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Autore: Sakii    19/09/2019    0 recensioni
Emma, 21 anni.
Giovane ladra di giorno, esperta puttana di notte.
Questo sarebbe il curriculum della mia vita, se solo non fosse stata stravolta.
Un viaggio tra passato e presente, tra amore e delusioni, tra confusione e felicità.
Dalla storia:
“Buongiorno, principessa” ammicca. Sorrido, senza però dargli corda. Si avvicina per darmi un bacio ma mi scanso.
“Ieri notte non ti ho fatto parlare però… sai… era solo…”
Per un attimo i suoi occhi perfetti si incupiscono, poi annuisce, ridendo.
“Ovvio, era solo sesso” ammette con una nota di sarcasmo nella voce, riferendosi alla mia affermazione della notte passata.
“Non voglio i tuoi soldi, lo desideravo… tutto qui.”
Si riveste, lo osservo in silenzio un’ultima volta. Non doveva succedere e lo sappiamo entrambi ma non ho voglia di pentirmene. Non ne ho intenzione, è stato quasi magico.
“È chiaro Emma, non devi giustificarti. Non ne parlerò.”

I primi dodici capitoli risalgono a due anni fa.
La descrizione è stata modificata.
Genere: Drammatico, Romantico, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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Capitolo 13

 
 
Sto sfrecciando sui pattini da un tavolo a un altro, servendo le ordinazioni ai numerosi clienti di stasera. Trovo pochi secondi di pace in cui mi fermo al bancone, chiedendo al mio amico Chris un bicchiere d’acqua. Lui si gira, sorridendomi e porgendomi il bicchiere. Lo ringrazio e lo scolo tutto d’un sorso. Chiudo gli occhi, tiro un sospiro e sono pronta a ripartire. Chris mi ferma, continua a guardarmi. C’è qualcosa di strano nel suo sguardo. Poco a poco il sorriso, dapprima dolce, si trasforma in un ghigno malvagio. Alza una mano, indica un punto indistinto alle mie spalle. Mi giro lentamente, spalancando gli occhi alla vista di mio fratello. Si avvicina, con le braccia aperte come volesse farsi abbracciare ma io indietreggio, spaventata. Assume un’espressione delusa, triste. Il suo aspetto muta fino a trasformarsi nell’uomo dei miei incubi peggiori. Anche il luogo cambia, non sono più nella grande sala dell’Heaven, bensì nello sgabuzzino della mia vecchia casa, tetro e asfissiante. Vado a sbattere contro qualcosa, anzi, qualcuno. Elizabeth e Derek mi prendono per i polsi, tenendomi ferma mentre mio padre ormai è a pochi centimetri di distanza dal mio corpo. Si lecca le labbra con fare disgustoso, mi accarezza con le sue mani ruvide e sporche.

“Tu non meriti la felicità, non l’avrai mai…” sussurra nel mio orecchio. Urlo ma nessuno mi sente. Nessuno mi salva mai. Muoio dentro di nuovo e sprofondo nelle tenebre.

Mi tiro a sedere di scatto, con il cuore che batte a mille e la gola secca. Mi guardo attorno spaventata, rilassandomi secondo dopo secondo riconoscendo il luogo in cui mi trovo.
Qualcuno bussa alla porta, mi avvicino e, con un filo di voce, chiedo chi è.

“Sono Elizabeth, stai bene? Ti ho sentita gridare, apri Emma, per favore”, mi scongiura al di là della porta.

