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Autore: Duvrangrgata    05/10/2019    1 recensioni
Enea lavora come tatuatore a Milano, ma il suo cuore apparterrà sempre a Firenze, la città dove è nato e cresciuto e da cui è scappato a soli diciotto anni, lasciandosi alle spalle l’unica famiglia che conoscesse.
Una telefonata inaspettata lo metterà davanti a una scelta: restare a Milano a vivere la nuova vita che si è faticosamente costruito oppure tornare a casa, dove i fantasmi del suo passato non hanno mai smesso di aspettare il suo ritorno.
VERSIONE REVISIONATA E ALLUNGATA DI "CERTI TATUAGGI FANNO MALE ANNI DOPO CHE LI HAI FATTI, MA PER QUELLO CHE RICORDANO", pubblicata su EFP nel 2013.
Genere: Angst, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: Incest | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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IX

 

 

I don't wanna spend another night with just my cell phone by my side to keep my company.

I lost count of all the times I've fallen asleep

Waiting for your name to come light up my screen

[...]

The last thing I see before I close my eyes is a flashing light

I think my phone's about to die, but I'm still waiting

Oh no, I need to hear your voice but I'll settle for less

And if i had a choice, I'd get myself outta bed and

I'd bring you here so I wouldn't have to sleep alone

 

Tired eyes - Rival Summers

 

 

 

Elia osservò la neve cadere fuori dalle finestre. Stava nevicando ormai da due giorni, un evento raro a Firenze, soprattutto a fine novembre. La situazione era ormai così tragica che quella mattina aveva persino considerato l'idea di tenere chiusa la libreria, come il titolare gli aveva detto che poteva fare, ma poi l'idea di restare barricato in casa con i suoi pensieri gli aveva fatto accantonare in fretta l'idea.
Non c’erano molti clienti in giro, visto il maltempo, e lui non aveva fatto altro che starsene seduto su uno dei divani posti tra gli scaffali, assorbendo la vicinanza dei libri che tanto amava. Non c'era niente che gli offrisse tanto conforto quanto le pagine di un libro, non aveva neanche bisogno di leggerle, esserne circondato era più che sufficiente. Era sempre stato così, fin da quando era un bambino, ogni volta che era di malumore o triste o malinconico si rifugiava in un angolo, con un libro tra le mani. Spesso, Enea gli si sedeva al fianco, un blocco da disegno e una matita, e iniziava a disegnare, senza dire una parola.

Da piccoli, avevano sempre avuto quella comprensione che trascendeva le parole, un legame così profondo da essere quasi tangibile. Da sette mesi a quella parte, Elia non aveva potuto fare a meno di chiedersi se non fosse stato tutto un sogno. Aveva ripensato spesso alle parole che si erano scambiati, a quel veleno che si erano sputati addosso e che sembrava aver infettato entrambi e, nonostante il dolore, non si sarebbe rimangiato nulla, non solo perché pensava che fosse la verità, ma perché Enea aveva bisogno di sentirsi dire quelle parole, di essere messo davanti a quella verità da cui aveva iniziato a scappare chissà quanto tempo prima. Aveva sempre saputo che suo fratello era un codardo, ma una parte di lui aveva sperato che la loro ultima lite lo spingesse a reagire e prendere in mano la situazione. Certo, quello non era stata la ragione per cui aveva praticamente lasciato la prossima mossa nelle mani di Enea, Elia non era mica stupido. Amava suo fratello, in modi che non avrebbe mai creduto possibili, e non lo biasimava per la persona che era diventata, con tutti i suoi difetti e spigoli che ferivano Enea più di chiunque altro, ma Elia sapeva di non poter continuare a scusarlo per sempre. Non quando gli sembrava che ogni azione di Enea lo portasse più vicino al paradiso, solo per far sì che la caduta all'inferno fosse ancora più dolorosa. Elia aveva pensato che le conversazioni che avevano avuto durante quei pochi giorni lo avessero aiutato ad affrontare qualcuno dei suoi fantasmi, e forse era stato così, ma ora sapeva che una parte di Enea lo avrebbe sempre incolpato, anche solo inconsciamente.

Elia non lo biasimava neanche per quello.

