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Autore: PrincessintheNorth    24/09/2019    1 recensioni
Nuova edizione della mia precedente fanfic "Family", migliorata ed ampliata!
Sono passati tre anni dalla caduta di Galbatorix.
Murtagh é andato via, a Nord, dove ha messo su famiglia.
Ma una chiamata da Eragon, suo fratello, lo farà tornare indietro ...
"- Cosa c’è?
Deglutì nervosamente. – Ho … ho bisogno di un favore. Cioè, in realtà non proprio, ma …
-O sai cosa dire o me ne vado.
- Devi tornare a Ilirea."
Se vi ho incuriositi passate a leggere!
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Morzan, Murtagh, Nuovo Personaggio, Selena | Coppie: Selena/Morzan
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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KATHERINE
 
 
Non avrei mai immaginato che a rovinare la mia reputazione sarebbe stata Belle: quella che era iniziata come un’arringa a mio favore e contro quel ladro di bacon di mio padre si era inprovvisamente tramutata in una presa in giro a mio danno. Con innocenza la piccola aveva cercato di far capire quanto cattivo fosse stato a rubarmi il bacon, e per sottolinearlo aveva ben pensato di ripetere come una paperetta le stupidaggini che Sìgurd le diceva, sbandierando l’idea che fossi un’alcolizzata.
- Rum e whisky. – commentò Murtagh ridendo come un pazzo e buttandosi sul letto. – Dovremo sbatterti fuori dal Tridente. Di mamme alcolizzate non    ne vogliamo.
- Leggermente brille? – tentai ridendo.
- Potremmo fare un’eccezione. – mi strinse e mi  lasciò un bacio sui capelli, mentre ci sistemavamo meglio sotto le coperte d’ermellino, l’investimento migliore che avessi mai fatto.
Con un miagolio, Mellie saltò sul letto, annusando un po’ la coperta e poi acciambellandocisi sopra.
- Giù. – Murtagh la prese in braccio e la collocò sul pavimento. Per niente contenta, la micia lo guardò con aria di sfida e, con un altro miao, si riappropriò del letto.
- Senti un po’, Mellie Puzzona … - brontolò.
- PAPA’! – Belle entrò nella nostra camera a passo di carica, infuriata. Doveva averlo sentito. – Se la chiami ancola così ti picchio!
- Cosa faresti tu? – Murtagh finse un tono severo. – Picchieresti tuo padre, signorina?
- Con la ppada di legno che mi ha legalato il nonno. – lo minacciò. – C’è pule il mio nome sclitto sopla.
- Oh, dei, no! – esibendosi in una scenata, Murtagh si nascose sotto le coperte fingendosi terrorizzato. – Una spada con il nome scritto sopra è la più letale di tutte! Addirittura le antiche profezie ne cantano il terribile potere! Risparmiami, principessa Belle, ti supplico!
Belle non rimase affatto impietosita. Si arrampicò sul letto, armata della sua spadina di legno, e pungolò il suo papà sul sedere.
- Chiedi scusa a Mellie. – gli ordinò con voce stentorea. – O ti infilzo come uno spiedino.
- Chiedo umilmente perdono … Mellie Puzzona! Ahia!
Con tutta la temibile forza di una bimba di tre anni stanca da una giornata di giochi e feste, Belle sollevò la spada e gli assestò un bel colpo sulle chiappe.
- Ma Belle! Non si fanno queste cose! – la ripresi mentre, infuriata, si sedeva in braccio a me tenendo le braccia conserte. – Guarda che poi devo metterti in punizione!
- È colpa di papà.
- Sì, ma non lo puoi bastonare! Non ne abbiamo uno di scorta!
Sbuffò irritata, guardando in tralice Murtagh mentre questi riemergeva dalle coperte.
- Facciamo pace? – le propose.
