella sensazione di pace e serenità che non aveva mai conosciuto prima. A Firenze era una magnifica giornata estiva ma non troppo calda e sarebbe stato il giorno perfetto per mostrare ad Antonio quello che aveva preparato per lui.

Il sole del primo mattino filtrava dalla finestra della camera e andava a illuminare il viso del ragazzo, dal quale Jacopo non riusciva a staccare lo sguardo: gli occhi chiusi ombreggiati dalle ciglia scure, le labbra appena socchiuse in una sorta di sorriso, le guance rotonde, l’espressione innocente e beata.

Quello era Antonio, quello era il ragazzo che aveva cambiato, anzi, ribaltato la sua vita. L’uomo avido di potere, ruvido e austero, che desiderava solo rovinare i Medici e conquistare la città adesso non esisteva più: il nuovo Jacopo era ancora un uomo severo e rude e, a dirla tutta, i Medici non gli erano tanto simpatici nemmeno adesso… però non aveva più il minimo interesse per potere, onori e gloria e tutto ciò che voleva era lì tra le sue braccia, era una vita accanto a quel ragazzino così tenero e affettuoso.

Ma proprio a causa della sua ambizione e della sua acrimonia verso i Medici quel ragazzino aveva rischiato la vita e non sarebbe più stato davvero bene, i dottori erano stati molto chiari in proposito, la ferita e la perdita di sangue avevano indebolito una struttura già fragile e non era possibile sapere quanto a lungo sarebbe durata la vita di Antonio.

Quando Jacopo pensava a questo si sentiva il più miserabile verme dell’universo e si sarebbe preso a pugni in testa per punirsi della propria testardaggine, della propria ottusità, per non aver preso le distanze da chi, come quell’idiota presuntuoso di Salviati (che aveva fatto la fine che meritava, cioè quella del fesso…), aveva invece soffiato sul fuoco dei suoi rancori e lo aveva portato ai limiti estremi per un vantaggio personale.

Ma adesso non sarebbe stato più così. D’ora in poi era deciso a dedicare il resto della sua vita a rendere felice quel piccolo, dolcissimo angelo che aveva avuto la fortuna di incontrare.

Pian piano Antonio iniziò a svegliarsi, si mosse un po’, fece un lieve sospiro, si strinse di più al suo uomo. Jacopo allora lo abbracciò e lo baciò a lungo, come se anche quei momenti di attesa fossero stati troppo, per lui. Aveva bisogno di sentirlo tra le sue braccia, di sentire la sua morbidezza e il suo sapore, sentire che era sempre lì, che non lo aveva perduto, che non lo avrebbe perduto mai, sebbene non se lo meritasse. L’abbraccio si fece intenso e profondo e Jacopo si perse nella dolcezza del contatto sempre più intimo con Antonio, un contatto che riempiva entrambi di tenerezza, calore, felicità infinite mentre le loro anime e i loro corpi si fondevano insieme, senza alcun grado di separazione.

Più tardi, Jacopo decise che era giunto il momento di svelare al ragazzo la sorpresa che aveva preparato per lui nei giorni in cui era stato costretto a letto a causa della ferita. Entrambi erano pronti per uscire e si incamminarono insieme verso la piazza.

“Dovremo camminare per un po’, Antonio, te la senti? Sei sicuro di non essere stanco? Se preferisci, posso ordinare a un servitore di chiamare una carrozza” propose l’uomo, che non era mai stato tanto premuroso in tutta la sua vita. Quando lo vedevano così, Francesco e Guglielmo si domandavano se quello fosse davvero lo zio che avevano sempre conosciuto, quello burbero e severo che li faceva studiare per ore e andare alla Banca anche quando erano ammalati e con la febbre alta… perché dovevano imparare fin da ragazzini a sacrificarsi per il bene della famiglia! A volte pensavano che uno spirito burlone avesse portato via lo Jacopo Pazzi che conoscevano fin troppo bene e che lo avesse scambiato con questo estraneo…

Se fossero stati al giorno d’oggi, Francesco e Guglielmo avrebbero senz’altro pensato che il loro zio Jacopo fosse stato rapito dagli alieni!

Antonio rivolse all’uomo un sorriso radioso.

