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Autore: Yugi95    08/10/2019    1 recensioni
Quando si perde l’unica cosa al mondo che abbia davvero importanza; quando si perde una parte di sé che mai più potrà essere ritrovata; quando si perde l’amore della propria vita senza poter fare nulla per impedirlo… è in quel momento, è in quel preciso momento che si cede lasciando che il proprio cuore sia corrotto dalle tenebre. Si tenta il tutto per tutto senza considerare le conseguenze, senza pensare al dolore che si possa causare. Se il male diventa l’unico modo per far del bene, come si può definire chi sia il buono e chi il cattivo? Se l’eroe, che ha fatto sognare una generazione di giovani maghi e streghe, si trasforma in mostro, chi si farà carico di difendere un mondo fatto di magia, contraddizioni e bellezza? Due ragazzi, accomunati dallo stesso destino, si troveranno a combattere una battaglia che affonda le proprie radici nel mito e nella leggenda; una battaglia che tenderà a dissolvere quella sottile linea che si pone tra ciò che è giusto e ciò che è necessario.
Genere: Avventura, Fantasy, Mistero | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Adrien Agreste/Chat Noir, Gabriel Agreste, Maestro Fu, Marinette Dupain-Cheng/Ladybug
Note: AU, Cross-over, OOC | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo XV - Halloween

 
La mattina del trentuno ottobre Alya si svegliò decisamente presto. Nonostante le lezioni fossero sospese per Halloween, preferì alzarsi dal proprio letto e mettersi subito all’opera. Nel giro di un quarto d’ora, suo nuovo record, si preparò per affrontare al meglio la giornata. Indossato un caldo pullover di pile bianco e dei pratici jeans, lasciò il dormitorio e scese la stretta scala a chiocciola che l’avrebbe portata nella sala comune dei Grifondoro. Con sua grande sorpresa si accorse di non essere l’unica mattiniera. «Voi cosa ci fate qui?! Perché siete già svegli?»

«Buongiorno anche a te, sorellina» replicò, annoiata, Nora, mentre era intenta a ripiegare l’uniforme da Quidditch all’interno di un borsone in cuoio.

«Ciao Alya! Come mai già sveglia?»

«Ecco… avevo delle commissioni da fare» rispose la ragazza in maniera elusiva, facendo molta attenzione a non incrociare lo sguardo inquisitorio di Adrien. «Voi, piuttosto, perché state recuperando l’attrezzatura? Pensavo che il campionato fosse stato sospeso.»

«Purtroppo, è così. In seguito alla distruzione del campo da Quidditch, il Preside Fu ha ritenuto più saggio sospendere il torneo.»

«Ciononostante, noi non vogliamo starcene senza far nulla!» aggiunse, prontamente, il figlio di Gabriel Agreste dando al suo capitano un’incoraggiante pacca sulla spalla.

«Non credo di aver ben capito…»

L’espressione smarrita della sorella fece sorridere Nora che, caricatasi la pesante borsa in spalla, le scoccò un’occhiata di noncuranza. Senza aggiungere altro, afferrò una giacca in pelle nera, poggiata su uno dei divanetti nei pressi del camino, e uscì dal ritratto della Signora Grassa. Sua sorella non poté fare a meno di sbuffare stizzita: detestava quel suo comportamento superiorità. Era consapevole che, essendo più piccola, dovesse in qualche modo sottostare alla volontà della maggiore: ma quell’atteggiamento così antipatico era troppo.

Notando il disappunto impressosi sul volto dell’amica, Adrien tentò di rincuorarla. Non si definiva certo un esperto di dinamiche familiari, ma dal canto suo aveva un buon bagaglio di esperienze dal quale poter attingere. Dopotutto, era convinto che non esistesse famiglia più complicata della sua: aiutare Alya sarebbe stato uno scherzo. «Sai bene che non lo fa apposta. Semplicemente si diverte a tenerti sulle spine. In fin dei conti, è compito dei fratelli maggiori… ehm… no, scusa… sorelle maggiori fare in modo che quelli più piccoli si disperino.»

«Ne sono consapevole, è solo che… che… non vorrei essere trattata sempre come una bambina!»

«Vedrai che non è così. Nora ti vuole bene e saprà dimostrartelo» le assicurò l’altro incamminandosi verso l’uscita della torre dei Grifondoro, «Comunque, noi andiamo al campo di allenamento. Andrew e Katami ci stanno aspettando: almeno ci divertiremo giocando un po’ a Quidditch.»

La figlia del Signor Césaire fece un segno di assenso con la testa. Tuttavia, poco prima che il ragazzo abbandonasse la stanza, richiamò improvvisamente la sua attenzione. «Ehi, Adrien! Toglimi una curiosità: come mai sei così ferrato sui rapporti tra fratelli?»

