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Autore: Zena    08/10/2019    2 recensioni
#Writober2019 (Fanwriter.it) | 1392 parole | 08 ottobre: “biting”.
 
Erano fastidiose.
Arrossavano la pelle del polso e la sensazione di prurito non era da meno al dolore che ogni tanto accusava, nonostante l’abitudine stesse lentamente ricucendo il fastidio che il metallo continuava a procurargli.
Genere: Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: L, Light/Raito | Coppie: L/Light
Note: Missing Moments, OOC | Avvertimenti: nessuno
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Erano fastidiose.
Arrossavano la pelle del polso e la sensazione di prurito non era da meno al dolore che ogni tanto accusava, nonostante l’abitudine stesse lentamente ricucendo il fastidio che il metallo continuava a procurargli. Quelle manette erano più costrittive di una qualsiasi sbarra, carcere o prigione. Ma non poteva lamentarsi: quando lo faceva, o anche solo il pensiero lo sfiorava – era inquietante come attraverso un solo sguardo riuscissero a leggersi a vicenda –, Ryuzaki ribadiva con più sicurezza la sua convinzione che dietro di lui si celasse Kira.
Finché si trattava di stargli appiccicato nel quartier generale, a Light stava anche bene. Lo avrebbe fatto comunque, se avesse voluto collaborare alle indagini – in questo senso, non aveva molta scelta. Il vero problema veniva dopo, quando le ore lavorative terminavano e i due giovani si ritrovavano a far incastrare le loro impossibili tabelle di marcia. Ryuzaki non sembrava dormire. Aveva fatto disporre un letto per Light, abbastanza grande perché potesse sistemarsi come meglio desiderava, mentre lui continuava a lavorare al caso, seduto su una poltrona non molto distante, e di tanto in tanto gli capitava di addormentarsi così, raggomilato contro lo schienale, in un modo che Light reputava inquietante. Forse, se avesse avuto anche solo un mezzo ricordo di Ryuk, avrebbe creduto di vedere lo shinigami durante una delle sue crisi d’astinenza.
Gli unici momenti della giornata in cui era loro concesso privarsi delle manette era durante il cambio d’abiti, per una questione di mera necessità; persino durante la doccia Ryuzaki obbligava Light alle sue catene, aspettandolo dietro la porta del bagno. Non ci volle poi molto perché alcune abitudini iniziassero a venir condivise, per il benessere mentale di Light. Così stava terminando quella giornata, con Ryuzaki davanti allo specchio e Light alle sue spalle intento ad armeggiare con l'asciugacapelli.
«Ecco, Ryuzaki. Ho finito.»
Quell’intimità non gli piaceva per niente. Ryuzaki non contraccambiava i favori, inventando sempre una scusa – o una percentuale nuova – per evitare la propria metà del lavoro, spesso inciampando in qualche bisticcio con l’altra metà della catena. Ma Light era disposto a tutto pur di convincerlo di non essere Kira, anche se questo significava sacrificare buona parte dei suoi nervi.
Erano entrambi due ottimi bugiardi. Lawliet non riusciva a credere che quella del diciassettenne fosse solo una recita; se così fosse stato, avrebbe candidamente ammesso di star fronteggiando uno dei migliori – o peggiori, dipende dal punto di vista – burattinai mai incontrati in vita sua. Ogni sua percentuale era una menzogna, ogni sua resa non era mai tale. Light era Kira, di questo era sicuro. Ma come dimostrarlo? Neanche standogli appiccicato ventiquattrore su ventiquattro era riuscito a beccarlo con le mani nel sacco. Troppo perfetto. Troppo sospetto.
Finché noi due siamo ammanettati i nostri destini non si separeranno.
«Direi che è ora di andare a dormire, Light–kun.»
Si diressero verso la camera da letto. Come al solito, le loro strade si separarono: uno fece per accomodarsi sul materasso, l’altro balzò sulla poltrona, armeggiando con il portatile che Watari aveva comodamente sistemato per lui sulla scrivania lì affianco.
«Mi chiedo quando tu abbia intenzione di dormire.» Borbottò lo studente, ravvicinando le sopracciglia con aria perplessa.
«Dubito che gli shinigami ne abbiano bisogno.»
Light s’oscurò in volto, rifilandogli l’ennesima occhiataccia della giornata. «Ancora con questa storia? Quante volte devo dirti che io non sono...»
«Va bene...» Intervenne Ryuzaki, serafico, quasi arrendevole. «... Kira.» Proprio non riusciva ad astenersi dal provocarlo, sebbene ogni volta dovesse fare i conti con il piede o il pugno di Light pericolosamente vicino alla propria faccia; stavolta non riuscì a evitarlo, ma si premurò di restituirgli il colpo, stando ben attento a non urtare i mobili. Se in pubblico c’era sempre qualcuno pronto a intervenire per farli calmare – generalmente il buon senso –, nel privato s’erano ritrovati più e più volte a far botte per futili motivi. Light era sempre nervoso in compagnia del rinomato detective.
E Ryuzaki credeva di sapere il perché.

