Anime & Manga > Digimon > Digimon Adventure
Ricorda la storia  |      
Autore: karter    04/10/2019    4 recensioni
[Storia partecipante alla challenge “Fandom 100’s” indetta da Ghostmaker sul forum di EFP]
Dal testo:
"«Hikari?» chiese il giovane quando il fischio del bollitore lo riportò al presente, sbattendo più volte le palpebre.
Non si ricordava di essere andato a dormire, allora che ci faceva sua sorella, la sua unica sorella che viveva a in America, nel suo salotto?
«Bentornato tra noi» lo prese in giro la minore versando l’infuso in due tazze e porgendone una al fratello «Anch’io sono felice di vederti» aggiunse osservandolo sedersi impacciato al suo stesso tavolo e guardarla come se non fosse davvero convinto di trovarsela davanti in carne ed ossa.
«Che ci fai qui?» le chiese senza riuscire a trattenersi.
Per carità era felice di vederla, però non se lo aspettava, specie perché gli aveva detto di starsi occupando di un caso abbastanza complesso ed era già tanto se rientrava a casa per dormire.
Hikari lo osservò qualche secondo giocando con il bordo della sua tazza prima di decidersi a berne un sorso.
Erano passati quattro mesi dall’ultima volta che si erano visti e Taichi non poteva fare a meno di trovarla ancor più cresciuta."
Genere: Angst, Drammatico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Crack Pairing | Personaggi: Hikari Yagami/Kari Kamiya, Sora Takenouchi, Taichi Yagami/Tai Kamiya, Takeru Takaishi/TK, Yamato Ishida/Matt | Coppie: Sora/Tai
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Storia partecipante alla challenge “Fandom 100’s” indetta da Ghostmaker sul forum di EFP
Prompt: Drammatico - Morte di un personaggio importante






Mi chiamo Hikari Yagami e in data odierna, otto settembre duemilasedici, ho venticinque anni.
 
Circa due minuti fa, l'aereo sul quale mi trovo ha iniziato a perdere quota.
Come me ne sono resa conto? Stavo sonnecchiando con il capo posato sulla spalla di Yamato, come ogni volta che prendiamo l'aereo insieme, quando ho avvertito come un vuoto d'aria ad altezza dello stomaco. Avete presente quando andate sulle montagne russe e dopo quella salita ripida e interminabile inizia un uguale discesa? Ecco, la medesima sensazione mi ha riportata immediatamente alla realtà. Ciò un attimo prima che ci piovessero davanti agli occhi le maschere per l'ossigeno. Intorno a noi si è creato il panico, bambini che piangono stretti dalle braccia dei genitori che tentano di calmarli, uomini e donne che urlano in preda alla paura, altri che pregano o semplicemente hanno perso i sensi.
Le mie iridi cioccolato e quelle color del cielo di Yamato si scontrano, leggiamo terrore l'uno negli occhi dell'altro anche se tentiamo di nasconderlo. Non è la prima volta che ci troviamo a rischiare la vita, ma è la prima volta che Gatomon, Gabumon e gli altri non sono con noi a risollevare la situazione. Ci scambiamo un sorriso per farci forza e in sincrono indossiamo la maschera per l'ossigeno assicurandoci di averla sistemata bene.
Un istante dopo ci troviamo con le dita intrecciate.
È stupido pensare che una semplice stretta di mano possa far sentire protetti, eppure quel semplice contatto mi aiuta a non farmi divorare dalla paura come sta accadendo tutto intorno. È egoista, ma sono felice di non aver preso questo volo da sola.
Poso nuovamente il capo sulla spalla del mio ragazzo che posa a sua volta il suo sul mio. La paura ci sta divorando, ma affrontarla insieme è più facile.
Chiudo gli occhi per un attimo ma li riapro immediatamente, la situazione non è delle migliori e sono quasi sicura che molto probabilmente li chiuderò per molto tempo quando l'aereo arriverà al suolo.
Mi concentro sulle nostre dita intrecciate e il mio occhio cade sulla fascetta in acciaio con il simbolo della digipietra del coraggio che mi circonda il medio. Taichi. Se penso che stavamo tornando a Tokyo proprio per il suo matrimonio con Sora scoppierei a ridere, peccato che la maschera me lo impedisca. Mi sembra così strano. Il mio nii-san si è finalmente deciso a fare il grande passo e non potrei essere più felice per lui. Sora è la donna giusta. Lo conosce come nessuno e sa come prenderlo. Sono perfetti insieme e non per il fatto che lo ripeto da quando avevo sei anni.
Sorrido stringendo più forte la mano di Yamato. Sono stata fortunata nei miei venticinque anni.
Sono cresciuta in una famiglia amorevole con un fratello meraviglioso che è stato più di questo. Taichi è sempre stato il centro del mio universo, il pilastro saldo della mia vita, la boa a cui aggrapparmi quando il mare era in tempesta. Se sono la persona che siede ora su questo sedile lo devo principalmente a lui. C'è sempre stato per me, dal giorno in cui ho aperto gli occhi al mondo, fino a pochi minuti prima dell'imbarco.
 
«Spero per voi che siate già in aeroporto» la voce dall'altra parte del telefono è solare e spensierata.
Se non fosse per il timbro maturo si potrebbe ancora pensare al ragazzino di dieci anni che salvò due mondi per la prima volta.
«Ciao, nii-san» lo saluto senza riuscire a trattenere un sorriso, certe cose non sarebbero mai cambiate e l'ansia di mio fratello prima degli eventi importanti ne è la prova lampante «Siamo in fila per l'imbarco e mi stanno guardando tutti male dato che dovrei aver spento il telefono» aggiungo chiedendo scusa con lo sguardo mentre Yamato non può evitare di scuotere il capo.
Taichi non trattiene una risata facendomi sollevare gli occhi al cielo.
E pensare che avevo lasciato il telefono acceso proprio perché sapevo che mi avrebbe chiamata all'ultimo minuto.
«Fate buon viaggio e salutami quel musone del tuo ragazzo» mi dice continuando a ridacchiare e facendo sorridere anche me.
«Ci vediamo tra quattordici ore!» lo saluto prima di spegnere il telefono «Ti saluta Tai» aggiungo facendo sollevare gli occhi al cielo a Yamato, peccato che non riesca a trattenere un sorriso.
Anche se non lo avrebbe mai ammesso sapevo che i suoi migliori amici gli mancavano.
 
Non posso evitare di sorridere a quel ricordo.

Mi dispiace nii-san, ma questa volta non sarò con te in uno dei giorni più importanti della tua vita.
 