Il giovane Agreste, preso in contropiede da quella domanda a bruciapelo, si affrettò ad uscire dal quadro farfugliando una risposta ben poco convincente. «Ho… ho tirato ad indovinare. A-a-adesso devo andare, ci vediamo a pranzo!»

«Lei mi nasconde qualcosa, Signorino Agreste…» sibilò tra sé Alya incrociando le braccia al petto, mentre un sopracciglio si alzava in maniera sospettosa.

Rimase ad osservare il didietro della tela per alcuni istanti; poi, facendo spallucce, recuperò una cartellina porta documenti da uno dei tavolini. Era stata lei stessa a lasciarla lì la sera prima: aveva temuto di dimenticarla a causa della fretta. Senza quelle “carte” non avrebbe concluso nulla rischiando di sprecare un’occasione d’oro. Afferrato il giubbino beige dall’attaccapanni della sala comune, guadagnò l’uscita della torre. Com’era suo solito, prima di lanciarsi lungo la scalinata del castello, rivolse un affettuoso saluto alla Signora Grassa, che ricambiò amorevolmente.

Camminando a passo svelto, si diresse verso la Sala Grande. A quell’ora i corridoi di Hogwarts erano piacevolmente deserti: un senso di pace e sicurezza traspariva dalle pareti massicce. Incrociò soltanto qualche Prefetto del settimo anno e alcuni professori. Quest’ultimi, stupiti di vederla in piedi a quell’ora, le chiesero cosa l’avesse spinta a rinunciare a quel giorno di riposo. La figlia del Signor Césaire, però, si limitò a glissare le domande degli insegnanti. Non aveva alcuna intenzione di perdere altro tempo, la sua “missione” aveva la priorità.

«Ehi! Si può sapere che fine avevi fatto?! È un quarto d’ora che ti aspetto!»

«P-p-perdonami Nino…» ansimò Alya con il fiatone, mentre si sedeva su una delle panche al tavolo dei Tassorosso. «Nora e Adrien si sono messi d’accordo per farmi perdere tempo questa mattina. Tu, piuttosto, perché non sei venuto a cercarmi?! È facile rinfacciare standosene comodi.»

«Tu sei pazza, sorella! Sono stato il primo ad arrivare questa mattina: avevo tutto questo solo per me!» esclamò il giovane Lahiffe indicando l’abbondante colazione di Halloween presente sulle tavolate delle quattro casate.

Alya non se la sentì di dargli torto: non aveva mai visto così tanto cibo in vita sua. Dolci alla zucca, crostate di frutta e al cioccolato, biscotti di ogni tipo, cereali, bevande e succhi; ogni genere di pietanza era presente all’interno della Sala Grande abbellita a festa per l’occasione. Un numero infinito di candele fluttuava tranquillamente sul soffitto della sala, le cui fattezze avevano assunto la forma di un grigio cielo in vena di tempesta. Festoni arancioni dalle sfumature nere e curiose zucche parlanti, invece, erano appesi alle pareti.

I suoi genitori e sua sorella maggiore le avevano descritto diverse volte quanto fosse mistica e affascinante l’atmosfera di Halloween all’interno della scuola. Tuttavia, viverla sulla propria pelle rappresentava un qualcosa di completamente diverso. Era difficile da spiegare, neanche lei era in grado di trovare le parole giuste. Forse queste non esistevano nemmeno: per la comunità magica non c’era festività più importante di quella. Rappresentava l’affermazione della loro stessa esistenza agli occhi di chi, per un motivo o per un altro, non faceva parte di quel mondo.

Senza accorgersene, la ragazza fu rapita dal flebile riflesso di quelle piccole fiammelle che le sovrastavano la testa. Rimase con il naso all’insù, finché il suo compagno non la richiamò alla realtà dandole una pacca sulla spalla. «Allora… di cosa volevi parlarmi? Il tuo messaggio era così misterioso: non ci ho capito nulla.»
«Ehm… ecco… adesso ti faccio vedere» esclamò Alya aprendo la cartellina porta documenti e lasciandone scivolare il contenuto sul tavolo.

«Non dirmi che mi hai portato proprio oggi gli appunti dell’ultima lezione di Trasfigurazione!»

«Chiudi la bocca, babbeo e leggi!»

Inarcando le sopracciglia in segno di disappunto, Nino prese tra le mani uno dei fogli e sibilò tra sé alcune parole. Ricontrollò il documento altre due volte per essere sicuro di averne capito il contenuto, mentre l’altra fremeva alla sua destra speranzosa. «Se pensi ti diano il permesso, sei completamente fuori strada.»

