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Autore: Selena Leroy    07/10/2019    0 recensioni
Su Jack Vessalius è stata imposta una damnatio memorie per non dover ricordare che quell'uomo è l'artefice del più grande tradimento mai subito dalla famiglia Baskerville: l'uomo più vicino a Glen, l'uomo che ha sfruttato quella vicinanza per colpire nel cuore del potere dei Baskerville e tentare la distruzione delle catene che impediscono al mondo di crollare in Abyss.
Però Jack è stato fermato, è stato spedito nella stessa Abyss dove voleva condannare tutti. Glen è riuscito persino a fermare lo spezzarsi delle catene, ma ha pagato il prezzo di una città che si è riversata negli abissi dove tutto il mondo doveva finire.
E adesso sono passati cento anni. Cento anni di pace, che sembrano non dover finire mai. In questo presente una ragazza di nome Oz viene presentata a due uomini appartenenti alla famiglia Baskerville, ricevendo l'invito di andare a trovare l'uomo che si presuppone essere suo padre.
Quell'incontro con gli dei della morte sarà per lei l'inizio di una lunga serie di disgrazie...
Genere: Angst, Dark, Drammatico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Gilbert Nightray, Jack Vessalius, Oz Vessalius, Vincent Nightray
Note: OOC | Avvertimenti: Gender Bender
Capitoli:
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Oz Vessalius aveva intessuto le sue risolutezze in un abito battagliero. Amava, lei, dipingersi di questa metafora, per il ricordo di quello che era e per l'immagina stessa che le infondeva coraggio.
Ella non peccava della presunzione di poter agire senza alcuna precauzione; muoversi significava abbandonare il guscio di certezze nel quale si sarebbe volentieri rinchiusa un tempo per avventurarsi in un dove che altri le avevano precluso, per ottenere risposte che alcuni avrebbero gradito non darle. Vero, puntare a chi non faceva alcuna mostra di inganno era certamente il miglior mezzo per proseguire su un sentiero che avrebbe visto le sue difficoltà solo cammin facendo, ma era anche conscia che, sbugiardando la sua ingenuità ella non faceva altro che gettare sassi in un lago, agitandone la superficie. Risvegliava i demoni che l'avevano abilmente imprigionata senza suo consenso ma senza sua ribellione, e il farlo avrebbe anche comportato pericoli per se e per la sua famiglia.
Eppure, quando all'orizzonte si era affacciata l'opportunità di essere effettivamente disinteressata a quanto avvenuto, a lasciar invendicata la morte della madre, a trascorrere le sue giornate nella tranquillità che Ada le aveva promesso... lei faticava solo a mantenersi calma nei confronti di se stessa, raccogliendo quasi i primi semi di odio che le avrebbero rovinato l'esistenza.
Forse il suo pericolo l'avrebbe condotta nelle fiamme dell'inferno senza offrirle la possibilità di tornare addietro, forse con se avrebbe trascinato degli innocenti; ma era comunque un diverso tipo di inferno quello di perdurare nell'ignoranza.
Elliot quindi divenne, quasi con spontaneità, la prima vittima che il suo io più oscuro aveva scelto per svelarsi. Lo aveva scorto nella magia di una musica che ella amava, che non aveva mai udito ma che, stranamente, sentiva di conoscere. Non seppe bene, in quegli istanti, cosa passò per la sua testa, era solo l'evidenza di note poste solo per il suo diletto e il suo ingegno musicale - genio che sapeva di avere ma che mai, in una vita di stenti, aveva avuto modo di sfruttare.
In verità, la discussione era avvenuta su binari totalmente inesplorati dalle sue mappe mentali. Di Elliot aveva sottovalutato l'ingegno, forse anche quella comune forma di sospetto che porta a vedere con accortezza visite insolite e ingiustificate - o, come nel suo caso, male argomentate. Si era ritrovata già prigioniera di un nemico che aveva perfino ammirato per il suo essere schietto, e nulla le aveva permesso di sfuggire a quell'inquietudine nata quando il suo sottile occhio di zaffiro aveva penetrato i suoi in una girandola di furia lontanamente comprensibile.
Non si era aspettata, d'altro canto, di vedersi nuda dinanzi a lui, spoglia di tutte le sue difese e corporeità di tutti quei dubbi che l'avevano afflitta. Così come non aveva alcun presentimento di trovare - proprio in lui - la comprensione voluta e mai richiesta.
Oz Vessalius, in tutto questo, non ebbe nemmeno la possibilità di mostrarsi sorpresa. Perchè, di tutti gli eventi che avrebbe mai ricostruito con la sua intelligenza, uno dei più devastanti aveva deciso di agire proprio con lei al centro di un contesto sconosciuto.

Aggrappata al corpo di Elliot, aveva atteso l'esaurirsi delle violente scosse, prima di aver fiducia nel suo equilibrio e di affidarsi alla forza del suo stesso corpo per reggersi in piedi. Elliot.
