~~“Sei convinto di lasciare uscire Sanya stasera con gli altri bambini?”
“Sei troppo protettiva, ha nove anni, non è più così piccola.”
“Ma è un posto nuovo, non conosciamo quasi nessuno qui. Se si allontana troppo…”
“Non vanno oltre il nostro isolato. Sanya è una bambina responsabile e poi ha il suo piccolo amico per difendersi.”
“Tua figlia ha fatto vedere il suo pugnale ai compagni di classe! Sono scappati tutti. Lo sai i problemi che hanno con le armi in questo paese! La scuola potrebbe segnalarci all’FBI.”
“Hai ragione, adorabile ragazza. Non possiamo far saltare la copertura, siamo qui in missione per un anno e dobbiamo adeguarci alle usanze locali. Parlerò di nuovo con Sanya.”
“Appunto, sono le loro, non le nostre tradizioni. Nell’est Europa dove sei nato, cosa facevate per la vigilia di ognissanti?”
“Lo stesso che nella tua isola del nord, dolci e qualche maschera, non in grande stile come in America.”
Arya andò alla finestra per mostrare al marito che tutte le case del loro quartiere residenziale della classe medio-alta erano addobbate con zucche arancioni, festoni e luci.
“Siamo invasi da zucche, dolcetti e maschere. Come se non ne avessimo abbastanza nell’armadio.”
“Mia cara moglie, non sei mai contenta dei tuoi volti, ne vuoi sempre di più.”
Arya Stark si strinse nelle spalle, abituata a ottenere sempre quello che voleva.
“È la mia unica debolezza, le altre donne collezionano scarpe o bottigliette di profumo.”
Passi veloci e pesanti colpi sul parquet del corridoio annunciarono l’arrivo di Sanya H’ghar e della sua enorme lupa, amica fedele che avevano portato nella nuova città oltre oceano:un grave problema turbava la bambina.
“Mamma! Papà! Mi serve un cestino più grande, tutti ne hanno uno almeno il doppio del mio. Anche Nymeria ne vuole uno da legare al collare.” La lupa confermò con un ululato; la sua padroncina le aveva messo sulla testa orecchie di carta da drago e il costume di Sanya era uno spaventoso drago verde, arrivato da Winterfell e cucito da zia Sansa nel suo atelier.
Arya guardò la sua famiglia con espressione rassegnata e scese in cantina a cercare i cesti, Jaquen si abbassò per sollevare sulle spalle Sanya - la ragazzina era minuta per la sua età con i tratti ereditati dalla madre, lui le aveva trasmesso solo il colore dei capelli – e la portò fuori per appendere altre zucche con candele ai lati della porta di ingresso.
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“Arya Stark, vieni via dalla finestra! Una bambina deve fare le sue esperienze senza il fiato di una madre sul collo.”
“Stanno entrando dai Lannister di fronte, li vedo. Sanya tiene Nymeria al guinz...”
Jaquen chiuse le tende con un gesto deciso.
“C’è la sorveglianza privata in questo quartiere, paghiamo la nostra quota. Lei non – ripeto - non corre pericoli e poi la più grande lupa della città la protegge.”
“Lo so, ma è la mia bambina!”
“Cintura marrone di karate, esperta tiratrice con l’arco, promessa del fioretto.”
Arya alzò una mano per fermare Jaquen nell’elenco dei meriti sportivi della loro figlia; Sanya era in grado di difendersi anche senza la lupa.
Se un malintenzionato, reale o di Halloween, avesse avvicinato Sanya di sicuro avrebbe avuto la peggio.
Jaquen pensò che l’istinto materno – pur se con molte sfaccettature e cautele – si sviluppava davvero nelle madri e Arya non era stata eccezione.
Sanya non era prevista, non era voluta, ma era stata accettata da subito.
Diventare genitori dopo alcuni anni di matrimonio e con il loro particolare lavoro non era stato facile, eppure per la loro unica figlia – Arya aveva insistito per usare doppi contraccettivi dopo la nascita - avevano raggiunto un magico compromesso.
La loro vita era ogni giorno un sottile equilibrio tra realtà e finzione, il loro legame – il matrimonio era stato più una comoda formalità per le missioni e la garanzia di lavorare assieme che un imperativo – era indissolubile. Arya temeva con un figlio di rompere le loro dinamiche, Jaquen l’aveva rassicurata.
Anche zia Sansa, con l’esperienza dei suoi due cuccioli dal Mastino, eredi del titolo del casato Stark, aveva tranquillizzato Arya durante la gravidanza, supportandola così tanto da avere parte del nome della nipote.
Diventare padre per Jaquen era stata l’esperienza più intensa della sua vita, quando per la prima volta prese in braccio il fagottino urlante, coi quei pochi capelli rossi e gli occhi grigi, capì che non poteva più restare nessuno ma solo diventare il padre di Sanya H’ghar.