«Perché non dovrebbero farlo?!» replicò seccata la compagna con le guance che si tingevano via via di un bel rosso fuoco.

«Non siamo in una scuola per Babbani, una cosa del genere non è stata mai fatta qui» puntualizzò il giovane Lahiffe sorseggiando un po’ di tè, «Sicuramente la riterranno inutile, per non dire infantile.»

Un macigno grosso quanto la statua dell’Architetto di Hogwarts piombò su Alya con estrema violenza. Quella stessa mattina sua sorella maggiore non aveva voluto rivelarle il motivo di quegli strani allenamenti e adesso il suo migliore amico l’aveva appena definita “infantile”. Avrebbe voluto urlare, ribellarsi a quell’etichetta che era solita vedersi attribuire; ma non ne ebbe la convinzione. Forse avevano ragione, era davvero un’idea troppo bislacca per poter funzionare.

Se prima di allora la scuola non aveva avuto la necessità di approvare progetti simili al suo, perché con lei sarebbe dovuto essere diverso? In silenzio raccolse i fogli sparsi davanti e li rimise al loro posto. Nino la osservava incuriosito: si sarebbe aspettato una maggiore resistenza, anzi quasi ci aveva sperato. Infatti, benché fosse folle, non era tanto dispiaciuto da quella proposta. «Allora lasciamo perdere? Non ci proviamo nemmeno?»

«A che servirebbe?» sospirò l’altra scuotendo la testa con rassegnazione, «Tanto è una fesseria. Come mi hai già fatto notare, ce la boccerebbero dopo aver letto la prima riga della bozza.»

«Sì l’ho detto, ma avevo anche ipotizzato che l’aggiunta di quattro unghie di salamandra invece di tre alla pozione l’avrebbe resa più profumata e invece…»

«E invece è saltata in aria l’aula della Professoressa Mendeleiev» ridacchiò Alya ritrovando magicamente il buon umore perduto.

«Visto?! Sono un disastro a dare consigli.»

«Ma non è la stessa cosa! Qui si tratta di un progetto non compatibile con l’ordinamento scolastico.»

«E allora? Nella peggiore delle ipotesi ci becchiamo una ramanzina!» tagliò corto il ragazzo afferrando la compagna per la manica del pullover per poi trascinarla verso l’ingresso. «Forza, andiamo dal Preside. Sono sicuro che a quest’ora sia già nel suo ufficio.»

Alya non oppose resistenza, era felice che ci fosse qualcuno a darle la carica di cui aveva bisogno. Nonostante quella missione si prospettasse un completo fallimento non aveva più paura. I dubbi e le preoccupazioni erano spariti nel nulla; come per magia la risata scaturita dalle parole dell’amico le aveva restituito forza e sicurezza. Così, senza rendersene conto, corsero mano nella mano verso l’ufficio del Professor Fu.

«Secondo te come facciamo a farlo spostare?»

«Non lo so. Credo occorra una specie di password, come mi disse Marinette.»

«Ehi, tu!» abbaiò in tono perentorio Nino all’imponente statua di grifone posta a protezione delle stanze del Preside di Hogwarts, «Spostati, dobbiamo parlare con il Preside Fu.»

«Senza parola d’ordine non potete accedere. Allontanatevi!» gli fece eco il gargoyle lanciando ai due un’occhiata glaciale.

«Avrei dovuto pensarci prima. Forse se avessi spiegato la situazione alla Professoressa Bustier non avremmo avuto problemi.»

«Non è colpa tua Alya, ma di questo ottuso pezzo di ferro!»

L’urlo di disappunto del giovane Tassorosso fu seguito dal tonfo sordo delle ossa del suo piede sinistro che cozzavano violentemente contro il duro metallo. Quel calcio non sortì l’effetto sperato: il guardiano dell’ufficio rimase immobile, il becco adunco dischiuso in una specie di sorriso denigratorio. «Adesso ti faccio vedere io di cosa sono capace!» ruggì il ragazzo estraendo la propria bacchetta, «Reduc…»

«Per quanto la sua inclinazione alla distruzione sia notevole, Signorino Lahiffe, non credo che quell’incantesimo possa funzionare.»

I due studenti si voltarono più in fretta che poterono. Alle loro spalle vi era un piccolo ometto che ridacchiava allegramente sotto i baffi grigi. Coperto da una pesante tunica blu oceano, osservava con curiosità le persone che aveva davanti a sé. Percepiva il loro imbarazzo, ma anche la soddisfazione di essere riusciti a trovarlo. «Mi stavate cercando?»

«E-e-ecco… s-s-sì, Professore» balbettò Alya nascondendo a fatica il rossore, impresso sul suo volto, dietro la cartellina porta documenti. «Vorrei parlarle di un… di un progetto scolastico.»

