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Autore: Badboy116    11/10/2019    0 recensioni
Pride è la storia di Giovanni, un bambino e poi un uomo bello e diligente. La vita di Giovanni è caratterizzata da una persona: Elena. Il loro è un legame troppo forte, un amore indistruttibile, che va oltre ogni relazione. Giovanni ha un segreto troppo profondo che non sa nemmeno di avere. Ma la loro amicizia, il loro amore, andrà oltre ogni cosa.
Pride è ambientato in una realtà cupa e grigia, in un rione dove la follia raggiunge il limite. Giovanni incrocerà Elena proprio in quella realtà.
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: Threesome | Contesto: Contesto generale/vago
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Capitolo 9

Ritornai da quella vacanza molto cambiato: divenni più aperto mentalmente, lessi riviste, iniziai a compiere indagini sul termine omosessualità e l'amicizia con Elena si saldò sempre di più. Cominciai le scuole superiori e mi iscrissi al liceo scientifico Mercalli di Napoli, proprio come suggeritomi dal presidente di commissione all'esame di terza media. La classe era numerosa: 28 ragazzi. Appartenevano tutti a famiglie molto ricche e prestigiose. Facevano a gara a chi avesse più soldi: feste, abiti costosissimi, automobili, orologi. I professori erano tutti severi, soprattutto il professore Gallo, che insegnava matematica e fisica. Aveva ben quattro lauree: matematica, fisica, informatica e ingegneria. Era un uomo alto, ben messo fisicamente e con capelli bianchi folti. Insegnava fisica all'università degli studi di Napoli Federico II. Tutti ne parlavano con alta stima e con devozione, ma allo stesso tempo lo ritenevano il professore più rigido dell'intero liceo. Ricordo che il primo giorno di scuola – l'11 settembre 2000 – chiamò due maschi e due femmine alla lavagna. Tra quelli c'ero anche io. Ci chiese i nomi e ci scrisse due disequazioni alla lavagna. Dovevamo svolgerle di gruppo: maschi contro femmine. Iniziarono le femmine: le due ragazze svolsero con qualche difficoltà l'esercizio che non risultava corretto. Infatti c'era un errore di conto nell'ultimo passaggio:

x – 4 > 5. Il risultato ottenuto da loro fu: x > 1.

Capii subito qual'era l'errore e alzai la mano.

“Ferraro, vuole aggiungere qualcosa?”

“Si, professore. Vi è un errore di conto nell'ultimo passaggio”

Mi avvicinai alla lavagna e aggiustai l'errore compiuto dalle mie compagne che mi guardarono in modo ostile. Il risultato giusto era: x > 9. Spiegai anche il motivo di quel risultato, parlando come un libro stracciato. Il linguaggio matematico mi risultò molto complicato. Il professore disse che mi trovavo e mi pregò di sedermi. Chiesi:

“l'altro esercizio?”

E lui mi rispose:

“me lo risolve il tuo compagno, tu hai già dato.”

Fui molto fiero di me stesso e per quell'intervento, ma sentivo gli occhi addosso di tutta la classe. Il pomeriggio studiavo senza sosta.

Il primo quadrimestre andò abbastanza bene, avevo solo un'insufficienza lieve in latino: cinque. Avevo sempre meno tempo per Elena, che continuava a lavorare nella macelleria. I nostri rapporti erano ottimi, spesso ci telefonavamo, ci vedevamo, giocavamo insieme. Ma solo quando né io e né lei avevamo da fare. Nei lunghi anni di superiori non ricordo granché. Feci amicizia con la mia compagna di banco, Carmen, una ragazza molto carina, alta, capelli neri come la pece e denti bianchissimi. I suoi genitori avevano una villa gigantesca a Posillipo, che affacciava sul lungomare di Mergellina. Una volta mi invitò a casa sua per studiare. La struttura era totalmente in stile moderno e, sul lungo corridoio che faceva da raccordo per tutta la casa, vi erano appesi giganteschi quadri di uomini e donne vestiti in modo molto antico. Lei mi spiegò che la sua famiglia in passato fu molto importante nel settore letterario. Suo nonno fu un politico nel periodo della seconda guerra mondiale e lottò duramente contro il fascismo. Suo padre non era mai presente in casa. Viaggiava in tutta l'Europa per congressi, lavori, convegni, assemblee. Era uno dei più importanti ingegneri d'Italia. Aveva collaborato nella realizzazione della costruzione di numerosi edifici in Francia, Spagna, Finlandia e persino in Arabia Saudita. La madre, invece, era una scrittrice di romanzi. Aveva pubblicato ben otto libri e col passare del tempo ottenne un pubblico molto vasto. Anche lei non era mai in casa: infatti era anche proprietaria di una casa editrice a Piazza Medaglie d'Oro, al Vomero.

