Film > Il gobbo di Notre Dame
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Autore: Angelica Cicatrice    24/09/2019    1 recensioni
Clopin aveva dedicato tutta la sua vita nel donare il sorriso ai bambini di Parigi. Non desiderava altro nella sua umile vita da giullare della piazza. Eppure, qualcosa stava per stravolgere quella felice monotonia, e la paura di essere dimenticato o messo da parte ( per colpa dell'arrivo di un nuovo cantastorie ) lo avrebbe logorato. Per non parlare dell'imminente giorno della Festa dei Folli. I due giullari si sarebbero scontrati in un duello all'ultimo spettacolo? O sarebbe accaduto qualcosa di assolutamente inaspettato da far rovesciare gli eventi? Il re degli zingari non si era mai posto il quesito: e se esistesse, in questo mondo folle, una persona come me ?
Genere: Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Clopin, Nuovo personaggio
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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                                                                                       Maschere strappate

I primi leggeri spifferi della sera si facevano sentire. I frenetici e ritmici versi dei grilli risuonavano come un'orchestra nel bel mezzo della foresta. Il tramonto stava per giungere al termine, e presto il sole sarebbe scomparso dietro alle colline. Il carretto, che fino a qualche istante fa, sfrecciava come una scheggia, con i cavalli che correvano al galoppo, aveva rallentato e procedeva con cautela lungo il sentiero. Nonostante la calma apparente, la giullare era in stato di allerta, cercando di non sottovalutare la situazione. Ormai, era sola, senza scorta, senza compagni, e doveva cavarsela da sola. Non era la prima volta che le succedeva, ma la questione era più delicata, più spaventosa, di quando si trovava a viaggiare per conto suo. Quella sensazione snervante, il timore di essere presi da un momento all'altro, che ti porta a girare di scatto la testa ad ogni rumore, dietro ai cespugli, non la lasciava neanche un attimo.

PV Roxanne

Ero molto lontana dal quel punto della foresta, dove era avvenuto l'agguato. I cavalli avevano corso fino a quel momento, e per più di un motivo avevo deciso di farli rallentare. Anche loro, come me, erano stanchi e affaticati. Inoltre, senza Zacarias, non sapevo esattamente da che parte andare. Fin quando c'era stato lui, mi ero affidata al suo istinto, ma in sua assenza, mi sentivo persa. Ripensando al mio caro amico, e al suo sacrificio per me, il cuore mi si strinse. Se almeno fossi riuscita a capire dove Clopin si fosse cacciato. Cominciai a temere che non avrei mai più rivisto il re degli zingari, che fosse ferito a morte o che lo avessero rapito. Cosa avrei fatto a quel punto? Cosa avrei fatto io, da sola, senza nemmeno un compagno? L'intera squadra di soccorso era stata decimata, insieme a Zacarias. Maledetti criminali! Desideravano così tanto la Corte dei Miracoli fino a quel punto. In quel momento, arrivai a una teoria. Non era possibile che Clopin fosse stato ucciso. Anche se lo avessero trovato, prima di tutto dovevano farsi dire da lui dove si trovasse il rifugio della Corte. Non aveva senso ucciderlo subito. E dato che ci avevano attaccato, sterminando i miei compagni, voleva dire due cose: Clopin era ancora vivo, e loro lo stavano cercando nei dintorni. O semplicemente, gli avevano già estrapolato la verità, e lungo il cammino verso le porte di Parigi, stavano facendo strage di tutti i suoi sudditi. Mon Diè, quest'ultima era davvero terribile! Signore, fa che non sia così! Quel pensiero mi fece rabbrividire, più dell'aria fredda che entrava nella fessura del mantello verde muschio. Mentre cercai di coprirmi meglio, mi accorsi che i miei vestiti erano ancora sporchi di fango. Perfino il mio viso presentava macchie e polvere di fanghiglia. Come mi aveva suggerito Zacarias, ero strisciata sul terreno fangoso, per evitare che il segugio, il cane rabbioso della banda, riuscisse a trovarmi seguendo l'odore. " Forse, dovrei fermarmi " pensai tra me. Allora, tirai le redini e feci fermare i cavalli. Sembravano felici di quella sosta. Appena scesi giù, li guidai tirandoli verso un lato boscoso. Decisi di nascondere il carretto in uno spazio erboso, circondato da cespugli carichi di foglie, e con tanti alberi che facevano da barriera. In quel punto, era difficile scorgere a primo impatto il teatrino. Fatto ciò, mi diressi verso una zona piena di foglie secche, e