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Autore: skeight    01/10/2019    0 recensioni
Roy Mustang è un giovane alchimista che aspira alla conoscenza del suo maestro. Riza Hawkeye è una giovane orfana depositaria delle ricerche del padre. Cosa è successo quando le loro vite si sono intrecciate, prima che una guerra di sterminio travolgesse loro e i loro ideali? Questa storia prova a immaginarlo.
(la storia partecipa al Writober 2019 di Fanwriter.it)
Genere: Drammatico, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Maes Hughes, Riza Hawkeye, Roy Mustang | Coppie: Roy/Riza
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Iniziativa: questa storia partecipa al #Writober 2019 di Fanwriter.it
Prompt (per questo capitolo): Missing moment
Numero parole: 1096
 
(consiglio per i lettori: a prescindere che piaccia o meno questa storia, credo che per apprezzarla a pieno sia utile avere sotto gli occhi l’immagine del tatuaggio di Riza Hawkeye. Su internet se ne trovano diverse versioni, io ho scritto avendo sotto gli occhi questa immagine, per cui ringrazio l’utente di Flickr Ultimaknight: https://c1.staticflickr.com/5/4032/4374745283_923992c45f_b.jpg )
 
Introduzione: Lost Paradise

La schiena di Riza è il Paradiso perduto.
Una terra fertile, ricca di delizie e vita, di flora e fauna, là dove gli animali sono concetti, idee, scoperte, e le piante sono semi e frutti di sapere e di sapienza. Ma quello della conoscenza è un frutto pericoloso, il pomo leggendario di cui si narra che un semplice morso possa sprofondare l’incauto assaggiatore nella disperazione, nell’apprendimento della grande verità che la più alta conoscenza è la consapevolezza che per la mente umana è impossibile aspirare a conoscere veramente la realtà, di fronte alla quale anche il più grande filosofo non è che un verme, nudo sulla terra.
 
Roy Mustang non ha paura dei pericoli della conoscenza. Se ne avesse, non avrebbe intrapreso la strada dell’alchimia, non avrebbe scelto come maestro un eretico che identificava la ricerca della verità con l’esistenza stessa, non avrebbe infine sacrificato il proprio orgoglio diventando un cane dell’esercito, fermo nella sua convinzione di poter mettere l’alchimia al servizio del suo paese. Ma di fronte a Riza la sua determinazione trema.
Già mentre le parlava a margine del funerale del maestro, del padre di lei, aveva sentito una punta di disagio: sapeva che era la depositaria dei segreti dell’alchimia del padre, e che avrebbe dovuto conquistare la sua fiducia per ottenerli, ma era davvero giusto manipolare una ragazza, per giunta in lutto, per giungere allo scopo?
Superare quel dubbio era stato relativamente facile, in fondo non avrebbe dovuto fare altro che dimostrarsi all’altezza di quella fiducia. Ma poi Riza gli aveva chiesto se poteva affidargli la sua schiena, e lui aveva notato quella scritta tatuata che faceva capolino dal colletto:
Igni Natura Renovatur Integra
Il maestro aveva tatuato i frutti della sua ricerca sulla schiena della figlia. E conquistare le sue conoscenze passava ora per il corpo di Riza, per il corpo della donna che aveva cercato di ammaliare a parole.
 
Roy ha fama di donnaiolo, non del tutto immeritata. Anche chi glie la invidia, però, non sa che se l’è conquistata con una infanzia passata nei retrobottega di locali notturni e case di piacere, a immaginare un futuro diverso e meno squallido dei clienti che di sera importunavano ragazze che di giorno erano, per lui, sorelle maggiori. Per questo ora, di fronte a Riza nel suo appartamento, sdraiata a pancia in giù su un tavolino basso, vestita di un telo che le copre solo i fianchi e le gambe, esita: teme di diventare un po’ come i maschi viscidi dei suoi ricordi, e assolutamente non vuole che ciò accada. Ma potrebbe accadere, perché la giovane davanti a lui lo attrae, e non solo per i potenti segreti tatuati sulla pelle.
 
