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Autore: Badboy116    30/09/2019    0 recensioni
Pride è la storia di Giovanni, un bambino e poi un uomo bello e diligente. La vita di Giovanni è caratterizzata da una persona: Elena. Il loro è un legame troppo forte, un amore indistruttibile, che va oltre ogni relazione. Giovanni ha un segreto troppo profondo che non sa nemmeno di avere. Ma la loro amicizia, il loro amore, andrà oltre ogni cosa.
Pride è ambientato in una realtà cupa e grigia, in un rione dove la follia raggiunge il limite. Giovanni incrocerà Elena proprio in quella realtà.
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: Threesome | Contesto: Contesto generale/vago
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Capitolo 2

Quando iniziai la quarta elementare, tutto divenne strano e particolare. La mia amicizia con Elena andava a gonfie vele e anche il mio rendimento scolastico non era da meno. Ogni giorno mi recavo a casa sua e studiavamo insieme. Teresa, sua madre, era molto felice della nostra amicizia. Mi riteneva un ragazzo fantastica, un ragazzo raro, che a Napoli ragazzini come me non esistevano: belli, educati e buoni. Al contrario, criticava molto Elena. Diceva sempre che le signorine dovrebbero fare il letto la mattina, aiutare le madri a pulire la casa e cose del genere. Ma Elena non lo faceva. Preferiva leggere storielle oppure truccarsi. Inoltre era maleducata. Tuttavia le voleva un gran bene e né lei e né Nando, suo padre, le avevano mai messo una mano addosso.

Ricordo una mattina di Aprile, andai a casa sua per studiare storia, l'antica Grecia, quando mi disse:

“Giovà, ma tu ti sei mai baciato con una ragazza?”

“No, Elena. E' presto, siamo piccoli”

“Non è presto. Mamma e babbo si sono conosciuti alla nostra età e si sono sposati molto presto. Lei aveva sedici anni”

Io non ricordavo quando i miei si fossero sposati o quando diedero il loro primo bacio. L'argomento non mi piacque, preferii continuare con lo studio dell'Antica Grecia, delle Poleis e delle prime colonizzazioni greche. Studiavo, sottolineavo e apprendevo le parole del libro mentre lei sbuffava oppure disegnava cose sul libro. Io cercavo di coinvolgerla nella lezione ma lei ad occhi bassi, precisa e concentrata nel suo lavoro mi diceva

“Studia tu, io mi scoccio”

Dopo varie ore, mi mostrava i suoi capolavori. Era molto brava a disegnare e il soggetto era sempre una donna che indossava ogni volta diversi abiti.

“Da grande voglio fa la stilista e voglio essere famosa come quella donna rifatta che fa abiti per le sfilate”

“Versace?”

“Si”

Le cose andarono così fino a quando una mattina di metà Ottobre della quinta elementare ricevei una terribile notizia: Teresa si era ammalata ai polmoni. Per questo motivo, Elena si assentò spesso a scuola per assistere alla madre e per starle vicino il più tempo possibile. Le puliva la casa, si allarmava se durante la notte tossiva più del dovuto, si preoccupava di cucinarle buoni pranzi. Teresa fu aiutata anche da sua madre che le pagò tutte le operazioni da effettuare per guarire da quella malattia. Sostenni molto Elena in quel periodo che appariva sempre sorridente e, come un adulta, apriva e ospitava le persone in casa e spiegava cosa dicevano i medici. Insomma già da bambina, Elena aveva dovuto affrontare le difficoltà della vita ed era già matura per la sua età. Gli ospiti che si preoccupavano per la salute di Teresa ascoltavano i discorsi di quella bambina che aveva poco più di undici anni con ammirazione. Una volta uno di essi disse:

“Tesoro, perché non vai a giocare con le bambole? Qua ci pensano i grandi”

Lei indisposta disse: “Giocaci tu con le bambole, io devo pensare a mamma”

I mesi passarono e le condizioni di Teresa peggiorarono sempre di più. Mia madre, donna molto pettegola ma allo stesso tempo con un gran cuore, mi propose di ospitare per qualche giorno Elena a casa nostra perché non riteneva adatta per una bambina quell'atmosfera. Ma Elena si rifiutò sempre, voleva vivere con sua madre quegli ultimi istanti della sua vita. Oramai era già pronta al peggio. Nando, d'altra parte, era distrutto e amareggiato. Trattava tutti in malo modo a lavoro, era capo di una falegnameria a Piazza Mercato, e piangeva ogni sera al letto della moglie. Al contrario, Elena non piangeva e non mostrava segnali di cedimento. Ogni giorno si alzava, preparava la colazione alla madre e al padre, puliva la casa, cucinava il pranzo e la cena, faceva accomodare gli ospiti e poi a fine giornata andava a dormire.

Un pomeriggio di dicembre, Anna, sua nonna, ci incaricò di andare a comprare delle medicine nella farmacia vicino al comune. Uscimmo e ci dirigemmo nella via quando, tra una chiacchiera e l'altra, Elena cominciò a piangere. Era molto strano vederla piangere, l'avevo sempre raffigurata come una statua da ammirare ma priva di sentimenti. Ma vederla in quel momento fragile e impotente mi sorprese molto. L'abbracciai fortemente e lei mi diede un bacio sulla bocca. Fu il nostro primo approccio fisico: l'abbraccio, il bacio. Io mi scostai subito e le sorrisi. Lei anche, poi asciugò gli occhi da cerbiatto con la manica della maglia e continuammo a camminare. Conoscevo Elena da tre anni ma non l'avevo mai vista così: fragile, in cerca di aiuto e soprattutto d'amore. Aveva trovato in me una spalla su cui piangere, un amico della pelle, un fratello. Una luce splendente alla fine di un tunnel buio e scuro. Una mano pronta a salvarla dalle intemperie del mare. Una figura solida e forte, anche se non lo ero. Mi piacque il fatto che mi considerasse importante nella sua vita, ma ciò che mi sorprese di più fu il bacio. Ora penserà che siamo fidanzati? Come le dico che non mi piace e che non voglio essere fidanzato con lei? Tante domande mi afflissero e iniziai a creare nella mia mente una storia: io e Elena ci saremmo innamorati, si saremmo fidanzati e poi sposati.Avremo avuto tanti figli e un lavoro solido. Infine lei si sarebbe ammalata e sarebbe, infine, morta (Si, ero e sono sempre stata una persona molto drammatica...). Arrivati a casa, dopo quell'evento, Elena si rivolse a me sempre allo stesso modo. Come se quel bacio e quel pianto non ci fossero mai stato. Si mostrò sempre forte sia ai genitori che con me.

A Gennaio, dopo mesi di sofferenze e di sacrifici per trovare dottori bravi, Teresa morì da sola nel suo letto, pallida e con gli occhi spalancati: la malattia le aveva strappato la vita dalle mani senza pietà, lasciando una figlia di soli undici anni e un marito che l'amava più della sua stessa vita.

   
 
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