avvertì un odore di erba fresca. Sperai che da quelle parti ci fosse almeno un ruscello o un torrente. Per mia fortuna, trovai un corso d'acqua che scorreva in mezzo a un tratto del luogo. Mi bastava anche quello per le mie necessità. Mi accuccia sulla sponda ed ero sul punto di iniziare, quando avvertì un fruscio proprio in mezzo ai cespugli, dietro di me. Le orecchie vibrarono a quel suono, e mi pietrificai. Il mio senso di allerta si riattivò, e mentre stavo già facendo scivolare la mano sul manico del grande pugnale, mi rimbombavano in testa le parole di Zacarias: non dare neanche un secondo di vantaggio al tuo nemico. Così, senza nemmeno aspettare di accertarmi di cosa si trattasse, saltai sul posto e mi voltai. Fu un attimo carico di ansia, ma anche di adrenalina pura. Sfoderai il pugnale e mi gettai letteralmente nel cespuglio, facendomi largo tra i rovi e le foglie. Proprio come avevo sospettato, c'era un losco figuro che mi stava spiando. Se avessi indugiato oltre, quel tizio mi avrebbe colta di sorpresa, afferrandomi per le spalle e tagliandomi la gola. La lama del mio pugnale sferrò in un stridio contro quella del mio ospite indesiderato. Era stato molto veloce, dovevo ammetterlo. Avevo ancora il capo coperto dal cappuccio del mantello, ma riuscivo a vedere bene la figura di quell'uomo. Era vestito tutto di nero, con un mantello scuro e il cappuccio che gli copriva il capo. Inoltre, metà volto era coperto da una benda nera, e così non potevo vedere i suoi lineamenti. Ma ero sicura che doveva trattarsi di uno degli uomini della banda nemica. Dovevo assolutamente disarmarlo, o almeno ferirlo, per potermi far dire chi fosse il suo capo. Magari, sapeva anche dove si trovasse Clopin. Tutti quei pensieri scorsero come un lampo al ciel sereno, e cercai con tutte le mie forze di sovrastare il mio nemico. Ma lui mi diede un calcio dritto allo stomaco, che mi fece volare all'indietro, atterrando sul suolo. Riuscì lo stesso ad alzarmi, giusto in tempo per ritrovarmelo di nuovo addosso. Feci ruotare il mio corpo di lato, per evitare il suo attacco e fui pronta a controbattere con un affondo. Lui mi afferrò il polso e mi attirò a se, per tenermi ferma. Peccato che non aveva fatto i conti con i miei calci rovesci, che lo fecero zoppicare non poco. Se pensava di riuscire a prevalere su di me, allora gli avrei dato una bella lezione che non avrebbe mai dimenticato. Passammo almeno vari minuti a darci colpi su colpi, alcuni riusciti, altri deviati. Ma mi resi conto che nessuno dei due voleva mollare. Eravamo sulla stessa lunghezza d'onda. Solo chi avrebbe resistito di più avrebbe vinto. Continuammo quella danza combattiva fino a quando i nostri piedi giunsero al limite di un dirupo. Lui stava rischiando proprio di finire giù, ma io non volevo che finisse in quel modo. Dovevo prima farlo parlare. Mentre le lame delle nostre armi sfregavano tra loro, in una lotta di forza e resistenza, avvicinai il volto al mio avversario.
- Parla, e magari non ti farò precipitare! - dissi con voce aggressiva - Chi è il tuo capo, e che fine ha fatto Clopin Trouillefou, il re degli zingari? -. 
L'uomo misterioso, senza alcun motivo apparente, distaccò il coltello dalla mia arma, come se avesse deciso di rinunciare alla lotta. Quello scatto lo fece barcollare e perdere l'equilibrio. Era sul punto di cadere e io allungai una mano per afferrarlo. Il suo peso, mentre cadeva all'indietro, mi trascinò inesorabile insieme a lui. I nostri corpi si unirono nella caduta. Mi accorsi in quel momento che quel dirupo era tutto in discesa. Se non fosse stato così, ci saremo rotti l'osso del collo e la morte sarebbe stata assicurata. Rotolammo insieme lungo la discesa, fino a quando non ci fermammo su uno spazio erboso bagnato dalla rugiada. Mi sollevai e scoprì che ero a cavalcioni su di lui, per mia grossa fortuna. Anche se un po’ stordita, non persi tempo e cercai il pugnale. Ma era sparito. 
Dannazione! Dovevo averlo perso durante la caduta. Avevo il capo scoperto, e realizzai che il mio mantello si era slacciato. Ma poco importava, perché il mio avversario si stava riprendendo, scuotendo la testa. Non potevo farmi trovare impreparata. Mi avrebbe uccisa subito. Allora, ricordai che sotto la gonna, attaccato al cinturino, c'era ancora il mio vecchio pugnale. Con un gesto fulmineo lo recuperai, mentre il tizio mi guardava esterrefatto. Sollevai il pugnale in alto, pronta a ferirlo per evitargli sia di uccidermi, che di scappare.
