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Autore: Shichan    30/07/2009    5 recensioni
«Non è cosa che ci riguardi. Latowidge vede studenti arrivare e studenti andarsene.»
«Quello è uno studente che non deve stare affatto qui.»
«Lo consideri una minaccia?» lo sfotté palesemente, sebbene il tono sembrava rimanere comunque piuttosto pacato, come poco prima. Un nuovo verso stizzito, simile ad uno schiocco di labbra che con la scarsa illuminazione non gli era possibile scorgere con lo sguardo.
Ma dopotutto, non aveva bisogno di vedere. Erano compagni da molti anni; sapeva “osservare” anche solo ascoltando.
«Non incrocerà la tua strada. E nemmeno la mia.» assicurò, concedendosi infine di chiudere gli occhi.

[Personaggi: Un po' tutti]
Genere: Drammatico, Sovrannaturale, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai
Note: AU | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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Disclaimer: il personaggi di Marcus e Clifton Lafayette sono di invenzione dell’autrice Yoko891

Disclaimer: il personaggi di Marcus e Clifton Lafayette sono di invenzione dell’autrice Yoko891.

Note: ringrazio Yoko per avermi permesso di utilizzare Marcus. Al contrario di Clifton (che viene e verrà solo nominato per fare numero XP), Marcus si rendeva necessario poiché il personaggio di Noah nasce strettamente collegato a lui. Grazie Yoko <3

 

 

La nostra “ordinaria amministrazione” è…

 

La cena si era svolta più o meno con una certa tranquillità.

Senza tornare sul discorso di Gilbert, Ada gli aveva indicato di tanto in tanto alcuni studenti che conosceva: come poté notare Oz stesso, la maggior parte erano dello stesso anno della sorella. Fra loro c'era stata Karin Hamilton, la ragazza incrociata proprio fuori dalla mensa prima di cena: era seduta al tavolo con un'altra ragazza dai capelli biondi e corti e l'aria irriverente - che Ada gli indicò come Sally McFinch - e un ragazzo dall'aria pacata e il sorriso gentile, i capelli scuri e abbastanza lunghi, tenuti in ordine da un nastro blu, che per un istante aveva scambiato per il fratello di Karin.

Ad un'occhiata più approfondita, insieme al nome suggeritogli dalla sorella - Clifton Lafayette, dunque un cognome diverso da quello di Karin - Oz aveva escluso quella possibilità. Il ragazzo in special modo, aveva detto Ada, era uno studente piuttosto brillante del suo anno.

L'attenzione di Oz, mentre lasciava vagare lo sguardo per la sala che andava lentamente svuotandosi, si soffermò anche su Noah che stava uscendo e che gli rivolse un saluto veloce e un cenno che stava a segnalare un "ci vediamo dopo".

«Ada, il capo dormitorio cambia per ogni anno?» domandò incuriosito, cercando quasi di individuare a occhio il loro - cosa impossibile anche con un numero di studenti ridotto.

Ada sorseggiò l'acqua, per poi dissentire col capo: «No, è lo stesso per tutti gli anni. C'è anche un vice capo dormitorio, comunque, in modo che quando sono assenti gli uni, ci siano gli altri.» spiegò.

Oz annuì, prendendo il proprio vassoio e allungando una mano verso quello della sorella, aspettando che lei glielo porgesse per portarlo a posto insieme al proprio. Quando lo ebbe riconsegnato e fu tornato al tavolo, Ada lo affiancò ed uscirono insieme dalla mensa.

Camminando per il giardino, approfittando di avere ancora tempo prima del coprifuoco imposto dal regolamento, Ada azzardò finalmente alla domanda che aveva evitato di fare appena si erano visti.

«Oz... come sta papà?» chiese, il tono quasi timoroso eppure era palese che cercasse di mantenersi rassicurante, e gentile. Lui sorrise apertamente: «Lavora un sacco come al solito! Nostro padre non cambia mai, non preoccuparti.» assicurò ridacchiando, le braccia incrociate dietro la testa mentre camminavano.

«E anche tu stai bene?» quasi parve incalzarlo. Lui spostò lo sguardo su di lei, una sfumatura di perplessità nelle iridi chiare. Infine, le sorrise con dolcezza: «Sì. Una scuola vale l'altra, e poi così posso controllare la mia sorellina, no?» scherzò su, riprendendo ad avanzare dopo aver rallentato appena alla sua domanda. Ada non lo affiancò subito.

Lo seguì inizialmente solo con lo sguardo, preoccupata e dispiaciuta: suo fratello mentiva così frequentemente e con così tanta naturalezza, eppure lo capiva ugualmente, se ne accorgeva come se di mentire non fosse mai stato davvero capace.

Sperava che almeno una delle due risposte non fosse una bugia, che almeno loro padre stesse davvero bene; e sperava anche che Latowidge avrebbe aiutato a far sì che anche Oz migliorasse, e non solo per rassicurare lei.

Lo vide voltarsi e chiamarla, il tono allegro, esortandola a sbrigarsi o l'avrebbe lasciata indietro: scosse appena la testa, accantonando per un attimo quelle preoccupazioni e affiancandolo dopo averlo raggiunto nuovamente.

