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PIOGGIA SUL LATTE MACCHIATO
Alexis andava
abbastanza spesso in quel bar al centro della cittadina,
dall’aria moderna e
pulita. Negli ultimi tempi si era recata lì un
po’meno spesso -“colpa” della
sua amicizia con gli Autorobot- ma restava un posto
tranquillo in cui si
trovava a proprio agio, soprattutto quando si trattava di scrivere al
pc gli
elaborati da dover consegnare a scuola.
Quella
infatti era la ragione per cui si trovava lì, con una
differenza: non riusciva a scrivere una riga in più di
quelle già fatte, perché
la sua attenzione era attirata da qualcos’altro.
Anzi,
da “qualcun’altra”.
Facendo
mente locale si era resa conto che quella non era
stata la prima volta in cui aveva visto lì la cugina di
Billy, solo che in
precedenza non aveva mai prestato attenzione alla cosa. In fin dei
conti perché
avrebbe dovuto? Era una cliente come un’altra e lei andava
lì per fare i compiti
quando non aveva voglia di farli in casa, non per badare alla gente che
entrava
e usciva.
Le
cose però erano cambiate: precisamente da quando Billy, un
paio di giorni prima, era venuto a scuola per l’ultima volta.
“Tra due giorni andrò via, andrò a
stare in Europa… no, non è per una vacanza.
Non so quando tornerò. Non so neppure se io e mia cugina
torneremo mai qui.
Questo è l’ultimo giorno che passerò in
questa scuola e l’unica occasione che
ho per salutare molti di voi”.
Di
norma Alexis non sarebbe stata a crucciarsi troppo sulla
questione, in fin dei conti Billy sarebbe andato in Europa, non in
guerra, e
comunque lei non lo considerava altro se non un semplice conoscente un
po’rompiscatole. Tuttavia il tempismo perfetto di quel
trasferimento improvviso,
annunciato il giorno immediatamente successivo a quello in cui Billy e
Fred
avevano scoperto il loro segreto, le era sembrato molto strano.
Se
a Rad e Carlos il pensiero non aveva sfiorato il cervello,
la sua prima ipotesi invece era stata che Billy avesse dato fiato alla
bocca e
avesse raccontato tutto quanto a Rain, con le possibili conseguenze del
caso.
Per
tale motivo, nel tentativo di scoprire informazioni su un
possibile “nemico”, aveva ritenuto opportuno fare
un paio di ricerche in rete.
Non
era servito spingersi oltre i social network per sapere
qualcosa in più. Il profilo di quella donna non era pubblico
ma non era nemmeno
troppo blindato, dunque Alexis aveva potuto risalire subito alle
parentele di
Rain -certune con un profilo non solo pubblico, di più-
scoprendone un paio che
avevano un certo peso, abbastanza da poter essere prese sul serio anche
parlando di alieni.
Alexis
sapeva di essere solo una ragazzina a cui, sentendola
parlare dei Transformers, nessuno avrebbe mai badato… ma
ciò non era applicabile
alla donna che aveva bellamente ignorato il cuore di cacao che il
barista aveva
fatto sul suo latte macchiato.
“A
me il cuore di cacao non lo ha mai fatto” pensò
Alexis.
Dal suo tavolo, a ben poca distanza da quello di Rain, poteva vederlo
bene.
Forse
doveva avvicinarsi, cercare di capire cosa sapeva e,
nel caso avesse scoperto di avere ragione, avrebbe potuto cercare di
farle
capire che i robot giganti presenti sulla Terra erano buoni. Magari
avrebbe
anche potuto mostrarle il simbolo degli Autorobot per essere ancor
più precisa.
Gli Autorobot non erano gente cui sparare a vista... ma per i
Decepticon era
valido il discorso contrario.
«I
tuoi genitori avrebbero dovuto insegnarti che in generale
è meglio evitare di fissare le persone. Non che questa sia
la lacuna peggiore».
Vedendosi
scoperta da Rain e sentendo quelle parole
abbastanza dure, la ragazzina arrossì violentemente. Di
solito gli adulti
avevano sempre una certa considerazione di lei ma quello sembrava un
caso perso
in partenza. «N-non la stavo fissando! E comunque nella mia
educazione non ci
sono lacune!»
«Dunque
mantenere lo sguardo puntato su una persona dal
momento in cui questa entra in un locale, senza distoglierlo in nessun
caso,
non sarebbe “fissare”. Strana teoria».
