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Autore: JoiningJoice    20/09/2019    2 recensioni
[IT, Movieverse, Reddie]
“Che scherzo di merda…”, aveva borbottato, sedendosi a terra. Con la giacca, prontamente sfilata dalle spalle piccole, aveva fatto aria per allontanare il fumo rimasto attorno a Richie – poi però gli si era sistemato addosso, tutto imbronciato e rigido, la spalla premuta con forza contro la sua; e a quella dimostrazione di cameratismo, a quella ricerca probabilmente involontaria di conforto, Richie aveva risposto col silenzio – imbarazzato, i palmi delle mani sudati – e poi nell’unico modo che conosceva: “Sai, ho anche dell’erba oltre alle sigarette…”
Genere: Romantico, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: Missing Moments, Movieverse | Avvertimenti: nessuno
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Eddie My Love

 

 

Avrebbe dovuto intuire qualcosa del piano attuato ai suoi danni nell'istante in cui Ben aveva detto loro che al ballo scolastico si sarebbe occupato della musica e Stan aveva alzato quel suo stupido muso da lontra, una luce pericolosa ad illuminare i suoi occhi — ma poi aveva pensato bene di aprire la bocca per chiedere a Ben "Quindi chi non scopa fa il disc jockey?", e Eddie gli aveva tirato una gomitata nel fianco, tanto forte da fargli perdere il fiato.

"Non è mica colpa sua se nessuno l'ha invitato, deficiente.", gli aveva detto poi, mentre tornavano a casa. Stan camminava loro pari passo, pronto ad annuire a qualunque invettiva di Eddie nei suoi confronti.

"Ha continuato a guardare Bev tutto il tempo sperando che lei intervenisse.", aveva ribattuto Richie, incrociando le braccia dietro la testa. "Non concluderà mai niente se rimane ad aspettare. Se vuole qualcosa dovrebbe prendersela e basta."

"Come faresti tu, giusto, Rich?", era intervenuto Stan — e lì per lì Richie era stato incline a rispondergli, una battuta pungente già pronta in canna; ma poi si era voltato verso di lui e lo aveva scovato con un'espressione tanto inquietante in volto da ammutolirlo. Se il suo dizionario fosse stato un po' più ampio, Richie sarebbe stato in grado di definirlo quasi machiavellico — ma pur non conoscendo il termine, era stato in grado di percepire istintivamente il terrore primordiale provato nei suoi confronti.

***

"Apri la porta! Apri questa cazzo di porta!"

Seduto a terra, Richie si era acceso una sigaretta — la terza nel giro di venti minuti — e aveva aspirato. "È inutile, Eds. Non aprirà nessuno."

Eddie non si era voltato, i pugni fermi contro la porta dello sgabuzzino adiacente la palestra all'interno di cui l'intero corpo studentesco (meno quelli con un po' di cervello) stava ballando sulle note di Girls Just Wanna Have Fun. Indossava un completo scuro, troppo grande per lui: Beverly si era offerta di cucire le maniche e i pantaloni per farli della sua misura, ma Eddie si era rifiutato categoricamente — non perché non si fidasse di lei e delle sue capacità, ma perché l'intera sua partecipazione al ballo scolastico era stata organizzata all'insaputa della madre. In quel momento la signora Kaspbrak sedeva di fronte alla televisione in salotto, sicura che il figlio dormisse al piano di sopra e ignara del fatto che dall'armadio del defunto marito mancava un completo in gessato marrone.

"Non posso restare qui. Che gli salta in mente? STA PER VENIRMI UN ATTACCO DI PANICO, CAZZONI!", aveva urlato, allentando la cravatta. Era impossibile che qualcuno potesse sentirlo, e Eddie lo sapeva perfettamente, ma questo non significava che desiderasse tacere. Finalmente si era voltato di scatto a guardarlo. "E che cazzo ti salta in mente di fumare in un ambiente chiuso?! Vuoi ammazzarmi col fumo passivo?"

"Conosco metodi più veloci e soddisfacenti.", aveva borbottato Richie, spegnendo la sigaretta contro la suola della scarpa lucida. Si era sforzato in ogni modo di non pensare alle ragioni di quello scherzo, ovvie a chiunque avesse occhi per guardare, e con la mano aveva indicato il punto a terra accanto a sé. "Vieni qui, Eddie Spaghetti. Vieni a rilassarti vicino a papà."