- Solo pecchè sei il mio papà. – sospirò lei. – Se eli la mamma no.
- Cosa?!
- Non dire queste cose. – Murtagh mormorò prendendola in braccio. – E non trattare così la mamma. Tu sei una bimba molto, molto fortunata … tanti     bimbi della tua età una mamma nemmeno ce l’hanno. E ben pochi bambini hanno una mamma speciale come la tua, che sta tanto tempo con loro e   che gli vuole così bene.
Belle annuì con serietà, sistemandosi più comodamente fra le sue braccia.
- Anche Mellie ha una mamma. – rimuginò. – Pelò l’ha abbandonata pecchè aveva una zampetta lotta. Poi la mia mamma l’ha tlovata e gliel’ha   aggiustata e ola è la mia amica micia.
 Per fortuna Mellie ha trovato una famiglia che le vuole bene e una padroncina brava come te. – la coccolò, accarezzandole i capelli.  
Nel sentire il proprio nome, la gattina si riscosse dal suo torpore e raggiunse Belle, accoccolandosi vicino a lei e sfiorandole il palmo della mano con la testa, per godersi un po’ di coccole.
- Non è ora di andare a far la nanna, Belle? – le chiese. – Non sei stanca?
- Un pochettino. – ammise lei.
- Vuoi che ti accompagni?
La piccola lo guardò stranita, come se non avesse capito bene.
- Dove? – domandò, infatti.
- Nel lettino.
- Murtagh, lei non dorme da sola. – gli ricordai.
Sulla nave non avevamo avuto molto tempo per parlare né ero riuscita ad aggiornarlo su tutto quel che era accaduto … tra tutto il daffare nello star dietro ad una nave, un equipaggio e un bambino mi ero dimenticata di dirgli alcune cose, come il problema di Belle.
- Non voglio che tonna l’ombla mamma … - la piccola sussurrò, accoccolandosi in braccio a me.
Da quando eravamo scappate da Ilirea non c'era stata una volta in cui il suo sonno non fosse stato afflitto dagli incubi: ogni notte sognava un’ombra nera. Questa non faceva niente, ma quella visione le trasmetteva un terrore tale che si svegliava urlando e piangendo, spesso più volte in una stessa notte. Avevo provato ogni rimedio, ogni pozione per far sì che non avesse più incubi, ma nulla aveva funzionato: nemmeno i più dotti maestri, stregoni e medici del Nord erano riusciti a darsi una spiegazione o ad aiutarla, così come non c’erano riusciti papà, Morzan e Selena mentre ero via: ogni notte, Belle si svegliava urlando. L’unico sollievo glielo dava il dormire insieme a me, perciò non potevo negarle il suo solo palliativo.
- Vedrai che non tornerà. – la rassicurai mentre Murtagh ci stringeva entrambe a sé.
- Che ombra? – domandò accarezzandole i capelli.
- L’ombla nela. – la vocina di Belle tremò. – L’ombla che blucia.
Una strana espressione attraversò il volto di Murtagh, una che condensava in sé terrore, furia, preoccupazione.
- Da quando brucia? – chiesi confusa. Fino ad allora aveva sempre parlato di una semplice ombra, non aveva mai menzionato quel dettaglio.
- Da qualche gionno. – mormorò. – Fa più paula.
- Un’ombra che brucia? – la voce di Murtagh si era fatta debole e tremante come mai l’avevo sentita.Immediatamente mi corressi: era il tono di voce che aveva quando parlava degli abusi subiti da lui e Castigo da parte di Galbatorix.  
Non appena quel nome giunse alla mia mente il mio stomaco si strinse in una morsa, essendo arrivato alla risposta prima che il cervello formulasse anche solo una domanda.
Era la fiamma nera dell’Usurpatore quella che mia figlia sognava da due anni, da quando suo padre era stato imprigionato.
 