 
 
 



 
☆★ The end ★☆
 
 
 

 

Una volta ho letto, non ricordo nemmeno più dove, che le maschere degli aerei hanno ossigeno per soli quindici minuti. Non so quanto tempo è passato, ma in una situazione come la nostra non sono certa di averli davvero quindici minuti. Questo aereo potrebbe schiantarsi da un momento all'altro e lo sguardo che si scambiano le hostess, un misto tra paura e preoccupazione, non fa che dar valore alla mia ipotesi.
Scuoto leggermente il capo attirando su di me l'attenzione di Yamato. Ho paura di sapere cosa gli passi per la testa. È sempre stato fin troppo realista e se anch'io che sono una sognatrice nata ho visto il lato tragico della faccenda non oso immaginare dove siano andati i suoi pensieri.
Gli sorrido, per tentare di rassicurarlo, o almeno ci provo, è sempre stato bravo a smascherare i miei stati d'animo. Lui solleva gli occhi al cielo, sciogliendo l'intreccio delle nostre dita e mi passa il braccio sulle spalle facendomi posare il volto sul suo petto e mi rilasso ascoltando i battiti del suo cuore.
È ancora vivo ed è al mio fianco.
È riuscito a leggere le miei insicurezze, ancora una volta. Sono davvero fortunata.
Mi accoccolo meglio contro di lui e lascio la mia mente libera di vagare e ancora una volta il mio pensiero si posa sul mio nii-san. È strano pensare che due persone, legate come noi, in questo momento si trovino in situazioni completamente diverse. Io sono su questo aereo, abbracciata a Yamato, in non so quale punto della tratta New York - Tokyo e sto per morire. Tu sarai perso in una routine che  domani ti servirà ancora. Ed è giusto così, perché se tra i due deve esserci davvero qualcuno destinato a morire, preferisco mille volte essere io. Ho provato sulla pelle la sensazione di crederti morto durante la mia terza avventura a Digiworld ed è qualcosa che non riuscirei a sopportare di nuovo. Tu sei sempre stato più forte di me e lo sarai anche questa volta, lo so.
 

 
□■□

 
 
«È inutile che insisti, Hikari sarà la mia testimone, non una delle damigelle di Sora!»
Un giovane uomo dai ribelli capelli castani era seduto sul divano del suo salotto, una busta di patatine accanto e un plico di documenti da controllare tra le mani. Davanti a lui una donna dai capelli lunghi di una sfumatura più chiara dei suoi lo guardava con cipiglio offeso per non essere nemmeno stata presa in considerazione durante tale discussione. E non importava che erano quasi otto mesi che cercava di perorare la sua causa, inutilmente tra l'altro, odiava non essere ascoltata.
«E non guardarmi in quel modo, devo finire questa relazione entro sera dato che da domani sarò in ferie o il mio capo mi licenzia» aggiunse facendo sospirare sconsolata la sua interlocutrice.
Ci aveva provato in tutti i modi a tentare di fargli capire il suo punto di vista, ma Taichi era stato irremovibile. Voleva Hikari al suo fianco quel giorno, così come era sempre stato e sempre sarebbe stato. Alle volte le faceva davvero impressione il rapporto che avevano quei due, non riusciva a capire come facessero Sora e Yamato a sopportarlo. Forse allo stesso modo in cui lei sopportava la passione di Koushiro per la tecnologia. Ah, l’amore!
«Mimi, sei qui?»
Un giovane dai ribelli capelli color mogano sopraggiunse nella stanza interrompendo la fidanzata ancor prima che avesse potuto aprire nuovamente bocca.
«Ti prego,dimmi che non stai tentando di convincerlo ancora?» chiese retoricamente senza riuscire a trattenere un sospiro.
Era dal giorno in cui Sora le aveva mostrato l'anello di fidanzamento che tentava di perorare la sua causa. Peccato che dopo ogni suo tentativo quello a rimetterci era sempre lui perché il maggiore dei fratelli Yagami era incorruttibile sull’argomento.
«Parlando di Hikari» prese nuovamente parola Taichi guardando i due amici e cambiando totalmente discorso ottenendo uno sguardo di ringraziamento da parte dell'altro ragazzo «Sapete che ore sono?» domandò volgendo lo sguardo in giro alla ricerca di un orologio.
«Manca qualche minuto alle quattro» Koushiro controllò il suo orologio da polso prima di rispondere «A che ora atterra il loro volo?» e non vi fu bisogno di specificare.
Per quanto la maggior parte del loro vecchio gruppo non vivesse più a Tokyo e avesse dovuto prendere un aereo per tornare a casa, due erano le persone che interessavano maggiormente il digiprescelto del coraggio.
«Alle sei e mezza» disse prima di tornare a dedicarsi a quella relazione.
C’era ancora tempo prima di doversi recare in aeroporto per andarli a prendere, poteva tranquillamente finire il suo lavoro e pensare a dove portare la sorellina per cena, del resto era quasi sicuro che quella sera anche Yamato avesse preso appuntamento con Takeru, quindi non doveva sentirsi nemmeno in colpa nello scaricare il suo migliore amico. Un sorriso gli increspò le labbra a quel pensiero, non vedeva l’ora di riabbracciarla, gli era mancata davvero tanto. Saperla dall'altra parte del mondo non era stato per nulla facile all'inizio e se si fermava a pensare non lo era nemmeno dopo i due anni che aveva già passato lì, ma aveva accettato la sua scelta tanto tempo prima e non poteva che essere orgoglioso di lei. Certo sapere che a sostenerla in ogni momento non era più lui, ma Yamato alle volte faceva ancora male, ma dopo tanti anni era giusto così. Sperava solo che l’amico non la facesse mai soffrire, non avrebbe davvero voluto dovergli spaccare la faccia. Sorrise a quel pensiero tornando per un attimo bambino ai tempi in cui lui e il biondo erano soliti risolvere i loro problemi con una sana scazzottata. Erano così piccoli eppure avevano già enormi responsabilità sulle spalle.
Mimi e Koushiro lo guardarono interdetti. Non era strano vederlo perso nei propri pensieri o intento a prestare tutta la sua attenzione al lavoro, ma se si fermavano a pensare, anche solo per un momento, al ragazzino che li aveva guidati nella loro prima avventura a Digiworld non potevano fare a meno di notare le differenze. Era maturato tanto Taichi e forse troppo in fretta, ma se si faceva attenzione alle piccole cose si poteva ancora scorgere quel ragazzino coraggioso che con il suo sorriso riusciva a dare loro sempre la carica per andare avanti.
«Ti serve un passaggio per andare in aeroporto, sta sera?» chiese Mimi abbandonando il piede di guerra.
Non era da lei cedere così facilmente, ma i due ragazzi ne furono enormemente sollevati.
Taichi scosse il capo regalando ad entrambi un sorriso.
«Mi passa a prendere Takeru, anche lui non vede l’ora di rivedere Yamato» ammise.
La giovane annuì a quelle parole decidendo che era il tempo di tornare a casa. Per quel giorno aveva distratto abbastanza l’amico, poteva ritenere il suo lavoro compiuto con successo.
Koushiro scosse il capo sconsolato, senza però riuscire a nascondere un sorriso. La amava anche per quel suo modo di star vicino a tutti loro senza che se ne accorgessero. Era davvero una donna fantastica.
Taichi li osservò andar via con un sorriso. Erano davvero fantastici quei due e non poteva che ritenersi una persona fortunata. Aveva amici straordinari con i quali aveva combattuto battaglie al limite dell'incredibile. Una fidanzata meravigliosa che riusciva a leggerlo come uno dei libri che tanto gli facevano alzare gli occhi al cielo quando la vedeva con il naso perso tra quelle pagine. Ma soprattutto aveva una sorellina spettacolare, che nonostante abitasse dall’atra parte del mondo, era disposta a farsi quattordici ore di volo non appena sentiva che lui aveva bisogno della sua presenza.
Sorrise ripensando ad un episodio dell’anno precedente. Hikari abitava a New York già da un anno e lavorava come fotografa free lance per una delle più importanti compagnie dei media americane (per quante volte gliel’avesse ripetuto non riusciva mai a ricordarne il nome). Yamato l’aveva raggiunta da poco (e se pensava a quando aveva scoperto che quei due stavano insieme sentiva ancora lo shock divorarlo) e tutto sembrava andare bene. Era lo stesso periodo in cui lui era in crisi. Aveva deciso di chiedere a Sora di sposarlo, ma non sapeva come fare. Che anello scegliere? Dove fare la proposta? Come farla? E se avesse detto di no? Insomma, era divorato da mille dubbi e ogni volta che gliene passava uno solo per la testa prendeva il telefono e faceva il suo numero (cosa che rendeva enormemente felice la sua compagnia telefonica). Le ci voleva poco a rassicurarlo, bastava la sua voce per farlo sentire uno sciocco. Ma Hikari non gli aveva mai fatto pesare quel comportamento, anzi, era riuscita a comprenderlo come sempre.
Poi un giorno era caduto nel panico. Aveva provato a chiamarla varie volte, ma puntualmente gli rispondeva sempre quella voce fastidiosa a dirgli che il telefono era spento o non raggiungibile. Ricordava il terrore che lo aveva travolto come se fosse stato il giorno prima. Una sensazione indescrivibile, per un attimo si era sentito abbandonato, invece lei era riuscito a sorprenderlo, come ogni volta.
 