“Sto bene, Beth. Non è niente. Fatti gli affari tuoi. Torna a dormire”, rispondo forse in tono un po’ troppo acido. Mi lascio scivolare a terra lungo il muro, mi raggomitolo aspettando il rumore della porta dei miei vicini aprirsi e richiudersi, segno che la mia amica ha rinunciato e se n’è andata.
Non volevo risponderle male ma al momento mi sento arrabbiata con lei, ferita, nonostante fosse solo uno stupido incubo. Odio me stessa e il mio carattere di merda. Confermato ancora di più dal fatto che, mentre ci sto pensando, sto tirando un pugno alla porta, incrinando il legno e ferendomi le nocche.
Fanculo.
Non mi preoccupo di disinfettare la ferita, né di tornare sul letto. Mi costringo a restare sveglia per il resto della notte, a fissare il vuoto, per non ammettere a me stessa che ho paura di ciò che potrebbe accadere se mi riaddormentassi. Tanto il mio umore ormai non potrebbe peggiorare più di così.
Quando iniziano a filtrare i primi raggi di sole all’interno della stanza, inizio a capire di aver fatto una cazzata nel trattare di merda Beth e per non essermi confidata con lei. Sa la verità, mi avrebbe aiutata a tranquillizzarmi e a farmi qualche ora di sonno tranquilla e decente.
Sbuffo, mi alzo e provo a muovere la mano. Il dolore è sopportabile ma decido comunque di pulirla e fasciarla alla bell’è meglio strappando della stoffa da una vecchia canotta bianca. Mi do una sistemata: le occhiaie sono evidenti e sembro uno zombie. Mi irrito ancora di più, se possibile. Bevo un bicchiere d’acqua prima di uscire dalla mia vecchia abitazione, solo per fare due passi e bussare alla porta di fronte la mia. Non risponde nessuno, così penso che i miei unici amici stiano ancora dormendo. Faccio lo stesso un tentativo, apro la porta. Beth non è sul divano, né in bagno. Sento un rumore provenire dalla camera da letto. O meglio, un gemito. Quando realizzo ciò che sta accadendo è troppo tardi per svignarmela. Chris esce dalla stanza, trovandosi me davanti. Diventa rosso come un pomodoro, prova a parlare ma io gli faccio cenno di stare in silenzio. Esco da casa sua e rientro nella mia come se non avessi sentito e visto nulla. Beh effettivamente non ho visto nulla. Magari Chris ha permesso a Beth di dormire nel suo letto date le condizioni di lei, magari sul divano stava scomoda. O forse aveva avuto dei dolori. O si era fatta consolare da Christopher dopo la mia risposta… No, non so cosa pensare e non voglio saltare a conclusioni affrettate. Avevo intenzione di scusarmi per il mio comportamento, per quanto fosse imbarazzante per me. E adesso lo sarebbe stato ancora di più se Chris avesse parlato e Elizabeth si fosse accorta della mia presenza.
Dopo qualche ora, in cui ho pranzato e ripulito la cucina, capisco che Chris non ha confessato, altrimenti lei si sarebbe già precipitata qui a darmi spiegazioni e giustificazioni di qualsiasi genere. Che cazzo, dopodomani è il mio compleanno e questo è il loro regalo? Tanti auguri a me.
Non so perché mi senta così… gelosa. Sono i miei unici amici e immaginarli insieme mi fa sentire di nuovo sola. Se diventassero una coppia io mi sentirei di troppo. Certo, se con Derek le cose andassero per il verso giusto, saremmo in quattro. Sto fantasticando fin troppo sugli occhi e la risata di Derek, con un sorriso ebete in faccia, che quando Elizabeth entra senza bussare, sobbalzo e mi sento colpevole per non so cosa.
Mi guarda con aria interrogativa, io faccio finta di niente e attacco subito a parlare per distrarla dalle mille domande che già so potrebbe fare.

“Beth, volevo chiederti scusa per stanotte. Sono stata una vera stronza, mi perdoni?” la guardo, sinceramente dispiaciuta per il mio atteggiamento. Lei agita una mano in aria, come a dire “acqua passata, non ci stavo neanche pensando”.

“Sono venuta solo per chiederti se ti serviva una mano a preparare i bagagli per il trasloco, non ci sono rimasta male Emma, davvero. Lo capisco, hai bisogno dei tuoi spazi. Sai già comunque che per qualsiasi cosa io ci sono”, gli occhi neri e profondi della mia migliore amica si illumina quando mi sorride, facendomi sentire molto più sollevata e meno in colpa, dimenticando anche l’episodio di stamattina con Christopher. Decido di tenere la bocca chiusa finché non saranno loro a voler parlare, se sta nascendo qualcosa.
Scuoto la testa, poi, ricordando la proposta.
“No, ti ringrazio. Ho pochissime cose e, comunque, al momento non ho proprio voglia. Manca ancora una settimana al trasloco. Che ne dici, invece, di un bel gelato da quattro soldi al bar?”, ride e annuisce.
Torno a riacquistare un po’ di serenità, passo un bel pomeriggio assieme la mia amica. Oggi è lunedì, quindi l’Heaven è chiuso. Beth mi invita a guardare un film a casa di Chris, sentendomi un po’ a disagio rifiuto, mettendo come scusa la notte passata in bianco. Non è proprio una scusa, ho davvero sonno e sotto sotto per una volta non vedo l’ora che sia il mio compleanno per poter incontrare lui.
 