«Adesso basta con questa storia!» Sapeva benissimo che Lawliet non si sarebbe arreso così facilmente, e non poter affermare in modo definitivo la propria innocenza lo avrebbe portato comunque a essere uno dei sospettati. Prendersela così tanto poteva in parte dimostrare quanto il suo orgoglio si sentisse ferito nel vedersi paragonato al peggior serial killer della storia, ma al tempo stesso altro non faceva che attirare l’attenzione su di lui: tutta quella teatralità, offendersi tanto esplicitamente, poteva essere la messa in scena di un criminale oramai messo alle strette, costretto a negare l’evidenza. Eppure, per quanto si rimproverasse, non riusciva a non perdere la pazienza. Negli ultimi giorni, le accuse di Ryuzaki s’erano fatte sempre più insistenti e subdole; stavolta Light non poté trattenersi dallo spingere l’uomo contro la parete, le mani strette alla stoffa del pigiama, la presa talmente fitta da arrossare le nocche candide.
«Io non sono Kira, hai capito? Non sono Kira, non sono Kira, non sono Kira
Percepì il proprio battito cardiaco accelerare e il respiro farsi più pesante, a corto di fiato e con la gola in fiamme. Ryuzaki era rimasto fermo, la schiena adagiata al muro, gli occhi sgranati e lievemente infastidito da quell’eccessiva vicinanza. «Se non sei Kira,» esordì, «non dovresti agitarti per così poco, non ti pare?»
«Ma se non fai altro che ripetermelo!» Ringhiò, irrigidendo la mascella. «Come credi possa rimanere calmo davanti a un’accusa di questo genere? Prova a fare lo stesso con Matsuda o Aizawa, pensi che avrebbero delle reazioni tanto diverse?»
«No.» Ammise candidamente, assottigliando le palpebre. «Ma né Matsuda né Aizawa hanno degli indizi a loro carico, a differenza tua. Ogni pista che abbiamo analizzato sinora porta a te. Per questo» proseguì, mentre accerchiava i polsi del ragazzo, implicitamente invitandolo a lasciarlo andare, «adesso sei qui e loro no. Non credo che tu abbia bisogno di sentirti ribadire l’ovvio.»
«Che cosa speri di ottenere?» Quasi si ritrovò a ringhiare, lo sguardo incupito dalla rabbia. «Stai solo prendendo un granchio.» Si sentì ripetere per l’ennesima volta.
«Questo lo vedremo...» Esitò qualche secondo, senza riuscire a trattenersi dal pronunciare un’ultima volta: «... Kira.»

Forse era stata la frustrazione.
Forse era stato il nervosismo, il risentimento, l’orgoglio. Forse stava semplicemente impazzendo, dopo tutte quelle accuse infondate. O magari stava manifestando un disagio più grande di lui.
Stava baciando Ryuzaki.
Aveva intrappolato il suo labbro inferiore fra i denti, nella maniera più simile a un’aggressione che conoscesse. Lawliet abbandonò i suoi polsi per regalargli delle pacche sul braccio, come se gli stesse chiedendo d’allontanarsi; ma Light non si fermò, e anche il detective cedette. Non poteva lasciarlo vincere, nonostante si trattasse di un bacio – lo stavano facendo davvero? – e non erano più le loro intelligenze a sfidarsi. No: c’era qualcosa, in quel momento, che sembrava andasse oltre l’uso della strategia. Entrambi smisero di pensare.

Non ne parlarono più.
Ryuzaki smise persino di accusarlo così spontaneamente di essere Kira, quasi temesse che potesse accadere di nuovo. Per quanto ci rimuginasse sopra, non riusciva a comprendere come qualcosa del genere fosse potuto accadere. Eppure ne seguì un secondo, un terzo, un quarto bacio. Era diventato un gioco di supremazia: nessuno dei due possedeva l’istinto alla dolcezza, ma entrambi certamente tentavano d’imporsi l’uno sull’altro, e poco importava quanto dolore procurasse loro.

Ryuzaki crollò a terra, e Light si gettò con lui, tentando d’impedirgli di toccare il pavimento. Il suo corpo, quel corpo in cui a lungo aveva abitato, l’unico corpo di cui si fosse mai fidato, lo aveva tradito.
Stava morendo.
E Kira lo reggeva fra le braccia, lo sguardo colmo d’incredulità. C’erano state delle volte in cui aveva addirittura dubitato della sua umanità, chiedendosi se non si trovasse dinnanzi a un fervido esempio di tecnologia androide. Adesso, mentre il detective espirava i suoi ultimi respiri, gli appariva niente più di una marionetta identica a tutte le altre. Necessaria, forse, a mandar avanti lo spettacolo, a renderlo più coinvolgente; ma destinata a diventare legna da ardere. Le sue labbra s’inarcarono appena verso l’alto, il viso acceso dalla consapevolezza di avere finalmente la strada spianata per la propria causa: finalmente avrebbe potuto costruire il suo impero.
La sfida si era conclusa. Era riuscito a dominare, a porre sotto scacco il re avversario.
Era riuscito a prendersi L, a farlo suo per sempre.

Aveva vinto lui.
Aveva vinto la giustizia.

  
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