 

Rientrò in dormitorio, dopo essersi salutato con Ada all'ingresso di quello femminile dove l’aveva accompagnata. Avviandosi alle scale aveva trovato più di qualche studente in sala comune, a chiacchierare per lo più. Si era anche intrattenuto per un po', fermato da un ragazzo: capelli scuri dal taglio corto e appena spettinato, gli occhi anch'essi neri, dall'espressione piuttosto apatica.

Si era presentato come Aedan Shaye, del terzo anno: «Tu sei il nuovo studente, Oz Bezarius.» aveva detto con un tono tale che al biondo era parso che più che una domanda, fosse un'affermazione. Aveva comunque annuito, inclinando appena il capo di lato, incuriosito dal suo essersi avvicinato. L'altro non mutò più di tanto espressione: «Il capo dormitorio non c'è, ma tornerà lunedì per le lezioni. Quindi da lunedì sera, devi scegliere un giorno per incontrarlo.» disse.

Sembrava che il suo compito fosse semplicemente riportare un'informazione affidata da un altro, a giudicare dal coinvolgimento della sua voce, praticamente inesistente.

«Anche se non ho nulla da chiedere?» domandò Oz. Dopotutto il regolamento era spiegato nei dettagli su quei fogli che gli avevano dato nel pomeriggio. Cercò di anticipare la risposta dell'altro dal suo sguardo o da un eventuale cambiamento d'espressione, che però non ci fu.

«Come ti pare. Io dovevo solo riportare il messaggio.» replicò nell'unico modo che Oz non avrebbe potuto prevedere in alcun modo. Chiunque si sarebbe aspettato che l'altro rispondesse un secco "sì, devi", o che magari gli assicurasse che non era obbligato a farlo subito, ma che prima o poi sarebbe stato il caso che si facesse almeno vedere.

Invece, una replica totalmente neutra come l'espressione, Aedan si congedò con un cenno leggero del capo senza aggiungere altro, né aspettare la sua risposta.

Lo vide andare in direzione delle poltroncine, prendendo posto ad una libera accanto ad un compagno - probabilmente dello stesso anno - che ridacchiò, rendendo partecipe l’altro del discorso nato con altri studenti.

Ancora un po' perplesso, Oz si era dunque davvero deciso ad andare in stanza e aveva quindi salito la scalinata, seguendo il percorso fatto con Noah e raggiungendo la porta giusta.

Non fece in tempo ad aprire, comunque, che per poco l’uscio non si aprì direttamente contro la sua faccia. Lo schivò per un pelo, indietreggiando e sbilanciandosi un poco.

Vide uscirne un ragazzo che gli ricordò in qualche modo l'uomo che lo aveva accolto nel giardino in quel modo strambo, al suo arrivo: i capelli di un biondo chiarissimo da sembrare quasi bianchi, ciò che colpì Oz furono gli occhi di ghiaccio.

Non solo per il colore chiaro, ma anche per lo sguardo freddo che li animava: indossava abiti pratici, ma aveva un'eleganza innata. Non era difficile immaginare che fosse di ottima famiglia e abituato ad una certa compostezza. Lo stesso viso aveva qualcosa di attraente malgrado l'espressione non fosse proprio l'emblema della cordialità in quel momento.

A seguire uscì Noah, il sorrisetto colpevole sulle labbra: «Dai, Marcus, non te la prendere.» cercò di abbonirlo il rosso, ridacchiando piano.

«Non me la sono presa, le tue cazzate restano le tue, non fraintendere ogni mio strafottuto atteggiamento.» sbottò quello, la grazia della sua figura completamente spazzata via dal momento stesso in cui aveva aperto bocca.

Oz sbatté un paio di volte le palpebre, sorpreso: aveva la stessa finezza di un giardiniere piuttosto rozzo, quel tipo. Noah, però, non solo non sembrava offeso ma rideva apertamente, quasi felice per quella reazione.

«Va bene, va bene. Mi auguri la buonanotte prima di andartene?» chiese, ed Oz si chiese seriamente se il suo sogno proibito quella sera non fosse farsi prendere a pedate dal ragazzo chiamato Marcus. Quest'ultimo sbuffò sonoramente, avvicinandosi e scompigliandogli appena i capelli: «Buonanotte.» sbottò di malavoglia.

«Buonanotte anche a te, Marcus.»

«Grazie a quelli che non mi fai pestare sarà una notte di merda, evita di prendermi per il culo Noah.» ribatté, la speranza di un qualche barlume di finezza ormai completamente sparita.

Allontanandosi, Marcus posò lo sguardo per qualche attimo su Oz, che ricambiò fra il sorpreso e il confuso. Non gli rivolse la parola, comunque, avviandosi dalla parte opposta del corridoio.

Oz spostò lo sguardo su Noah alla ricerca di una spiegazione - o della certezza che tutto ciò fosse in qualche modo normale - e il compagno di stanza gli sorrise rassicurante, facendogli cenno di seguirlo dentro.