“Ma no, non c’è bisogno della carrozza, sto benissimo e anzi sono molto curioso di vedere dove volete portarmi, Messer Pazzi” rispose con entusiasmo. “E’ la sorpresa di cui mi parlavate ieri, vero?”

Jacopo annuì con un leggero sorriso.

Non aveva voluto che Antonio sapesse delle sue precarie condizioni di salute perché non voleva che si preoccupasse e, soprattutto, non voleva che perdesse quell’allegria, quella gioia di vivere che illuminavano ogni suo giorno. Avrebbe pensato lui a non farlo stancare, sarebbe stato lui a preoccuparsi, Antonio doveva vivere felice.

Sì, forse il vero Jacopo Pazzi lo avevano veramente rapito gli alieni…

Jacopo e Antonio presero la strada che li avrebbe condotti alla collina sopra Firenze, la zona in cui sorgevano le tante ville che avevano incantato il giovane Orsini mesi prima (eh già, proprio là stava la sorpresa che Pazzi aveva preparato per il suo ragazzino!) ma, prima che potessero finire di attraversare la piazza, due uomini si rivolsero a Jacopo in un tono ben poco rispettoso. A dire il vero, era già da un po’ che quei due fissavano la coppia, o meglio Pazzi, con uno sguardo ben poco amichevole. Si trattava di Niccolò Ridolfi e di Antonio Pucci, due importanti alleati dei Medici che non erano affatto contenti di come Lorenzo aveva gestito la faccenda: secondo loro, il Medici avrebbe dovuto approfittare della tentata congiura per eliminare la famiglia Pazzi da Firenze una volta per tutte. Ridolfi, a dire il vero, aveva già tentato di dire qualcosa del genere al Consiglio dei Priori del giorno precedente, ma era stato rimproverato dal Gonfaloniere.

Ora, però, il Gonfaloniere non c’era…

“Messer Pazzi, non vi recate in Banca questa mattina? Preferite approfittare della bella giornata per fare due passi? O forse… forse avete in mente qualcos’altro?” lo apostrofò Ridolfi, sarcastico.

Jacopo si voltò lentamente. Sapeva bene che c’erano uomini come quelli che avrebbero voluto avvalersi del sospetto che gravava sulla sua famiglia per liberarsene e prendere il loro posto ed era anche pronto ad opporsi ad essi, ma non era quello il momento. Quello era il giorno che aveva scelto per dedicarsi ad Antonio e non voleva farselo rovinare da nessuno.

“Non capisco a che cosa alludiate, Messer Ridolfi. Io e il giovane Orsini siamo semplicemente usciti per una passeggiata” replicò, gelido. “Credo che farebbe bene anche a voi e al vostro amico Messer Pucci. Se permettete, noi andiamo. Vi auguro una buona giornata.”

“Avete fretta, Messer Pazzi? Forse allora i vostri scopi non sono del tutto innocenti come volete farci credere” insinuò Pucci. “Lorenzo de’ Medici è stato troppo generoso con voi…”

Antonio, improvvisamente, si aggrappò a Jacopo. No, non poteva essere. Quella giornata, che prometteva tanta gioia, si stava rapidamente trasformando in un incubo. Lui aveva fatto di tutto perché Lorenzo e Giuliano, dopo essersi salvati, non incolpassero Jacopo e ci era riuscito, ma non aveva mai pensato che altre persone, magari per tornaconto personale, avrebbero potuto desiderare la rovina dei Pazzi… Si sentì gelare il sangue e impallidì mortalmente.

Vedendo Antonio tanto spaventato, Jacopo si infuriò davvero.

“Non so di cosa stiate parlando, ma vedo che state spaventando molto Messer Orsini e questo non ve lo permetto! Andate per la vostra strada e lasciateci in pace!” sibilò.

“Sì, certo, stavamo giusto andando a parlare con Lorenzo de’ Medici” riprese Ridolfi, per nulla intimorito. “Magari riusciremo a convincerlo a fare la cosa giusta…”

Quelle parole turbarono molto Pazzi, ma non lo diede a vedere perché Antonio era fin troppo preoccupato e lui voleva solo allontanarlo da lì.

“Parlate con chi volete, ma lasciateci in pace” ripeté, poi circondò le spalle del ragazzo con un braccio e lo condusse via, stringendolo a sé. Poteva solo sperare che Lorenzo non ascoltasse le insinuazioni di quei due… quei due che, a dirla tutta, erano proprio come lui qualche tempo prima, ma vabbè!