 
 
 
 
 
MURTAGH
 
 
Perché proprio a lei?
Da almeno due ore la situazione si era fatta insopportabilmente tesa, purtroppo per ovvie ragioni. La nostra stanza si era riempita di gente, fra parenti, servitori e maghi: avevo capito subito cosa Belle sognasse, la sua descrizione era inequivocabile, così come la paura che potevo leggerle negli occhi, una paura che solamente lui era in grado di incutere anche a chi, come lei, non aveva mai nemmeno sentito il suo nome.
Kate c’era arrivata qualche istante dopo: l’espressione atterrita del suo volto e la sfumatura verdognola delle sue guance erano state più efficaci di qualunque parola. Il suo successivo sguardo, pieno di rabbia e paura, era stata la conferma del fatto che avesse capito.
“è tornato” aveva sussurrato con un filo di voce, stringendo Belle con maggior forza.
Non avevo potuto far altro che annuire. Nel vedere Belle tra le sue braccia, nel sapere Killian ed Evan nell’altra stanza e nel venire a conoscenza del fatto che quel mostro ammorbasse i sogni della mia piccola la paura, la rabbia, l’odio e il disgusto mi avevano tolto ogni parola. Speravo che, prendendo me, avrebbe almeno lasciato stare Kate e Belle: così non era stato. Aveva torturato mia figlia ogni notte, tormentandola con quella visione, e aveva torturato Katherine, che si disperava nel non riuscire a trovare un rimedio al disagio della bimba.
Nel vedere i suoi occhi pieni di paura, non ero riuscito a starmene fermo lì: avevo avvisato tutti, Derek, mio padre, che venissero al più presto. Avrei voluto tenere Kate fuori da tutto quello e gestire la cosa solamente con gli altri, ma ormai non era più una via percorribile, quella. Era ora che tutti sapessero, se non l’avevano già capito da soli.
In quel momento, la situazione non era delle più floride: Belle era stanchissima, ma non riusciva ad addormentarsi per via della paura e della folla, per cui continuava a piangere e a protestare fra le braccia di Kate; Derek fomentava piani di guerra, discutendo animatamente con Alec sul come gestire la situazione a livello militare; papà fissava a braccia conserte fuori dalla finestra, una smorfia dura a rendergli grottesco il volto, divenuto una maschera che non lasciava trapelare alcun pensiero: mamma gli stava accanto, anche lei immersa nel più profondo dei silenzi. Eragon sembrava aver trovato confacente alle sue qualità intellettive camminare avanti e indietro di fronte alla porta.
Stranamente, però, fu da lui che venne la prima frase utile ed intelligente.
- Se prima vedeva solo un’ombra ed ora anche le fiamme. – riflettè. – Potrebbe voler dire che il suo potere sta aumentando. Se … se aveva preso possesso del corpo di Nasuada dopo che l’abbiamo sconfitto … potrebbe essersene liberato, gli dei non vogliano. Potrebbe essere davvero … tornato.
- Chi mamma? – pigolò Belle, le guance rigate di lacrime.
- Nessuno, amore. Adesso basta. – disse poi a voce più alta. – Non stiamo concludendo niente, a parte spaventarla. Rimandiamo il discorso a   domani. Alec, va ad avvisare il capitano della guardia del castello e digli di aumentare la sorveglianza.
- Lo stesso ordine dev’essere dato alla guardia cittadina e al faro. – aggiunsi. Katie aveva ragione: mi ero fatto prendere dall’ansia, ma non avevamo concluso niente, se non tirare matta la piccola.
- Noi andiamo a rafforzare gli incantesimi. – disse papà rivolgendosi a Morzan, che replicò con un rapido cenno.
In pochi minuti, tutti erano usciti: nella stanza eravamo rimasti solamente noi, con Belle che continuava a piangere piano.
- Andresti a prendere Killian ed Evan? – mormorò Katie, stringendola più forte.
Mi aveva preceduto, con quella domanda. Ero fuggito dall’Impero credendo che a casa sarei stato al sicuro: così non era. Meglio avere i bambini sott’occhio, così da … così da non rischiare nulla.
Annuii rapidamente e andai nella stanza dei bambini, che dormivano placidi nei loro letti, i capelli appiccicati alla fronte per via del sudore: Evan riposava stretto al suo orsetto preferito, mentre Killian si succhiava inconsciamente il pollice.
I tre anni di serenità e spensieratezza che avevo passato con Katherine sembravano così lontani, così brevi, così insignificanti … una piccola ed illusoria parentesi di felicità. Lui non se n’era mai, mai andato. Era sempre rimasto in agguato, ammantato nell’ombra, in attesa di diventare più forte per potersi vendicare di coloro che l’avevano tradito … mio padre, mia madre, ed infine me.