Non era facile per lui spiegare a parole cosa l'avesse spinto a restare con sua madre, ma sapeva che non era stata solo lealtà. Forse Enea aveva ragione, forse una parte di lui aveva sperato che la donna cambiasse idea ―  o di farle cambiare idea ― e per questo era rimasto. Sapeva che Agata aveva amato entrambi, ed era ciò che rendeva così difficile accettare la sua omofobia. Elia aveva cercato di capire da dove scaturisse quell'odio, incapace di comprendere come una donna che aveva avuto la forza di crescere due figli da sola, dopo essere rimasta incinta al di fuori del matrimonio, una donna che conosceva i pregiudizi e le malelingue altrui, potesse comportarsi così, ma era mai stato in grado di farlo. Ogni tentativo di parlarne con lei era scaturito in una lite, una mancanza di dialogo che, alla lunga, aveva finito per danneggiare il rapporto che aveva con entrambi, scavando un solco incolmabile che la morte non aveva fatto altro che ampliare. Si era rassegnato ormai da tempo al fatto che le risposte a molte domande sarebbero ― ed erano ― state sepolte con lei.


Restò nella libreria fino all'orario di chiusura, le sue riflessioni interrotte soltanto da quei pochi passanti che cercavano un posto per rifugiarsi dal maltempo. Quando uscì in strada a chiudere la saracinesca prima di tornare a casa il cielo era già scuro e la neve era diminuita. Affondando il viso nella sciarpa, si incamminò verso casa, lo scricchiolare dei suoi passi che rompeva il silenzio ovattato. Le mani, al caldo nelle tasche, sfiorarono il cellulare, stringendolo poi con forza.
Nonostante quello che gli aveva detto, nel corso dei mesi era stato più volte sul punto di chiamare Enea. Non all'inizio, ovviamente, allora era stato troppo arrabbiato e ferito anche solo per pensarci, ma dopo... dopo, quando la solitudine era tornata a scavare quella voragine che i giorni passati con Enea aveva iniziato a richiudere, quando tornare ogni sera in una casa vuota era diventato insopportabile... in quei momenti, aveva quasi ceduto, perché non importava quanto fosse ferito o arrabbiato, o quante volte dicesse addio ad Enea, niente di tutto quello avrebbe cambiato la realtà — una realtà che ormai era sempre più vicino ad accettare. Per mesi si era arrovellato, cercando di decidere cosa fare, di capire i suoi sentimenti proibiti ma, alla fine, aveva realizzato di aver reso complicato qualcosa che non lo era.
Elia amava Enea, non gli importava in che ruolo, non gli importava per quanto tempo, anche un solo secondo con lui sarebbe stato meglio del dolore che l'essere di nuovo separati gli stava procurando.
Prima ancora di rendersi conto di aver preso una decisione, si ritrovò con il cellulare tra le mani, le dita che componevano quel numero impresso a fuoco nella sua mente.

Ring, ring, ring

Un suono di pneumatici che stridevano gli fece alzare gli occhi, subito abbagliati da due fari vicini, troppo vicini. L'impatto gli mozzò il fiato in gola, mandandolo a volare sull'asfalto ghiacciato, il cellulare che atterrava a pochi passi.

Ring, ring, ring

Lo schermo, ancora illuminato, fu l'ultima cosa che vide, prima di chiudere gli occhi.

«Elia?»

***

 

Now the day bleeds

Into nightfall

And you're not here

To get me through it all

[...]

I was getting kinda used to being someone you loved

 

Someone you loved - Lewis Capaldi

 

 

Enea odiava gli ospedali.
Ne odiava l'odore, come di medicinali e sangue e morte, ma soprattutto ne odiava il colore: bianco, asettico, impersonale. La parte artistica di lui sapeva quanto fosse stupido odiare un colore, soprattutto uno tanto importante, ma non poteva farne a meno. Seduto nella sala d'aspetto dell'ospedale, dopo aver guidato per ore per arrivare a Firenze prima che fosse troppo tardi, Enea non riusciva a pensare ad altro che non fosse odio il colore bianco. 

«In seguito all'incidente, suo fratello ha riportato ferite molto gravi. Al momento è ricoverato in Terapia Intensiva Generale.»

Odio il colore bianco

«Sarò sincero, signor Liberti: non siamo sicuri che riuscirà a superare la notte.»

Odio il colore bianco

Yelena gli sedeva al fianco, le dita intrecciate alle sue, le parole che gli rivolgeva un mormorio incomprensibile che sembrava venire da un altro mondo, uno di cui non faceva più parte.