Avrebbe supposto, lei, l'imminenza di un cataclisma interno alla terra, mossa a tremori incontrollati da lei e non voluti dall'uomo; giustificava così l'imminenza di un lampadario in procinto di crollare, di un violino caracollato al suolo per inerzia e il suo stesso destabilizzarsi improvviso. Nel vero, nulla le ricordò le origini di un terremoto. Non la polvere che si intuiva dalle tende damascate della finestra, non il silenzio improvviso, rotto solo da lontani lamenti a cui ella preferì non dare eccessiva attenzione - il terrore di udire invocazioni d'aiuto ad alimentare quel panico capace di stordirla.
"Oz, va tutto bene?"
Non notò, la ragazza, non in quel frangente, la familiarità con cui egli si aggrappava al suo nome, quasi fosse consuetudine sul quale non dover porre la dovuta attenzione. Nemmeno lo sguardo della fanciulla, quasi basito dinanzi a quella sua confortevole gentilezza, lo smosse dalla stranezza appena commessa e di cui, evidentemente, non provava risentimento.
"Non so cosa sia successo, per cui andrò a controllare. Devo assicurarmi che tutti stiano bene"
Fu a quelle parole che il sorriso di Ada fece capolino nella sua mente. Il pensiero della sua incolumità divenne pressante in una stasi adesso non più giustificata.
"Devo andare da mia sorella, devo sapere se sta bene!"
"No, non posso permettertelo!"
Le impose nuova rigidità, Elliot, le mani ad ancorarsi alle braccia tremule di una paura che superava la sicurezza personale per ancorarsi a coloro di cui non poteva assolutamente accettare la scomparsa. Solo il pensiero le impose di divinvolarsi da simile vincolo per cercare nuovamente la fuga da quella stanza, divenuta improvvisamente troppo claustrofobica.
"Ti ho detto di aspettare!"
C'era qualcosa, nei movimenti di Elliot, che suggeriva un timore di indescrivibile natura. Un qualcosa che sembrava suggerire la nascita di un motivo ulteriore per sentirsi in pericolo. Un motivo in più per cercare la salvezza in un luogo apparentemente appartato, forse, ma non per lei. Non per le sue nuove priorità.
"Penserò io ad Ada e Oscar Vessalius" disse però il ragazzo, arguto nell'intuire quanto fosse ella incaponita a iniziare la sua cerca "Tu, per favore, resta qui. Potrebbe essere pericoloso arrischiarsi fuori"
"Perchè?"
L'idea che il giovane le nascondesse qualcosa divenne palese quando lo vide perdere ogni altra espressione a onta di un semplice stupore basito, incontrollato perchè lui troppo cristallino per fingere una qualunque arte in merito alla menzogna - il motivo per cui lo aveva cercato in quel preciso giorno, d'altro canto.
"Dimmelo, Elliot... che cosa sta succedendo?"
La risposta non la udì. Nell'improvviso di un silenzio innaturale, ella vide la porta divelta da una forza superiore, sferrazzante nel chiasso di catene che sibilavano i loro canti in un coro che ella trovò all'immediato insopportabile. Chiuse gli occhi, per quell'aria improvvisamente colma di polvere e detriti, e nascosto il viso sotto braccia rivestite da tessuto troppo pregiato per agire come suo scudo, sentì l'aria fischiare di nuove devastazioni indotte da una risata ora palese, tanto chiara da renderla sciocca nel non averlo supposto prima una simile eventualità.
Un attacco condotto da mani consapevoli del loro crimine.
"Ma guarda qui che bella fanciulla che abbiamo!" esclamò l'essere, ora tanto a lei vicino da apparire anche nelle fattezze di un'ombra grossolana. Nel discostare di braccia che lei attuò al fine di rendere comprensibile cosa stesse avvenendo, sentì una mano agguatare malamente la sua spalla, accompagnata da un sorriso sghembo che faceva capolino dalla bruma di polvere e detriti.
"Oz, scappa!"
Un ulteriore strattone, ed Elliot prese il posto prima occupato da lei. Libero da ogni impedimento deciso dal suo avversario, ella notò la mirabile lama di nero pece che il giovane stringeva tra le mani quasi con inquietudine, gli intarsi preziosi nascosti dalla stoffa di seta di cui erano ricoperte le mani nervose.
"Non so chi tu sia" disse ancora Elliot, rivolto questa volta al suo aggressore "Ma ti pentirai amaramente di aver sfidato noi Nightray!"
"E chi dovrebbe farmene pentire? Tu, forse?"
L'aria fu ancora vittima di un fischio atroce, il dolore a concentrarsi su timpani mai esposti ad un simile sforzo. Nella coltre di nubi candide mosse dalla distruzione, la ragazza si avvide di un'ombra, a cui però non seppe dare nè origine nè nome, limitandosi alla mera - e terrificata - constatazione della sua inusuale stazza.
"Attento, Elliot, lui non è solo!"
E avrebbe voluto dargli più indizi, ma una seconda mano, questa volta anche più aggressiva della precedente, ebbe l'ardire di interromperla per posarsi di malagrazia sul viso, soffocare i suoi gemiti in un qualche pezzo di stoffa imbevuto di qualche sostanza e trascinarla lontana dalla lotta.
Atto vile di cui Oz non volle essere vittima. Non ancora una volta.