Ricordo che una sera sia il padre che la madre di Carmen mi invitarono a cena in un prestigioso ristorante a Mergellina, vicino la villa comunale. Non ero mai stato in quei luoghi così raffinati e, soprattutto, non ero mai stato con persone così eleganti sia nello stile e sia nei modi. Mangiai tantissimo, anche perché approfittai che me lo avrebbero offerto i genitori della mia amica. Parlai a Diana, madre di Carmen, della mia passione per le scienze e per l'astronomia. Lei mi chiese se avevo qualche idea di cosa volevo fare dopo il liceo, ma risposi vagamente. Non ero ancora preparato per quel mondo.  

“Mia figlia di sicuro farà giurisprudenza” Ma vedevo negli occhi di Carmen non tanta allegria per quella facoltà. Infatti odiava giurisprudenza, ma i suoi genitori la obbligarono a compiere quel percorso visto che la maggior parte della famiglia era composta da avvocati e giudici.

Finita la cena, mi riportarono a casa con una Toyota Prius. Nel rione guardarono quell'auto come fosse un'astronave aliena. C'era chi commentava, chi urlava insulti, chi sputava a terra nel passaggio della vettura. Mi vergognai profondamente e Diana se ne accorse. Mentre scendevo mi disse quasi sussurrando:

“Non è il luogo che caratterizza una persona”

Mi commossi per quelle parole, feci un sorrisetto e filai nel palazzo.

 

Il mio compleanno capitava di Giugno. Il compleanno è un giorno in cui le persone smettono di essere falsi e ti scrivono cose del tipo ti voglio bene, sei speciale. Non avevo mai organizzato una festa di compleanno, ma nel periodo del secondo superiore mia madre decise di organizzarne uno a casa. Si impegnò molto nel cucinare, preparare e organizzare tutto. Invitai Elena, Carmen e tutti i miei compagni di classe. Ero molto nervoso perché non mi piaceva stare al centro dell'attenzione. Inoltre mia madre mi obbligò ad indossare una giacca di pelle. Sudai come un maiale anche perché per via della stagione calda. L'orario della festa era alle otto. Elena era rimasta con me già dal mattino per aiutarmi nell'organizzazione. Quando l'orologio scoccò le otto in punto, il campanello suonò per tutta la casa. Corsi ad aprire il portone in legno che separava l'appartamento dal resto del piano ma mi accorsi che c'erano soltanto Carmen e Michele, un nostro compagno di classe. Chiesi dove fossero gli altri ma mi risposero che nessuno poteva venire. Tutto il mondo mi crollò da sotto ai piedi. Volevo annullare tutto e andarmene, mia madre mi vide molto abbattuto e mi consolò dicendomi che i ricchi erano gente di merda, non importandosene di Carmen e Michele. Ma quelle parole non mi consolarono, anzi peggiorarono la situazione. Ma fu Elena ad rallegrare la situazione. Si avvicinò alle casse della musica e selezionò una canzone che ad entrambi piaceva.

“Gli amici sono la famiglia che ti scegli”

disse prendendomi le mani e muovendole a suon di musica. Accennai appena un sorriso e l'abbracciai. Le feci conoscere Carmen e Michele, andò subito d'accordo con entrambi. Dopo la musica, mia madre ci fece mangiare un panino con hamburger e patatine, qualche rustico e infine la torta. Michele e Carmen andarono via verso le undici mentre Elena restò a dormire da me. Da quel giorno odiai profondamente i miei compagni di classe. Non volevo che quelle brutte persone facessero parte della mia vita. Ci rimasi altamente male per quel loro gesto. Mi starete chiedendo perché ci rimasi male. Tempo dopo l'inizio del terzo liceo, verso la fine di settembre, scoprii che era tutto organizzato. Tutti pianificarono quell'assenza al mio compleanno per via dell’odio e dell’invidia nei miei confronti.

   
 
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