Jacopo e Antonio proseguirono la loro passeggiata, ma l’uomo sentiva tremare il giovane nel suo abbraccio ed era preoccupato, non voleva che si tormentasse, avrebbe potuto fargli male, doveva distrarlo… per fortuna entro breve tempo sarebbero giunti alla meta e quello, sperava, avrebbe scacciato ogni pensiero negativo dalla mente di Antonio.

Uscirono dalle mura cittadine e si diressero verso una leggera salita che conduceva alla chiesa di San Miniato al Monte. Lungo la strada si ergevano ville stupende, circondate da parchi e giardini e che godevano di una spettacolare vista di Firenze.

Jacopo si fermò davanti a una di quelle: era molto grande, circondata da un parco elegante e ben curato, con alberi, cespugli e statue che creavano un’atmosfera serena e piacevole. Vi si accedeva tramite uno scalone in pietra che si apriva in un ampio cortile terrazzato dal quale si poteva ammirare Firenze in tutto il suo splendore.

“Che bellissima villa” commentò Antonio, incantato. “Di chi è?”

Jacopo sorrise.

“E’ mia. O meglio, nostra, se vuoi” rispose, stringendolo di più a sé.

Gli occhi scuri di Antonio si sgranarono per lo stupore e la felicità.

“Volete dire che…”

“Ho acquistato questa villa nel periodo in cui eri costretto a letto per colpa della ferita” spiegò l’uomo. “Tu avevi detto che ti sarebbe piaciuto avere una di queste case, me lo dicesti il giorno… il giorno prima di quella congiura e io pensavo che l’avrei comprata per te… dopo. Ma tutto è andato ancora meglio del previsto e adesso questa sarà la nostra casa. Vuoi vederla?”

“Certo che voglio vederla! Messer Pazzi, io… non riesco a crederci, forse è tutto un sogno?” mormorò Antonio, emozionato e felice.

Jacopo lo condusse attraverso il magnifico parco, verso lo scalone da cui si accedeva alla villa. Il ragazzo non sapeva più da che parte guardare, tante erano le cose belle da ammirare. E la cosa più bella di tutte era che Messer Pazzi aveva acquistato quella villa per viverci con lui, come se fossero… beh, insomma…

“Dentro non è ancora arredata, ci sono solo alcuni mobili antichi della mia famiglia, ma nei prossimi giorni farò in modo che tutte le nostre cose vengano spostate qui da Palazzo Pazzi” proseguì Jacopo mentre, sottobraccio ad Antonio, gli mostrava le ampie stanze, luminose e arieggiate. “Immagino che questa si chiamerà Villa Pazzi, a meno che tu non voglia chiamarla Villa Orsini!”

“Ah, no, no, Villa Pazzi va benissimo!” rise Antonio, al colmo della gioia. Jacopo lo strinse a sé e lo baciò a lungo, pensando che quel luogo era perfetto per il suo ragazzino, era pieno di luce come lui e regalava serenità e armonia.

Dopo aver ammirato le varie stanze, i due tornarono fuori e passeggiarono per un po’ nel grande parco, fino a sedersi su una panchina in pietra, accanto a un piccolo, elegante pozzo. La giornata estiva si faceva calda, ma lassù spirava una brezza gentile che rendeva piacevole stare all’aperto.

Jacopo, però, notò che sul viso di Antonio rimaneva un’ombra, chiaramente causata dal brutto incontro di quella mattina.

“Antonio, ascoltami bene, non devi turbarti per quello che hanno detto quei due uomini” gli disse. “Sono convinto che, per quanto possano cercare di convincerlo, Lorenzo non darà loro ascolto. So che tiene davvero a Firenze e a mantenere la pace e di sicuro non vorrà iniziare una nuova faida familiare proprio ora che stiamo… beh… collaborando. Pur essendo giovane, Lorenzo è già un… insomma… un saggio governante e le calunnie dei suoi alleati non lo condizioneranno.”

Era la prima volta che Jacopo diceva cose positive su Lorenzo ed era evidente che la cosa gli costava un certo sforzo!