Forse non avrei dovuto farlo. Se … se avessi sconfitto Eragon sulle Pianure Ardenti …
Sapevo cosa sarebbe accaduto, se quel lontano giorno avessi concluso la mia vittoria e la missione che mi era stata assegnata. Galbatorix avrebbe piegato Eragon e Saphira al suo volere, i Varden sarebbero stati sconfitti ed io sarei rimasto suo servo per il resto dei miei anni. Niente libertà, niente Nord, niente Katherine … niente figli. Nessun bambino la cui vita dipendesse dalle mie scelte e potesse essere sfruttata da altri per costringermi a compiere maggiori atrocità.
Stai dicendo delle assurdità, Castigo mormorò, cercando di distrarmi da quei pensieri cupi. Se avessimo completato la missione saremmo ancora schiavi.
Sì, ma saremmo solamente noi. Non ci sarebbero Katie ed i piccoli di mezzo. Non rischierebbero la vita … io non rischierei di … di vederli
Morire?, concluse la frase che non riuscivo a finire. Se fossimo ancora schiavi non ci sarebbero nemmeno. Scambieresti davvero la possibilità di abbracciare Belle, Killian ed Evan con la schiavitù?
Meglio non averli affatto che vederli morti. Se avessi anche solo immaginato che lui potesse far ritorno non mi sarei nemmeno avvicinato a Kate, figurarsi mettere al mondo dei bambini, sospirai prendendo in braccio i due per portarli di là. Se … se tornassi a Ilirea e gli chiedessi di risparmiarli, forse …
Si vuole vendicare di noi e della tua famiglia, Murtagh, mi ricordò. Si farebbe una bella risata e riserverebbe loro una morte ben più atroce. L’unica cosa da fare è …
Combattere e proteggerli. Lo so.
Aiutai Katie a prendere in braccio Killian, che si accoccolò rapidamente al suo fianco, e andai con Evan sotto le coperte. Da qualche parte, lontano da noi, risuonò il rintocco della mezzanotte, ed inevitabilmente lo sguardo mi cadde sulla piccola Belle, che continuava a scuotere la testa, rifiutando di addormentarsi.
- Sai cos’è successo tre anni fa? – le domandai, catturando la sua attenzione e distraendola dalla paura. – Proprio adesso?
- Adesso adessissimo? – fece, la voce gonfia dalle lacrime.
- Proprio adesso.
Scosse lentamente la testa.
- Sei nata … - Katie le disse con dolcezza. – Proprio adesso.
- Davvelo?
- Eh sì. – confermai mentre, con titubanza, si staccava dalla sua mamma per venire a rannicchiarsi fra le mie braccia. – Eri piccolissima … più di Mellie. Potevo tenerti nel palmo di una mano da che eri piccola … però eri talmente agitata che se l’avessi fatto saresti caduta.
Un piccolo sorriso le incurvò le labbra. – Più piccola di Mellie?
- Mmh-mmh. Eri una minibimba … ora invece sei una bimba grande.
- I nonni dicono che sono piccola. – storse il naso.
- E li stai pure a sentire, quei vecchi balordi? Ma lo sai che hanno più di cent’anni? Non ci si può mica fidare.
- È il tuo compleanno. – Katherine le spiegò con un sorriso felice. – Tuo e del papà. Se farai un po’ di nanna … domani ci sarà una grande festa.
- Più di oggi? – domandò.
- Moooooolto più di oggi.
Un nuovo sorriso le comparve in volto, ma scemò rapidamente. – Ma se dormo …
- Non sognerai nulla di brutto, amore. C’è anche papà a proteggerti, stanotte.
Ci ho pensato, comunicò invece a me. Se quando è vicina a me lo sogna senza provare paura … forse è la mia magia che rende meno aggressiva quella del bastardo. Se accanto a lei ci fossimo entrambi …
Riusciremmo a schermarla.
Quella consapevolezza dissipò ogni disperazione che avessi provato, la rese addirittura assurda: erano davvero venuti da me simili pensieri? Ero stato io a produrli, a sperare di non aver mai avuto i bambini? Mi sembrava un pensiero così stupido, ora … ora che avevamo la speranza di riportare una piccola vittoria contro di lui, vincendo il suo continuo introdursi nei sogni di Belle.
Lo rendeva meno invincibile, meno onnipotente … e rendeva Katherine e i bambini, che fino a pochi attimi prima avevo sperato di non avere, la mia più grande forza: se insieme Kate ed io potevamo impedirgli di profanare la mente di nostra figlia, l’avremmo potuto sconfiggere.
Uno a zero, stronzo.
Adesso non metterti a fare l’idiota, Castigo brontolò, seppur sollevato dal mio cambiamento d’animo. Non è che perché sei più contento devi metterti a fare altri sette figli.
Perché no?, invece, fu il mio ultimo pensiero prima di addormentarmi, finalmente, con i miei piccoli fra le braccia. 
 
 
   
 
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