-Arrivo!- urlò alla volta dello scocciatore che aveva avuto la brillante idea di attaccarsi al campanello.
Taichi era solo in casa e stava provando per l’ennesima volta a mettersi in contatto con la sua sorellina che, com’era accaduto per tutto il giorno, non gli rispondeva. Stava seriamente iniziando a preoccuparsi quando il suono insistente del campanello lo aveva distratto. Si domandava chi potesse essere lo scocciatore. Se fosse stato di nuovo Daisuke che voleva gli prestasse uno dei suoi giochi della play lo avrebbe cacciato a calci nel sedere!
Irritato si avviò in direzione della porta ignorando il disordine che regnava in salotto. Da quando Sora era andata a trovare Mimi a Los Angeles la settimana precedente il loro appartamento era piombato nel caos, ma al castano sembrava non importare affatto. Aveva altri problemi per la testa e in quel momento sua sorella era il più importante. Stava per decidersi a chiamare per l’ennesima volta Yamato (il biondo lo aveva già mandato al diavolo in diverse lingue per averlo disturbato. Aveva anche detto di non preoccuparsi, che Hikari si sarebbe fatta sentire appena poteva, ma la cosa non lo rincuorava affatto, anzi. Aveva la sensazione che l’amico gli stesse nascondendo qualcosa, ma non riusciva a capire cosa. Era frustrante) quando aprendo la porta il telefono gli cadde dalle mani. Davanti a lui, sulla soglia del suo appartamento stava una giovane donna dai lunghi capelli castani raccolti in una crocchia sbilenca, due intensi occhi color del cioccolato che lo guardavano con affetto e un sorriso dolcissimo sul volto.
«Dovresti ascoltare i tuoi amici, nii-san!» lo rimproverò bonariamente la castana senza riuscire a nascondere una mezza risata davanti all’espressione sbigottita sul volto del fratello «Mi fai entrare?» chiese sorpassandolo senza attendere risposta dato che il maggiore dei fratelli Yagami era rimasto imbambolato a guardarla.
Forse non era stata una buona idea quella di raggiungerlo. Rischiava di farlo rimanere stecchito ancor prima di fare la tanto agognata proposta. Sorrise a quel pensiero lasciando il tempo materiale al fratello di riprendersi mentre andava a sistemare la sua roba nella stanza degli ospiti prima di tornare in cucina e mettere a scaldare l’acqua per il the. Ne avrebbero avuto davvero bisogno, forse Tai più di lei.
«Hikari?» chiese il giovane quando il fischio del bollitore lo riportò al presente, sbattendo più volte le palpebre.
Non si ricordava di essere andato a dormire, allora che ci faceva sua sorella, la sua unica sorella che viveva a in America, nel suo salotto?
«Bentornato tra noi» lo prese in giro la minore versando l’infuso in due tazze e porgendone una al fratello «Anch’io sono felice di vederti» aggiunse osservandolo sedersi impacciato al suo stesso tavolo e guardarla come se non fosse davvero convinto di trovarsela davanti in carne ed ossa.
«Che ci fai qui?» le chiese senza riuscire a trattenersi.
Per carità era felice di vederla, però non se lo aspettava, specie perché gli aveva detto di starsi occupando di un caso abbastanza complesso ed era già tanto se rientrava a casa per dormire.
Hikari lo osservò qualche secondo giocando con il bordo della sua tazza prima di decidersi a berne un sorso.
Erano passati quattro mesi dall’ultima volta che si erano visti e Taichi non poteva fare a meno di trovarla ancor più cresciuta. Era diventata una donna bellissima e Yamato doveva considerarsi davvero fortunato nell’avere un posto speciale nel suo cuore.
«Mi era parso di capire che avessi bisogno di una mano per ultimare alcuni dettagli della tua proposta a Sora e chi meglio della tua sorellina per darti una mano?»
Taichi la osservò a bocca aperta senza sapere cosa dire. Davvero si era fatta tutte quelle ore di volo solo per aiutarlo?
«Ma... Ma...» iniziò.
Non si sarebbe mai aspettato che abbandonasse tutto per correre da lui. Certo lo aveva sempre fatto quando erano ragazzini (a parte quella volta in cui si era proposta per farsi segare dal mago, che brutta immagine, pensò, scuotendo immediatamente il voto per cancellarla o quella volta che non era potuta andare alla sua partita perché aveva un compleanno), ma in quel momento non gli sembrava vero. 
Hikari si abbandonò ad una risata guardandolo e ben presto anche Taichi iniziò a ridere con lei. Era così bello sentire nuovamente le loro risate riempire l’ambiente circostante.
 
