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Autore: armony_93    30/07/2009    1 recensioni
Muovo una mano e la poggio con fare consolatorio sulla sua spalla. Questo mio gesto scatena una reazione a catena che parte dal suo sguardo che dal terreno passa ai miei occhi, la sua mano mi stringe il polso con violenza provocandomi dolore, che comporta all’espressione del mio viso comparabile ad un foglio di carta velina rosa stropicciato.
-Che ti prende?-
Brontolo cambiando immediatamente direzione delle mie parole visto che stavo per chiedergli come fosse andata la giornata. Sento i suoi occhi penetrarmi nel profondo quando si perdono nei miei e non so per quale motivo, nonostante sia stato lui a recarmi un dolore fisico, distolgo lo sguardo colpevole di non so cosa.
-Vuoi…vuoi…passare…-
Sento la sua voce tremare tra quelle labbra morbide e come incantata alzo lo sguardo fissandole muoversi mentre un leggero tremito non riesce ad essere controllato.
Genere: Romantico, Commedia, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: OOC, Lemon, What if? | Avvertimenti: Incompiuta
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Bugie

Infilo un piede in cucina scrutandomi attenta attorno: non voglio che mia madre mi scopra qui. Così sgattaiolo, appena appurato che non ci sia nessuno, verso il frigo e benedicendo quella santa che è mia mamma estraggo una pesca dal contenitore e dopo averla lavata per bene la addento gustandone il sapore dolce e aspro al tempo stesso.

Eppure sorpresa delle sorprese, faccio un passo avanti e mia madre entra con un cesto dei panni tenuto con presa esperta contro un fianco e inarcato un sopracciglio mentre il suo sguardo si punta sulla pesca vedo un ghiozzo di ira attraversarle gli occhi prima di irrompere con voce acidula e indignata.

-Helen ma quante volte ti ho detto che la pesca così in giro per casa non la devi mangiare? A volte credo che tu sia sorda o forse dimmi Helen, parlo una lingua sconosciuta? A me pare di parlare l’italiano sai, mi sembra proprio che tutti mi capiscano eccetto te! Sei una cosa incredibile! Ho appena lavato per terra e tu te ne vai in giro con quella…quella cosa tra le mani!-

Ruotò gli occhi al cielo e avvicinandomi al lavandino le do un altro morso e la butto. Mi ha pure fatto passare la fame adesso. Mi giro e appoggiate le mani e la schiena contro il bordo della mensola le rispondo fissando un punto vuoto della stanza.

-Mamma…era solo una pesca!-

-Certo e le hai appena dato un morso e l’hai buttata! I miei complimenti! Se ti vedesse tuo nonno sai quante te ne direbbe, lo sai che secondo lui niente va buttato e questa volta concordo con lui perché non puoi pretendere che…-

Bla, bla, bla… Fissò il soffitto bianco, il mio sguardo si corruccia un momento e poi le labbra si tendono in un sorriso. Una macchia gialla si nota ancora anche se sono passati anni da quel giorno. Sul soffitto bianco perla l’unica pecca un po’ nascosta dal lampadario circolare spicca sul colore chiaro anche se ad uno sguardo meno attento sfuggirebbe alla vista.

