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Autore: MackenziePhoenix94    19/09/2019    0 recensioni
SECONDO LIBRO.
“Un sogno non può durare per sempre. Arriva per tutti il momento di svegliarsi e di fare i conti con la realtà.
E quel momento, purtroppo, è arrivato anche per me”.
Dopo due sole settimane, Nicole ritorna a Chicago portando con sé i segni, sia mentali che fisici, della sua relazione con Theodore Bagwell.
Ciò che ha in mente è chiaro e ben delineato: lasciarsi alle spalle l’uomo che l’ha presa in giro e ricominciare una nuova vita, questa volta sul serio; ma i suoi piani vengono nuovamente sconvolti quando riceve una chiamata proprio dal suo ex compagno.
L’uomo, in lacrime, la supplica di raggiungerlo e, così facendo, costringe Nickie ad affrontare l’ennesimo bivio: rifiutare o accettare?
Ancora una volta, Nicole decide di seguire il proprio cuore: senza esitare, parte per Panama, per raggiungere Bagwell, del tutto ignara delle conseguenze che la sua decisione avrà.
Genere: Azione, Introspettivo, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, T-Bag
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Dopo il nostro disastroso incontro, ho provato più volte a recarmi a Sona per vedere Teddy, per parlare, per spiegargli quanto io sia profondamente pentita di ciò che ho fatto, ma lui non si è mai più presentato: ad ogni visita sono rimasta in piedi vicino alla recinzione, con le mani strette attorno alla balaustra, e ad ogni visita me ne sono andata senza aver visto il viso del mio uomo, senza aver sentito la sua voce.

Burrows, poi, non è affatto d’aiuto.

“Perché ti ostini ad andare lì?” ripete ancora, ormai per la millesima volta “perché ti ostini ad andare a Sona per volerlo incontrare? Non riesco davvero a capirti”

“Abbiamo già affrontato questa discussione in diverse occasioni e non sono intenzionata a farlo di nuovo. Sappiamo entrambi come andrebbe a finire, ed oggi non sono dell’umore adatto per litigare”

“Tu non sei mai dell’umore adatto per qualunque cosa”

“Lo saresti anche tu, se fossi costretto a passare il tuo tempo con una persona che ti ritiene fuori di testa” gli scocco una piccola frecciatina insieme ad un’occhiata tutt’altro che amichevole, incrociando le braccia “quasi dimenticavo… Non mi ritieni solo fuori di testa, ma anche inaffidabile e doppiogiochista, perché ti ostini a non volermi raccontare per quale motivo ti trovi a Panama e perché tuo fratello si trova a Sona insieme a Teddy. Ormai l’ho capito che anche lui è rinchiuso lì dentro, quindi non mi trattare come una stupida”

“Prova a metterti nei miei panni: come posso dire che non sei fuori di testa, quando ti ostini a voler riallacciare i rapporti con quel… Mostro?” domanda Lincoln, evitando di rispondere all’ultima parte del mio discorso; afferro un cuscino del divano e glielo lancio contro, colpendolo in pieno petto, per ripagarlo dell’offesa gratuita che ha rivolto al mio uomo.

“Non ti permetto di chiamarlo in questo modo!”

“E come dovrei chiamare un uomo che si diverte a stuprare ed uccidere ragazzini e ragazzine innocenti? Come puoi stare insieme a lui pur sapendo i crimini che ha commesso? Lo sai, vero, che se tornasse ad essere un uomo libero per sempre ricomincerebbe ad uccidere? Saresti pronta ad avere le mani macchiate di sangue innocente?”

“Teddy per me è un’enorme contraddizione perché rappresenta ciò da cui sono scappata, ma allo stesso tempo è l’unica persona in grado di capirmi, perché abbiamo un’infanzia molto simile alle nostre spalle, pressoché identica. Lui è stato l’unico che ha capito tutto di me guardandomi negli occhi, ed io sono stata l’unica a capire tutto di lui facendo lo stesso. Io non so se esiste davvero la cosiddetta ‘anima gemella’, so solo che lo amo e che non lo voglio abbandonare. E se il prezzo da pagare è essere sua complice, ed avere a mia volta le mani macchiate di sangue innocente, allora sono pronta a questo. E se finirò all’inferno, almeno sarò insieme a lui” mormoro senza mai abbassare lo sguardo, sostenendo gli occhi verdi di Burrows; lego i capelli in un nodo sulla nuca ed indosso velocemente un paio di scarpe da ginnastica, perché non sono intenzionata a trascorrere un altro minuto in più qui dentro a causa dell’atmosfera pesante che si è creata.