- Cherì! Ferma! - tuonò la voce dell'uomo, protendendo una mano verso di me. Mi bloccai di botto, rimanendo in quella posizione. La sua voce era profonda e coperta dalla stoffa che gli copriva la bocca. Abbassai il pugnale e rimasi a fissarlo, mentre si sbottonava il mantello, scostava il cappuccio e si toglieva la fascia dal viso. Ebbi un sussulto al cuore. Riconobbi la pelle imbrunita dal sole, i capelli corvini, e quel pizzetto sul mento che tanto adoravo. 
- Clopin...- dissi con un filo di voce. Sentivo il nodo alla gola che si ingrossava sempre di più. La felicità e l'ansia mescolarsi tra loro. La paura di vivere in un sogno da cui non volevo svegliarmi. 
- Roxanne! Sei proprio tu? - chiese lui, con la sua solita voce vellutata, e allora non ebbi più dubbi. Davanti a me c'era proprio il re degli zingari. Il mio giullare. Gli occhi non riuscirono più a trattenere le lacrime, il groppo alla gola mi stava uccidendo, e dopo aver introdotto il primo singhiozzo, mi lascia andare in un pianto fortissimo.
- Clopin! - gridai, fiondandomi sul suo petto, lasciando che le lacrime scivolassero via e diedi sfogo a tutto ciò che avevo nel cuore. Sentì le sue braccia, snelle ma forti, che mi abbracciavano con tanta protezione. Le sue mani affondarono tra i miei capelli con dolcezza. La sua voce, la stessa che mi aveva cullato nei momenti difficili, risuonò come una dolce melodia all'orecchio:
- Va tutto bene, cherì -. Sapevo che stava cercando di calmarmi, ma quel gesto mi fece piangere ancora di più. Mi era così tanto mancata quella voce, quei gesti pieni di calore, e il solo pensiero di averli di nuovo, mi rendeva così felice. Ma al tempo stesso avevo bisogno di sfogare tutta l'ansia e la paura accumulata di averli perduti per sempre. Sarei rimasta volentieri su quel petto per tutto il tempo, ma a un certo punto, Clopin mi costrinse ad alzare il viso, per guardarmi. In un certo senso, sembrava che anche lui avesse bisogno di accertarsi che fossi io, come se per lui tutto fosse un'illusione. Poi allargò un sorriso. Quei denti scheggiati, che facevano capolino ai lati della dentatura, erano i segni particolari che caratterizzavano il mio re del piazzale. Con un lembo del suo mantello cominciò a pulirmi la faccia sia dalle lacrime, che dai residui del fango.
- Oui, sei proprio la mia Roxanne, in carne ed ossa - disse donandomi un'espressione ammaliante capace di farmi sciogliere, come nessuno era riuscito a fare.
- Aspetta, però, che diavolo ci fai qui? - disse, cambiando del tutto tono. Evidentemente, era rimasto così scosso dalla mia reazione di poco fa, che si era dimenticato di tutto il resto. Mi sollevai di poco, per guardarlo meglio. Aveva gli occhi seri, e avevano una nota di rimprovero.
- Come, cosa ci faccio? Sono venuta a cercarti - gli spiegai, e lui sembrava ancora più serio. Anzi, sentivo che stava per arrabbiarsi, e di brutto.
- Cercarmi? Ma allora sei proprio di coccio, tu? - mi rispose, corrugando le sopracciglia in un'espressione contrariata. Rimasi interdetta. Capivo che fosse irritato perché non avessi ubbidito al suo volere, ma non era certo la reazione che mi aspettavo, o di cui avessi bisogno in quel momento.
- Alla Corte abbiamo saputo che tutti i tuoi uomini erano stati uccisi. Esmeralda stessa mi ha lasciato andare, con una squadra di soccorso, per venirti a salvare - gli spiegai, cercando di non perdere la pazienza. Lui fece una faccia sorpresa, per poi dire:
- Non c'era tutto questo bisogno, potevo cavarmela da solo -. Quella uscita mi fece irritare. Ma quanto poteva essere stupido il suo orgoglio?!
Allora mi alzai in piedi, lasciandolo per terra. 
- Va bene, allora faccia pure tutto da solo, Vostra Maestà! - lo canzonai, con una nota infastidita. Feci per andarmene, ma giusto per recuperare il mantello e il pugnale che erano in giro in mezzo alle foglie. Poi lo sentì piagnucolare alle mie spalle. 
- Ahi, ahi...- fece lui, e lo vidi ancora per terra. Sembrava che non riuscisse a muoversi. Preoccupata mi avvicinai. 
