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Autore: AleeraRedwoods    02/10/2019    1 recensioni
Dal testo:
“Tu sei nata per una ragione e il tuo cammino non può cambiare.
Ma un destino scritto è anche una maledizione.
Il tuo compito è salvare la Terra di Mezzo,
riunirai i Popoli Liberi e scenderai in battaglia.
Una prova ti attende e dovrai affrontarla per vincere il Male.
Perché la Stella dei Valar si è svegliata.
La Stella dei Valar porterà la pace.
A caro prezzo.”
(Revisionata e corretta)
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Altri, Aragorn, Nuovo personaggio, Thranduil
Note: Lime, OOC | Avvertimenti: Contenuti forti
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-Candela-


    Tutti i principali comandanti degli eserciti alleati si riunirono alle porte di Minas Tirith, mentre i Nani avanzavano a ritmo sostenuto, disposti in fila strette e ordinate. Infine, l’imponente esercito si arrestò di fronte alla città con un assordante cozzare metallico.
    Sillen si era cambiata in fretta, felice di poter indossare i pantaloni scuri della guardia e la bianchissima camicia dai delicati alamari argentati, sopra la quale aveva stretto un rinforzo addominale di placche in cuoio scuro. Allacciata in vita, portava la spada elfica donatale da Legolas.
    Il suo aspetto rispecchiava finalmente il suo ruolo di guerriera.
    La sua realtà stava cambiando, più velocemente di quanto si sarebbe mai aspettata. Ricordò sé stessa nuda e indifesa, nella radura di Bosco Atro, e mai come adesso percepì quell’immagine come estranea: sentiva l’antico potere donatole dai Valar scorrerle nelle vene e i suoi occhi dallo sguardo duro e penetrante non lasciavano spazio al dubbio o alla debolezza.
    In piedi di fronte a tutti, con Alatar alla sua destra e Re Elessar a sinistra, Sillen sollevò il mento, sorridendo ai nuovi arrivati:
-Benvenuti, nobili signori della pietra!-
    La sua voce alta e cristallina fendette l’aria e subito due nani a cavallo di grossi montoni scuri si distaccarono dall’esercito e si diressero verso di lei.
    Legolas e Aragorn sorrisero quando notarono il loro vecchio amico affrettarsi per incontrarli: -Che mi venga un colpo! Non siete cambiati nemmeno un po’ dall’ultima volta.- Esordì Gimli, smontando con un balzo goffo dalla propria cavalcatura.
    I due amici lo circondarono, assestando amichevoli pacche sulle sue spalle solide, sino a quando lui non lanciò uno sguardo divertito al Re, adocchiando il suo sguardo stanco: -Anche se quella barba si sta ingrigendo, vero, Signore degli Uomini?-
    Elessar sollevò un sopracciglio: -Pensa alla tua, amico mio. Governare sulle Caverne di Aglarond ti sta facendo invecchiare così in fretta?- Al che, il nano guardò con una risatina sul proprio petto, spolverandosi la lunga barba rossiccia appena striata di grigio. Puntò poi lo sguardo sull’elfo biondo di fronte a lui e scosse una mano, sbuffando: -Con te è inutile, elfo dei miei stivali. Sei forse più fastidiosamente perfetto di quanto ricordassi.- Lo canzonò. Legolas rispose al commento con un sorriso ma un timido rossore imporporò le sue guance, forse troppo lieve perché qualcuno potesse notarlo.
    Intanto, Gimli si era voltato verso la stella, mentre l’altro nano smontava a sua volta per avvicinarsi a lei con espressione fiera.
    -Io sono Thorin III Elminpietra, figlio di Dain Piediferro. Re sotto la Montagna, Signore di Erebor e dei Colli Ferrosi. Tu devi essere la Stella dei Valar di cui tutti parlano.- Tolse il pesante elmo, rivelando una folta chioma bruna che andava a mescolarsi con la lunghissima barba, intrecciata con anelli di ferro e pietre preziose. Guardò la stella dal basso verso l’altro, ammirato.
    Sillen s’inchinò profondamente: -Sì, mio signore Thorin, il mio nome è Sillen. Ti ringrazio per essere venuto.- Lui sbatté il manico della lunga ascia per terra, con una sonora risata: -Dove c’è qualche orco da fare a pezzi, di certo ci siamo noi!-
    L’esercito di nani alle sue spalle sollevò grida di entusiasmo e Sillen li fissò ad occhi spalancati.