Una mattina quando avevo solo tre anni mia madre aveva messo a cuocere nell’acqua le uova, per la cena, per farle sode. Io da brava bambina ero uscita di fuori a giocare sull’erba con il nostro cagnolino che era piccolo e innocente, lei mi aveva seguita fuori non volendomi lasciare sola e con le sue manie d’ordine avendo notato che il vialetto di casa era ingombro di foglie secche, aghi di pino, pigne e altra sporcizia si era armata di rastrello e scopa da giardino e aveva passato ore intere a pulire mentre io giocavo, la seguivo, rincorrevo Cookie (il cagnolino), la imitavo cercando di essere già a soli tre anni una brava donna di famiglia laboriosa. Quando verso la sera prima che mio padre rincasasse da lavoro si sentì un tonfo provenire dalla cucina. Mia madre si illuminò tutta di sorpresa e poi nonostante conosco questa storia solo perché mi è stata raccontata tante volte non potrò mai dimenticare l’espressione di orrore dipinta sul viso di mia madre. Corse rapida all’interno e quando raggiunse la cucina ritrovò le uova sparse in pezzi per tutta la cucina persino sul soffitto. Da quel giorno nonostante le ha provate tutte la macchia c’è sempre. Credo che con tutti i detersivi, i detergenti, tutti i suoi intrugli chimici che ci abbia elaborato sopra quel pezzo di soffitto sia diventato radioattivo. Sospiro quando sento che riprendo ad avere contatto di dove sono e con chi sono mentre il borbottio incessante di mia madre diventa meno ovattato e anzi si fa sempre più acuto. Abbasso lo sguardo e me la ritrovo davanti: quanto è passato? Pochi minuti, qualche secondo? Un giorno? Se…magari.

Sospiro nuovamente e mi stiracchiò le braccia sollevandole sopra la testa e mi accorgo da alcune parole che le sue labbra carnose stanno pronunciando che sta parlando del dopo guerra e di mio nonno. Sorrido di nuovo e mi avvicino lentamente separandomi dal lavandino. Cammino leggera, come se volassi sulle nuvole, come se sotto i miei piedi ci fosse aria e il mio corpo fosse una piuma.

Mi allungo sul suo viso segnato dagli anni ma ancora bello e giovane di donna matura e le stampo un bacio sulla guancia emanando uno schiocco violento che si propaga per la cucina.

La sua voce si spegne e diventa un borbotto di sottofondo mentre abbassa lo sguardo e io le cingo il collo con le braccia stringendola a me.

Si addolcisce tra le mie braccia e prova goffamente ad abbracciarmi con ancora la scopa in mano. Sorride e sento che erge le sue ultime barriere.

-…sempre così tu. Coccole, baci e moine pur di farti perdonare…-

-Tanto lo so che mi perdoni!-

Sorride divertita e mi fa una rapida linguaccia e la rivedo bambina e sorridente. Mi piace quando sorride. Poggiò il viso sulla sua spalla e me la coccolo un po’ poi improvvisamente mentre me la spupazzo meglio di un peluche mi ricordo di Robert e della vacanza. Mi faccio forza e stampandole un nuovo bacio le dico tranquillamente.

-Mamy quest’estate voglio andare al mare con Robert.-

Si irrigidisce e le sue mani cadono inermi sui fianchi. Ne prendo una e me la riappoggio attorno alla vita come mi stava abbracciando prima e incrocio silenziosamente le dita continuando rapidamente.

-Andiamo a casa sua al mare dove c’è la zia e lo zio ovviamente. Ci ospitano.-

La percepisco, sento i suoi dubbi, vaglia l’idea e poi da sfogo alle sue domande a mitraglia da me tanto temute.

-Zia e zio? I nomi?-

Seziono la mia memoria e mi ricordo alcuni nomi degli zii di Robert che mi ha descritto dalle foto. La casa appartiene seriamente agli zii ma non ricordo i nomi…dannazione! Vuole farmi crollare subito! Però ricordo le foto… Una coppia mi è rimasta particolarmente impressa, un uomo e una donna abbracciati dall’aria sbarazzina e spensierata. Marco e…. e…. Cristina per la miseria!

-Marco e Cristina!-

-Mmh…quante stanze da letto nella casa?-

Furba la donna qui, subito al sodo, mostra le sue paure per mettermi in difficoltà. Alzo le spalle indifferente e le dico sorridendo rassicurante.

-Tante, una matrimoniale e altre singole.-

-Spiegami la vostra idea.-

Dice incrociando le braccia e scrutandomi intensamente negli occhi. Odio quando fa così, sembra che voglia leggermi dentro e scrutarmi l’anima nel profondo. Prendo coraggio e parlo tranquillamente.

