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Autore: Cromatic Angel    01/10/2019    1 recensioni
Genere: Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Un anno prima   

 

 

«Mi stai ascoltando?» Mi sentì tirare per un braccio, mi voltai distogliendomi dai miei stessi pensieri e vidi il viso di mio padre che scrutava il mio.

«Dicevi?»

«Che per adesso puoi andare da Lily, ci penso io qui»

«Se vuoi posso stare qui?»

«Non credo proprio, penso che dovresti proprio andare» mi sorrise.

«Lui è qui, papà» mi uscì come un lamento.

«Ma chi?» corrugò la fronte guardando intorno.

«Noah! E non so nemmeno come abbia fatto a sapere che avessimo un locale e dove fosse!» ero elettrizzata e nervosa allo stesso tempo, non sapevo come gestire la cosa. Non riuscivo a capire perché lui fosse lì, perché non mi aveva detto che sarebbe venuto? Forse aspetta qualcuno, forse è una casualità che sia qui.

«Oh…beh, Martha, sua zia, è venuta spesso qui. Presumo che sappia di questo posto per lei. Ma poi dov’è?» mi chiese continuando a scrutare tra la gente. Gli indicai due ragazzi a cinque metri di distanza da noi, che parlottavano ridendo tra loro e sorseggiando la birra che tenevano salda in mano.

«Scommetto che sia il tipo biondo, perché l’altro è Cameron, il figlio di Martha, ecco come Noah ha saputo del locale» si rigirò verso me sorridendo come se avesse risolto uno dei più grandi misteri del mondo.

«Martha ha un figlio? non l’ho mai visto a Riffer» mi grattai la fronte confusa.

«Non che tu sia stata così social in questi mesi lì» mi rimbeccò mio padre.

«Come siamo divertenti questa sera!» sbuffai.

«Esattamente quanto te che stai qui a fare i capricci invece di andare a divertirti»

«Non ho voglia!» quasi urlai e mi diressi nel retro, c’era un freddo così pungente che maledissi la mia leggera maglia in cotone, dentro c’era quasi l’estate e fuori mancava poco al polo nord. Mi sfregai le mani sulle braccia, sperando di scaldarle, ero stupida a stare lì fuori, lo sapevo bene. Ma tra mio padre che pungeva il mio ego e la presenza di Noah, avevo bisogno di stare un momento da sola a capire cosa fare.

«Si gela qui» la voce di Lily mi riportò al presente, non mi voltai. Speravo che non rispondendole mi avrebbe lasciata sola, ma ovviamente non andò così.

«Mi spieghi cosa fa qui a fissare il nulla?» Si piazzò davanti a me.

«Avevo bisogno di stare sola» 

«Guarda che tuo padre me l’ha detto» posò una mano sulla mia spalla accarezzandola.

«Non avevo dubbi» chiusi gli occhi cercando di reprimere la rabbia che montava sempre più.

«È preoccupato per te e lo sono anche io. Da quando sei a Riffer e da quando hai conosciuto quel tipo lì sei diversa Bek» lo leggevo nei suoi occhi, aveva sempre temuto che uno di questi giorni, da quando mi ha conosciuto, potessi spezzarmi liberando tutte le emozioni represse, mi aveva sempre tenuta per mano per affrontare ogni cosa insieme, non mi ha mai lasciata da sola, lei c’è sempre stata. Ed io? Sempre a lamentarmi dei miei problemi, non lasciandole mai lo spazio che le serviva per sfogarsi. Che orribile amica che ero, ma lei sapeva anche questo e nonostante il mio scostante carattere era rimasta al mio fianco, e le volevo bene anche per questo.

«Sono confusa Lily» riaprì gli occhi e li sentì bruciare, non volevo piangere, ma ormai era diventato un riflesso incondizionato. Non ero mai stata così emotiva e sensibile, avevo sempre respinto ogni tipo di emozione che potesse rendermi vulnerabile, ma da quando avevo conosciuto quel ragazzo dai modi gentili e dal comportamento misterioso, non avevo più difese. Era come se in quei pochi mesi avesse aperto il mio cuore gelido e lo avesse preparato a rinascere, riempiendo la mia vita grigia, ricca di colori e di speranza.