    Alatar fece un passo avanti, attirando l’attenzione su di sé: -Il viaggio è stato difficoltoso, mio signore?- Thorin alzò lo sguardo in alto, con le folte sopracciglia aggrottate: -Per niente, stregone.- Gimli gli tirò un pugno secco sul petto, contraddicendolo senza remora alcuna: -Come no! Siamo stati attaccati ben sei volte, ai confini con i Monti di Cenere. Abbiamo fatto un massacro di quei dannati goblin.- Thorin, di ben altro avviso, lo spinse con un gesto stizzito: -E quello lo chiami massacro? Ho rischiato di più dal barbiere!- Poi si rivolse alla stella, prendendole una mano e attirandola il più possibile verso di sé, tanto che Sillen fu costretta a piegarsi per arrivare all’altezza del suo viso: -Per te, mia bellissima dama, combatteremo fino all’ultimo respiro.- Le disse, solenne, poi si voltò verso i suoi, senza attendere una risposta: -Accamparsi!-
    E il grosso esercito si mosse rumorosamente verso la vallata, laddove ancora vi era spazio tra i grandi accampamenti di Rohan e dell’Ithilien. Thorin Elminpietra posò un bacio audace sulla mano della giovane e si apprestò a rimontare sulla sua cavalcatura: -Se dovessi annoiarti con tutti questi spilungoni, vieni a cercarmi. Sarò lieto di raccontarti del mio valoroso popolo.- Sillen annuì, seria, ignorando le risatine attorno a lei: non le pareva proprio che ci fossero dei motivi per non prenderlo sul serio. Gimli le lanciò un’occhiata divertita e grata, affiancando il suo Re per tornare in testa al possente esercito.
    I compagni li guardarono allontanarsi e Legolas sospirò: -I Nani sono testardi e rozzi ma sono un popolo fiero e leale.- A Sillen non sfuggì l’inflessione dolce che tinse la sua voce ma non commentò, limitandosi a scambiare uno sguardo eloquente con Elessar, che invece già conosceva i reali sentimenti dell’amico.
    Alatar, interrompendo quel momento di quiete, si voltò verso la stella, scuro in volto: –Andiamo Sillen. Hai molte cose di cui occuparti.- Lei lo seguì senza indugio, trepidante d’attesa.
    Era impaziente di allenarsi e voleva a tutti i costi riuscire a controllare il proprio potere al meglio.
    Sapeva di non avere tempo da perdere.

    Alatar, sempre seguito dalle due guardie della Cittadella, la condusse al quinto livello della città, dove una strada di pietra sospesa conduceva sul fianco del monte Mondolluin. Passarono sotto numerosi archi di pietra, fino a giungere in una piazza spoglia e fredda. Molti edifici la costeggiavano, alti e squadrati.
    Le guardie si fermarono all’ingresso, lasciandoli avanzare da soli. -A nessuno sarebbe permesso di entrare qui ma il Re ci concede questo privilegio, date le circostanze.- La informò Alatar, attraversando la piazza silenziosa e Sillen scrutò la dritta facciata di pietra grigia dell’edificio in cui stavano per entrare.
    Deglutì, stringendo l’elsa della spada elfica come a cercare conforto: -Che posto è questo?-
    Lo stregone si fermò sulla soglia, guardandola da sopra la spalla. -La strada che abbiamo appena percorso è Rath Dínen, la Strada Silente e queste sono le Tombe dei Re, il luogo sacro della città.- La stella sgranò gli occhi, scossa da un brivido: ora si spiegava il sentore tetro che aleggiava in quel luogo.
    Alatar le fece segno di entrare nell’edificio e, una volta dentro, la stella capì perché l’avesse condotta fin lì: era una grande stanza vuota e buia, dal pavimento e dalle mura di spessa pietra, adatta a sopportare il suo addestramento.
    Pronunciando alcune parole nella lingua antica, lo stregone accese i bracieri scuri e sedette a gambe incrociate in mezzo alla stanza, invitando la stella a fare lo stesso: -Come avrai capito, il tuo potere attinge dalla tua stessa forza fisica. Hai una resistenza fuori dal comune ma non ti servirà se sprecherai tutto il tuo potere in un solo colpo, poiché rischieresti solo di ucciderti. Devi avere pieno controllo delle tue azioni per decidere quanta forza sarà coinvolta in ogni attacco.- Lei strinse i pugni, determinata. –Ricorda però, che userai il tuo potere solo se strettamente necessario.- Le intimò Alatar, squadrandola da sotto le sopracciglia folte. Poi tirò fuori dal mantello una candela bianca e la pose ritta di fronte alla stella.