Ringraziando quei tacchetti che per giorni le avevano torturato i piedi per amore di un insegnamento che aveva al centro la sopportazione - sua, nei confronti dei capricci dei nobili e delle mode sempre più eccessive nell'imporre qualsiasi disgrazia confermabile sulle donne - e l'eleganza, pose tutta la sua forza sul piede del nemico, e gioì di un trionfo selvaggio quando lo sentì uggiolare di dolore al pari di un animale, mollare la presa e liberarla senza suo volere.
L'attimo seguente fu quello che la ragazza scelse per eseguire ciò che Elliot le aveva espressamente chiesto, ovvero la fuga. Rischiando quasi un diretto contatto col muro, gli occhi ciechi dinanzi a una coltre che non sembrava minimamente intenzionata a diminuire - ma anzi, si alimentava dei secondi in cui l'eco dei fischi osceni continuava ad espandersi nella sala - ella infine imboccò la strada corretta, e lasciò perdere ogni altro pensiero che non fosse quello di mettere distanza tra se e il suo personale aggressore.
Certo era anche vero che le idee su un possibile rifugio ella non le trovò. Meditò sulla possibilità di fuggire dalla finestra, scartando immediatamente simile incoscienza nella semplice previsione di una sua rigidità di movimento; l'abito era troppo ingombrante per gestire un'azione che invece chiedeva destrezza e forza, e se in altri panni - in quelli suoi precedenti di povera sarta - avrebbe anche abbandonato la villa in modo tanto rozzo, in quel frangente si vide costretta a continuare la sua fuga nell'elegante corridoio che non aveva mai altri svincoli se non porte di cedro chiuse con decisione, a lei precluse e quindi fonte di unica disperazione.
Nella migliore delle sue possibilità, la ragazza non avrebbe certamente disdegnato un passante a cui chiedere aiuto. Pur nell'indifferenza di un sentimento che nemmeno si accostava all'amicizia, sentiva morse dolorose al petto, al pensiero di aver abbandonato il suo promesso sposo al suo destino, e in un certo senso voleva riscattare la sua coscienza rendendo un altro disgraziato partecipe di quanto visto. Mai come in quel momento desiderò la presenza di Gilbert Baskerville al suo fianco, con la rivoltella in pugno e l'aria di chi ha sempre la facoltà di risolvere ogni problema.
La fortuna, in quel caso, non le fu di conforto; le mostrò continui svincoli e corridoi privi di alcuna presenza umana, e tutto ciò che le offrì fu la possibilità di ulteriori percorsi da conoscere in assenza di vitali nascondigli. Alle sue spalle, sentì l'eco di grida mostruose farsi sempre più vicine, gridare il suo nome e invocare la sua immediata mobilità.
Loro sapevano di lei. Fu una consapevolezza che, per alcuni secondi, ebbe il potere di annullare il terrore, ponendole in un antro di memoria che non offriva altra risposta se non il medesimo sconcerto con il quale ci era entrata. Perchè tutto questo accadeva in quanto bersaglio di quegli individui.
Lei, una sarta strappata da una crisi profonda, orfana forse per volere altrui, adesso rischiava la vita per decisioni di cui ancora ignorava la natura. Ancora una volta, qualcuno le imponeva un destino scelto appositamente per lei e, in questo triste caso, per lei era stata richiesta una morte immediata, finanche dolorosa.
Era forse per le domande poste al giovane Elliot? Possibile che quella mano assassina si fosse mossa solo per accusarla delle sue intenzioni?
"Da questa parte"
Una voce di cui non seppe la provenienza, nè il volto, nè la familiarità. Una voce che, all'apparenza, voleva indicarle qualcosa e lei, stranamente, sentiva non tanto una fiducia nei suoi confronti, quanto la perfetta intesa per una strada che adesso sapeva di dover prendere.
Era una scala stretta, umida e scivolosa; nascosta da una porta apparentemente banale, uguale alle altre che l'avevano preceduta, divenne sua salvezza quando questa sembrò quasi spalancarsi con il semplice appello del suo sguardo. Oz la vide, in quel momento, come la forma di miracolo richiesta, e nella convinzione che lì si nascondesse qualche domestico misericordioso, entrò con coraggio, chiudendo l'uscio alle sue spalle e immergendosi in un'oscurità brutale che le tolse ogni orientamento.
"Sei qui?" chiese, nella speranza che quella voce, dal tono così gentile, continuasse il ruolo di guida che in quel momento le sembrò tanto indispensabile.
"Da questa parte"
Eco del richiamo precedente, la voce si ripeté con convinzione, e ancora una volta Oz, pur con sospetto nei richiami di se stessa, ebbe la coscienza di dire esattamente dove l'altro - senza alcun dubbio un giovane uomo - sarebbe andato a parare. Scese pochi scalini per volta, con la consapevolezza che ogni mossa falsa poteva farla cadere - ed ella non temeva tanto il dolore quanto il tramestio che l'avrebbe resa consapevole ai suoi nemici - affidandosi unicamente al tatto e pregando Saint Brigitte che, dall'altro lato, ci fosse un'uscita.
Quello che vide la lasciò a bocca aperta.

   
 
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