«Cosa c’è che non va?» il suo sguardo dolce mi fece sciogliere.

«Ho paura di essermi legata ad una persona che non tiene a me. Non che abbiamo avuto discorsi profondi o una conoscenza tale da definirmi innamorata. Ma quando lo vedo, quando guardo i suoi occhi mi tremano le gambe, mi vien voglia di prenderlo per mano e raccontargli tutti i miei drammi, segreti, sogni, progetti, paure… gli direi ogni cosa! E non mi è mai successo con nessuno. Solo che lui è sempre così…» sventolai la mano in aria non trovando le parole, o forse non volendo proseguire per non scoppiare davvero in lacrime, copiose lacrime.

«Così come?» Gelai. Più del freddo che c’era qui fuori. Volevo morire. Vidi gli occhi di Lily sgranarsi. Mi voltai meccanicamente e lo vidi sulla soglia della porta che mi fissava inespressivo «Spiegami come sono Rebekka» avanzava lentamente verso me, la sua mascella era una linea dura, come se stesse reprimendo qualcosa, come se stesse mantenendo una calma apparente.

«Forse è meglio che io entri» Lily fece per sorpassarmi ma la bloccai per un polso «Bek, dovete parlare» con delicatezza tolse la mia mano da sé e sorridendo, prima a me e poi a lui, rientrò nel locale. Lasciandomi con la mia più grande paura: affrontare Noah.

 

 

 

 

Erano passati dieci minuti e non mi sentivo più nessuno dei quattro arti.

Non riuscivo a parlare, lo fissavo senza dire nulla.

«Te lo sei mai chiesta?» Noah spezzò il silenzio.

«Di preciso cosa?» mi bruciava la gola, volevo urlare.

«Del perché io sia così schivo con te» fece un altro passo, eravamo a meno di un metro di distanza.

«Non seriamente» inspirai forte dal naso.

«Te lo dico, ti dirò tutto. Ma dopo che l’avrò fatto non vorrò sentire nulla da parte tua. Rientrerò dentro e se non ti vedrò entrare con me allora non vorrò vederti più» Non gli risposi, come osava minacciarmi. Cosa gli avevo fatto per essere trattata così? Gli andavo dietro, ero sempre accondiscendente con lui, avevamo fatto pure sesso insieme e mi parlava in quel modo?