Per qualche strana congiunzione astrale, Eddie gli aveva dato retta. Aveva lasciato scivolare rumorosamente i pugni giù dalla porta e si era distaccato dalla parete per la prima volta in venti minuti – dopo aver spinto, sbattuto, urlato e gridato a pieni polmoni di farli uscire; dapprima a Mike, che fin lì ce li aveva portati, poi anche a Bev, che era sbucata dal nulla e lo aveva aiutato a chiudere rapidamente la porta. Nessuno di loro aveva avuto pietà.

“Che scherzo di merda…”, aveva borbottato, sedendosi a terra. Con la giacca, prontamente sfilata dalle spalle piccole, aveva fatto aria per allontanare il fumo rimasto attorno a Richie – poi però gli si era sistemato addosso, tutto imbronciato e rigido, la spalla premuta con forza contro la sua; e a quella dimostrazione di cameratismo, a quella ricerca probabilmente involontaria di conforto, Richie aveva risposto col silenzio – imbarazzato, i palmi delle mani sudati – e poi nell’unico modo che conosceva: “Sai, ho anche dell’erba oltre alle sigarette…”

Eddie era sbottato immediatamente: “RICHIE!”

“NON TI INCAZZARE!”, aveva urlato Richie di rimando, alzando le braccia in segno di resa. “DICONO FACCIA BENE PER L’ASMA, CHE CAZZO NE SO…”

Richie si era alzato in piedi, ed ora non era solo arrabbiato per lo scherzo di cui non comprendeva la ragione: era furioso. “Sei stato tu!”, lo aveva accusato. “Hai organizzato tutto tu perché finissi a fumare quando mi avevate promesso che non mi avreste costretto nemmeno a bere del punch…”

Nel corso degli anni Richie aveva imparato a non dar retta alle accuse di Eddie. Lo conosceva abbastanza da comprendere quel suo cervellino deformato dalla paranoia; lo amava abbastanza da non curarsene, suo malgrado. E proprio perché aveva imparato a riconoscere il crescendo paranoico ed asmatico di Eddie era stato in grado, in quel preciso momento, di prevenire il reale attacco di panico che già faceva tremare la muscolatura del suo amico. Si era alzato in piedi mormorando: “Adesso basta, Eds. Calmati.”, e Eddie non aveva respinto il suo abbraccio; era caduto contro di lui senza scalciare e senza protestare. Le sue braccia si erano strette attorno alla sua schiena e la sua testa si era incastrata perfettamente sotto il mento di Richie, che aveva sollevato il volto apposta perché Eddie potesse essere in tutto e per tutto avvolto dal suo corpo, e le carezze e le pacche avevano tentato di fare da panacea per i tremori e i brividi che scuotevano il suo intero corpo. L’affanno che nessun inalatore avrebbe mai potuto calmare aveva fatto alzare ed abbassare il petto caldo di Eddie con disturbante regolarità – ma ad ogni carezza e ad ogni mormorio di conforto il ritmo si era calmato, finché Richie aveva smesso di sentire la pressione del petto dell’altro contro il suo.

Eddie non gli aveva chiesto scusa, ma Richie non aveva avuto alcun bisogno di sentirselo dire. Per quanto egoista e meschino fosse, non gli dispiaceva fare da “cuscino” per le crisi di Eds – non era bello vederlo in quello stato, ma sapere di essere abbastanza da poterle acquietare era gratificante. Lo aveva lasciato andare pian piano, le mani sulle sue spalle e un sorriso sulle labbra che si sarebbe potuto tradurre in un ulteriore abbraccio.

“Rich…”, Eddie era stato lì per mormorare – e chissà cosa gli avrebbe detto, se solo in quell’istante il suo nome di battesimo non fosse riecheggiato per tutta la stanza. Entrambi avevano battuto le ciglia un paio di volte, disorientati, prima di voltarsi a guardare verso la porta chiusa. Qualcuno – il pensiero di Richie andò a Ben, nascosto da qualche parte sopra le loro teste ad armeggiare con una console da quattro soldi – aveva messo su un lento, una canzone che Richie impiegò qualche istante a riconoscere – ma che una volta identificata lo fece esplodere in un eccesso di risatine.