Così
come Alexis aveva riconosciuto Rain, anche quest’ultima
aveva riconosciuto Alexis.
Erano
entrambe clienti abituali e lei lo sapeva benissimo,
solo che ovviamente non si erano mai rivolte parola prima di allora.
Nessuna
delle due ne avrebbe avuto motivo e Rain, anche in quel frangente, lo
avrebbe
evitato volentieri… ma si era rassegnata all’idea
che, se non lo avesse fatto,
la ragazzina sarebbe comunque venuta a romperle le scatole.
Era
ufficiale: solo Icy Blue Spruce, le macchie sui vestiti e
gli alieni che non se ne stavano a casa propria erano peggio dei
minorenni non
imparentati con lei.
«Va
bene. Va bene» Alexis alzò le mani in segno di
resa
«Ammetto che la stavo guardando ma era solo perché
volevo parlarle e che non
sapevo bene come e quando avvicinarmi. Il mio nome è
Alexis…»
«La
compagna di classe di Billy, la stessa che tempo fa lo ha
aiutato con letteratura. Io so benissimo chi sei tu e viceversa. Vieni
al
dunque» sospirò Rain.
«Vorrei
sapere perché vuole portare Billy in Europa» disse
Alexis «La notizia del trasferimento mi ha stupita».
«Visto
e considerato che tu e Billy non siete neanche amici,
sai darmi almeno una valida ragione per cui dovrei
risponderti?»
“Non
avrei mai detto che qualcuno avrebbe potuto farmi
rimpiangere i momenti in cui io e gli altri ci troviamo in mezzo tra
Autorobot
e Decepticon che si sparano laser in faccia” pensò
la ragazzina. «Io e Billy
siamo amici, invece» mentì.
«Il
solo amico di mio cugino si chiama Fred, dunque a meno
che tu da ieri a oggi abbia cambiato nome, sesso, peso, colore di
capelli e
colore di occhi, direi che non siate amici» concluse Rain
«Non è di Billy che
ti importa» continuò, per poi dimezzare il latte
macchiato in un sorso «Invece
il suo benessere è la sola cosa che importi a me al
momento».
«Non
c’è niente qui che minacci il suo
benessere» ribatté
Alexis.
Rain
sollevò un sopracciglio. «Sei troppo giovane per
dire
qualcosa di diverso da questo».
«Il
fatto che sia giovane non vuol dire che sia stupida!»
«Difatti
non ti ho dato della stupida, stai facendo tutto da
sola. Vorrei finire il mio latte macchiato senza essere fissata o
infastidita,
dunque torna al tuo posto, o vai dove vuoi, e non tediarmi
oltre».
“Ma
chi si crede di essere questa qui?! Solo perché è
ricca!...” pensò Alexis. «Non
è affatto gentile, lo sa?!»
Rain
non si curò neppure di risponderle, limitandosi a
congedarla con un elegante cenno della mano, e quando Alexis
-più che
innervosita- si allontanò col portatile e tutto, andando a
sedersi dalla parte
opposta della sala, tornò a concentrarsi sul latte macchiato.
“Che
una persona non possa neanche bere qualcosa in pace
senza che arrivino ragazzetti pro-invasione aliena a rompere le
scatole, e
finisca anche per passare come la cattiva di turno, è
proprio il colmo”.
Aveva
capito il vero motivo per cui la ragazzina si era
avvicinata, ossia per capire se Billy aveva parlato o meno e, in tal
caso,
cercare di convincerla del fatto che non ci fosse nulla di male nella
presenza
di grossi alieni metallici sulla Terra, in modo da evitare loro
problemi.
Probabilmente
aveva fatto qualche ricerca sui social e aveva
notato certi suoi agganci poco nascosti, come quel suo zio Howard- che
lei non
apprezzava troppo ma che faceva molto comodo.
Mantenere
legami di comodità era qualcosa che le era stato insegnato
presto.
“Di
certi parenti più o meno megalomani si farebbe volentieri a
meno, garinίon,
ma dato che invece ci sono tanto vale tenerseli buoni,
finché torneranno utili…
e abbiamo usato la scusa dell’influenza per evitare il
compleanno di tuo zio
già l’anno scorso, dunque stavolta non abbiamo
scampo”.