Erano stati tre giorni intensi. Hikari lo aveva accompagnato in ogni gioielleria esistente nella loro città (non immaginava nemmeno ce ne fossero così tante) alla ricerca dell’anello perfetto e il risultato era stato strabiliante, tanto che Sora era scoppiata a piangere nel momento in cui gliel’avevo infilato al dito (o forse era stato per la proposta in se per sé? Non lo aveva mai capito bene, ma poco importava) e insieme avevano organizzato una serata perfetta, ma non perfetta da film romantico che ti fa venire il diabete, perfetta per due persone come lui e Sora. Avevano riso tanto in quei giorni e nel momento in cui tutto fu pronto gli parve strano doverla salutare nuovamente. Quei tre giorni erano passati troppo in fretta.
 
«Mi raccomando, voglio essere la prima persona a sapere che ti ha detto di sì!» gli disse Hikari prima di abbraccialo stretto.
Il suo volo stava per esser chiamato, era arrivato il momento di salutarsi.
Taichi la strinse un po' più forte prima di lasciarla andare e scombinarle i capelli come faceva quando erano solo due bambini, facendole mettere un tenero broncio. Aveva impiegato una vita per far reggere quella treccia e lui e le sue manacce mettevano a rischio il suo lavoro.
«Tu chiama appena arrivi» le raccomandò sorridendole.
Non si sarebbe mai abituato a vederla salire su quel trabiccolo con le ali.
Hikari annuì abbracciandolo una volta ancora prima di sentire l’altoparlante chiamare il suo volo. Era davvero il momento di salutarsi.
«Ti voglio bene, nii-san!» gli disse prima di sciogliere il loro abbraccio facendo nascere un sorriso sul volto del maggiore.
Anche se cresciuta era ancora la sua Hikari.
Rimase qualche secondo in silenzio ad osservarla mente si allontanava, ma prima che potesse sparire tra la folla la richiamò.
«Dì al tuo fidanzato di comportarsi bene, non vorrei mai dover venire fino a New York solo per dargliele» le raccomandò vedendola scoppiare a ridere prima di annuire e lì seppe che aveva capito, come ogni volta tutto il marasma di emozioni che lo stava divorando in quel momento al solo pensiero di doverla lasciar andare, ancora una volta.
 
Sorrise a quei ricordi così lontani eppure così vicini mentre si decideva finalmente a cercare il telefono. Forse era il caso di ricordare a Takeru il loro appuntamento, non che avesse dubbi in proposito. Entrambi aspettavano quel giorno da settimane ormai, ma la prudenza non era mai troppa!
 
 
□■□

 
 
Malgrado tutto non posso fare a meno di sorridere. Quello che sta per abbattersi su di te, nii-san, è qualcosa che non saremmo mai riusciti a prevedere, ma nonostante tutto sono serena perché so che non sarai solo, come non lo sono io in questo momento. Affrontare determinate situazioni da soli sarebbe troppo difficile per chiunque, ma tu non lo sarai mai. Hai Sora, i nostri amici, ma soprattutto avrai Takeru al tuo fianco che potrà capirti meglio di ogni altro.
È triste sapere che presto, su di voi si abbatterà lo stesso dolore.
Un fratello, una sorella.
Un migliore amico, una migliore amica.
È questo che siamo per voi e voi siete per noi.
Forse è egoista il mio pensiero, ma sapere che avrete qualcuno che può comprendere  la sofferenza che vi divorerà mi fa sentire meno in colpa nell’abbandonarvi. So che insieme e con il sostegno degli altri ce la farete ad affrontare anche la nostra scomparsa.
 

 
□■□

 
 
«A che ora arrivano tuo fratello e Hikari?»
Daisuke era comodamente spiaggiato sul divano dell’appartamento che divideva con Takeru. Una lattina di birra posata sul tavolino davanti e il joystick tra le mani.
«Alle sei e mezza» rispose il biondo alzando lo sguardo dal romanzo che stava leggendo e posandolo sull’amico intento a tentare di battere il record stabilito da Taichi mesi prima.
Quei due erano assurdi, riuscivano a trasformare ogni cosa in una competizione, anche una semplice partita alla playstation.
«Tuo fratello resta a dormire da noi, vero?» chiese il ragazzo dai capelli color mogano lanciando per aria il joystick e imprecando malamente.
C’era quasi, era quasi riuscito a raggiungere quel dannato punteggio. Maledetto Yagami e la sua passione per i videogame!
«Penso di sì» confermò scuotendo il capo sconsolato senza però dire nulla.
Dopo cinque anni di convivenza era abituato a scene di quel genere e non poteva che sorridere pensando agli amici che gli chiedevano come facesse a sopportarlo.
Anni di esperienza era la sua risposta!
«Andiamo a prenderli in aeroporto con Tai e poi ci fermiamo a cena» aggiunse facendo inarcare un sopracciglio all'amico.
«Io con Yamato e Hikari con Taichi» specificò non potendo evitare di sorridere.
Era bello il rapporto che avevano i fratelli Yagami, per quanto anche lui e il suo nii-san fossero uniti, non erano nulla in confronto a quei due. Il loro era un amore così puro da accecare se fissato troppo a lungo.
Sorrise, era davvero felice che suo fratello avesse trovato una persona meravigliosa come Hikari con cui condividere la vita. E  il giorno in cui Taichi era venuto a conoscenza della loro relazione era sicuramente uno dei ricordi più belli della sua vita. Non aveva mai visto una simile espressione sul volto del digiprescelto del coraggio.
 