Odio il colore bianco

Ben presto lo shock diede posto al senso di colpa, così devastante che per un secondo il bianco venne sostituito dal nero. Era tutta colpa sua, lo sentiva con ogni fibra del suo essere. Se non fosse scappato come faceva sempre, quella notte sarebbe stato con lui, ed Elia non si sarebbe distratto per telefonargli; ma Enea non c'era, e forse ora neanche Elia ci sarebbe stato più, e lui non sapeva come vivere in un mondo dove suo fratello non esisteva. Certo, erano stati separati per anni, ma era diverso, perché anche in quei momenti in cui non erano insieme, Enea sapeva che, da qualche parte a Firenze, Elia c’era

Dopo quella notte fuori dalla discoteca, aveva avvertito qualcosa che i loro litigi non avevano mai avuto: finalità. Quando Elia gli aveva detto addio, Enea aveva subito capito che, quella volta, sarebbe stata per sempre e, anche se sapeva di non poter fare altro che incolpare se stesso — dopotutto, era lui quello che non riusciva a lasciar andare il passato, che non riusciva a smettere di rinfacciarglielo — il suo cuore si era spezzato. O almeno, così credeva. Ora, non ne era più così sicuro, perché questo, questo...

«Non posso perderlo. Non così.»

Odio il colore bianco, ma amo lui.

La notte sembrò trascinarsi per giorni, ogni secondo che passava un'agonia. Gli pareva quasi di riuscire a sentire la vita di Elia che scivolava via, come sabbia tra le sue dita, senza che potesse far nulla per fermarlo. Accettare l'impotenza in cui si trovava era la parte più difficile. Non c'era niente che potesse fare, se non aspettare e sperare, e non era mai stato bravo in nessuna delle due cose.

Dovrei esserci io in quel letto, a lottare tra la vita e la morte.

Il dottore si trascinò verso di loro che l'alba era ormai passata da un pezzo, ed Enea balzò in piedi, andandogli incontro.

«Elia è...?»

«Suo fratello ha superato la notte, signor Liberti, tuttavia ora è in coma.»

Enea si lasciò cadere a terra, la schiena appoggiata contro il bordo inferiore della sedia, mentre Yelena continuava a parlare.

«In coma?»

«Sì. Non è raro nei soggetti che hanno subito un trauma del genere, e purtroppo non c'è modo per risvegliarlo. Possiamo curare il suo corpo, ma il resto spetta a lui. Solo il tempo ci dirà cosa succederà.»

Enea si prese la testa tra le mani, lacrime di dolore e sollievo che gli scorrevano sul viso. La ragazza gli si sedette accanto, avvolgendolo con le braccia.

Gli ci vollero diversi minuti per calmarsi, ma alla fine riuscì a rialzarsi in piedi. «Posso vederlo?»

Il medico assentì e lo guidò fino alla camera, per poi congedarsi. Con un'ultima stretta, Yelena lo lasciò solo davanti alla porta bianco opaco – odio il colore bianco.

Fino a quel momento non aveva voluto fare altro se non vedere suo fratello, ma ora che era finalmente libero di farlo, sembrava che i suoi piedi non volessero staccarsi dal pavimento. Fece un respiro profondo, stringendo i pugni per cercare di fermare il tremito che lo scuoteva, usando le tecniche di controllo che Arturo gli aveva insegnato — in mancanza di qualcosa da prendere a pugni, non gli restava molta altra scelta. La verità, era che aveva paura, una paura fottuta perché sapeva di non poter tornare indietro, una volta varcata quella soglia. Qualsiasi cosa sarebbe successa, avrebbe dovuto affrontarla, nessuna possibilità di fuga. Era giunto al capolinea.

Odio il colore bianco

«Ma amo lui.»

Aprì la porta.

 

 

 

Note dell'autrice

Eccoci al famoso capitolo angstoso di cui vi avevo parlato su instagram e facebook! Spero che siate sopravvissuti e che vogliate farmi sapere cosa ne pensiate nei commenti!

Oltretutto, sono una grandissima fan di Lewis Capaldi, autore della seconda canzone in questo capitolo, quindi vi consiglio di andare ad ascoltarvi tutte le altre che ha scritto, sono stupende. 

Vi ricordo che potete trovarmi in altri anfratti del web --> linktr.ee/dru_writer per vedere dove. 

 

   
 
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