Suo
nonno materno Dermot Lancaster era morto da sei anni, ma
c’erano dei momenti in cui la sua mancanza si faceva ancora
sentire piuttosto
forte.
Lui
continuava a vivere nei suoi ricordi, in ogni
atteggiamento che Rain aveva assimilato e fatto suo, in tutti gli
insegnamenti
che le aveva dato e -bando all’ipocrisia- anche in tutto
ciò che le aveva
lasciato in eredità sistemandola vita natural durante, ma
avrebbe preferito di
gran lunga che fosse stato ancora in vita, in quel momento
più che mai. Si era
offerta come figura di riferimento per Billy ma anche lei, in quel
periodo,
avrebbe voluto poter contare sulla propria.
“A
proposito di Billy, spero per lui che abbia fatto usare i
sottobicchieri al suo amico. Meglio che torni a casa a controllare di
persona”.
***
«Non
c’è proprio modo di convincerla a
restare?»
Billy
scosse il capo, sconsolato. «No, Fred, e oltre a questo
preferisce anche che io esca di casa il meno possibile. Infatti oggi
non mi ha
mandato a scuola e, considerando che hai anche dormito qui, sei in casa
nostra
da quasi un giorno e mezzo. Una cosa del genere in condizioni normali
non
esisterebbe proprio, un “minorenne non imparentato con
lei” in casa sua per
tutto questo tempo!...»
«Ma
perché ce l’ha con i minorenni non imparentati con
lei?»
chiese Fred, stiracchiandosi un po’ mentre si rilassava
nell’idromassaggio.
«So
che c’è un motivo preciso ma non so quale sia,
quindi non
ti posso rispondere».
Entrambi
bevvero dei sorsi di Pepsi direttamente dalle
rispettive lattine, poi Billy si voltò di lato a osservare
il cielo attraverso
la finestra.
«Se
fossi riuscito a mantenere il segreto non dovrei
andarmene».
«Potresti
sempre scappare di casa» disse Fred «Ci hai
pensato?»
«Lì
per lì sì, ci ho pensato» ammise Billy
«Però anche un eejit come
me può
arrivare a capire che Rain non merita una cosa del genere, se vuole
portarmi
via non è perché è brutta e
cattiva».
«Brutta
non è di sicur- EHI!»
protestò Fred,
quando l’altro gli schizzò l’acqua sul
viso.
«È
mia cugina, attento a quello che dici!»
«Non
è colpa mia se è bella come le lasagne di mia
madre!
Peccato solo che sia tremend-»
«Un’altra
parola e ti annego, Fred, sei avvisato» lo
minacciò
Billy «… non posso credere che tu
l’abbia paragonata a una lasagna, è una delle
cose più sceme che abbia mai sentito!»
«Ma
era un complimento!»
«Non
insistere oltre, se no apro la porta e lascio entrare il
pappagallo!»
Fred
si zittì immediatamente, memore dell’esperienza
della
notte passata che gli era bastata e avanzata.
Non
si era ancora capito come Dagon fosse riuscito a entrare
in una stanza chiusa, ma stava di fatto che alle tre e mezza di notte
era
volato sul comodino e si era messo a strillare insulti irripetibili
all’orecchio di Fred, il quale ovviamente si era svegliato
urlando, spaventato
a morte.
Gli
strilli di Fred avevano svegliato Billy, il quale si era
messo a urlare a sua volta, ed era stato allora che la situazione aveva
raggiunto l’apice dell’assurdità: Rain,
col suo pigiama da unicorno viola, era
piombata nella stanza armata di bazooka, pensando di essere sotto
attacco da
parte degli alieni.
La
faccenda era stata rapidamente chiarita e chiusa con una
sequela di improperi irlandesi, borbottati da Rain uno di fila
all’altro mentre
tornava nella propria stanza.
«Basta
che poi non entri anche lei col bazooka» disse Fred
«Ma
quale persona normale ha un bazooka in casa?!»
«So
che per la sua famiglia in Europa possedere armi da fuoco
di vario genere è una cosa molto comune. Mi ha detto che
iniziano presto a
imparare a usarle. Dovrebbe essere una specie di tradizione»
spiegò Billy «È
una stramberia, lo so».
«Puoi
dirlo forte. Già! Non potrebbe usare quell’affare
per
sparare agli alieni, se mai venissero a cercarci?»
«Beh…
immagino di sì… ma penso anche che preferisca
evitare
di mettersi in prima linea contro dei robot giganti, Fred».