«Quando sei arrivata a Riffer sei mesi fa, io sapevo bene chi tu fossi e ho cercato di evitarti. Tu non conosci la storia della mia famiglia e in parte della tua. Ma questo non spetta a me raccontartelo. Io volevo solo non commettere errori. Conosco bene tuo padre e lo ammiro e stimo, vorrei tanto essere l’uomo che è lui, e tu sei esattamente come lui era da giovane, almeno è ciò che mi hanno sempre raccontato. Quando ho saputo…beh, volevo vederti…Incontrarti, ma mia zia Martha me lo ha impedito. Ma tu» sorrise amaramente «sei piombata nel mio negozio e lì non potevo evitarti, allora l’ho preso come un segno del destino e ho deciso che fanculo a tutto. Dovevo pensare a me per una volta. Dovevo conoscerti, quando poi ho scoperto che non avevi la benché minima idea di ciò che è successo alle nostre famiglie, beh… che a quel punto avrei potuto instaurare con te un legame che andava al di là delle nostre divergenze e che sarebbe stato pulito. Che poteva funzionare. Poi il casino…ci sono persone che non vogliono che io e te stiamo insieme, ma a me non frega nulla. E non lo dico perché voglio fare l’anarchico, perché voglio fare il ricco viziato che va contro la famiglia e che quindi fa l’artigiano per qualche ripicca, lo faccio perché voglio farlo, perché amo fare questo lavoro. Ma sai ai ricchi certi lussi non sono concessi» rise, ma con un’amarezza che lo spezzava dal profondo «Voglio solo stare con te, perché sei diversa da tutte quelle che ho conosciuto, che volevano il mio patrimonio. Tu… cazzo Bekka» azzerò le distanze e mi prese il viso tra le mani «sta con me e ti prometto che non ci saranno segreti, che ti dirò tutto. Ma se non sarà cosi, se oggi mi respingerai allora dovrò sparire dalla tua vita» Mi fissava con quei suoi occhi verdi, ma non riuscivo a comprendere a pieno il suo discorso. Perché stava tirando in ballo mio padre? Perché era cosi vago? Perché doveva starmi distante, cosa c’era che io non sapessi ancora? Una cosa era certa, la sua sincerità era così evidente che tutto il resto quasi passò in secondo piano, potrà sembrare strano tutto questo, ma per una persona che non ha mai amato, o meglio non ha mai voluto lasciare che l’amore la pervadesse, tutto questo era come una brezza che lenta e sensuale mi avvolgeva e mi trascinava con sé, e tutto quel turbinio di emozioni che mi cullava in quel momento mi rendeva felice. «Devi lascarmi entrare» gli sussurrai, e solo in quel momento mi accorsi che stavo piangendo, mi asciugò le guance con i pollici, mantenendo le sue mani ben salde attorno al mio viso «Non aspettavo altro» sorrise e mi baciò. 

Ed in quell’istante fioccò, lentamente e dolcemente, proprio come quel bacio.

 

 

 

 

«È stato grandioso» mia madre radiosa chiuse la porta di casa e fissava mio padre estasiata.

«Vedi non sempre le novità sono così spaventose» le rispose lui mentre si scrollava la neve dal giubbotto, che poco dopo appese nell’attaccapanni dell’ingresso.

«Sempre che queste novità non si trascinino segreti » accesi la luce del soggiorno, che dava direttamente sull’ingresso e feci sobbalzare quei due.

«Bekka! » gridò mia madre posando una mano sul petto «mi hai messo paura, pensavo fossi in giro con Lily visto che non eri più al locale» avanzò verso di me « che succede? Perché hai quella faccia?» chiese preoccupata ad un passo da me.

«Forse dovresti chiederlo a tuo marito» fissavo infuriata mio padre che era rimasto fermo davanti la porta e che guardava nella mia direzione. Mia madre si voltò verso lui con fare inquisitorio, ma non la prendevo sul serio, per lei era sicuramente il solito battibecco padre e figlia «Che le hai fatto Jamie? L’hai messa in imbarazzo con il suo amico?»

«Fosse quello di certo non sarei così incazzata, oh ma sono certa che anche tu mamma ne sei a conoscenza » quelle parole la fecero sobbalzare e si voltò di scatto verso di me «ma di cosa parli?» era infastidita da quell’accusa.

«Allora papà?» ma io continuavo a fissare lui, che si decise ad avvicinarsi, guardando in basso. Quando arrivò davanti a me, alzò lo sguardo e mi fece paura, era così cupo, così gelido che nemmeno riconobbi i suoi occhi, i magnifici occhi chiari e generosi di mio padre, che fino a qualche ora fa era per me l’uomo più raggiante del mondo, ma in quel momento non sapevo più chi avessi davanti, continuavano a risuonarmi le parole di Noah “Conosco bene tuo padre e lo ammiro e stimo, vorrei tanto essere l’uomo che è lui” , ma adesso forse sono io che non lo conosco. Stavo impazzendo.

«Candice prepara il thè, penso che la notte sarà lunga e sono certo che tua figlia non si accontenterà di sapere di avere un fratello».

Fratello.

Fratello?! No, non era vero. 

Il mio mondo crollò a quelle parole. 

Non poteva davvero essere vero.

  
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