- Che cos'hai? - gli chiesi, mentre lui si era poggiato sui gomiti al suolo. Con una smorfia di dolore, mi spiegò:
- La schiena...ho una grossa ferita che non smette di dolermi -. A quelle parole mi agitai. Con molta cautela, lo aiutai a girarsi per ispezionare la ferita. Era davvero grande, al centro della schiena, e stava perdendo un bel po’ di sangue. C'erano bisogno dei punti. Lo aiutai ad alzarsi, sorreggendolo per un braccio attorno al mio collo. Mentre lo conducevo al carretto, mi spiegò che era stato aggredito da alcuni uomini, probabilmente alleati della banda nemica. Si era salvato per miracolo e se l'era cavata giusto con quella ferita sulla schiena. La sera era arrivata, e con essa anche il buio. Appena ci barricammo nel teatrino, accesi delle candele per fare luce e mi affrettai a cercare ago e filo. Clopin intanto, si stava spogliando, molto lentamente, di quelle vesti che non erano sue. C'erano tante cose che volevo chiedergli, ma prima di tutto, dovevo occuparmi della sua ferita. Appena trovai tutto il materiale di cui necessitavo, tornai da lui e ci accomodammo sul tappeto. Quel posto mi sembrò nuovamente così caldo e intimo, ora che c'era anche lui. 
- Su,  sdraiati sui cuscini - gli dissi, e senza fare storie ubbidì. Vederlo a torso nudo, mi fece rimembrare quel momento in cui, mentre lui si mostrava con una disinvoltura sfacciata, io sudavo dall'imbarazzo come una ragazzina. Anche in quel momento mi sentivo così accaldata, me ero troppo concentrata su ciò che dovevo fare per badarci. Dopo aver lavato la ferita con acqua fredda, tamponai la ferita con alcune erbe medicinali, le stesse che Michelle mi aveva fornito prima di partire. Poi, feci un respiro profondo, dato che era arrivata la parte più difficile. Con fermezza usai ago e filo per chiudere la ferita. Erano pochi, ma ad ogni punto trattenni il fiato. Clopin, dal canto suo, non emise neanche un gemito. La sua sopportazione al dolore mi sorprese e feci più in fretta possibile. Dopo aver finito, lui rimase sdraiato ancora per qualche minuto. Poco dopo, tornai con un po’ di cibo da offrirgli: del pane e del buon latte caldo. Avevo notato che il suo viso era più magro del solito, molto probabilmente non si era nutrito per bene in quei giorni. Si fiondò sul cibo come un coyote affamato.  Lo guardai sollevata e divertita, mentre stavo lucidando la lama del pugnale. Quell'oggetto era diventato una specie di cimelio di famiglia per me. Il dono da parte di un uomo che si era sacrificato per salvarmi. Lo avrei custodito gelosamente. 
- Hai conosciuto Zacarias? - sentì la sua voce, e quando alzai lo sguardo, vidi i suoi occhi color carbone che fissavano il pugnale con la testa di ariete sul manico.
- Sì...l'ho conosciuto - gli risposi. Stavo per aggiungere " era un brav'uomo " ma non ebbi ancora il coraggio di confessargli della sua morte. Non sapevo come Clopin l'avrebbe presa, quindi aspettai per il momento. 
- Mi ha detto che eravate amici, in passato. Che è stato il tuo mentore - gli dissi. In quell'istante il suo viso si fece più duro, e fissandomi negli occhi sentì un brivido percorrermi la schiena.
- Cos'altro ti ha raccontato? - mi chiese, con un tono serio e indagatore. 
- Niente. Mi ha solo detto che dopo la morte di tuo padre si è preso cura di te - gli spiegai, con un po’ di timore. A quel punto, il mio giullare sembrò rilassarsi, e provai un senso di frustrazione. Per l'ennesima volta il suo passato tornava a tormentarlo, mentre io dovevo rimanere all'oscuro di tutto. Anche Zacarias mi aveva dato quella certezza, e aveva fatto di tutto per non farsi sfuggire altro, come se...volesse proteggere il segreto del suo ex pupillo. 
- Clopin - cominciai, avvicinandomi un po’ a lui - Non ci vuole molto per capire che stai evitando da sempre, fin da quando ci siamo conosciuti, di parlarmi meglio del tuo passato -. Mi fermai, e alzai lo sguardo sul suo volto. Apparentemente sembrava apatico, ma ero certa che dietro a quella maschera tremasse di un'emozione forte. Pensavo che non avrebbe aperto bocca, e invece le sue labbra si schiusero.
- Meglio che tu non lo sappia. Mi odieresti, lo so - fece lui, distogliendo gli occhi, come se si vergognasse.