Una volta entrato e aver richiuso la porta alle proprie spalle, notò che Noah era già in pigiama; lo vide buttarsi con aria beata sul proprio letto, affondando inizialmente la faccia nel cuscino come un ragazzino. Rimase in quella posizione per qualche tempo, ridacchiando a tratti per chissà quale pensiero - probabilmente, immaginò Oz, riguardava quel tipo che se ne era andato.

Approfittò comunque di quei minuti per cambiarsi a sua volta, tirando fuori il pigiama ed indossandolo. Quando anche lui si buttò di peso sul letto, rilassandosi, Noah sembrava essersi ripreso psicologicamente abbastanza da articolare una spiegazione.

«Quello è uno del terzo anno. Marcus dico.» se ne uscì, non l'inizio migliore per capire ma sempre un inizio. Oz si limitò soltanto ad annuire, incalzandolo a continuare.

«E' un po' sboccato, l'avrai notato, ma non è cattivo.» assicurò.

Oz sorrise: «Siete amici da tanto?» domandò, deducendolo dalla totale fiducia che traspariva dal tono dell'altro. Noah lo guardò per un attimo confuso, poi ridacchiò.

«Marcus è mio fratello.» disse lasciando di stucco Oz: «Fratellastro a dir la verità, e sua madre e mio padre neanche sono sposati ancora.» chiarì, spiegandosi meglio.

Oz ci pensò su un attimo: «Non avrei immaginato che potessi avere un fratello, o fratellastro.» ammise.

Noah lo osservò in silenzio, il sorriso strafottente che si faceva largo sul viso: «Hai presente che mio padre è un fotografo, no?» se ne uscì, apparentemente senza nessuna connessione al resto del discorso. Ad ogni modo Oz fece segno di sì con la testa.

«Sì, me l'hai detto oggi.»

«E hai presente che questa è una scuola di ricchi, sì?»

«Beh, sì, direi di sì.»

«Ho l'aria di un figlio di papà, Oz?»

«Nemmeno di striscio ad essere sinceri.»

«Ecco!» esclamò l'altro, come se finalmente avessero centrato il punto, assumendo poi un'espressione tranquilla, di chi sta per osservare casualmente che forse domani il tempo sarà nuvoloso: «La madre di Marcus è la metà ricca della famiglia. Papà e io siamo la metà stupida.» concluse, la faccia da schiaffi che aveva assunto un'aria troppo ebete per sperare di non scoppiare a ridere.

Parlava della ricchezza e della stupidità come le due metà di un DNA, una cosa che capita e allora la prendi con filosofia.

Oz ebbe la sua conferma: il motivo per cui lui sarebbe andato d'accordo con Noah, era che quest'ultimo era uno dalla mente decisamente semplice.

In altre parole, era assai probabile che condividessero la stessa dose si stupidità - in senso buono. Più o meno.

Scoppiarono a ridere entrambi, quasi in contemporanea; quando riuscirono a smettere, si guardarono per un attimo: «Appena possiamo te lo presento meglio.» aggiunse, come se non avessero mai interrotto il discorso. Oz annuì, rimanendo qualche momento in silenzio.

Quando si decise a parlare, aveva lo sguardo rivolto al soffitto, sdraiato sul letto a pancia in su: «Conosci molti studenti, anche degli altri anni?» domandò, ma sembrava in realtà una premessa alla domanda vera e propria.

Noah, probabilmente incuriosito da quella richiesta, annuì: «Non tutti, ma una buona parte. Soprattutto quelli del terzo e del quarto, perché sto spesso con Marcus o con Karin.» spiegò.

Oz soppesò qualche istante se proseguire o meno con la domanda vera e propria: «Conosci un Gilbert?»

Noah lo guardò praticamente allucinato: «Mica dirai Gilbert Nightray?» se ne uscì, stupito; uno stupore che Oz non capì, mentre confermava i sospetti di Noah.

«Sì. Intendo Gilbert Nightray, perché?» chiese, istintivamente sulla difensiva senza nemmeno accorgersene. L'altro sospirò, come se la sapesse lunga: «Beh, non ci ho mai parlato di persona. Ma è abbastanza famoso, o meglio lo è suo fratello Vincent.» assicurò.

Oz, assunse un'espressione confusa: che lui sapesse, Gilbert non aveva mai avuto fratelli. A meno che, adottato dai Nightray, non ne avesse acquisiti. Noah parve intuire quella confusione nell'altro e si limitò a continuare senza chiedere nulla.

«Non so tantissimo su di loro, ma Gilbert non parla con tante persone. L'ho visto dare davvero confidenza solo ai parenti che studiano qui, oppure a tua sorella Ada. Non so se è carattere, tipo che è riservato. Non mi sembra malaccio, pare uno a posto.» spiegò, tornando con lo sguardo - che si era posato sul soffitto quasi ad imitazione di Oz - sul biondo: «Perché ti interessa tanto?» chiese infine.

Oz, che aveva ascoltato quasi pendendo dalle sue labbra, non rispose subito.

