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Autore: acchiappanuvole    09/10/2019    1 recensioni
Dalle gallerie asettiche percorse da gente a maree contrarie, il suono di una chitarra rimbalza sui muri scrostati, vortica nell'aria respirata mille e mille volte, si espande come un richiamo che Reira segue accompagnata sempre da quella infantile, folle, speranza che cancella le leggi divine, le riduce a incubi dai quali è possibile svegliarsi e ritrovare ciò che si credeva perduto.
Genere: Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nana Komatsui, Reira Serizawa, Satsuki Ichinose, Shinichi Okazaki, Takumi Ichinose
Note: What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Ko si rannicchia un po’ contro il finestrino mentre la grossa Mercedes nera attraversa le vie di Tokio, Ren è addossato al vetro opposto, il silenzio è pesante fintanto che non è il ragazzo stesso, lanciando uno sguardo verso lo specchietto retrovisore, a mormorare un “mi dispiace” che si perde sospeso per qualche istante.  La luce rossa di un semaforo si riflette nell’abitacolo ricordando un vago effetto da film anni 80, qualcosa di un po’ sinistro e posticcio che conferisce al profilo di Takumi una luce grottesca.
“Questa volta non te la caverai con un mi dispiace.” Ribatte l’uomo premendo con nervosismo sull’acceleratore allo scatto del verde, “non puoi fare sempre quello che ti pare fregandotene del prossimo che, nel caso specifico, è tua sorella.”
“Non volevo certo ferirla, saremmo rientrati prima che qualcuno si accorgesse della nostra assenza.”
“Che è esattamente quello che è successo, giusto!?”
Ko si sporge un poco, ha le mani fredde ed un peso che le preme sullo stomaco “signor Ichinose la colpa è anche mia.”
“Non ne dubito,” lapidario Takumi “certe cose meglio farle con intelligenza o evitare proprio di farle.”
A Ko non sfugge la mano di Ren premuta sul sedile, stretta sulla pelle nera in maniera così forte da piegarla in tante piccole grinze. Non c’è tempo per ribattere altro, l’auto sosta davanti al locale, fermi all’entrata è facile distinguere Yasu e Nobu; Takumi scende sbattendo lo sportello e facendo segno ai due ragazzi di seguirlo, “ecco i fuggitivi” sbotta rientrando nel locale lasciandoli immobili come statue al fianco dell’auto.
“State bene?” chiede Nobu e gli viene istintivo poggiare una mano sulla spalla rigida di Ren attendendo risposta, il ragazzo si limita ad annuire distogliendo lo sguardo con amarezza ed un istante dopo Hachiko giunge trafelata, fermandosi un passo dietro a Nobu quasi indecisa sul da farsi non fosse per quel lieve tremore che la scuote tutta, un passo avanti e Ren avverte il veloce colpo sulla guancia, non forte ma la pelle sembra bruciare in profondità.
Ko china la testa “mi dispiace signora Ichinose, non se la prenda solo con Ren è stata anche colpa mia.”
“Ci penseranno i tuoi genitori” replica la donna “non vi è passato nemmeno per l’anticamera del cervello che qualcuno potesse preoccuparsi?”
Gli occhi di Ko si velano di lacrime “posso…posso vedere Satsuki?”
“Satsuki è a casa con Miu dato che era piuttosto agitata, come tutti noi dopotutto.” Yasu accende una sigaretta “ad ogni modo credo sia inutile stare a processarli ora, sono quasi le due del mattino e faremmo meglio ad andarcene tutti a dormire, dopo un buon sonno le cose si possono giudicare sotto una miglior prospettiva. Hanno fatto una bravata più o meno come è capitato a tutti noi, direi che non è il caso di farne un dramma.”
Nobu sorride rassicurante in direzione di Hachi “quello che importa è che stanno entrambi bene e tutto si è risolto nel migliore dei modi.  Come ha detto Yasu meglio andare tutti a farci un buon sonno, penserò io a riaccompagnare Ko a casa.”