- Qualsiasi sia la verità, non sarà così dura o terribile da shoccarmi, credimi - lo rassicurai, con tono dolce - Non mi importa chi eri o cosa hai fatto, io continuerò ad esserti vicina, e non smetterò di vedere la bella persona che sei oggi -. Avevo sempre tenuto per me quelle parole, perché speravo di avere un'occasione come quella per poterle usare. Clopin sembrava ancora titubante. Per fargli sentire la mia presenza, gli presi una mano e l'accarezzai con affetto.
- Non posso, Roxanne...inoltre, non saresti mai dovuta uscire dalla Corte - disse, distaccando la sua mano dalla mia. Quel gesto mi diede un colpo al cuore.
- Perché? - gli chiedi. A dire il vero la domanda era riferita a tutte e due le questioni. Non riuscivo a capire quel suo atteggiamento.
- Perché...date le circostanze, poco prima di ritrovarti, stavo prendendo la scelta di lasciarmi ammazzare...-. 
- Cosa hai detto?...- chiesi, mentre dentro me qualcosa di strano e violento stava ribollendo. Lui si girò e finalmente mi guardò in faccia.
- Che volevo farmi ammazzare... -. SOCK!
Non gli diedi neanche il tempo di finire, che gli mollai uno schiaffo sulla guancia, abbastanza forte da farlo girare di lato. Come poteva dire quelle cose?! Non riuscivo a tollerarlo!
- Non osare dirlo mai più! Non hai pensato ad Esmeralda? Alla tua gente? A ...- mi soffermai e ripresi dopo un secondo - I tuoi uomini sono morti per proteggerti! Zacarias è morto per te, perché io potessi venirti a cercare! -.
Ero così arrabbiata e amareggiata. Clopin mi volse lo sguardo, con aria sconvolta.
- Zacarias è morto?! -. Allora gli fu chiaro come mai avessi con me il suo pugnale. Qualcosa in lui stava crollando e mutando di nuovo.
- Roxanne...io...- lui cercò la mia pelle con una mano, ma si fermò, intimorito - ciò che volevo era solo di proteggere tutti, anche a costo della vita - mi disse infine. Ero consapevole del suo valore, del fatto che fosse così coraggioso e che avrebbe fatto di tutto per la sua gente. Ma non poteva dire con tanta leggerezza quelle cose. Anche noi, Esmeralda, Febo, Quasimodo, e soprattutto io, tutti eravamo stati in pensiero per lui. Lo amavo così tanto, e lui non lo capiva, non lo sapeva...
- Io sono stanca di portare maschere... -. Mi accorsi poco dopo che stavo pensando ad alta voce. 
- Cosa? - fece lui. Tornai a guardarlo negli occhi, e nella fioca luce delle candele, mi resi conto che non aveva capito nulla.
- Niente...- risposi, con una debole convinzione. Ci fissammo per qualche secondo, senza fiatare. Poi, mi alzai, ponendo fine a quella ridicola scena. Dopo aver recuperato alcune cose da un baule, mi avvolsi nel mantello ed ero pronta a uscire.
- Dove stai andando? - mi chiese il giullare, un po’ stranito.
- Al fiume. Ho bisogno di stare da sola - gli risposi - Meglio che ti riposi, adesso -. Forse ero stata troppo fredda, ma non potevo fare altrimenti. Senza rivolgergli alcun sguardo, aprì la porta del carretto e uscì fuori. Un attimo prima ero al settimo cielo per averlo ritrovato, ma in quel momento ero così triste per il suo atteggiamento, che mi sentivo vuota dentro. Intanto la luna stava sorgendo, e almeno la sua presenza mi avrebbe rincuorata un po’.     

PV Clopin

Mi massaggiai la faccia con una mano. Che sensazione strana. In tutta la mia vita non avevo mai ricevuto uno schiaffo da una donna. Roxanne era davvero una fonte piena di sorprese. Ero così felice di averla ritrovata, ma mi sentivo strano, perché la sua presenza mi rendeva così...fragile. Incerto. Ogni volta che ero con lei mi sentivo bene, ma anche in balia di tante emozioni. Come una zattera sbattuta tra le onde del mare. Inoltre, avevo notato che da quando me ne ero andato dalla Corte, quei strani flashback, quei momenti in cui la mia mente era scossa da scene di un tempo passato e che non riuscivo a rimembrare, 
avevano smesso di palesarsi. Era evidente che: in tutti quei pezzi di memoria, Roxanne era lì. E tutto accadeva sempre quando stavo con lei. Forse, quel distacco dalla Corte mi aveva servito a capire una cosa importante. Roxanne era la chiave dei miei ricordi perduti. Non era una semplice comparsa della mia monotona vita. Era qualcuno, che a partire dalla festa dei Folli, aveva giocato un ruolo fondamentale. Era diventata molto importante per me. Altrimenti, perché l'istinto mi avrebbe condotto al ruscello nel boschetto? Come se il mio inconscio mi avesse condotto lì, per cercare qualcosa di tanto caro che volevo recuperare. A quel punto, un pensiero mi ridestò da quel torpore. Idiota, mentre tu sei qui a fare pensieri profondi, lei è uscita da sola, in mezzo al nulla! Se le fosse accaduto qualcosa, avrei avuto una ragione in più per farmi ammazzare! Così, senza sforzarmi troppo, per evitare di far riaprire la ferita, presi il mio mantello nero, giusto per coprirmi un po’, e uscì dirigendomi a quel piccolo corso d'acqua dove ci eravamo scontrati. Mentre camminavo in mezzo alla vegetazione, sorrisi, perché non riuscivo ancora a credere che io e la mia amica ci eravamo battuti in uno scontro a corpo a corpo, all'ultimo sangue. 
