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Autore: Smeralda Elesar    30/07/2009    3 recensioni
I pensieri di Kanon subito dopo la sua rocambolesca evasione da Capo Sounion. Come presentazione non è un granchè ma ho un pò di fretta perche domani parto e non mi posso mettere a fare tanta filosofia. Prometto che quando ho tempo ne metto una migliore.
Genere: Song-fic, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Gemini Kanon
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
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Ancora una volta una canzone di “Notre Dame de Paris” a fare da sottofondo.

Non volevo scrivere un'altra fiction su Kanon perché ne ho scritte tante e non voglio diventare ripetitiva, però questa non riuscivo proprio a togliermela dalla testa e così ho deciso di pubblicarla lo stesso.

 

Libertà

 

Libertà, rabbia in te,                           Libertà… vita in me…

chiamala libertà.                                     Sogno in me…

Libertà, fuoco in te,                                                       Libertà…

chiamala libertà.

Libertà, stringila.

Vita in te, vivila.

Sogno in te, sognala.

Libertà, prendila.

 

 

Onde. Acqua sul mio corpo. Il rumore del mare. Provo ad aprire gli occhi. Cazzo, come mi bruciano!

Sabbia sotto di me. La stringo ed è soffice sotto le dita. Un'altra onda e mi trovo di nuovo con la testa sott’acqua. Acqua e sabbia. Mi entrano in bocca e non posso impedirlo. Sputo. Tossisco.

Cazzo, no! Non posso affogare proprio ora, sulla battigia! Non io, Kanon! Non dopo che ho affrontato gli abissi e ho vinto. Sono un generale dei mari adesso.

Cazzate. Sono solo un uomo. Un uomo che non vuole morire. Non ora. Non ora che sono di nuovo in gioco.

Le onde mi accarezzano. Certo. Come la carta vetrata. La sabbia mi strofina sui graffi che ho dappertutto e mi fa un male boia. Va bene così. Il dolore mi dice che sono vivo. Ancora vivo, nonostante tutto. Il dolore è la mia forza. Perché io lo affronto. E lo batto. Sempre.

Un’onda. Un'altra. Respiro acqua. Mi trascina sulla sabbia. Mi brucia. Dannazione se brucia! Devo alzarmi. Devo andarmene da qui.

“Forza, Kanon… puoi farcela…”

Sfrutto la spinta dell’onda successiva e mi ritrovo all’asciutto. O quasi. Almeno riesco a tenere la testa fuori dall’acqua. Posso respirare almeno. E questo mi basta. Capo Sounion. Là non potevo scappare. Cazzo, quante volte ho creduto di morire là dentro! Dieci giorni. Dieci giorni in prigione, chiuso come un animale in gabbia. No. Ormai è finita. Sono uscito. Sono libero. Mi sono ripreso la mia libertà. Vivere o morire adesso dipende solo da me e dalla mia forza.

Devo muovermi. No. Sono troppo debole. Troppo debole per alzarmi. Troppo debole per pensare. Cazzo, brucia! Sabbia sulle ferite. E sale.

“Alzati, Kanon, devi  farcela”

Quante volte me lo sono sentito dire? Tantissime. Era mio fratello Saga. Anche se ero distrutto da un allenamento lui mi spronava, mi aiutava a trovare dentro di me la forza di reagire. Un moto di rabbia. Dove sei, Saga? Perché non vieni a dirmelo adesso ? Maledetto bastardo, perché non sei qui ad aiutarmi? Saga! Un nodo mi serra la gola. No! Non posso piangere. Non per te. Maledetto! Perché non ci sei mai quando ti chiamo? Bastardo! Ti odio, Saga. Tu mi hai lasciato ad affogare. E non hai avuto il coraggio di starmi a guardare mentre morivo. Adesso te ne pentirai. Ti pentirai di tutto quello che mi hai fatto.

Volevi spezzarmi, e invece io sono sopravvissuto. Saga, giuro che questa te la faccio pagare. Ti pentirai di non avermi ucciso con le tue mani quando potevi. Te lo giuro, Saga, adesso che sono libero non mi farò fermare da nessuno. Neanche da te.