«I parenti che studiano qui?» ripeté, perplesso: «Perché, tutto il casato Nightray è a Latowidge?» aggiunse, involontariamente ironico.

Noah ridacchiò, sistemandosi su un fianco, la mano destra a sorreggere il volto: «Più o meno. Cioè, se oltre ai due fratelli conti pure due delle guardie del corpo di famiglia e la cugina, sono un bel po' rispetto agli altri che al massimo hanno un fratello o una sorella, come me e te. Però la cugina mi ricordo che è una cosa a parte, ha anche il cognome diverso. So che non vanno tanto d'accordo. E anche se le due guardie del corpo rispondono all'iscrizione con il nome dei Nightray, tutti sanno che non sono i figli del capofamiglia.» concluse.

Oz, a quel punto, si prese qualche istante per riordinare le idee, rimanendo in silenzio.

Quando si voltò per chiedere altro, dopo un bel po' che non parlavano, lo notò: Noah dormiva della grossa, probabilmente addormentatosi senza che lui se ne accorgesse nemmeno.

Sorrise divertito; voltandosi su un fianco per mettersi a dormire, si lasciò sfuggire una risata leggera quando - mettendosi sotto le coperte - notò Noah sdraiato scompostamente sopra le sue, l'espressione ebete e beata mentre dormiva a bocca aperta mugugnando qualcosa di indistinto.

 

 

«…z? …Oz?» sentì chiamare, senza la minima intenzione di aprire gli occhi.

Erano così… pesanti. E lui così stanco, spossato.

«Lascia che riposi. La… è stata…» cosa? Cosa era stato come?

Quella voce era nuova e familiare al tempo stesso.

Quella voce era…

 

«Bella addormentata, ci svegliamo o no?»

Aprì gli occhi di scatto, sussultando appena. La prima cosa che rientrò nel suo campo visivo, fu la faccia sorridente e dallo sguardo iperattivo già di prima mattina di Noah.

Mugugnò qualcosa di insensato, tentando di girarsi dall’altra parte. Sentì ridacchiare, poco prima che coperta e lenzuolo venissero tirati via dandogli una spiacevole sensazione di improvviso cambio di temperatura.

Aprì gli occhi di malavoglia, cercando con lo sguardo la causa dell'assenza di quel tepore così piacevole: ai piedi del letto, Noah era di spalle di fronte all'armadio aperto di Oz.

Recuperò qualcosa appeso alla stampella e gliela lanciò al volo, sorridente: il biondo la prese più o meno fra le mani, notando che si trattava dei propri pantaloni. Li osservò perplesso mentre una camicia pulita e semplice gli arrivava più meno in testa coprendogli in parte la visuale.

La tirò via, tornando sull'altro che aveva entrambe le mani sui fianchi e in quel momento ricordava tragicamente una mamma - o una zia piuttosto ficcanaso.

«Dai, muoviti! E' già tardi per la colazione sai?» gli fece presente. Ancora mezzo assonnato, stropicciandosi un occhio e sbadigliando, Oz riuscì a mettere insieme qualche parola: «Mi sveglierai così tutte le mattine?» chiese a metà fra lo scherzoso e il preoccupato.

Noah ridacchiò: «Solo nei week-end probabilmente. Quando abbiamo lezione non mi sveglio io, figurati se sveglio te!» gli fece presente.

Oz ridacchiò: «E con le lezioni?»

«Ovvio. Se non mi sveglio, vuol dire che era destino che io continuassi a dormire! E chi sono io per oppormi al mio destino?» recitò falsamente melodrammatico, chiudendo le ante dell'armadio del biondo: «Forza, hai cinque minuti per essere lavato e vestito. Ho così fame che mi mangerò i tuoi vestiti se non mi fai fare colazione.» osservò, lo stomaco che gorgogliava quasi a voler sottolineare che lo avrebbe fatto sul serio.

Oz, recuperati vestiti e la roba pulita da mettere, ormai sulla soglia del bagno si voltò con aria eloquente e falsamente arrogante: «Anziché mirare ai miei vestiti potresti anche scendere in mensa, sai?» ironizzò.

Noah lo guardò con espressione di chi sa e si diverte alle spalle di uno che non può nemmeno immaginare cosa lo attende: «Tu non hai mai visto la colazione a Latowidge, perciò sii grato al fratellone Noah che si immola per proteggerti.» sottolineò.

«Proteggermi? Non ti affiderei una piantina!» disse con falsa aria da innocentino.

Noah gli tirò un calzino appallottolato che Oz evitò chiudendosi velocemente alle spalle la porta del bagno.

Una decina di minuti dopo - neanche Noah lo avesse cronometrato - uscivano dal dormitorio maschile e attraversavano il giardino fino all'edificio centrale e alla mensa.

«Allora, questo grande pericolo?» lo incalzò Oz, il tono palesemente scettico. Noah lo osservò con un sorrisetto furbo: «Oz, che esperienza hai con le donne?» se ne uscì senza un nesso.