Ripensandoci, mi aveva dato parecchio filo da torcere. Per essere un giullare in gonnella, ci sapeva proprio fare. Appena arrivai nei pressi del luogo, cominciai a preparare il discorso che le avrei fatto. Non volevo giustificarmi, volevo solo chiederle scusa per quella mia condotta. Dovevo ammettere che aveva ragione. Inoltre, quella sua reazione mi aveva scosso, e avevo capito che anche Roxanne mi stesse nascondendo qualcosa. Si trattava di certo di un segreto molto personale, che riguardasse lei...e me. Era una domanda che mi facevo da un po’ di tempo, esattamente dopo quella sera, quando lei mi abbracciò, spogliata di ogni cosa, svelandomi che ero troppo importante. A quel ricordo avvertì una piacevole sensazione che mi percorse il corpo. Che lei provasse qualcosa di speciale per me? Avrebbe spiegato molte cose del suo atteggiamento, che a volte sapeva essere così lunatico. Se fosse così, come mi sarei dovuto comportare?
"Caro, Clopin, la domanda è un'altra. Tu cosa provi per Roxanne?" Già...fino a un certo punto, l'avevo sempre vista come una buona amica, se non la migliore. Ma nell'ultimo periodo, avevo visto in lei delle doti, delle qualità e delle virtù che mi avevano stupito. Anche quel pomeriggio, quando con compassione e generosità, aveva ballato per guadagnare i soldi per quella vecchia e il suo nipotino. Era stato l'atto più nobile che avessi visto fare da una persona, da una donna. Il suo gesto altruista mi aveva conquistato, così tanto che nei giorni successivi avevo spesso ripensato a quell'episodio, e avevo sentito molto la mancanza della mia violinista. Ero ormai arrivato a destinazione, ma appena scostai le foglie di un cespuglio, dovetti ritirarmi nuovamente. Cercai di non fare il minimo rumore. 
Roxanne era ai piedi della sponda di quel piccolo fiume. Aveva abbandonato le sue vesti e si stava lavando via i residui di fango rimasti sul corpo. Sbirciai di poco, e non potei fare a meno di rimanere incantato dalla scena che mi si presentava. Con la luce della luna che illuminava le sue curve, sembrava una ninfa dei boschi, con la pelle chiara e i capelli lunghissimi, neri e dai riflessi violacei. Era bellissima. Non ero così vicino da vedere ogni dettaglio, ma mi bastava per poter ammirare le sue grazie sinuose. Anche quell'ultima volta l'avevo sorpresa mentre faceva il bagno, ma lì non ero riuscito a vedere proprio nulla. 
"Clopin, che stai facendo? La stai spiando come un maniaco guardone! Proprio lei, la tua migliore amica, vergognati!" 
La mia razionalità mi fece ragionare, e piano piano, senza farmi notare, scivolai via da quel luogo per tornare al carretto.
"Già, la mia migliore amica..."
Appena mi ritrovai nel teatrino, feci volare per aria il mantello e mi lasciai cadere sui cuscini. Cercai di rilassarmi e di non pensare a Roxanne. Piuttosto, ripensai a quello che mi aveva accennato e dovetti ammettere con amarezza che le cose stavano peggiorando. La banda di vandali aveva massacrato la mia squadra, e anche altri uomini della Corte. Io, stranamente ero riuscito a cavarmela. Per non essere catturato, avevo ucciso uno di loro e mi ero camuffato con i suoi vestiti. Avevo bisogno di tempo per escogitare un piano, ed è stato in quel momento che avevo trovato Roxanne, che inizialmente non avevo riconosciuto, credendo che fosse una spia del nemico. Cosa potevo fare? Come avrei fatto a fermare quei maledetti, senza rimanere ucciso e al tempo stesso proteggere chi amavo? Io, non volevo che altre persone perdessero la vita per colpa mia...come era successo a Zacarias. Al solo ricordo del mio vecchio amico, mi sentì malissimo. Credevo che, dopo tanto tempo, a lui non importasse più nulla di me. Dopo quello che accadde quel giorno..."Oh, amico mio, perdonami..."