    –I Maiar come me e Landroval hanno poteri diversi gli uni dagli altri: per esempio, il mio potere risiede per la maggior parte nel mio bastone; il tuo, molto probabilmente risiede nel ciondolo che porti al collo. Se imparerai a controllare il tuo potere, non sarà difficile sfruttare il ciondolo e non consumare la tua energia vitale: per questo ti è stato donato dai Valar.- Sillen rinchiuse istintivamente il ciondolo nel pugno, mordendosi il labbro inferiore. -In ogni caso, cerca di non ammazzarti stellina.- Sorrise lui, accrescendo la tensione che già appesantiva l’aria.
    Indicò la candela di fronte a loro con un gesto deciso: -Spegni la fiamma con il tuo potere senza toccare la candela. Non si deve muovere nemmeno lo stoppino, sono stato chiaro?-
    Mentre si apprestava ad accendere la suddetta candela, la stella sgranò gli occhi, nel panico. -Alatar, è impossibile! Spazzerò via tutto quello che si trova in questa stanza!-
    L’altro sollevò un sopracciglio: -Beh, cosa credevi? Che ti svelassi qualche trucco segreto?- Sillen incrociò le braccia al petto, lanciandogli un’occhiata eloquente, ma lui scosse la testa, irremovibile: –Questo è l’allenamento, che ti piaccia o no.-
    -Morirò inutilmente in questo posto.-
    -No, se riuscirai a fare quello che ti ho chiesto.-
    -Non so nemmeno da dove iniziare!- Esclamò lei, stizzita.
    Alatar s’innervosì: -Sillen, solo tu sai come fare, non puoi aspettarti che qualcun altro risolva i tuoi problemi. Io ti ho dato un obbiettivo, quindi silenzio e concentrati!- Si alzò bruscamente e la lasciò sola nella stanza. Sillen stette ad ascoltare il suono dei suoi passi che si allontanavano sulla Strada Silente fino a che non ci fu solo silenzio e sbuffò, fissando la candela in cagnesco.
    –Bene, a dire il vero non mi dispiace nemmeno far saltare in aria questo lugubre posto!- Gridò, voltandosi verso la porta, anche se sapeva che nessuno l’avrebbe sentita.
    Tornò a fissare la fiamma, sconsolata. Cercò di concentrarsi, di rievocare le sensazioni provate al Nido delle Aquile. Si accorse di esserci riuscita solo quando sentì il suo corpo vibrare, le sue forze venir meno. Si arrestò all’istante, riprendendo fiato.
    –Dannazione…-
    Si concentrò nuovamente, sortendo lo stesso effetto e imponendosi di andare fino in fondo.
    Superato il momento critico, credette di farcela ma, poco prima che dal suo corpo scaturisse l’energia che sentiva scorrere sottopelle, una forte corrente la circondò, come sulla montagna.
    Un fragore di oggetti sbattuti la riscosse.
    Spalancò gli occhi, nel panico e tutto cessò.
    Si prese il viso tra le mani, ricacciando indietro le lacrime. La candela si era effettivamente spenta ma giaceva a metri di distanza, riversa a terra come tutto ciò che era presente nella stanza. Nonostante lo sconforto, Sillen provò ancora e ancora.
    Le ombre si allungavano, il sole sembrava calare troppo in fretta, inesorabilmente. Continuò per ore, fino a che non prese la candela tra le mani e la gettò lontano da sé.
    Rimase immobile, sfinita, le braccia abbandonate tra le gambe incrociate, osservando la luce del sole farsi sempre più debole per lasciare spazio al buio.
    –A quanto pare, non avete fatto un buon lavoro con me, Valar.- Sussurrò. Suo malgrado, si alzò lentamente e andò a recuperare la candela, accendendola poi con la fiamma del braciere, ormai quasi estinta del tutto.

 
**


    I giorni successivi furono un susseguirsi di allenamenti sfiancanti. Sillen non avrebbe saputo distinguere un giorno da un altro, troppo uguali e troppo confusi.