«Perché continui a guardare da quella parte?»
Era il ventunesimo compleanno di Mimi che aveva organizzato una magnifica festa per poter passare una serata tutti assieme come non succedeva da tanto a causa dei vari impegni di ognuno. Tra lavoro e università facevano di tutto per mantenersi in contatto ma non era semplice riuscire a vedersi spesso, quindi la digiprescelta della sincerità aveva colto la palla al balzo, unendo l’utile al dilettevole. Ed era anche una bella festa. Peccato che suo fratello fosse teso come una corda di violino, anche se faceva di tutto per dissimulare. Inutilmente, ormai lo conosceva bene e riusciva a leggere le sue emozioni anche dietro a piccoli gesti. Il problema era che non riuscisse davvero a capire cosa lo rendesse tanto ansioso. Non lo aveva visto in quelle condizioni nemmeno durante gli scontri più difficili a Digiworld!
«Non guardo da nessuna parte!» gli rispose Ishida voltandosi nella sua direzione mentre prendeva un sorso del suo whisky, prima di tornare a fissare lo stesso punto. 
Altro fatto insolito, solitamente Yamato non beveva roba simile, era più tipo da birra. C’era davvero qualcosa che non gli tornava. Incuriosito si voltò anche lui nella direzione del fratello tentando di capire cosa avesse calamitato il suo sguardo.
C’era Joe che chiacchierava con Jun. Erano molto carini insieme anche se non avrebbe mai scommesso uno yen sulla loro relazione, ma si sa, l’amore era imprevedibile e loro due ne erano la prova vivente.
Più avanti vi era Iori che chiacchierava con Myako mentre accanto a loro Ken e Daisuke stavano ridendo di gusto. Probabilmente Motomya doveva aver fatto una delle sue battute.
Continuò la sua perlustrazione e notò Sora chiacchierare con Mimi e Koushiro, mentre sorseggiava qualcosa. Gli parve strano non vedere anche Taichi al suo fianco. Da quando erano riusciti a dichiararsi erano diventati inseparabili.
Provò a cercarlo tra la folla. Probabilmente era con Hikari, non vedeva nemmeno lei, eppure era sicuro di averli visti arrivare.
Stava per chiedere al fratello loro informazioni quando la voce del maggiore dei fratelli Yagami lo raggiunse, o meglio raggiunse tutti nella sala. Quel “cosa?” urlato in modo così stridulo aveva attirato l’attenzione di tutti su di sé ancor prima che il proprietario della voce varcasse la soglia del salone dove si trovavano tutti, con un’un'espressione assurda sul volto. Sembrava non sapere bene se essere sorpreso, arrabbiato, preoccupato, infuriato, terrorizzato e probabilmente anche altre emozioni che non era riuscito a leggere da così lontano.
Dietro di lui Hikari lo guardava con espressione sconsolata. Sembrava che in un certo qual modo si fosse aspettata una reazione del genere. Era davvero curioso di sapere cosa fosse accaduto.
Si girò un attimo in direzione del fratello per chiedergli se ne avesse idea e per poco non gli prese un colpo. Yamato era bianco. Non che di solito avesse un colorito così roseo, ma in quel momento era bianco quanto un lenzuolo e fissava ad occhi sbarrati nella direzione del suo migliore amico.
Takeru lo osservò preoccupato. Suo fratello aveva davvero qualcosa che non andava. Sospirò, stava per chiedergli se voleva tornare a casa quando la voce del digiprescelto del coraggio lo interruppe nuovamente facendogli alzare un sopracciglio.
Perché mentre urlava cose come sporco traditore, lurido bastardo ed altri epiteti poco carini guardava nella loro direzione?
E perché Hikari lanciava verso di loro sguardi sempre più mortificati mentre tentava di calmare il fratello?
C'era qualcosa che non gli tornava.
«Si può sapere cosa sta succedendo?» chiese Mimi ponendo la domanda che stava attraversando la mente di tutti e piazzandosi davanti al loro ex leader con le mani sui fianchi e un cipiglio che non prometteva nulla di buono.
Non invidiava per nulla il castano. Mimi inferocita sapeva essere davvero terrificante.
Erano tutti in attesa. Che il digiprescelto del coraggio fosse una testa calda era un fatto risaputo, ma non lo avevano mai visto in quelle condizioni.
«Nulla» rispose però la voce di suo fratello cogliendo tutti di sorpresa «Io e Taichi abbiamo alcune cose di cui discutere» aggiunse freddando tutti con un’occhiata delle sue e invitando il suo migliore amico a fare come stava dicendo.
Quella cosa l’avrebbero risolta loro due, come sempre, senza dare spettacolo.
Takeru guardò il fratello avanzare verso i due Yagami. Lui lo stava fulminando con lo sguardo, lei gli sorrideva incoraggiante anche se i suoi occhi parevano preoccupati ma si illuminarono all’istante quando passandole accanto Yamato le diede un buffetto sul naso ignorando il ringhio proveniente dalla gola dell’amico di sempre.
Takeru rimase a osservare l’amica per molto tempo anche dopo che gli altri due furono usciti dalla sala. Possibile che...? Si chiese vedendola sorridere imbarazzata a tutti e dirigersi nella sua direzione con un sorriso impacciato sul volto. Eppure più la guardava più tutto ciò che era accaduto fino a quel momento iniziava ad avere senso.
«Ti prego dimmi che non è come credo» le chiese non appena la vide appoggiarsi al suo fianco.
Hikari lo osservò qualche secondo interrogativa prima di allungare la mano e prendere il bicchiere che fino ad un attimo prima stava sorseggiando Yamato e portarselo alle labbra con naturalezza. In un gesto tanto strano quanto abituale. Peccato che dopo aver assaggiato il liquido al suo interno lo mise giù di nuovo con espressione contrariata.
Non doveva esserle piaciuto molto quel whiskey, pensò il biondo senza riuscire a trattenere un sorriso divertito.
«Capisco che avesse bisogno di farsi coraggio, ma questa roba fa schifo!» commentò prima di rubare un sorso della sua birra, per rifarsi la bocca diceva lei «E comunque sì, è proprio come pensi!» aggiunse facendogli una linguaccia prima di allontanarsi per raggiungere gli altri e probabilmente renderli partecipi della lieta novella.
Takeru la osservò allontanarsi per qualche secondo prima di scuotere il capo divertito. Suo fratello era davvero masochista quando ci si metteva! Però lo vedeva bene con Hikari, certo se fosse sopravvissuto al confronto con Taichi, ovviamente!
 