-Dato che gli zii vivono lì c’è tutto il necessario. Uno di questi giorni pensavo di partire se mi accompagnate, certo la strada è un po’ lunga ma scommetto che non vuoi che io salga in macchina con Robert anche perché sarebbe l’unico modo per potermi accompagnare oltre voi. Però dicono che non c’è l’autostrada è un paesino piccolo aldilà delle colline dove poco più in la ci sono le coste che vanno a strapiombo sul mare. Si insomma qualche ora di macchina e un po’ di curve cosa vuoi che sia?-

Sorrido affabile e vedo il pallore sul viso di mia madre. Lei soffre irrimediabilmente la macchina e se non è autostrada si è sempre rifiutata di salire sulla macchina. Il suo stomaco è molto debole e diciamo che ho fatto leva su questo punto. Sta tremando l’idea di accompagnarmi la terrorizza e il pensiero di mandare mio padre da solo la infastidisce. Rabbrividisce e dice con voce distaccata e leggermente innervosita.

-Infondo mi fido di te… scommetto che non farai nulla che possa spaventarmi insomma…hai diciassette anni e non mi hai mai dato motivo di ritirare la mia fiducia eccetto qualche sporadico caso. Poi Robert è un ragazzo molto responsabile, attento ai particolari. Voglio dire all’esame della patente non ha fatto nemmeno un errore alla teoria e alla pratica è da quando era piccino che suo padre gli insegnava come guidare…non è forse così?-

Annuisco decisa e anche falsamente sorpresa poi faccio un passo avanti e le chiedo con una risatina divertita.

-Che stai cercando di dire mamma?-

-Che…che puoi andare anche con Robert. Ma ad una condizione.-

Inarco un sopracciglio e la guardo intensamente negli occhi.

-Spara!-

-Che mi chiami ogni 15 minuti per dirmi dove siete.-

La vedo sogghignare e ho un sobbalzo. Non posso diamine! Non andiamo in macchina ma in moto ma di certo non potevo dirlo a mia madre. Sospiro di rabbia e dico fingendomi indignata.

-E per fortuna che ti fidavi di me! Quando sarà necessario ti chiamerò!-

-Ogni mezz’ora!-

Supplica leggermente incavolata. Gemo di sofferenza e parlo con voce tagliente.

-Ogni due ore, tanto sono solo tre o quattro ore di tragitto.-

-Ogni ora!-

Geme pestando un  piede a terra di rabbia come una bimba piccola. Io la imitò e mi impunto in preda alla preoccupazione di non uscire vincitrice da questo gioco rischioso.

-Ogni due ore! Ultima offerta!-

-Accettiamo!-

Irrompe mio padre entrando in cucina e lanciando uno sguardo a mia madre che si volta sorpresa verso di lui.

-Papy!-

-Richard!-

-Oh andiamo cara, Helen ci ha sempre dimostrato una certa maturità e un’evidente sincerità! Ha diciassette anni credo che posa benissimo affrontare il suo primo viaggio in macchina da sola!-

Sorriso con gli occhi quasi lucidi di commozione. Il mio papy che si fida di me. Sono commossa ma provo una fitta di senso di colpa. Gli sto mentendo ma non mi lascerebbero andare. Infondo non conto di fare nulla di sconsiderato da sola con Robert eccetto qualche bacio magari….più profondo e passionale. E va bene…un po’ spero magari che vada anche oltre ma non è il mio pensiero primario. Il mio pensiero primario è un bacio! Non chiedo altro!

Qualche minuto dopo esco trionfante da casa con un sorriso che va da una parte all’altra del viso e salto sulla mia bicicletta con una risatina gioiosa. Inizio a pedalare rapidamente e sento il vento che mi sfregia il viso. Dopo poche e sofferte pedalate sono a casa di Robert e scendo saltando giù. Mollo la bici e corro al campanello con il fiatone.

 

Continua…
  
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