    Lo stregone non le disse più nulla riguardo i suoi allenamenti ma la stella non si diede un attimo di tregua, trovandosi talmente sfinita da riuscire a malapena a rimanere sveglia durante le riunioni. Per fortuna, il suo piano era stato approvato e l’Ithilien e la parte Est di Gondor erano state evacuate: tutti i cittadini stavano compiendo un lento esodo verso Dol Amroth, dove sarebbero stati accolti dalle forze di Belfalas e dai cavalieri azzurri di Imrahil, padre di dama Lothíriel.[1]
    Dopo di che, la voce che la stella non riuscisse a controllare il suo potere si era sparsa tra i suoi alleati e persino éomer e Faramir, adesso, le lanciavano occhiate perplesse. La sua parola, durante le riunioni, era sempre meno presa in considerazione e non poteva biasimarli per quello.
    Nemmeno lei digeriva facilmente tutti quei fallimenti.
    Quindi si allenava, senza tregua, resa sempre più furiosa da quegli allenamenti sfiancanti.
    La Stella dei Valar vantava una resistenza fuori dal comune ma lei ne sfruttò ogni secondo, svegliandosi ben prima dell’alba per allenarsi anche con le armi, sotto il vigile ed esperto occhio di Legolas. E se la candela era una continua delusione, in campo la stella non era seconda a nessuno. Apprese in fretta l’uso di ogni tipo di arma, dal veloce arco alla lunga lancia, senza tralasciare nemmeno asce e pugnali. Sfogava in quel modo tutta la frustrazione accumulata nelle settimane.

    Una mattina, il corno della città risuonò, proprio durante uno dei suoi allenamenti. La stella, suo malgrado, non interruppe il duello intrapreso con l’elfo di Bosco Atro, decisa a concludere la sequenza d’allenamento che le risultava più difficile.
    In ogni caso, non aspettava altri alleati in arrivo.
    Legolas approfittò del suo attimo di distrazione e la colpì alla mascella con il pomo della spada. Sillen rovinò a terra ma si affrettò a rotolare su sé stessa, per evitare il pesante affondo dell’elfo, che andò a colpire l’erba smeraldina sotto di lei. Con una mossa fulminea, la stella ruotò il corpo e si tirò il piedi, cercando di attaccare il fianco scoperto dell’avversario. Legolas fu più rapido e le bloccò il braccio armato con una mano.
    Poco prima di ricevere il colpo finale, Sillen gli lanciò uno sguardo soddisfatto. Lui sollevò un sopracciglio, confuso, poi abbassò lo sguardo a sua volta: la mano libera della stella stringeva un sottile pugnale, delicatamente appoggiato all’inguine dell’elfo.
    Legolas la lasciò di scatto, colto alla sprovvista.
    In quel momento, un bagliore catturò l’attenzione della stella: Elessar era in piedi di fronte al campo, seguito da un gruppo di persone mai viste prima, intente a fissare il duello.
    -Stella dei Valar, sono giunti amici pronti ad unirsi a noi. Sono qui per conoscerti.- Alzò la voce, il Re.
    Sillen parò un affondo di Legolas e lanciò un’occhiata nella loro direzione. Costretta a concludere definitivamente l’allenamento, la stella disarmò l’elfo con un gesto preciso e veloce.
    –Avresti potuto farlo in qualsiasi momento?- Esclamò lui, infastidito. Lei scosse le spalle con noncuranza: -Si ma volevo allenarmi più a lungo.- Legolas scosse la testa, arrendendosi ad un sorriso orgoglioso, e la seguì verso i nuovi arrivati.
    Questi erano tre elfi, che Sillen non conosceva. I due più discosti si somigliavano come gocce d’acqua, gli stessi capelli scuri, gli occhi grigi seri e profondi, mentre l’elfo accanto al Re pareva brillare di luce propria, emanando bagliori luminosi con la sua armatura impeccabile, dorata quanto i lunghi capelli sciolti.