Era ancora perso tra quei pensieri quando sentì le note di una canzone in italiano diffondersi per l’appartamento.
Da quando aveva fatto quello stage a Firenze, il giovane Takaishi si era davvero fissato con la loro musica tanto da ascoltarla in qualsiasi momento e usarla anche come suoneria.
«Ciao, Tai» disse rispondendo mentre Daisuke sghignazzava.
Se lo sarebbe dovuto aspettare di sentire il telefono squillare quel pomeriggio, anzi era piuttosto sorpreso che l’amico avesse resistito fino alle cinque prima di chiamarlo.
«Takeru» lo salutò la voce dall’altra parte «Ti ricordi che...»
«Devo passarti a prendere alle sei prima di andare insieme in aeroporto a prendere i fidanzati d’America che arrivano alle sei e mezzo» lo anticipò il biondo prevedendo ciò che l’amico stava per dirgli e usando quel nomignolo che aveva affibbiato loro, una volta, per gioco, lo stesso Taichi.
Dopo lo sgomento iniziale, infatti il maggiore dei fratelli Yagami si era mostrato piuttosto entusiasta della scelta della sorella, anche se non si sprecavano le minacce al digiprescelto dell’amicizia. Del resto conosceva Yamato da quando erano ragazzini e sapeva che non avrebbe mai fatto nulla per far soffrire la sua amata sorellina. Non poteva desiderare di meglio per lei.
Taichi dall’altra parte non riuscì a trattenere una mezza risata. Quando si trattava di Hikari era dannatamente prevedibile, Sora non faceva che ripeterglielo continuamente.
«Perfetto» commentò prima di salutare l’amico e mettere giù raccomandandogli la massima puntualità.
Takeru non paté evitare di sorridere. Era strano sentirlo raccomandare gli altri su determinati argomenti quando lui era sempre stato il primo ad essere in ritardo. Si vedeva che era nervoso e non solo per il ritorno della sorella ma anche per l’imminente matrimonio. Era per quello che da un paio di giorni nessuno gli faceva pesare quei suoi improvvisi attacchi isterici. Non capiva davvero perché la madre di Sora avesse insistito tanto per riaverla a casa la settimana prima del matrimonio. Se ci fosse stata lei era sicuro che Tai sarebbe stato decisamente più tranquillo.
«Quant’è nervoso da uno a dieci?» gli chiese Daisuke decidendosi finalmente a mettere via la playstation.
Quella sera aveva una cena a casa sua e Jun si era raccomandata massima puntualità e di non sembrare un barbone come suo solito. Perché sentiva puzza di annuncio importante?
«Quindici» commentò il biondo ridacchiando «Tu invece, sei pronto per sentire l’annuncio di fidanzamento tra Joe e tua sorella?» gli chiese cambiando discorso.
Non era carino sparlare delle ansie degli assenti, anche perché un po' lo capiva. Nemmeno lui stava più nella pelle all’idea di rivedere il fratello e la migliore amica. Gli erano mancati da morire in quei mesi.
Daisuke alzò gli occhi al cielo a quelle parole prima di dirigersi nella sua stanza bofonchiando maledizioni di ogni tipo.
Se lo sentiva Takeru, quella sarebbe stata una giornata indimenticabile.
 
 

□■□

 
 
Sospiro stringendomi più forte al petto di Yamato. Non so quanto tempo sia passato e quanto ancora ne resti prima della catastrofe. In situazioni come queste, anche se nessuno dice chiaramente le cose come stanno, il tempo è sempre un fattore relativo, ma non mi importa. Per quanta paura io possa avere sentire i battiti del cuore di Yamato riesce sempre a tranquillizzarmi. Non so cosa sarebbe accaduto se non fosse stato al mio fianco e per quanto anche la sola idea della sua morte possa distruggermi, non riesco a smettere di sorridere e stringermi a lui.
Per quanto tu abbia impiegato tempo ad accettarlo, avevi ragione, nii-san, non potevo desiderare una persona migliore al mio fianco. Mi dispiace solo, che essendo con me, sarete voi a dovergli dire addio.
 

 
□■□

 
 
Sembrava uno di quei film che tanto piacevano a lui e Takeru. Un volo di linea di troppe ore, una giovane coppia che decide di tornare a casa per una qualche occasione speciale, un guasto ai motori o a qualsiasi altra parte dell’aereo. Panico e terrore tutto intorno mentre i due protagonisti tentano di non farsi prendere dal panico e pensano alle persone che amano consapevoli di dover dire loro addio. Sono tutti terrorizzati, quando interviene il genio di turno e con qualche idea al limite dell’impossibile salva la situazione.
Peccato che quello non sia uno stupido film e non ci sarà nessuno a salvare la situazione all’ultimo minuto. Sorrise amaramente, Yamato, a quel pensiero. Se qualcuno gli avesse detto che la sua vita sarebbe finita a ventotto anni a causa di un incidente aereo probabilmente non ci avrebbe mai creduto. E come avrebbe potuto? Era uscito vivo da battaglie terribili sia a Digiworld che lì sulla Terra, come poteva anche solo pensare che bastasse un aereo a strappargli i sogni e le ali?
Sospirò rassegnato tentando di non farsi udire da Hikari. Sapeva che anche lei aveva intuito la situazione cui andavano incontro, eppure non poteva impedirsi di provare a proteggerla da ogni cosa.
Il giorno in cui si era scoperto innamorato di lei aveva giurato a se stesso che avrebbe fatto qualsiasi cosa per non farle mai perdere il sorriso che lo aveva tanto affascinato e aveva fatto una promessa simile anche a Taichi il giorno in cui erano usciti allo scoperto.
 
«Promettimi che non perderà mai il sorriso»
Il maggiore dei fratelli Yagami era serio come mai lo era stato. E per quanto potesse essere buffo con i vestiti stropicciati, un labbro spaccato e i capelli per aria, Yamato non riuscì a ridere della situazione. Quello era il modo, del suo migliore amico, di dirgli che aveva accettato ciò che legava lui e Hikari e che lo approvava (almeno fino a quando non avesse osato far soffrire la sua sorellina, in quel caso il biondo si sarebbe dovuto dimenticare di qualsiasi cosa lo legasse al digiprescelto del coraggio, perché questo lo avrebbe massacrato).
Ishida mantenne lo sguardo dell’amico per un periodo che ad entrambi parve interminabile prima di annuire e far nascere un sorriso sul volto del castano.
Era ciò che voleva sentirsi dire, capì il digiprescelto dell’amicizia, prima di in curvare anche le sue labbra in un leggero sorriso mentre riceveva una pacca sulla spalla da parte dell’amico e insieme tornavano all’interno dove era certo avrebbe trovato l’espressione divertita di Takeru, quella sconsolata di Sora e quella felice di Hikari ad aspettarli. 
 
Sperava di avere più tempo per mantenere quella promessa, ma a quanto pare il destino aveva deciso per lui e per quanto ciò che stava per accadere non riuscisse a tollerarlo era sereno. Takeru non sarebbe stato solo ad affrontare la sua morte. Avrebbe avuto il sostegno di tutti i loro amici e in particolar modo quello delle due persone per cui erano saliti su quell’aereo. Del resto gliel’avevano promesso, tanto tempo prima e loro mantenevano sempre le promesse.
 