Chiusi per un attimo gli occhi, e sentì che ero entrato in uno stato di dormi-veglia. Desideravo un attimo di pace, e liberarmi di tutti quei pensieri. Non so quanto tempo passò, ma ad un tratto avvertì la presenza di qualcuno. Il mio naso catturò un profumo di rose selvatiche. Come era dolce e penetrante! Gli occhi si aprirono e mettendo a fuoco, vidi una figura snella che mi osservava immobile. Per un attimo, non riuscì a distinguere i contorni ma la luce delle candele venne in mio aiuto. Roxanne era seduta accanto a me, e se ne stava lì, illuminata dalla luce gialla delle fiammelle che danzavano nella stanza.
- Buon risveglio, Vostra Maestà - mi accolse lei, con tono pacato. Guardandola in viso avevo l'impressione che fosse più calma e mansueta. Da quanto tempo mi stava aspettando? Mi stropicciai gli occhi, e cercai di sollevarmi un po’, su un fianco. La ferita alla schiena non mi faceva tanto male, ma avvertivo quella sensazione fastidiosa del sangue che si coagula in uno strato secco. La salutai con uno sbadiglio e cominciai a studiarla in ogni piccolo dettaglio. 
Con mia sorpresa scoprì che non aveva più addosso i suoi soliti vestiti. Portava, invece, una gonna lunga di tessuto nero, una camicia di un bel rosso scuro, che lasciava nude le spalle e con maniche lunghe e vaporose. La vita era modellata da un corsetto nero rigido, che metteva in risalto la forma del seno, non troppo prosperoso, ma con curve piacevoli agli occhi. I capelli erano acconciati come al solito, con le ciocche che le ricadevano sulle spalle, ma al posto delle rose, portava una fascia rossa attorno al capo. L'orecchino con la mezzaluna dorata era al suo posto, all'orecchio destro, mentre il pareo con i suoi cammei era allacciato attorno ai fianchi. Vestita in quel modo, sembrava una gitana della Corte, e non la giullare del piazzale. 
Ma la trovavo comunque affascinante e particolarmente bella. 
- Tutto bene? Ti fa ancora male la ferita? - mi chiese, facendomi tornare alla realtà. Io scossi la testa e la rassicurai. Chissà se aveva notato quanto la stessi mangiando con gli occhi.
Dovevo smetterla! Potevo fare il cascamorto con qualunque donzella, della Corte o del piazzale, ma non con lei.
Allora perché sentivo il mio istinto guidarmi sempre di più verso di lei? Perché non riuscivo a staccarle gli occhi di dosso?
Mentre facevo quel monologo interiore, lei mi fece segno di rimanere dov'ero e si alzò allontanandosi un attimo. In un angolo stava preparando un vassoio, e tornò con due calici e una bottiglia di vino rosso. Mandai al diavolo i miei pensieri seri e lasciai che il mio entusiasmo prendesse il sopravvento. Mi ci voleva proprio un goccio, dato che avevo la gola secca. Mentre mi raggiunse, notai solo in quel momento che aveva i piedi nudi, e attorno a una caviglia portava un braccialetto dorato, che tintinnava ad ogni suo passo.
- Ho avuto una buona idea? - mi chiese, appena si rimise a sedere accanto a me. Stappò la bottiglia e ne fece scivolare un po’ nei calici. Quel nettare era rosso come il colore della sua camicia. Io le sorrisi e annuì convinto. Appena bagnai le labbra mi lasciai invadere dal calore e dall'aroma del vino. Nuovamente avevo la sensazione di aver già vissuto quel momento. Ma non ci badai, ero troppo impegnato a gustare quell'ambrosia e ad ammirare la dea che me l'aveva offerto. 
- Questi vestiti ti donano molto - le confessai, senza mezzi termini. Aveva appena sorseggiato il vino, e colta di sorpresa trattenne il fiato.
- Grazie, è stata Esmeralda a darmeli, per eventuali necessità - mi spiegò, e vidi le sue gote colorarsi di rosso. Che fosse per l'alcol o per le mie parole, poco contava. La trovavo adorabile. Cambiando discorso, mi chiese cosa fosse accaduto durante quei giorni. Le raccontai tutto, a incominciare dalla mia partenza improvvisa. Di come ero riuscito a mettermi in salvo durante l'attacco dei nemici, nel boschetto dove scorreva il ruscello. A quel punto mi soffermai e le chiesi come avessero fatto, lei e la squadra, a capire dove mi ero rifugiato. Solo ad Esme avevo accennato qualcosa, poco chiaro per di più.