Oz guardò davanti a sé, un po' a disagio. Insomma, se si parlava di come far piacere ad una donna dal punto di vista del Galateo, si poteva anche fare - non che ricordasse più di quattro lezioni ma, ehi!, qualcosa la sapeva!

Ma l'esperienza in altri campi si limitava a quando era un poppante che, come tutti i fratelli minori, ciarlava a proposito di voler sposare la propria sorella - ciò che, quindi, fanno quasi tutti i bambini.

«Perché, mi farai lezione su come diventare un perfetto gigolò?» ironizzò anche per togliersi d'impaccio. Noah ridacchiò: «Non penso ti sarei molto d'aiuto su quello, ma c'è una cosa che posso insegnarti sulle ragazze di questa scuola.» assicurò, ormai entrambi sulla soglia della mensa.

Si fermò lì, indicando nella sala: «Prova a dare un'occhiata verso i tavoli in fondo.» gli consigliò. Oz fece dunque capolino con la testa all'interno della sala, affacciandosi per poter vedere: non ci volle molto per capire a cosa si riferisse il compagno.

In fondo alla sala, appena staccati dal resto dei tavoli, ce ne erano alcuni in disparte: occupati per lo più da adulti, di loro Oz fu in grado di riconoscere solo lo strano tipo con la bambolina di pezza sulla spalla che aveva incontrato al suo arrivo. Al tavolo con lui stava un uomo che sembrava forse più giovane di un paio d'anni, ma non di più.

Capelli castani dal taglio abbastanza sbarazzino, aveva l'aria di uno che si sta rassegnando al fatto che la vocazione della sua vita è fare il maestro d'asilo - il cui unico bambino è proprio l'attuale compagno di tavolo.

Occhiali dalla montatura fina che al momento stava pulendo con l'apposito panno, indossava gli stessi abiti che aveva l'albino. Il quale, al momento, era appena piegato sul tavolo - quasi del tutto sgombrato - e fissava intensamente una pallina.

Sì. Proprio una pallina, neanche questa fosse un uccellino che dovesse spiccare il volo.

Oz cercò di capire cosa mai potesse aspettarsi dal piccolo oggetto, che vide l'uomo avvicinare la mano piano, quasi aspettandosi che la pallina scappasse spaventata, dandogli... un colpetto veloce.

Quella volò via, prendendo in pieno la testa di un uomo al tavolo accanto che dava loro le spalle. Nel silenzio della sala - cosa innaturale e che si era formato da un po', ora che ci faceva caso - vide la persona colpita alzarsi con calma.

Con molta calma.

E in seguito voltarsi velocemente mentre un libro prendeva il volo - e l'albino lo evitava con nonchalance e un sorrisetto da far innervosire anche un santo.

«Xerxes Break la mia pazienza ha un limite.» tuonò glaciale l'uomo lanciatore di libri - così lo aveva soprannominato Oz, in attesa di conoscerne il nome - guardando male l'altro che aveva assunto un'aria divertita degna della migliore faccia da schiaffi che Oz avesse mai visto.

«Quanto sei noioso Rufy.» si lamentò l'uomo chiamato Break, mentre il biondo temeva seriamente di vedere l'altro azzannarlo alla giugulare entro breve.

Ma, come si suol dire, il peggio doveva ancora venire.

In quel momento in cui la tensione si poteva quasi tagliare con un coltello tanto era palpabile, un solo ed unico suono riecheggiò nella sala sulla quale era caduto il silenzio.

«Aaaw, litigano di nuovo!» fu la frase pronunciata con un tono che fu un misto tra una malsana adorazione per la cosa e uno smielato entusiasmo.

Se non fosse stato così lontano, Oz avrebbe giurato di aver visto l'uomo che aveva lanciato il libro con la stessa espressione di chi si chiede silenziosamente per quale motivo Dio lo odia a tal punto da fargli penare tutto quello.

Mentre Xerxes Break se la rideva di gusto canticchiando: «Guarda, Rufy, le tue ammiratrici ti amano ~!»

Oz pensò che forse era solidale a quel tale "Rufy". Break, seppure a suo modo divertente, sembrava uno di quelli che ti rendono la vita un Inferno.

Non importa come.

Ce la fanno comunque.

Sentì Noah ridacchiare al suo fianco, mentre lo afferrava per un braccio e lo tirava verso di sé. Oz non fece in tempo ad alzare lo sguardo interrogativo verso di lui, che uno scalpiccio proveniente dall'ingresso attirò la sua attenzione: un gruppo di studentesse appartenenti probabilmente ai primi due anni, si affrettava verso la mensa.

Oz lasciò che passassero, tirato di lato dal compagno di stanza; quando furono passate, sentì Noah sbuffare divertito: «Ti presento il fan club del corpo docenti. Non sai quanto possono essere letali.» scherzò su, divertito come chi non si stanca mai di vedere una stessa scena, per quanto ripetitiva.

Oz lo fissò perplesso: «Stai scherzando?» chiese, anche se sembrava che nemmeno lui riuscisse a trattenere una risata.