«Se durante lo scontro qualcosa dovesse andare storto, prendetevi cura di Hikari»
Taichi era serio come mai l’aveva visto e i suoi occhi erano concentrati sulla figura della sorellina che dormiva serena con Gatomon accoccolata vicino al capo. Sembrava così piccola e fragile in quel momento da pensare che un colpo di vento potesse portarla via.
«E se dovesse capitare a me, farete lo stesso con Takeru» commentò Yamato portando lo sguardo sul suo fratellino che era sdraiato accanto alla digiprescelta della luce.
Dal momento in cui si erano conosciuti i due avevano subito legato tantissimo, forse perché erano i più piccoli del gruppo, forse per compatibilità. Non lo sapeva bene, ma non era strano vederli chiacchierare o ridere insieme e la cosa non poteva che fargli piacere. Il suo fratellino meritava di essere felice.
Sora osservò i suoi due migliori amici a bocca aperta. Sapeva che la battaglia che stavano per affrontare sarebbe stata dura, ma non avrebbe mai immaginato di vederli pronunciare frasi del genere.
I due ragazzi si osservarono in silenzio per qualche istante leggendo lo stesso tormento nei loro occhi prima di annuire. Tra loro il patto era stato siglato. Poi in contemporanea volsero lo sguardo verso l’amica che li osservava senza sapere cosa dire.
Non aveva mai visto tanta determinazione né nelle iridi color cioccolato di Taichi, né in quelle color del mare di Yamato. Tenevano davvero tanto a quella promessa.
Annuì a sua volta facendo nascere un sorriso sul volto dei due. Con quella promessa in atto si sentivano decisamente più tranquilli.
 
Strinse più forte Hikari tra le sue braccia. Anche lui avrebbe mantenuto la promessa. Non avrebbe permesso a nessuno di portarla via da lui, nemmeno nel posto in cui  sarebbero andati dopo. Sorrise a quel pensiero attirando su di sé lo sguardo interrogativo della fidanzata. Ma lui scosse il capo per tentare di rassicurarla. La più giovane dei fratelli Yagami però parve non credergli. Lentamente si allontanò dal suo abbraccio facendogli inarcare un sopracciglio. Non capiva cosa le stesse passando in quel momento per la testa. Ed era una cosa alquanto strana. Solitamente per lui, Hikari, era una libro aperto.
La ragazza sorrise davanti alla sua espressione liberandosi della maschera per l’ossigeno e fare lo stesso con la sua soffermandosi a fargli una carezza sul volto, prima di avvicinare il volto al suo e far combaciare le loro labbra.
Fu un bacio dolce e intenso allo stesso tempo. Era come se tutto intorno a loro fosse scomparso. Non sentiva più le urla degli altri passeggeri, gli scossoni dell’aereo che stava perdendo quota sempre più rapidamente o il frastuono degli oggetti che volavano da una parte all’altra. Yamato sentiva solo le labbra di Hikari sulle proprie, la sua lingua danzare con quella della ragazza in un gioco che conoscevano solo loro e che faceva battere forte il cuore di entrambi.
Non seppero per quanto rimasero in quel modo. Secondi, minuti, ore, giorni. Il tempo sembrava aver perso importanza. Nulla contava se non quel momento magico.
Quando si separarono un sorriso dipingeva le labbra di entrambi, mentre fronte contro fronte, lasciavano che fossero i loro occhi a parlare per entrambi. Non c’era mai stato bisogno di parole tra loro e quella ne fu l’ennesima prova. Rimasero a lungo in quel modo, a guardarsi tentando di memorizzare quante più cose l’una sull’altro, prima che il bisogno di ossigeno li costringesse a separarsi e indossare di nuovo le maschere.
La signora con la falce stava per raggiungerli, eppure non riuscivano ad averne paura, non se le loro dita continuavano ad essere intrecciate.
 

 
□■□

 
 
Ultimi secondi. O almeno credo, non ho la forza di sporgermi verso il finestrino e controllare quanto manca tra noi e il suolo, preferisco continuare a godermi l’abbraccio nel quale sono avvolta. E va bene. Ho avuto una vita piena e felice. Certo, sono ancora giovane, avrei potuto fare tante cose ancora, ma non importa.
Avrei solo un ultimo desiderio prima che l’aereo tocchi il suolo. Vorrei che le persone che ho amato possano essere felici e non si lascino abbattere dalle difficoltà che il  destino metterà sul loro cammino.
Chiudo gli occhi e mi stringo più forte a Yamato. Spero che qualcuno lassù accolga la mia richiesta.
 

 
□■□

 
 
Taichi era appena sceso di sotto. A breve Takeru sarebbe arrivato per andare in aeroporto e non voleva perdere nemmeno un secondo. Si appoggiò al muro e decise di entrare su Facebook per ingannare l’attesa. Stava guardando un video assurdo pubblicato da un suo vecchio compagno di squadra quando un rumore assordante lo fece sobbalzare. Pareva un tuono, ma il cielo era limpido e poi i tuoni duravano un attimo. Quel rombo si stava protraendo troppo a lungo.
Istintivamente alzò lo sguardo al cielo mentre la strada attorno a lui si riempiva di persone che come lui contemplavano la stessa immagine catastrofica.
 
Takeru scese dalla macchina, imitando ogni persona intorno a lui. Sentiva il cuore battergli fortissimo in gola mentre gli occhi contemplavano la scia di fumo e fuoco che andava attraversando il cielo prima limpido.
Quando l’aereo scomparve anche lui, come tutti in città si preparò all’impatto, mentre un senso di angoscia sembrava divorarlo. Quello non poteva essere il loro aereo, vero?
 
 

 
□■□

 
 