Sono le 11:00 in punto. Seduta sul mio letto, sola, dopo aver salutato Elizabeth, aspetto con ansia di sentir bussare alla porta.
La mia amica, come al solito ormai, mi ha aiutata nel riuscire ad apparire il più innocente e carina possibile. Oggi indosso dei semplici pantaloncini di jeans, una camicetta a fiori e dei sandali con tacco basso. Tra i capelli, leggermente mossi al naturale, porto delle forcine in modo da impedire ai ciuffi corti e ribelli di coprire il trucco leggero sul viso, sui toni rosati.
Sbuffo. L’ansia mi sta facendo innervosire. Mi rigiro tra le dita i ciondoli del delicato braccialetto regalatomi oggi da Chris e la mia migliore amica. Si sono presentati qui alle otto del mattino, con un cornetto al cioccolato e una scatolina contente il prezioso regalo. Erano raggianti, ho resistito dal mandarli a quel paese per avermi svegliata presto. Non volevo ammetterlo davanti a loro ma lo adoro davvero. E’ composto da tre ciondoli: un libro, che rappresenta me e la mia passione, una macchina fotografica, ovvero Elizabeth e il suo hobby preferito e un bicchierino da cocktail, cioè Chris e il suo amato lavoro.
Mi ha fatto sentire parte di un qualcosa, di una famiglia.
Famiglia.
Mi ricordo che devo contattare Nathan, non posso più rimandare e comunque prima o poi un incontro sarebbe stato inevitabile. Mi manca, però ho paura di ciò che potrebbe accadere. Il nostro rapporto un tempo perfetto si è già incrinato ma non voglio assolutamente perderlo. Per quanto detesti ammetterlo, ho scelto io di isolarmi, lui c’è sempre stato per me e io lo sto abbandonando nel momento del bisogno.
Senza rendermene conto, è già passata un’ora e di Derek non c’è nessuna traccia. Controllo per la decima volta in un minuto il telefono. Niente. L’ansia è svanita, inizio a sentirmi più che nervosa, preoccupata. Cerco di distrarmi in qualche modo con qualche stupido giochino al telefono. Non voglio essere io a cercarlo. Mi sento davvero stupida e patetica, forse avevo interpretato male il suo messaggio? O se ha avuto un incidente? Starà bene?
Continuo ad illudermi per altre tre ore sperando che abbia fatto semplicemente ritardo. La preoccupazione si trasforma in irritazione.
Per una volta in vita mia non vedevo l’ora che fosse il mio compleanno ma lo sto passando allo stesso modo di tutti gli altri anni passati: provando rabbia e delusione verso me stessa.
Ma chi volevo prendere in giro? Aveva ragione lui, come nell’incubo, io non merito la felicità.
Mi alzo, sgranchisco le gambe, tiro fuori dal mobile della cucina una bottiglia di vodka. Avevo solo intenzione di bere uno shot insieme a Derek, per sciogliere la tensione, adesso invece voglio smettere di pensare. La guardo, indugio pensando a mio padre, scuoto la testa poi la stappo e mando giù due sorsi. Il bruciore dell’alcool scioglie il nodo che ho in gola. Torno a sdraiarmi sul letto, continuando a bere, perdendo la cognizione del tempo.
Quando sicuramente è già sera, data l’oscurità nell’appartamento, il bussare alla porta mi riporta alla realtà. Mi alzo barcollante, rischio di inciampare nelle scarpe. Ridacchio e impreco.
Cazzo, sono proprio andata.
Aprendo, scorgo gli occhi che più preferisco ed odio al mondo in questo momento.

“Ma guarda un po’ chi si vede”, singhiozzo e sghignazzo.

E’ stupendo. Indossa dei jeans scuri e una camicia bianca, anche nella sua semplicità riesce a togliermi il fiato. I ricordi della nostra notte di fuoco fanno capolino nella mia testa. Sento caldo, troppo caldo.

“Emma, hai bevuto?”, mi osserva con aria curiosa e… preoccupata? Non lo so, non ci capisco fottutamente nulla.

Il fatto che non abbia avuto la decenza di avvertirmi, di mandarmi un messaggio d’auguri, mi fa sentire infuriata. La sbornia arrabbiata prende il posto della sbornia allegra. Entra, chiudendosi la porta alle spalle e superandomi come se neanche si fosse accorto di non aver mantenuto l’accordo proposto da lui stesso.
Gli vado dietro, mi avvicino e lo spintono.

“Non sono cazzi tuoi. Grazie mille degli auguri, eri troppo impegnato a seguire l’esempio di tuo padre e scoparti qualcun’altra?”