Hachi sospira come se la tensione trattenuta fino a quel momento le si sciogliesse addosso in una colata stanca, “dov’è finito Takumi?”
“Credo sia andato al bar a farsi un goccetto tranquillizzante.”
“Ti sbagli pelato ho solo bevuto un bicchiere d’acqua e pagato gli strascichi di questa disastrosa festa,” rivolge un’occhiata a Ren, uno sguardo stanco che lo intima a risalire in macchina, “vi ringrazio per essere rimasti fino a quest’ora e scusate ancora la stupidità di mio figlio.”
Takumi non si perde in altri convenevoli ed Hachi a sua volta lo imita, Ko e Ren si guardano attraverso il vetro del finestrino e lei può chiaramente leggere un “ti chiedo scusa” su quelle labbra piegate in una linea sottile.
Poi è solo silenzio, altre strade da attraversare per raggiungere il quartiere di Shirogane, altre luci che sfilano davanti agli occhi di Ren. Da bambino si incantava ad osservare la brulicante vita che si muoveva tra le vetrine illuminate del centro, indicava persone e cose e dava loro nomi immaginari e storie immaginarie…ora vede solo ombre senza volto.
“Ren perché lo hai fatto?” Hachi si volta a guardarlo e Ren può chiaramente leggere la preoccupazione sul pallore del volto della madre, ogni camuffamento colorato ne è stato totalmente assorbito.
“Non lo so” risponde il ragazzo ed è la verità poiché non c’è una spiegazione differente da quell’impellente desiderio di fuga che aveva provato.
“Ci stai punendo?” prosegue Hachi e Ren rabbrividisce inconsapevolmente.
“Perché dovrei?”
“Dimmelo tu Ren, credo ci siano molte cose delle quali vorresti parlare e penso sia il momento di farlo, siamo la tua famiglia e vogliamo solo il meglio per te.”
“Lascialo perdere” Takumi le lancia un’occhiata “ora come ora non merita alcun tipo di considerazione.”
“Ed invece credo sia il momento giusto!”
“Beh allora aspettata di arrivare a casa e chiudere il sipario su questa giornata.”
“Sei stato tu a dire che dovevamo affrontare il discorso!”
“So quel che ho detto ma ti garantisco che non è questo il momento.”
“E quando? Sappiamo benissimo che si chiuderà a riccio nuovamente ed ad ogni modo, tanto perché lo sappiate entrambi, Ren non ritornerà in Inghilterra, non ho intenzione di separarmi da lui nuovamente.”
“Ti ho detto che non ne dobbiamo parlare in questo momento, okay?”
“So benissimo che avete l’aereo di ritorno domani sera.”
“C’è un solo biglietto ed è il mio, avevo già valutato l’idea di lasciare qui Ren!”
“Smettetela…smettetela…smettetela!” è un vetro che va in frantumi la voce di Ren, “fate sempre così come se io non ci fossi, come se io non potessi sentirvi! Ma io ci sono, sono qui maledizione! Cosa significa che rimarrò qui!?”
“Esattamente quel che ho detto.” Takumi parcheggia l’auto, lo sfavillante condominio è a pochi passi da loro come uno sfondo inopportuno. “
“Ho parecchio lavoro da sbrigare e non ho il tempo di stare dietro ai tuoi colpi di testa. Credo sia giunto il momento che tu trascorra del tempo qui insieme a tua madre e Satsuki.”
Ren si sporge in avanti, poggia una mano sulla spalla del padre affinché si volti a guardarlo “dimentichi la scuola e la band! Non puoi prendere queste decisioni senza consultami!”
“Tecnicamente posso ragazzino, dato che fino alla maggiore età rimani sotto la mia giurisdizione ciò implica che farai quanto dico.”
“Ti vuoi liberare di me!?”
“Pensala come ti pare.”
Ren allenta la presa, un’espressione incredula gli si dipinge sul volto, ma questo non pare sortire alcun effetto poiché Takumi scende dall’auto senza prestargli ulteriore attenzione. Ora è da solo con sua madre, sua madre che esita a scendere, che non lo guarda sebbene vorrebbe.
“Tuo padre ha ragione, forse è meglio rimandare le discussioni a domani.”
 