La bambina aveva dimostrato fin dalla tenera età di avere le caratteristiche adatte per seguire le orme dei genitori, a dodici anni Jaquen programmava di regalarle il primo volto, mentre Arya l’avrebbe addestrata al combattimento. Jaquen sapeva che sarebbe stato un padre troppo benevolo per trasformarla in una nuova Arya e che era meglio lasciare quel compito alla madre.
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“Prepariamoci, sono davanti a casa Baelish, qui a lato. “ Arya controllò dalla finestra dello studio. “Metti il tuo volto, Jaquen.”
Passò al marito la maschera di un vampiro con lunghi denti aguzzi che aveva terrorizzato per anni le pianure dell’Europa balcanica.
Era strano potere indossare per una volta i volti in libertà, per la gioia dei bambini; Arya scelse quella di una donna vecchia con mille rughe e i capelli bianchi, una strega dei monti del lago che avevano recuperato in una missione nell’Italia del nord.
Si guardarono brevemente nello specchio dell’ingresso e quando uscirono con due sacchetti di caramelle e cioccolatini a basso contenuto di zuccheri e calorie, per i denti e la salute dei piccoli, si levò un grido di gioia dal gruppo di bambini, cani e lupa.
I bambini fecero i complimenti a Sanya per il travestimento dei suoi genitori, il più originale di tutti, chiedendo di poter fare delle fotografie.
Una bambina si sentiva orgogliosa come non mai per come mamma e papà erano riusciti ad incantare i suoi amici.
Tornati a scuola il lunedì tutti avrebbero saputo che la famiglia H’ghar aveva compreso perfettamente lo spirito della festa americana.
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Sanya ritornò a casa dopi un ora, stanca ma felice, sulla schiena di Nymeria che procedeva piano per non far cadere i biscotti dal suo cestino. Era intenzione della lupa mangiarne una buona parte prima che la sua padrona li mettesse via, dicendo che erano troppi e che anche una lupa doveva rispettare la dieta come tutti.
Jaquen prese in braccio la figlia per portarla di sopra nella sua camera da letto mentre Arya accarezzava il dorso di Nymeria, che aveva il muso immerso nei dolci.
“Brava bambina, hai protetto il tuo branco.”
Spente le luci, lasciate solo le candele a estinguersi nelle zucche, Arya raggiunse il marito.
“Vado da Sanya o dorme già?” Gli chiese mentre metteva accuratamente via la sua maschera.
“È stanchissima, non riuscivo a toglierle il costume. Prima di crollare mi ha fatto promettere che domani cucineremo tutti assieme il tacchino.“
“Un’altra tradizione locale! Un tacchino enorme che finirà tutto a Nymeria.”
“Non preoccuparti, un uomo ha organizzato tutto e preparerà per voi anche piatti tradizionali inglesi.”
Arya sedette al tavolino sotto la finestra, sciolse le lunghe trecce e iniziò a lisciarle quando Jaquen le prese la spazzola dalle mani.
“Lascia. Mi piace.”
Lo osservò nel riflesso del vetro mentre con movimenti lenti e perfezionati dall’abitudine passava le dita e la spazzola in mezzo ai fini di seta nera, partendo dalla testa fino alla punta dei capelli.
Arya si lasciò andare e chiuse gli occhi, respirando adagio a fondo, il tocco delle sue mani era ipnotico, solo Jaquen sapeva come farla rilassare.
Quando lui appoggiò la spazzola sul tavolino, Arya riaprì gli occhi e si alzò per cercarlo. Le mani sulla spalle di Jaquen, i visi vicini. Lui indossava ancora la sua maschera.
“Il mio vampiro.”
“Un uomo può essere qualsiasi persona, basta che un uomo sia tuo, Arya Stark.”
“Si, ma non voglio baciarti con quei denti.”
Piano la sua mano risalì verso il bordo della faccia, dove iniziava la vera carne di Jaquen, lo afferrò con dita esperte dopo anni di pratica; con delicatezza Arya liberò il viso del marito, quello che ricordava dal loro primo incontro, quello che per lei era il suo viso.
In tutta la sua vita un uomo non aveva mai permesso a qualcun altro un gesto così intimo, nemmeno agli inizi del suo addestramento ai volti. Solo alla sua ragazza era concesso.
“Sei solo mio, Jaquen H’ghar, e adesso, Halloween o no, ho intenzione di avere il mio dolcetto personale, senza scherzetti.”
Le mani di Arya scesero morbide lungo la schiena di Jaquen, stringendolo a se e sentendo la prova del suo desiderio; il bacio appassionato del marito le confermò che quella notte avrebbe fatto indigestione dei piaceri più dolci.