So che non dovrei permettermi di parlare in questo modo, dato che la puttana in questione di suo padre era la sottoscritta. Non dovrebbe neanche importarmi se va a letto con qualcun’altra: non mi riguarda e lui non mi appartiene.
Ma sono fatta così e, quando soffro, voglio che gli altri soffrano come me.
Lui, per tutta risposta, non batte ciglio né mi risponde. Basterebbe che ora mi scusassi, lo lasciassi spiegare e passeremmo la notte insieme.
Nella vita di Emma Jones, però, le cose belle non esistono.
Mi pentirò di quello che sto per dire e lui mi odierà, poco importa. Non ho bisogno di un uomo nella mia vita.

“Eri a divertirti proprio come stavi facendo mentre tua madre moriva?” scandisco bene le parole, mentre finalmente mando giù il poco che manca della vodka.

Sgrana gli occhi, apre la bocca ma io lo interrompo. Non voglio sentirlo. Non voglio credere a qualche cazzata. Sono offesa, delusa e ferita. Lo odio per come mi ha fatto sentire. Io non voglio stare così, non voglio provare alcuna emozione. Stava incrinando il muro che tanto ho faticato per costruire ma ovviamente è solo un bugiardo come tanti altri.
Una voce dentro di me prova a dirmi che l’accaduto non è tanto grave, che non ho neanche provato a fargli chiedere scusa, che magari è successo per davvero qualcosa di grave… ma la scaccio via in un istante.

“Vattene, Derek. Vivevo bene prima di conoscerti, una vita di merda, ma pur sempre una vita”, mento.

Da quando lo conosco tutto era diventato più luminoso.
Ma è chiaro che il mio orgoglio e il mio carattere di merda hanno sempre la meglio su tutto, sono la persona più nota sulla faccia della terra nel rovinare la propria esistenza e quella degli altri. Non potrà mai cambiare nulla. Me lo merito.

“Quella la chiami vita, Emma? Non hai mai vissuto, sei sempre e solo sopravvissuta, perché sei troppo codarda per accettare la realtà, perché non hai il coraggio di accogliere qualcosa di buono, perché pensi di non meritare la felicità per delle situazioni che ti hanno portato a commettere degli errori. Errori a cui non vuoi rimediare. Ci hai provato, hai avuto paura e sei scappata, chiudendoti di nuovo nel tuo guscio di acciaio, esattamente come la prima volta. Come quando tuo padre ti ha stupr-“ mi risponde, sorprendendomi e facendomi provare un vuoto nel petto, mentre la mia mano agisce prima che possa terminare la frase, lasciandogli un segno rosso sulla guancia.

Solo ora mi rendo conto dell’occhio viola e il labbro spaccato…
Ma che cazzo ho combinato…?
Allora era successo qualcosa di grave.
Sento lacrime calde, lacrime di rabbia e dolore, bagnarmi le guance.
Quando se ne va, senza aggiungere altro, sono sola nell’oblio che tanto cercavo.
Non gli ho lasciato il tempo di spiegare. L’ho aggredito. Mi sono ubriacata. Sono stata violenta, cattiva. Proprio come l’uomo da cui sono scappata. La parte peggiore è che Derek mi ha colpita profondamente con ogni singola parola solo perché mi stava mostrando l’amara verità, quella che non ho mai voluto accettare.
Ho rovinato tutto, di nuovo.
Cosa ci faccio con la solitudine, adesso che ho scoperto com’è avere qualcuno che può davvero interessarsi alla mia felicità…?
Capisco quanto sono stata cogliona, nel momento in cui lancio la bottiglia contro il muro.

Angolo Autrice

Rieccoci qua come promesso.
Nella rilettura delle recensioni, non solo della storia,
mi ero resa conto di aver corso un po' troppo.
E' pur sempre anche una drammatica,
quindi ho riaggiunto un po' di tristezza.
Le shippatrici (se leggono ovviamente ahahaha) mi odieranno
un po' in questo momento, ma non era giusto
far avvenire il cambiamento di Emma troppo velocemente.
Nel prossimo capitolo forse ci sarà un pov di Derek,
devo ancora decidere. Spero ci sia qualcuno che legga
e mi lasci dei consigli. Devo riprendere la mano
nello scrivere, se ci sono degli errori siate clementi.
Un bacio,
Sakii <3

Personaggi

Semplicemente a scopo illustrativo, i volti che ho scelto NON rappresentano
i personaggi da me inventati, è solo per dare un'idea in più ai lettori.
Cliccando sul nome vi si aprirà nella stessa finestra la foto del personaggio, successivamente basterà tornare indietro.


Emma Jones
Nathan Jones
Elizabeth Starling
Christopher Smith
Derek Williams
 
   
 
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