Scuote la testa, come per scacciare quei pensieri, e cerca di concentrarsi sul tatuaggio, sulla composizione di parole, disegni e geometrie che racchiude le scoperte del maestro. Da dove partire?
Forse la prima cosa da fare è trascrivere le frasi, tenerle da parte per poterle tradurre e riassemblare fino a trarne un senso compiuto. Buona idea, ma durante la trascrizione avverte la frustrazione montare, mentre le parole che man mano si trasportano su carta si rifiutano, ostinate, di diventare meno enigmatiche.
Lux et lex
Lux et veritas
Post tenebras lux
In luce tua videmus
lucem In lumine tuo
videbimus lumen
I riferimenti alla luce abbondano, come quelli alle fiamme. Del resto, un sole e una fiammella sono alle estremità dell’ovale al centro della schiena, custodi dei segreti alchemici. Ma quali? Le singole frasi sono in sé comprensibili, ma lette insieme sembrano sconnesse, come una folla di individui sconosciuti che si trovano nello stesso luogo per caso.
 
Roy sospira pesantemente. La schiena davanti a lui si inarca leggermente, con un principio di pelle d’oca.
“Mi scusi, signor Mustang, il suo soffio mi ha solleticato.”
Le parole di Riza quasi lo fanno sobbalzare. Perso nel tentativo di interpretare il tatuaggio si era quasi dimenticato che la superficie di studio era il corpo di una persona; ma il suono della voce gli risbatte in faccia la presenza di Riza, la fisicità di Riza, il fatto che ha – in pratica – soffiato sulla sua schiena in un modo che un osservatore esterno e ignaro avrebbe potuto facilmente equivocare come l’ansimare di un pervertito. Il pensiero lo fa alzare di scatto, rosso di imbarazzo.
“Scusami, sono… sono un po’ frustrato dalle difficoltà. Prendiamoci un po’ di pausa, che dici?”
Riza annuisce e allunga una mano a prendere una mantella di lana su una sedia a pochi passi, se la getta sulle spalle e in pochi movimenti la stende a coprire sul corpo mentre si mette a sedere. Roy nel frattempo le dà le spalle, fingendo di armeggiare con i libri sulla sua scrivania.
La ragazza gli si avvicina.
“Mi dispiace che non stia facendo molti progressi.”
“Tranquilla, in fondo ho appena iniziato… Non sarebbe il frutto delle ricerche di tuo padre, se non fosse difficile da interpretare.”
“Mio padre… era un uomo difficile. Con me è sempre stato affettuoso, ma con i suoi colleghi alchimisti era sempre aspro, non amava confrontarsi con loro, nemmeno con quelli di cui poi mi parlava con rispetto.”
Roy la guarda stupito. Dalla loro conversazione al funerale, era la prima volta che Riza parlava così tanto, e con un fare assorto, misto di ricordi e rimpianti.
“Be’, spero che ti parlasse bene anche di me” dice con accento scherzoso, cercando di alleggerire l’atmosfera.
“Non parlava mai dei suoi allievi.”
“Ecco, come non detto.”
“Anche se in effetti prima di lei ne aveva avuti solo due, quando io ero piccola. Forse era diverso, ai tempi.”
“Diverso? In che senso?”
“Più… come posso dire? Più presente alla vita.”
“Presente alla vita?”
“Mi dispiace, non saprei come dirlo. È un’espressione che ho letto a scuola, nella biografia di un filosofo eremita, e mi è rimasta impressa perché mi sembrava così adatta anche a mio padre, ma ecco, la sento adatta ma non trovo parole più chiare per definirla. Capisce cosa intendo?”
“Sì, credo di sì.”
“Forse lei, come allievo alchimista, lo ha conosciuto sotto aspetti diversi da quelli che avrei potuto vedere io come figlia.”
“Può darsi.”
“Vorrebbe parlarmene? Vorrebbe parlarmi di mio padre?”
Roy la guarda. In quel momento non c’è la ricerca dei segreti alchemici. Non c’è nemmeno l’attrazione tra un soldato e una ragazza.
In quel momento ci sono due persone accomunate da una perdita, due sconosciuti che si ritrovano insieme, come le formule sulla schiena di Riza. Forse il senso comune non va cercato, ma costruito con nuove parole, nuovi dialoghi.
“Te ne parlerò volentieri. E tu? Vorresti parlarmi del mio maestro?”
 
   
 
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