    –Loro sono i Principi di Gran Burrone, Elladan e Elrohir, i fratelli di Dama Arwen. E lui è Glorfindel, giunto anch'egli da Imladris.- Li presentò Elessar. Sillen s’inchinò brevemente e loro fecero altrettanto. Glorfindel la squadrò con gli occhi dorati: -Imladris combatterà per te, Stella dei Valar. Cinquemila elfi stanno marciando per unirsi al tuo esercito.- La sua voce era cristallina e musicale e Sillen ne rimase incantata per qualche istante: -Sono onorata di poter combattere al vostro fianco.-
    -Noi siamo di certo rassicurati. Non avevamo mai visto nessuno…- Cominciò Elladan. -…disarmare Legolas.- Concluse Elrohir, sollevando un angolo delle labbra. Il Principe degli Elfi, tirato così ineducatamente in causa, posò una mano sulla spalla di Sillen: -La Stella dei Valar non conta, lei è ultraterrena.-
    Glorfindel, inaspettatamente, rise di gusto, la voce alta e irriverente tinta di un calore accorato: -A me sembra una scusa bella e buona, principino.- Legolas lo fulminò con lo sguardo: -Ti ricordo che ho battuto anche te. E sei tanto ultraterreno quanto lei.- L’altro ghignò, facendosi pungente: -Già, solo perché ti ho lasciato vincere.-
    Sillen fissò l’elfo dorato, stupita: tanto ultraterreno quanto lei.
    Cosa voleva dire Legolas, con quelle parole?
    Glorfindel si rivolse nuovamente a lei, posando una mano sul cuore e chinandosi leggermente: -Non volevamo interrompere il tuo allenamento. Prego, continua pure.- Lo sguardo dell’elfo si fece per un attimo più pungente, insistente, non abbastanza perché gli altri se ne accorgessero ma quel tanto che bastava per turbare la stella.
    Quell’elfo dorato era diverso da qualsiasi altro essere vivente Sillen avesse mai visto. E non era certa fosse un bene.
    Lo ringraziò con un cenno e li osservò allontanarsi. Solo Elessar rimase al suo fianco: -Pare tu ce l’abbia fatta. La tua storia viaggia più veloce del vento, in ogni angolo della Terra di Mezzo. Solo la tua presenza poteva riunire tutti qui.- Le sorrise.
    –No, mio signore. Tutti loro sono stati spinti dall’affetto e dalla fiducia nei vostri confronti, non lo vedete?- Afferrò le mani del Re e dell’elfo: -Sarei ancora rinchiusa a Bosco Atro, se non fosse stato per voi. Vi ringrazio. Siete gli unici a credere in me, ora come ora.- I due la guardarono con apprensione ma sorrisero, alle sue parole.
    Alatar li raggiunse in quel momento, di gran corsa, quasi seminando le due guardie di scorta: -Che bel quadretto! Sono desolato di interrompere un così bel momento ma ci sono delle novità che richiedono la nostra attenzione.- Scambiò un paio di occhiate frettolose con il Re, che lo squadrava con fare ostile e fece strada nel Cortile dell’Albero Bianco.
    All’estremità più acuminata del cortile, Landroval li aspettava impaziente. Quando furono abbastanza vicini, la sua voce tagliente li raggiunse con un tono carico d’urgenza: -L’esercito degli orchi si sta muovendo. Sono veloci, più veloci di quanto siano mai stati.-
    -A quanti giorni da qui?- Spalancò gli occhi, la stella.
    Landroval squadrò lo stregone davanti a lui e batté il becco con uno schiocco sordo, contrariato: -Attraverseranno l’Ithilien in non più di due settimane, forse meno.-
    Tra i quattro calò un gelido silenzio. Sillen soppesò la notizia e rivolse uno sguardo teso allo stregone, che annuì.
    La stella prese dunque un profondo respiro: -Prepararsi all’assedio.- Elessar e Legolas non persero tempo, correndo spediti ad organizzare i propri uomini.
    Sillen, invece, si avvicinò al Signore delle Aquile: -Ho bisogno che tu sia dalla mia parte, mio signore. Io ho scelto di avere Alatar al mio fianco e mi assumo tutta la responsabilità delle mie azioni.- Quello la scrutò con gli occhi rapaci, raschiando il marmo con le lunghe zampe artigliate. -Come vuoi, Stella dei Valar, ma ti consiglio di tenere gli occhi aperti: il mio intuito non si è mai smentito.- E spiccò il volo, in un turbinio violento di correnti.
    Sillen si voltò verso lo stregone, seria: -Quanto a te.- Alatar sollevò il folto sopracciglio. –Devo riuscire a controllare il mio potere. Adesso.-
 


 
[1] Belfalas, provincia di Gondor affacciata sul mare; Dol Amroth ne è capoluogo.


   
 
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