“Sì, penso anch’io che Lorenzo non ascolterà dei bugiardi manipolatori” replicò Antonio, sorvolando allegramente sul fatto che, in fin dei conti, Ridolfi e Pucci non andavano poi così lontano dalla verità, dicendo che Jacopo era coinvolto nella congiura… “Però quei due Messeri non lo fanno per Lorenzo o per Firenze, io temo che vogliano il posto della vostra famiglia e… ho paura che non si fermeranno…”

Inaspettatamente, Jacopo sorrise e strinse più forte a sé il suo ragazzino.

“Vogliono più potere? Non hanno bisogno di danneggiare me per prenderlo, dato che la villa non era la sola sorpresa che volevo farti oggi” disse. “Ho intenzione di limitare la mia partecipazione alla vita politica di Firenze, d’ora in poi, ed è anche per questo che io e te vivremo in questa villa, più lontana dal centro della città. Parteciperò alle riunioni del Consiglio dei Priori e, se Lorenzo vorrà il mio appoggio, potrà averlo sempre, ma io non ho più alcuna ambizione e tutto ciò che voglio è vivere la vita che mi resta qui, in pace e serenità e… insieme a te.”

Antonio arrossì e spalancò gli occhi, in preda all’emozione. Non sapeva se doveva rallegrarsi o meno delle parole di Jacopo: ovviamente lui era contentissimo di avere il suo Messer Pazzi tutto per sé, ma temeva che rinunciare a ogni ambizione avrebbe finito per amareggiare l’uomo che amava.

“Davvero non volete più partecipare al governo di Firenze? E la vostra Banca?” domandò.

“Non ho detto che voglio ritirarmi da tutto” spiegò Jacopo. “Della Banca si occuperanno principalmente Francesco e Guglielmo, in fondo è per metà la loro, e io mi limiterò alla supervisione. Allo stesso modo sarò disponibile come consigliere di Lorenzo se lui deciderà di avvalersi del mio appoggio. Ma la maggior parte del mio tempo voglio dedicarla a te e a vivere sereno: ho già passato anche troppi anni della mia vita occupandomi solo di affari e politica, anch'io ho bisogno di riposo. Non sono più un ragazzo.”

“Oh, voi siete sempre un nobile e valoroso signore!” protestò Antonio, felice e ammirato.

“Nei prossimi giorni, dunque, ci trasferiremo in questa villa, mentre a Palazzo Pazzi andranno a vivere Francesco e Guglielmo con le loro famiglie” disse ancora Jacopo, e anche qui c’era da stupirsi alquanto, visto che l’uomo intendeva lasciare il suo palazzo anche al nipote che aveva definito non più un Pazzi e a sua moglie e i suoi figli, che per lui erano solo dei Medici, detto con la giusta dose di disgusto.

Il vento stava davvero cambiando!

Jacopo e Antonio si alzarono dalla panchina per far ritorno a Firenze, ma prima l’uomo volle ancora una volta stringere e baciare il ragazzino che aveva permesso quel miracolo, il suo piccolo angelo, la sua salvezza.

Mentre uscivano dal parco, Jacopo si voltò ancora una volta ad ammirare il suo nuovo acquisto.

“Sarebbe bello far realizzare una statua equestre del mio antenato Pazzino de’ Pazzi per collocarla all’ingresso del parco, come ad accogliere i visitatori. Che ne pensi, Antonio?” chiese.

“E’ una bellissima idea, Messer Pazzi!” rispose il ragazzo, entusiasta. “Potete chiedere a Lorenzo, lui conosce tanti bravissimi artisti e sono certo che vi farà realizzare una bellissima scultura!”

Eh, già, e chissà quanto ne sarebbe stato felice Giuliano, non appena lo fosse venuto a sapere!

Sereni e felici, i due si incamminarono nuovamente verso Firenze, tenendosi allacciati. Per il momento i brutti pensieri e i pericoli parevano lontani, ma chissà…?

Fine diciassettesimo capitolo

 

NOTA DELL’AUTRICE:

L’immagine che ho messo prima del capitolo è una villa realmente esistente sulle colline di Firenze, ovviamente non credo proprio che fosse dei Pazzi, ma mi è piaciuta moltissimo e ho immaginato che il luogo dove Antonio e Jacopo vivranno sia proprio quello!

 

 

 

   
 
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