«Immagini
bene».
Entrambi
i ragazzini sobbalzarono, non essendosi accorti né
della porta che si era aperta né di Rain che era entrata. A
giudicare dal
costume intero che indossava sembrava aver voglia di unirsi a loro,
cosa che
spinse Fred ad arrossire e abbassarsi, finendo a nascondere mezza
faccia sotto
l’acqua.
Quando
poi vide entrare anche il pappagallo, scomparve
direttamente sotto la superficie.
«Non
ha ancora capito che Dagon non ha voglia di ucciderlo»
disse Billy, facendo spallucce.
«Su
questo in realtà non garantisco»
replicò Rain, indicando
il cacatua che, col suo grosso becco, stava riuscendo a raggiungere la
testa di
Fred anche sotto il pelo dell’acqua «Comunque, ho
incontrato la tua compagna di
classe asiatica per metà ed educata per un quarto».
«L’hai
vista al bar? So che ci va spesso… o meglio, ci andava
spesso prima di iniziare ad andare in montagna».
«LASCIAMI
IN PACEEEEEE!»
strillò Fred al
pappagallo, nel riemergere «Cosa ti ho fatto?!»
«Già.
Purtroppo stavolta era seduta poco lontana dal mio tavolino
e ha avuto
la brillante pensata di disturbarmi» rispose Rain, ignorando
Fred e la sua
discussione con Dagon «Mi sono persa qualcosa e siete
diventati amiconi e/o si
è innamorata di te?»
«N-non
mi risulta» bofonchiò Billy
«Perché?»
«Allora
è come immaginavo, voleva capire se mi avessi parlato
o meno degli alieni. Mi ha chiesto i motivi del trasferimento con un
po’troppa
insistenza per i miei gusti. Tutto questo interesse improvviso proprio
in
questo momento mi sembrava strano. In ogni caso la conversazione
è durata poco»
concluse Rain, entrando nell’idromassaggio «Anche
se in certi casi il “poco”
non è mai abbastanza».
«Gobshite!
Ya maggot!»
esclamò Dagon,
schiaffeggiando Fred con le ali per poi fischiare «Aaaag
fuck-thù! Maggot!»
«Mi
pare che tu abbia fatto già abbastanza stanotte, Dagon,
quindi smetti di dargli del moccioso rompiscatole, appollaiati sul
davanzale
della finestra e piantala di fare chiasso. Il tuo biscottino
l’hai preso».
Forse
perché aveva compreso l’ordine di Rain, forse
semplicemente perché si era stufato, Dagon volò
ad appollaiarsi sul davanzale
senza infastidire più nessuno.
«Grazie…»
sospirò Fred «Non capisco proprio
perché ce l’abbia
con me. Ehm… i-io comunque tra un paio d’ore torno
a casa. Mezz’ora fa ha
chiamato mia madre».
«Allora
tu e Billy avete ancora un paio d’ore per
salutarvi».
«Eeeh…
a proposito, Rain, io so che domani abbiamo il
battesimo» disse Billy «E so che bisogna andarci,
però stavo pensando una cosa:
visto che è di pomeriggio, domani io e Fred non potremmo
fare un ultimo giro
nel parco qui vicino? Se vedessimo Rad e compagnia, una macchina gialla
o il
camion lento-»
«Scoppiasse,
almeno» borbottò la donna.
«Ci
allontaneremmo subito, giuro» continuò il
ragazzino
«Visto quel che ha comportato non andremmo a cercare guai di
nuovo. Un ultimo
giro» la supplicò «Solo
un’ultima volta! Tanto è qui vicino e quando
sarà ora
di iniziare a prepararmi per il battesimo tornerò a
casa…»
«Ti
verrò a prendere io, così risparmieremo
tempo» cedette Rain.
Non
era troppo contenta all’idea di far uscire di casa Billy,
ma la compassione verso di lui l’aveva spinta a concedergli
almeno un’ora
d’aria.
«Quindi
posso? Grazie!» esultò Billy «Vedrai che
non te ne
farò pentire! Non faremo gli scemi e non
succederà niente, vero Fred?»
«Sicuramente!»
Erano
sinceri, avrebbero impiegato tutta la buona volontà che
possedevano per non andare in cerca di guai.
Restava
solo da vedere se i guai avrebbero impiegato
altrettanta buona volontà per non andare a cercare loro.