«E lui?» proseguì Fu, mentre indicava con il proprio bastone da passeggio Nino intento a massaggiarsi le falangi doloranti.

«Lui è un mio… un mio… amico! Sì, amico: mi aiuta a sviluppare l’idea che desidero sottoporre al suo giudizio.»

Il Preside fece un breve cenno di assenso con il capo e, senza aggiungere altro, con un semplice sguardo d’intesa, diede ordine al gargoyle di rivelare il passaggio segreto. Fece cenno ai suoi allievi di seguirlo all’interno della nicchia muraria; poi ad un suo schiocco di dita degli scalini in pietra li condussero al suo ufficio. «Lei ha un buon gusto in quanto ad amicizie, signorina Césaire. Sono sicuro che suo padre approverebbe» esclamò Fu aprendo la porta della stanza.

A quelle parole i ragazzi furono colti da una vampata improvvisa. Una piacevole sensazione di calore si impadronì dei loro corpi e, senza capirne il motivo, si sentirono più leggeri che mai. Il Preside, dopo aver preso posto dietro la massiccia scrivania posta al centro della torre, li invitò ad accomodarsi. Entrambi si sedettero dinanzi all’uomo e, non avendo il coraggio di aprire bocca, rimasero a fissarlo.

«Allora, di cosa volete parlarmi?» gli chiese dolcemente Fu, mentre osservava con curiosità crescente la cartellina che Alya stringeva tra le braccia. «Avete qualcosa da mostrarmi, forse?»

Rincuorata dal fatto che fosse stato qualcun altro a “rompere il ghiaccio”, la ragazza ebbe la forza di porgere un foglio alla persona che aveva dinanzi. Il Preside lesse attentamente per alcuni minuti, un lasso di tempo che a Nino sembrò durare un’eternità. Era divorato dall’ansia e, a differenza della sua amica, non era in grado di nasconderlo. Non desiderava altro che il professore esprimesse un parere, anche se negativo, in modo tale da concludere quella tortura.

«Dunque…» sibilò l’omino dietro la scrivania a voce così bassa che gli altri due furono costretti a sporgersi verso di lui, «si tratta di un giornale scolastico, giusto? Una specie di “Gazzetta del Profeta” di Hogwarts se non vado errato.»

«L’idea sarebbe quella di raccontare la nostra scuola e i fatti che avvengono al suo interno attraverso gli occhi degli studenti» spiegò Alya seguita da poco convinti cenni di approvazione del suo compagno.

«Come ti è venuta in mente quest’idea?»

«Ho pensato che, dato il crescente clima di insicurezza e preoccupazione, gli allievi della scuola dovessero essere informati, in modo tale da potersi difendere.»

«Sei consapevole che un progetto del genere non è in linea con i nostri obiettivi didattici?» sentenziò Fu scrutando ogni singolo centimetro del viso della sua interlocutrice.

«Io… io ne ero a conoscenza, ma…» biascicò timidamente la ragazza, venendo però interrotta all’improvviso. «Ma gli obiettivi di Hogwarts possono anche cambiare. Ci avete sempre detto che la magia non è statica, né oppressa da regole ferree. Perché noi dovremmo esserlo?!»

La voce acuta di Nino riecheggiò per l’ufficio. Alya sprofondò nella propria sedia: non doveva scattare in quel modo, ormai ogni speranza era perduta. Il Preside, però, non sembrava turbato bensì colpito da tanta determinazione. Lanciò un fugace sguardo alla piccola tartaruga apparentemente addormentata sulla scrivania, poi si schiarì la voce tossendo. «Molto bene, credo che per questa scuola si arrivato il momento di esplorare nuove strade.»

«Vuol dire che… che abbiamo il permesso?!» esclamarono gli altri due all’unisono scattando in piedi per l’eccitazione.

«Sì vi concederò il permesso e credo che la Professoressa Bustier sia ben disposta a farvi da referente, come da voi richiesto» precisò l’uomo alzandosi a sua volta dalla poltrona imbottita. «Tuttavia mi aspetto che tutte le Case siano coinvolte nell’iniziativa.»

«Certo, non ci sono problemi…»

«Compresi i Serpeverde, che a loro piaccia o meno.»

Alya e Nino si scambiarono un’occhiata lugubre. Non avevano minimamente calcolato “quella” Casa e di certo i suoi studenti non avrebbero voluto avere niente a che fare con loro. Il Preside, però, sembrava irremovibile, quindi furono costretti a farsi carico di questa responsabilità.

«Molto bene! Non vedo l’ora di leggere il primo numero: sarò il vostro abbonato più affezionato» cinguettò Fu offrendo ai due delle caramelle per festeggiare l’inizio di quell’avventura.

 
 
 
   
 
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