Mi chiamo Sora Takenouchi. Oggi è il ventisette ottobre duemilasedici e i quarantanove giorni sono passati. Finalmente le anime di Hikari e Yamato sono in pace nel luogo dove devono trovarsi. Spero davvero che, ovunque si trovino, siano assieme.
Sono stata una delle prime persone ad arrivare. Al mio fianco ci sono Taichi e Takeru. Intorno a loro tutti i vari parenti (i genitori del biondo siedono accanto al figlio. Gli occhi arrossati e le mani unite. Accanto al castano la madre è abbracciata alla cognata. In un momento come questo la morte del marito pesa ancor di più sulle spalle della signora Yagami). Peccato che nessuno dei due sembri notare nulla di tutto ciò. I loro occhi, rossi e gonfi a causa delle lacrime versate nei giorni precedenti, sono fissi davanti a loro . Vuoti. Non piangono, non in quel luogo. Hikari e Yamato odiavano vederli tristi ed entrambi tentano di sforzarsi, solo per loro.
Durante tutta la celebrazione i due non si sono mossi dai loro posti, hanno fatto in modo di dare le spalle a tutti i presenti. Nessuno avrebbe capito i loro occhi gonfi di lacrime trattenute.
Infondo alla sala ci sono i nostri amici, distrutti. Nessuno si aspettava un epilogo del genere. Il mese scorso si sarebbe dovuto celebrare un matrimonio, il mio, il destino però aveva altri programmi e ci siamo ritrovati a due funerali.
Trattengo a stento un singhiozzo a quel pensiero. La veglia è giunta al termine e finalmente stanno andando tutti via. Restiamo solo noi digiprescelti. In silenzio, tutti uniti nello stesso dolore. Abbiamo perso un fratello e una sorella e nulla potrà riportarli indietro.
Mimi tenta di trattenere i singhiozzi tra le braccia di Koushiro che le accarezza i capelli mentre piange lacrime silenziose.
Joe si asciuga gli occhi con un fazzoletto sforzando un sorriso nella sua direzione.
Myako trattiene a stento i singulti mentre Ken la stringe a sé. Anche lui ha le lacrime agli occhi ma tenta di mostrarsi forte.
Iori ha il capo abbassato e piange lacrime silenziose.
Daisuke, invece, ha gli occhi gonfi ma il viso asciutto. Si sta sforzando di trattenere le lacrime.
Più li guardo e più sono orgogliosa della famiglia che siamo diventati. Nonostante la maggior parte di loro viva altrove , sono qui per accompagnare i nostri amici nel loro ultimo viaggio e sostenere Taichi e Takeru.
Sorrido facendo segno a Daisuke di avvicinarsi. Credo che Takeru non riesca più a stare davanti alle tombe di suo fratello e della sua migliore amica, al contrario di Taichi che sembra non voglia muoversi da qui.
Il ragazzo pare comprendere la situazione e mi raggiunge aiutando il biondo ad alzarsi. Ad osservarlo ora mi sembra ancora il bambino di otto anni che mise per la prima volta piede a Digiworld. Senza potermelo impedire lo stringo forte a me e sento le sue braccia ricambiare la presa.
Tanti anni fa promisi a Yamato che se gli fosse accaduto qualcosa mi sarei presa cura del suo fratellino e ho intenzione di mantenere la promessa.
«Ci vediamo dopo» gli sussurro interrompendo l’abbraccio e lo vedo annuire prima di avviarsi verso gli altri con Daisuke.
Sono certa che la loro vicinanza non potrà che aiutarlo.
Sospiro prima di voltarmi in direzione di Taichi. È fermo, immobile, le mani nelle tasche dei pantaloni eleganti e lo sguardo puntato verso l’orizzonte. Non ha mai posato la sua attenzione sulle loro tombe, ha sempre fissato il cielo, come se anche solo l’idea di leggere i loro nomi su quelle lastre di marmo potesse spezzare il filo sottile che gli impedisce di precipitare.
Senza dire una parola mi avvicino e lo stringo da dietro, posando il capo sulla sua schiena. Il mio fidanzato esita un attimo prima di posare una delle sue mani sulle mie in una carezza delicata.
«Ho sempre pensato che non avrei mai vissuto abbastanza per assistere ad uno qualsiasi dei vostri funerali» dice senza distogliere lo sguardo dall’orizzonte e intrecciando le nostre dita «Invece...» aggiunge senza trovare la forza di continuare.
E lo capisco. Yamato e Hikari erano due pilastri fondamentali della sua vita, forse più che in quella di chiunque altro di noi, e vederseli strappare così, per un crudele scherzo del destino, è fin troppo doloroso da sopportare.
Mi piacerebbe poter fare qualcosa, qualsiasi cosa, per colmare quel buco nero che si ritrova nel petto, ma nemmeno tutto l’amore del mondo potrà cancellare quel senso di vuoto che ci risucchierà ogniqualvolta sentiremo pronunciare i loro nomi.
Eppure so che non potrebbe esserci cosa più sbagliata. Sono certa che ovunque siano non vorrebbero mai vedere tristezza sui nostri volti quando le nostre menti si soffermeranno sul loro ricordo.
«Avrei voluto poterli salutare un’ultima volta» confessa l’uomo mentre una lacrima ribelle rompe gli argini che si era imposto.
«Puoi farlo ora» gli faccio notare posandogli un lieve bacio tra le scapole per ricordargli che nonostante tutto sarò sempre al suo fianco.
Taichi stringe più forte le mie mani a quelle parole prima di prendere un profondo respiro e puntare gli occhi sulle due lapidi.
Yamato lo guarda con il suo classico ghigno sulle labbra stringendo a sé la sua amata chitarra.
Hikari sorride radiosa, la sua reflex tra le mani, pronta per immortalare tanti altri momenti.
«Mi dispiace» inizia il digiprescelto del coraggio «Avrei voluto le cose andassero diversamente» continua tentando di trattenere le lacrime «Vi avrei voluti al mio fianco, invece avete ben pensato, non solo di far saltare il matrimonio, ma di diventare i protagonisti assoluti di quello che sarebbe dovuto essere il giorno mio e di Sora».
Trattengo il fiato a quelle parole. Sono balsamo e acido per le mie ferite.
«Da Yamato me lo sarei anche aspettato, ma da te, sorellina?» domanda retoricamente sapendo che nessuno dei due avrebbe potuto rispondere «Mi dite adesso come faccio? Chi potrà mai adempiere quel ruolo che per me è sempre stato vostro? Mi avete abbandonato! Siete due egoisti!» continua con voce tremula «Ma vi voglio bene! E, Yamato? Vedi di prenderti cura di Hikari o sarà mia premura farti nuovamente la pelle quando ci rivedremo!» conclude con un sorriso accennato.
Il primo da quel giorno.
A quelle parole, invece, io non riesco a trattetrattenere una leggera risata. Forse non è tutto perduto. Abbiamo solo bisogno di tempo e amore per risanare le nostre ferite.
Per fortuna non ci manca nessuno dei due.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Amo questa storia come una figlia.
Mi ha fatto compagnia per un periodo talmente lungo che potrebbe tranquillamente essere la mia compagna d'avventure. Ma ora sto divagando e non credo vi interessi.
Confesso che lo schema narrativo di questa OS mi è stato ispirato da una storia che lessi diversi anni fa e della quale non ricordo né il titolo, né il fandom, né l'autore (sono pessima, lo so, ma sono passati davvero troppi anni).
Ma ora un po' di spiegazioni. La storia si svolge su diversi archi narrativi.
A sinistra troviamo il punto di vista di Hikari. È lei la voce narrante, lei che rivolge i suoi ultimi pensieri all'amato nii-san.
A destra troviamo degli istanti di passato, possiamo chiamarlo, anche se più proseguono, più diventano presenti.
Il primo ci racconta di Taichi e si svolge nel primo pomeriggio.
Nel secondo troviamo Takeru, ed è ambientato poche ore dopo.
Il terzo ci mostra Yamato ed è contemporaneo alla narrazione di Hikari.
Il quarto è un salto nel futuro con Sora che si prende cura del fidanzato e del fratello del suo migliore amico.
La parte centrale è contemporanea all'ultimo frammento in cui parla Hikari.
In corsivo vi sono dei flashback.
Credo di aver detto tutto e spero che questo esperimento vi sia piaciuto.
Alla prossima ^^
karter
 
 
 
  
Leggi le 4 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Digimon > Digimon Adventure / Vai alla pagina dell'autore: karter