Noah, varcando la soglia, si limitò a dire: «Aspetta di sentirle sospirare a lezione. Hanno una fantasia tale che il repertorio di frasi stucchevoli non si esaurisce mai.» assicurò ridendo e avanzando verso il banco per scegliere cosa mangiare a colazione.

Oz scosse la testa ridendo, seguendolo nella stessa direzione.

 

Dopo la colazione si erano divisi.

Noah aveva accennato ad una ricerca da finire per il lunedì successivo - o meglio, al dover chiedere a Karin se poteva aiutarlo a cominciarla dall'inizio, visto che tanto per fare una cosa diversa si era ridotto all'ultimo - dunque si era avviato verso la biblioteca.

Così, Oz aveva optato per farsi un giro e magari vedere se incrociava Gilbert: certo, era probabile che l'altro fosse tornato a casa con i fratelli. E, di certo, l'avrebbe potuto scoprire chiedendo in segreteria o magari controllando in dormitorio.

Ma non aveva idea di quale fosse la stanza dell'altro, né voleva sembrare una brutta copia di un maniaco ossessivo: non aveva nulla di così vitale da chiedergli. Oltretutto, erano sei anni che non si incrociavano nemmeno; non sapeva neanche esattamente di cosa parlare. I ricordi di quando Gilbert era a casa Bazarius erano piuttosto vaghi, e lui era un bambino praticamente.

Ed inoltre... molte cose erano diverse, allora.

«Ehi, tu, hai intenzione di stare lì ancora per molto o posso sperare che tu tolga il tuo sudicio piede dalla mia tracolla in tempi umani?!» sentì dire, la voce che proveniva dal basso.

Abbassò lo sguardo sul terreno del giardino, l'erba che profumava dell'odore tipico di quando viene appena tagliata.

Seduta in terra, la schiena contro il tronco dell'albero e lo sguardo puntato su di lui, stava una ragazza minuta ma dall'espressione palesemente seccata.

I capelli - la prima cosa che notò dopo lo sguardo dal colore ametista e soprattutto indispettito - erano castani scuri e parecchio lunghi, legati in due codini alti che le donavano un'aria sbarazzina e graziosa. Non indossava la divisa di Latowidge: il suo posto era preso da una camicetta bianca e senza particolari ricami e una gonna nera che sfiorava il ginocchio.

Oz sbatté un paio di volte le palpebre.

«Cos'è, oltre che cafone pure cieco?!» sbottò quella e, finalmente, il biondo individuò il proprio piede su parte della sua borsa a tracolla. Lo alzò subito, indietreggiando di un paio di passi e abbozzando un sorrisetto impacciato, la mano che andava a grattare appena la nuca.

«Mi spiace, non l'avevo vista.» ammise, il tono a mo di ulteriore scusa. Quella sbuffò, riprendendo tra le mani il libro poggiato sulle gambe senza una parola.

Oz ridacchiò: era certo di averla vista imbronciarsi.

Si sedette sull'erba, poco oltre la borsa; lei spostò lo sguardo lateralmente, su di lui: «Beh?»

«Posso farti compagnia?»

«Non la voglio la compagnia.»

«D'accordo.» replicò Oz con tono allegro senza muoversi di un millimetro. Lei sbuffò sonoramente, senza preoccuparsi certo di nasconderglielo, tutt'altro.

«Cosa vuoi?» lo incalzò, quasi fosse scontato che volesse qualcosa e che fosse intenzionata a capire cosa fosse al più presto per poterselo togliere di torno in fretta.

Oz ridacchiò: «Cosa leggi?» domandò senza rispondere alla sua domanda.

Lei, perplessa probabilmente dal suo essere così ottuso, spostò lo sguardo sul libro per poi riportarlo su di lui, l'aria beffarda: «Come occultare il cadavere di quello che ti si siede vicino con l'intenzione di romperti le scatole.» decretò.

Oz rise, sinceramente divertito, mentre la ragazza iniziava a maturare l'idea che quel tipo non fosse tanto normale, o che magari avesse uno spiccato gusto del macabro.

Il biondo, per contro, gli porse la mano con la chiara intenzione di fare conoscenza: «Oz Bezarius.» si presentò.

Lei parve sorpresa, ma dopo un leggero tentennamento strinse la mano - forse ancora sperava che, accontentandolo, poi si eclissasse: «Alice Lewis.» replicò, burbera. L'altro, stringendole la mano minuta di rimando, si ritrovò a pensare che fosse carina malgrado il modo di parlare o l'espressione che ti rivolgeva.

Forse, si disse, semplicemente non era abituata a fare amicizia?

«Come Alice nel Paese delle Meraviglie?» chiese - che domanda idiota e scontata.

Anche lei parve trovarla particolarmente stupida: «Quanti imbecilli ancora me lo chiederanno per il resto della vita?» sbottò infatti. Oz non parve offeso, però.

«Ma Alice di Carroll è un bel personaggio.» le fece notare.

Lei alzò il libro, rivelando proprio quello di cui stava parlando l'altro: «Alice di Carroll è semplicemente fuori di testa.» commentò.