- Perché in passato, sei stato tu a portarmi in quel posto. Mi avevi confidato che era il tuo rifugio personale da ragazzo - mi spiegò, mentre giocava col calice, facendolo ruotare insieme al vino. Fissai quel dettaglio, e anche in quell'istante ebbi una sensazione di deja vù.
- A quanto pare, il vecchio me stesso si fidava molto di te, fino a tal punto... - le dissi, facendo un mezzo sorriso. Roxanne rimase ferma nel suo mutismo. Sembrava indugiare, come se temesse di rispondermi. Era comprensibile, dopo tutte quelle volte che, quando si toccava quell' argomento, mi chiudevo a riccio, usando anche modi poco gentili. Allora, con una certa audacia, le accarezzai una spalla con le dita, per rassicurarla.
- Deve mancarti molto... - feci, posando gli occhi sulle sue gemme vermiglie, con le pagliuzze dorate che brillavano alla luce delle candele. Lei si rilassò al mio tocco e con voce messa mi rispose:
- Sì, molto...-. La sua espressione sembrava una supplica velata - ...mi piacerebbe tanto rivederlo - aggiunse poi, prendendomi la mano. In quel momento, pensai che dopo tutto quello che lei aveva passato, e in particolare per me, aveva dimostrato più di una volta di essere degna della mia fiducia. Aveva mostrato coraggio da vendere, un animo sensibile, ed era incredibilmente testarda, e folle. Proprio come me.
- Prima hai detto: sono stanca di portare maschere - le dissi - Perché? Anche tu hai qualche segreto che non mi puoi rivelare? -. In quel momento, lessi negli occhi di Roxanne un'ansia e un timore sospetto. Lei cercò di allontanare la mano dalla mia presa, ma io la trattenni. 
- Beh...diciamo di sì - riuscì a dire, molto incerta. Io presi quell'occasione al volo. Accarezzai con le dita quella mano candida e gli proposi.  
- Facciamo un patto. Io ti svelerò il pezzo della mia vita che porto dentro da tanto tempo. Un qualcosa che non ho raccontato a nessuno - cominciai - dopo di ché, sarà il tuo turno. Così saremo pari. Che ne dici? -. Roxanne tentennò per pochi secondi, ma subito accettò chinando il capo.
Sospirai a fondo e dopo aver mandato giù tutto il vino nel mio calice, feci una pausa per sistemare le idee.
- Spero che, dopo aver finito, tu non abbia intenzione di non avere più a che fare con me. In quel caso, non potrò fare a meno di capirti - le dissi, e lei mi diede tutta la sua attenzione.

In quel preciso momento, le campane di Notre Dame risuonavano le 9 di sera. Il piazzale sembrava tranquillo, e tutti i popolani si stavano affrettando a rientrare nelle loro abitazioni. Il capitano Febo aveva istituito il coprifuoco, dopo le ultime vicende violente negli ultimi tempi. Un gruppo di guardie si sistemò in riga e presentarono le armi, appena arrivò il capitano, sul suo stallone bianco. Era da poco tornato da una delle sue missioni, per conto del Re. Una guardia lo raggiunse in fretta appena lo vide, porgendogli un pezzo di pergamena. Febo lo aprì e lo lesse. I suoi occhi si spalancarono, ma prima di poter dire qualcosa, un'altra guardia si avvicinò di corsa, portano con sé una seconda pergamena. Il capitano lesse il messaggio, e sconvolto, non perse tempo. Doveva assolutamente smuovere il suo esercito, recuperare una mappa e agire prima che fosse troppo tardi.

Angolo dell'autrice:

Salve a tutti. L'autunno sta tornando, e io sono super felice, perché proprio come Roxanne, è la mia stagione preferita! Ci sono stati i primi temporali e l'aria sta diventando più fresca. Ma bando alle ciance, avete visto? Clopin è rientrato in scena (qualche mia amica, nel capitolo precedente, già lo reclamava, ma era già nei miei piani farlo tornare subito) <3 Sembra che sia riapparso al momento giusto, dato che la nostra giullare era rimasta sola, e avevano...come dire, una questione in sospeso :3 Nel prossimo capitolo vedrete ciò che di sicuro per molti aspettavate. Siete ansiosi, vero? Credo che sarà anche una buona occasione per Roxanne di farsi avanti, chissà ^^ Cosa vi aspettate nella prossima parte? Non indugiate a farmi sapere le vostre opinioni <3 Per il momento è tutto, (spero che arrivi un nuovo temporale, perché mi servirà come ispirazione per scrivere il capitolo successivo **). 
Alla prossima <3  
   
 
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