Stringo i pugni. Devo alzarmi. Lentamente mi giro, mi puntello sulle ginocchia. Brucia, cazzo, brucia! Mi mordo il labbro. Dei miei vestiti non è rimasto niente, sono nudo come un verme. Dopo tutte le volte che sono stato sbattuto contro gli scogli è già tanto se mi è rimasta addosso la mia pelle. Non ce la faccio. Come un verme posso solo strisciare. Adesso sei contento, Saga? Sei soddisfatto ora che io, tuo fratello, sono ridotto a meno del più miserabile insetto? Maledetto, giuro che pagherai anche per questo!

Respiro a fondo. Posso farcela. Brucia. Devo farcela. Mi tiro in piedi. Non c’è niente a sostenermi. Solo il mio orgoglio. Mi è rimasto solo quello. E la mia libertà.

Intorno a me solo la notte scura. E il rumore del mare. Il vento mi sferza forte. Brucia. Nel buio distinguo una macchia di alberi sulla spiaggia. Ci devo arrivare. E porca troia ci devo arrivare con le mie gambe. Senza strisciare. Un passo. Un altro. Cazzo, devo farcela! Stringo i denti. La distanza mi sembra enorme.

Andiamo, manca poco ormai…

Sì! Ce l’ho fatta! Meno male, non avrei potuto muovere un passo in più. Crollo a terra, su un tappeto di foglie. Cazzo, ma com’è che bruciano anche queste?

Non importa. Mi possono servire. Come Odisseo dopo il naufragio mi copro con le foglie per ripararmi dal freddo della notte. Bruciano, questo è vero, ma tutto sommato la sabbia era peggio.

Bene: vediamo un po’. Sono stanco. Scorticato. E non ho idea di dove mi trovo. Ma cazzo sono ancora vivo. E soprattutto sono libero.

Libero. Mi rendo conto solo adesso di cosa significa. Fuori da quella cella posso vivere o morire come diavolo decido io. Le mie ferite guariranno. Non so tra quanto, ma mi riprenderò anche questa volta. L’importante è che sono libero.

Libertà. Possibilità di lottare. Non voglio altro. La stringo a me come un amante. L’ho pagata con il mio sangue, ormai è mia di diritto e non me la farò portare via da nessuno. Non più. Mai più. Sono ridotto male, lo so, ma preferisco questo piuttosto che essere al tuo posto, Saga. Certo, in questo momento tu non hai dolori in ogni singola parte del tuo corpo, però fai più pena di me, vincolato come sei al servizio di una mocciosa in fasce. Patetico. Sei solamente patetico.

E stupido.

Tu e tutti gli altri Gold vi sentite chissà cosa con i vostri Cloth dorati, ma ve lo dico io, Saga, voi non siete niente. A cosa serve la vostra forza se è incatenata? Come possono uomini come voi accettare di sottomettersi ad un vecchio e ad una neonata? Siete solo dei codardi, ecco la verità. Avete paura di prendervi le vostre responsabilità e cercate di nascondervi dietro il Gran Sacerdote e Athena. Voi avete paura di usare la vostra forza. Io non ci sto.

Io voglio essere libero.

Forse rischio, lo so, ma sento che una vita di cui non sono padrone non vale la pena di essere vissuta. Per questo non mi pento.

Il pentimento è per coloro che si arrendono. Ed io non mi arrendo mai. Continuerò a lottare. Sempre. Per me stesso. Non mi piegherò mai a nessun dio.

Io non mi lascerò mai incatenare da nessuno.

Un soffio di vento. Un brivido di freddo. Mi brucia anche la gola adesso. Tossisco. Mi fanno male le costole. Tanto. Forse sono rotte.

Forse morirò qui stanotte. O forse sopravviverò di nuovo. Non lo so, so soltanto che sono di nuovo padrone di me stesso. Solo questo conta per me. Se morirò questa terra accoglierà le ossa di un uomo libero. Se vivrò accoglierà il suo nuovo padrone.

Vivere o morire. Non mi importa. Mi importa farlo da uomo. Posso perdere tutto. Ma non il mio onore. Non il mio orgoglio. E soprattutto non la mia libertà.

Non più. Mai più.  

 

 

   
 
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