Oz rise, indicando la copertina: «Però ti piace no? Altrimenti non lo leggeresti.» osservò acuto, troppo per i gusti della ragazza. Con un leggero rossore ad imporporarle le guance, spostò lo sguardo sulle pagine del libro a cui teneva il segno: «Tsk, rompiscatole.»

«Alice non trattarmi maleee!» si lamentò falsamente, prolungando la "e" finale come un bambino.

«Zitto, servo, mi deconcentri!»

«Ma come servo?»

«Ho deciso che sei il mio servo, se non ti sta bene levati! Mi stai disturbando!» ribatté lei innervosita da quel tipo assurdo che di tanta gente proprio lei doveva prendere di mira quella mattina.

Lui rise: «Oh beh. Se servo è il modo con cui Alice dice "amico", va bene!» esclamò stupidamente, rimanendole vicino e passando il resto della mattinata in sua compagnia.

Avevano pranzato insieme, unendosi al tavolo di Noah e Marcus - che, sebbene fosse sembrato meno nervoso della sera prima, non era certo meno sboccato, o così Oz aveva notato.

Nel pomeriggio si era invece separato da Alice; sua sorella Ada si era offerta di mostrargli almeno come raggiungere i posti principali della scuola, come la biblioteca o l'infermeria.

Oz aveva però assicurato alla maggiore di non doversi preoccupare certo delle aule delle sue lezioni: la comodità di avere un compagno di stanza dello stesso anno era anche quella.

Per i primi giorni avrebbe seguito Noah per i corridoi molto in stile cagnolino, e alla fine di certo avrebbe memorizzato i diversi percorsi per conto suo.

Percorrevano ora proprio uno dei corridoi per raggiungere l'atrio, chiacchierando: «Ah, aspetta.» lo richiamò lei indicandogli una porta che stavano oltrepassando proprio in quel momento.

«Cos'è?» domandò lui osservandola incuriosito.

«La stanza dove si riuniscono i capo dormitori, i vice capo dormitori e i capoclasse per discutere di quello che riguarda gli studenti. So che devi ancora parlare con lo studente a capo del dormitorio maschile, quindi penso che domani lo troverai qui.» assicurò.

Annuì, riprendendo a camminare ed informandosi riguardo che tipo fosse questo studente di cui non solo Ada, ma anche Aedan del terzo anno gli aveva in qualche modo presentato come qualcuno indubbiamente rigido e severo, seppur disponibile.

Mentre ormai svoltavano entrambi l'angolo, addentrandosi in un corridoio che si incrociava a quello, la porta che ai fratelli Bezarius era parsa chiusa, venne aperta ulteriormente, rivelandosi quindi già schiusa in precedenza.

«Dunque sarebbe lui.» commentò, atono. Le braccia incrociate al petto, la figura slanciata era poggiata con la schiena contro il muro, poco distante dalla porta che aveva aperto.

«Sì, si tratta del fratello di Ada Bezarius, che è nel mio dormitorio.» asserì pacatamente una voce femminile, le labbra incurvate in un sorriso rilassato, lo sguardo sull'altro.

Il viso voltato lateralmente e lo sguardo ancora sul corridoio ormai deserto, il ragazzo annuì impercettibilmente: «Cosa consigli di fare?»

«Per il momento, credo tu dovresti solamente conoscerlo come tutti gli altri, fratello. Fintanto che Aedan lo tiene d'occhio, non pensi sia sufficiente?» replicò, nel tono una sfumatura di bonario divertimento.

Spostò lo sguardo su di lei, annuendo: «Darò disposizioni ad Aedan perché continui ad occuparsene.» concluse quindi, aprendo del tutto la porta.

«Credo sia la scelta più giusta.» assicurò lei.

 

 

Quando raggiunsero l'atrio, la prima cosa che notarono sia Ada che Oz fu un vociare concitato dovuto ad alcuni studenti che occupavano l'ampio spazio che ospitava l'entrata dell'edificio.

Sembrava che la loro attenzione si fosse concentrata principalmente verso il centro, appena dopo il portone. Incuriosito Oz si avvicinò al gruppo di studenti più vicino, che aveva l'aria divertita.

Ada lo imitò, riconoscendo poco lontano Karin, alla quale si rivolse: «Karin, che succede?» domandò, una nota di preoccupazione nella voce.

L'amica, voltandosi e riconoscendola ridacchiò sommessamente: «Nulla di allarmante, Ada. I fratelli Nightray sono appena rientrati con gli studenti andati via per il week-end.» spiegò con semplicità.

Oz portò istintivamente lo sguardo verso il centro, dove anche gli occhi di tutti gli altri erano fermi.

«Ti era stato chiesto di tornare a casa, perché continui a fare di testa tua?»

«Non stressarmi, cugino, hai fatto il tuo compitino da bravo bambino, non vedo perché mai dovrei tornare in una casa non mia!»

«Perché per i tuoi comodi sono altre persone a finire di mezzo, mocciosa!»

«Mocciosa a chi, sottospecie di cane ammaestrato?!»

«Chi sarebbe il cane ammaestrato?!»