 
Satsuki ha le braccia strette intorno al cuscino, gli occhi ormai asciutti rivelano però il gonfiore dovuto al lungo piangere. Il cellulare squilla di continuo, ma Satsuki non risponde alle chiamate di Ko, si sente ferita e sa che un susseguirsi di scuse non farebbero altro che peggiorare la situazione. Avverte la porta d’ingresso aprirsi, voci sussurrate, altre porte che si aprono e chiudono.  I suoi sono rientrati e probabilmente Ren è con loro, fissa lo sguardo sul legno chiaro della porta, la vede socchiudersi e chiude gli occhi di scatto fingendo di dormire. La porta si apre, dei passi, qualcuno le siede accanto, un lieve spostamento d’aria, Satsuki resta immobile, non ha intenzione di ascoltare suo fratello, non stasera. Ma la voce che le giunge all’orecchio è più bassa e profonda, è la voce di suo padre.
“Mi dispiace principessa, ma ci rifaremo vedrai.”  
 Satsuki stringe le palpebre, “mi sento umiliata, è stato tutto un disastro” riesce a dire  “ sarò lo zimbello della scuola per chissà quanto.”
“Lo zimbello della scuola? Quanti dei tuoi compagni possono vantarsi di aver festeggiato il quindicesimo compleanno in uno dei locali più fighi di Tokio? Io ho visto ragazzini che ballavano e si divertivano, al massimo potranno parlar male di tuo fratello.”
Satsuki accenna un sorriso “mi pare il minimo.”  Siede accanto al padre poggiando la fronte contro la sua spalla “come sono stati i tuoi quindici anni papà? Cosa pensavi allora?”
Takumi sospira “tu non sai quanto vecchio mi faccia sentire questa domanda.”
“Non sei vecchio…”
“Eppure mi sembra siano passate mille vite da allora. Onestamente non ho mai festeggiato un compleanno, diciamo che a casa mia non si usava, ma è probabile io abbia passato il tempo da qualche parte a suonare con la band dell’epoca o a bere un po’ di alcol clandestino.”
“Precoce.”
“Stupido più che altro e tu non prenderla come giustificante per imitarmi, fino ai 21 al massimo puoi bere lo champagne per bambini.”
Satsuki sospira “ tranquillo non ho nessuna velleità da alcolista” il viso le si rattrista di nuovo “devi proprio partire domani?”
“Vuoi venire con me?”
La ragazzina si rianima “ e che faccio con la scuola?”
“Beh hai ancora una settimana di vacanza, potremmo girare per Londra, vedere musical… per quanto riguarda lo shopping Reira sarebbe ben contenta di farti da cicerone.”
“Mi piacerebbe” Satsuki si scosta “ma perché non possiamo vivere qui tutti insieme? Non posso credere che qui non troveresti lavoro.”
“E’ complicato.”
“Pare che tu e mamma abbiate lo stesso identico copione. E’ complicato. Che cosa è complicato?”
“Lo sai bene Satsuki, purtroppo quando si è adulti non si fa altro che incasinarsi la vita, ci si fa del male e spesso inconsapevolmente lo si fa anche ad altri. Vedi siamo tutti un gran branco di egoisti…”
Satsuki scuote il capo “ tu e mamma vi amate ancora?”
Takumi rimane in silenzio, “non so darti una risposta.”
“E’ semplice: o si o no! E non dirmi che è complicato perché mi metto ad urlare!”
“Vedi a quindici anni i sentimenti possono essere netti, ma da adulti ci sono un sacco di zone grigie, c’ un vissuto, ci sono delle situazioni…”
“Papà non sei mai stato vago nelle tue risposte, la giornata è stata già orrenda vedi di non metterci la ciliegina.”
“Io amo la mia famiglia. Credi che questo basti?”
“Comincia a non bastare più se domani prendi e te ne ritorni dall’altra parte del mondo.”
E per la prima volta Satsuki può vedere il rimpianto sul volto di suo padre, gli solca la fronte e gli spegne gli occhi scuri, occhi come i suoi; quante volte le era stato ricordato quando somigliasse a suo padre e lei, fin da bambina, ne andava fiera. Il mio papà è bello, il mio papà è un musicista, il mio papà vive oltre l’oceano in una città che si chiama Londra. Questa era stata la cantilena quando era bambina, suo padre visto come un eroe che riportava da quella città sconosciuta regali su regali, ma che poi lasciava il vuoto incolmabile di un’assenza incomprensibile. Ora Satsuki ha quindici anni e non può più raccontarsi favole, un regalo non può risollevare la pesantezza della mancanza, una carezza non può consolare, una frase fatta non stempera la rabbia. Così Takumi se la stringe contro, non dice nulla, l’abbraccia e in quell’abbraccio Satsuki è certa di sentire un abbandono, non è suo padre che la sta consolando ma lei che sta sostenendo lui.
 
 
 
 
 
 
 
 
  
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