“Dove stai andando?”

“Ho bisogno di prendere una boccata d’aria, o non condividi neppure questa mia scelta?”

“Non dovresti girare per Panama completamente da sola, potresti rischiare di fare brutti incontri, lo sai?” mi ammonisce lui, in tutta risposta, inarcando il sopracciglio destro “e se fossi in te, cercherei di togliermi dalla testa quell’uomo. Tu sei la classica ragazza che spera di poter redimere un criminale con il suo amore, ma non funziona sempre così. A volte ci sono persone che non vogliono essere salvate”

“Da quando ci siamo incontrati, da quando mi hai ospitata in questa camera d’albergo, ti sei sempre rifiutato di dire una sola parola su tuo fratello e non hai mai voluto spiegarmi perché ti trovi a Panama, dove vai quando sparisci e chi è la persona con cui parli spesso al telefono. Vuoi che io stia fuori dai tuoi affari, ti conseguenza ti consiglio vivamente di fare lo stesso con i miei: tutto ciò che riguarda me e Theodore non è una faccenda di tua competenza, Burrows” dico a denti stretti, rivolgendogli uno sguardo carico di odio e risentimento, ed esco dalla stanza sbattendo con forza la porta alle mie spalle, per sfogare la rabbia.

Esco in strada senza una meta precisa, incamminandomi per le strade di Panama City, con l’intenzione di non allontanarmi troppo dall’hotel: conosco solo la strada per raggiungere Sona e non sono dell’umore adatto per esplorare la città, perché è così grande ed affollata che perdersi è questione di un battito di ciglia; e, come mi ha gentilmente ricordato Lincoln, si possono fare facilmente incontri spiacevoli.

Voglio rimediare con Teddy, ma non ho la più pallida idea di come fare; finché lui si ostina a non volermi vedere, non so dove sbattere la testa.

Appoggio la schiena ad un palo della luce e guardo in direzione del marciapiede opposto, mordendomi il labbro inferiore, nel vano tentativo di pensare ad una soluzione al mio problema e quest’ultima si presenta proprio davanti al mio sguardo incredulo, sottoforma di una ragazza che cammina a passo spedito ed a testa china, con la folta chioma di capelli corvini che le rimbalza sulla schiena: la osservo in silenzio, mentre passa a pochi metri di distanza da me, per essere sicura che si tratti proprio di lei, e quando mi convinco che la vista non mi sta giocando un brutto scherzo, attraverso la strada correndo, afferrando la sconosciuta per un braccio.

Lei si blocca all’istante, voltandosi, e per la prima volta mi rendo conto di quanto sia giovane: deve avere al massimo qualche anno in più di me.

“Sì?” chiede, incerta, rivolgendomi uno sguardo interrogativo.

“Noi due non ci conosciamo, ma io ti ho già vista a Sona… Ti ho vista entrare ed uscire da Sona” inizio, lasciandola andare, senza sapere con esattezza che cosa dire “avevi addosso l’abito… La divisa… Non so come lo chiamate… Ma eri tu, ne sono sicurissima. È grazie all’abito che indossi che poi entrare lì dentro? Perché io ho bisogno di entrare a Sona”

“Prima che tu possa aggiungere qualunque altra cosa, è tutta una recita. L’abito che indosso è solo una copertura. Un travestimento” mormora lei, con un filo di voce, abbassando lo sguardo sulla busta di carta che ha tra le mani “non vado a Sona a portare la parola di Dio”.

Abbasso lo sguardo a mia volta, soffermandomi sulla minigonna e sul top arancione che indossa.

“Ascolta, non mi interessa chi sei e quello che fai, ho bisogno di entrare lì dentro”

“Mi dispiace, ma se è questo ciò che vuoi, hai sbagliato persona. Io non posso aiutarti, rischierei di finire in guai molto seri. Scusami, non posso fare nulla per il tuo caso”

“Ti prego!” la supplico di nuovo, afferrandola per un braccio, prima che possa scomparire tra la folla “ho bisogno di entrare a Sona, non immagini neppure quanto sia importante per me! Devo parlare con una persona, con il mio uomo. Si chiama Theodore…”

“Stai parlando dell’americano con la mano strana?” mi domanda la ragazza panamense, spalancando gli occhi scuri, ed io annuisco con vigore.

“Sì, sì, ha una protesi al posto della mano sinistra. Lo conosci?”

“Sì, lo conosco, ho un debito nei suoi confronti” mormora, guardandosi attorno “forse un modo per entrare a Sona c’è, ma è molto rischioso, ed è importante che ascolti e segui tutto quello che ti dico”.
   
 
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