«Ti do due indizi: ce l'ho davanti e si chiama Gilbert Nightray!»

«Se sei rimasta alla stessa civilizzazione dell'età della pietra e non riconosci l'educazione non è certo colpa mia!»

Oz fissò la scena di un Gilbert molto diverso da come lo ricordava - l'aspetto fisico poteva essere simile, con i semplici cambiamenti canonici della crescita, ma il carattere era senza dubbio più irascibile di quanto lo ricordasse - e di una Alice che, a quel punto, era chiaro fosse la cugina dei Nightray di cui gli aveva accennato Noah.

A guardarli discutere così animatamente - con il ricordo, seppur vago, di un Gilbert timido e piagnucolone - Oz non sapeva se essere sorpreso, o se ridere di gusto.

Certamente non si era aspettato di essere chiamato in ballo, né che il primo incontro con Gilbert sarebbe avvenuto in maniera tanto rocambolesca.

Nei suoi piani, quella mattina, non aveva considerato Alice evidentemente.

Adocchiandolo chissà come fra i tanti studenti, la moretta aveva puntato il dito contro di lui: «Servo, vieni a dare una lezione a questo coso!» aveva quindi esclamato, facendo voltare in sua direzione non solo il "coso" - ossia Gilbert - ma anche buona parte dei presenti.

Quanto ad Oz, lui si era limitato ad indicare perplesso se stesso con il dito, come se non fosse sicuro di aver capito.

Riportando lo sguardo su di loro, incrociò quello di Gilbert: gli occhi dorati sembravano aver appena visto un fantasma. O qualcuno che, poco ma sicuro, non si aspettavano di vedere, soprattutto non così presto.

«...Oz?» chiamò, il tono basso, l'espressione stupita.

 

 

 

Note e ringraziamenti

Per quanto riguarda questo capitolo, l'unica spiegazione che serve credo sia riguardo Alice XD

Per il cognome, ho dovuto inventarne uno e mi è venuto spontaneo dargli il cognome che coincide con il nome dell'autore del libro "Alice in Wonderland" (Lewis Carroll) peraltro citato nello stesso capitolo.

 

La parentela con Gilbert... non ho proprio resistito XD

Dovendo e volendo ricreare l'atmosfera idiota nei loro litigi, ho optato per renderli cugini per poter far sì che le regole di buona educazione che (teoricamente) dovrebbero aleggiare a Latowidge non intaccassero il rapporto dei due.

Spero non vi incasini troppo XP

 

Innanzitutto un ringraziamento generale a chi ha letto (commentando e non) il primo capitolo. Vi ringrazio <3

In particolare, rispondo alle recensioni di:

 

LitaChan: ti ringrazio, e sono felice di sapere che mi seguirai X3 Per quanto riguarda l’ambiente scolastico, senza fare spoiler ti dico solo: tienilo bene d’occhio XD

 

artemis89: wow, addirittura catturato, grazie *-* Il nemico comune X°D Vedremo quanto impiegheranno prima di perire contro la scuola, allora. Quanto a Noah, non si sa cosa combinerà, ma la certezza è questa: saranno guai, visto il soggetto XD

 

Doremichan: è una liberazione sapere che la descrizione iniziale di Latowidge abbia dato un’idea di come è fatta la scuola. Essendo io una che predilige l’introspezione alla descrizione, su quest’ultima devo sempre fare il doppio dell’attenzione XD

Sono contenta che Noah abbia riscosso tanto successo, cosa che non mi aspettavo affatto sinceramente.

Inizialmente Gilbert non doveva nemmeno apparire in questo capitolo, ma c’è stato un cambio di programma XP

 

Yoko891: riguardo le virgole ne abbiamo già parlato in altra sede, quindi non mi ripeto anche qui xD

Già, i pochi personaggi per una trama scolastica sono l’unica vera pecca di questo adattamento. Ma suvvia, i nuovi personaggi tu già li conosci XD *indica Noah, Aedan, Karin e compagnia bella*

Break è inquietante, ma tutti gli altri docenti (o quasi) non sono da meno *muore*

Per Glen e Jack, penso ci vorrà ancora un po’, ma tu vivi dei miei spoiler, quindi… :3

 

makotochan: ed ecco il secondo capitolo che attendevi scodinzolante! E non è quel Noah, GYA. XD

Nel leggere la tua recensione ammetto che la prima cosa che ho pensato è stata: ah. Ma perché, io cambio stile da oneshot a longfic?

Forse perché sono l’autrice non noto il cambio di stile? XD Comunque, spero che anche questo capitolo ti sia piaciuto. Grazie di seguirmi <3

 

ShAiW: Ed eccoti accontentata, è apparso anche Gil, per gli altri Nightray boys ci vorrà ancora qualche capitolo perché appaiano tutti XD

Eeeeh, i due tipi che parlano saranno avvolti dal mistero ancora per un po’: l’unica cosa che posso dire, è che non sono gli stessi due ignoti di questo capitolo XP

Bellissimo il tuo “OzGil OzGil OzGil OzGil” XDD Ora si sono incrociati, staremo a vedere u.u

   
 
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