“Oh mio dio.”, aveva mormorato Eddie, le labbra sollevate in una smorfia. “Mio dio, ti prego, no.”

“Eddie, my love…”, aveva canticchiato Richie. Si era mosso sgraziatamente, ondeggiando da un lato e poi dall’altro con le spalle, spingendosi pian piano verso Eddie – che aveva alzato le braccia per proteggersi. “I love you so-oh…”

“Piantala, piantala, per l’amor di…”, anche Eddie aveva preso a ridere, un po’ a causa dell’atteggiamento di Richie e un po’ per via delle sue mani che, nel tentativo di afferrarlo per i fianchi, avevano finito col solleticarlo. “Giuro, Rich, se è tutto un tuo piano per mettere su questa canzone deficiente…”

“Non faccio piani da sfigati, bambola.”, aveva ribattuto Richie. Nel vedere Eddie ridere la sua confidenza era tornata come un fiume in piena: aveva afferrato le sue mani e lo aveva sospinto in avanti, bloccando le sue gambe con la propria per costringerlo in uno sgraziato casquè. “Li seguo e basta.”

Eddie lo aveva fissato perplesso per un istante, poi aveva scosso la testa. “Sei la persona peggiore che conosco, Rich.”, aveva borbottato; ma non aveva mai smesso di sorridergli, e la mano stretta in quella di Richie aveva ricambiato la presa.

“Eddie, please write me one line… tell me your love is still only mine…”, aveva canticchiato quest’ultimo; Eddie non conosceva l’intero testo, a differenza sua – probabilmente non si era mai soffermato ad ascoltarla, nascosto sulle scale di casa, l’orecchio ben teso per carpire ogni parte del testo e ogni nota e il cuore che batteva all’impazzata dentro al petto – ma compensava le sue mosse sgraziate tentando di risollevarsi in piedi e guidarli ad eseguire almeno un passo di liscio decente. Please Eddie, don’t make me wait too loooo-OOONG!”

“Sono qui, cretino.”, aveva ridacchiato. Finalmente si erano ritrovati in piedi, in equilibrio; anche nella penombra Richie era stato in grado di distinguere il volto paonazzo dell’amico, e aveva pregato che lui non riuscisse a intravedere il suo, o il sorriso ebete che glielo illuminava. Per un istante, uno soltanto, mentre si guardavano negli occhi, Richie aveva avuto l’impressione che il tempo si fosse fermato – ed era stato grato di avere amici come Stan, come Bev e Ben e Mike e Bill, ed era stato grato di avere Eddie. Ma poi il momento era passato nella triste consapevolezza che Eddie sarebbe rimasto sempre e solo quello: il suo migliore amico. Era con malinconia che gli aveva domandato – ma gliel’aveva domandato comunque, perché Richie Tozier non si sarebbe mai lasciato scappare l’occasione di apparire come un deficiente agli occhi dell’amore della sua vita. “Mi concede questo ballo, madama?”

Eddie aveva scosso la testa ma, di nuovo, non si era sottratto a lui; e Richie aveva scoperto ancora una volta come il suo corpo fosse in grado di modellarsi per contenere quello di Eddie, avvolgerlo, in quella tasca di spazio e tempo in cui le Teen Queens cantavano inconsapevolmente del loro amore e in cui poteva illudersi che quanto stavano facendo avesse una qualche parvenza di serietà – proprio lui, che sfuggiva alle situazioni serie comportandosi da buffone fin dal giorno in cui era nato.

 

Più tardi, vent’anni più tardi, avrebbe risentito quella canzone alla radio ed avrebbe accostato al marciapiede di una strada di New York, trovando posto per miracolo, e avrebbe posato la testa sul volante – incapace di smettere di piangere e ignaro del motivo per cui provava tanta tristezza.






Scusate la formattazione terribile ma l'ho scritta sul cellulare in un attimo di ESTREMA debolezza.
'sti due mi stanno uccidendo.
Alla prossima!
-Joice
   
 
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