Ancora una volta una canzone di “Notre Dame de Paris” a fare da
sottofondo.
Non volevo scrivere un'altra fiction su Kanon perché ne ho scritte tante e
non voglio diventare ripetitiva, però questa non riuscivo proprio a togliermela
dalla testa e così ho deciso di pubblicarla lo stesso.
Libertà
Libertà,
rabbia in te, Libertà… vita in me…
chiamala
libertà. Sogno in me…
Libertà,
fuoco in te, Libertà…
chiamala
libertà.
Libertà, stringila.
Vita in te,
vivila.
Sogno in te,
sognala.
Libertà,
prendila.
Onde. Acqua sul
mio corpo. Il rumore del mare. Provo ad aprire gli occhi. Cazzo, come mi
bruciano!
Sabbia sotto di
me. La stringo ed è soffice sotto le dita. Un'altra onda e mi trovo di nuovo con
la testa sott’acqua. Acqua e sabbia. Mi entrano in bocca e non posso impedirlo.
Sputo. Tossisco.
Cazzo, no! Non
posso affogare proprio ora, sulla battigia! Non io, Kanon! Non dopo che ho
affrontato gli abissi e ho vinto. Sono un generale dei mari adesso.
Cazzate. Sono
solo un uomo. Un uomo che non vuole morire. Non ora. Non ora che sono di nuovo
in gioco.
Le onde mi
accarezzano. Certo. Come la carta vetrata. La sabbia mi strofina sui graffi che
ho dappertutto e mi fa un male boia. Va bene così. Il dolore mi dice che sono vivo. Ancora vivo, nonostante tutto. Il
dolore è la mia forza. Perché io lo affronto. E lo batto. Sempre.
Un’onda.
Un'altra. Respiro acqua. Mi trascina sulla sabbia. Mi brucia. Dannazione se
brucia! Devo alzarmi. Devo andarmene da qui.
“Forza, Kanon…
puoi farcela…”
Sfrutto la spinta
dell’onda successiva e mi ritrovo all’asciutto. O quasi. Almeno riesco a tenere
la testa fuori dall’acqua. Posso respirare almeno. E questo mi basta. Capo
Sounion. Là non potevo scappare. Cazzo, quante volte ho creduto di morire là
dentro! Dieci giorni. Dieci giorni in prigione, chiuso come un animale in
gabbia. No. Ormai è finita. Sono uscito. Sono libero. Mi sono ripreso la mia
libertà. Vivere o morire adesso dipende solo da me e dalla mia forza.
Devo muovermi.
No. Sono troppo debole. Troppo debole per alzarmi. Troppo debole per pensare.
Cazzo, brucia! Sabbia sulle ferite. E sale.
“Alzati, Kanon, devi farcela”
Quante volte me
lo sono sentito dire? Tantissime. Era mio fratello Saga. Anche se ero distrutto
da un allenamento lui mi spronava, mi aiutava a trovare dentro di me la forza
di reagire. Un moto di rabbia. Dove sei, Saga? Perché non vieni a dirmelo adesso ? Maledetto bastardo, perché non
sei qui ad aiutarmi? Saga! Un nodo mi serra la gola. No! Non posso piangere.
Non per te. Maledetto! Perché non ci sei mai quando ti chiamo? Bastardo! Ti
odio, Saga. Tu mi hai lasciato ad affogare. E non hai avuto il coraggio di
starmi a guardare mentre morivo. Adesso te ne pentirai. Ti pentirai di tutto
quello che mi hai fatto.
Volevi spezzarmi,
e invece io sono sopravvissuto. Saga, giuro che questa te la faccio pagare. Ti
pentirai di non avermi ucciso con le tue mani quando potevi. Te lo giuro, Saga,
adesso che sono libero non mi farò fermare da nessuno.
Neanche da te.
Stringo i pugni. Devo alzarmi. Lentamente mi giro, mi
puntello sulle ginocchia. Brucia, cazzo, brucia! Mi mordo il labbro. Dei miei
vestiti non è rimasto niente, sono nudo come un verme. Dopo tutte le volte che
sono stato sbattuto contro gli scogli è già tanto se mi è rimasta addosso la
mia pelle. Non ce la faccio. Come un verme posso solo strisciare. Adesso sei
contento, Saga? Sei soddisfatto ora che io, tuo fratello, sono ridotto a meno
del più miserabile insetto? Maledetto, giuro che pagherai anche per questo!
Respiro a fondo.
Posso farcela. Brucia. Devo farcela. Mi tiro in piedi. Non c’è niente a
sostenermi. Solo il mio orgoglio. Mi è rimasto solo quello. E la mia libertà.
Intorno a me solo
la notte scura. E il rumore del mare. Il vento mi sferza forte. Brucia. Nel
buio distinguo una macchia di alberi sulla spiaggia. Ci devo arrivare. E porca
troia ci devo arrivare con le mie gambe. Senza strisciare. Un passo. Un altro.
Cazzo, devo farcela! Stringo i denti. La distanza mi sembra enorme.
Andiamo, manca
poco ormai…
Sì! Ce l’ho fatta! Meno male, non avrei potuto muovere
un passo in più. Crollo a terra, su un tappeto di foglie. Cazzo, ma com’è che
bruciano anche queste?
Non importa. Mi
possono servire. Come Odisseo dopo il naufragio mi copro con le foglie per
ripararmi dal freddo della notte. Bruciano, questo è vero, ma tutto sommato la
sabbia era peggio.
Bene: vediamo un po’.
Sono
stanco. Scorticato. E non ho idea di dove mi trovo. Ma cazzo sono ancora vivo.
E soprattutto sono libero.
Libero. Mi rendo
conto solo adesso di cosa significa. Fuori da quella cella posso vivere o
morire come diavolo decido io. Le mie ferite guariranno. Non so tra quanto, ma
mi riprenderò anche questa volta. L’importante è che sono libero.
Libertà.
Possibilità di lottare. Non voglio altro. La stringo a me come un amante. L’ho
pagata con il mio sangue, ormai è mia di diritto e non me la farò portare via da nessuno. Non più. Mai più. Sono
ridotto male, lo so, ma preferisco questo piuttosto che essere al tuo posto,
Saga. Certo, in questo momento tu non hai dolori in ogni singola parte del tuo
corpo, però fai più pena di
me, vincolato come sei al servizio di una mocciosa in fasce. Patetico. Sei
solamente patetico.
E stupido.
Tu e tutti gli
altri Gold vi sentite chissà cosa con i vostri Cloth dorati, ma ve lo dico io,
Saga, voi non siete niente. A cosa serve la vostra forza se è incatenata? Come
possono uomini come voi accettare di sottomettersi ad un vecchio e ad una
neonata? Siete solo dei codardi, ecco la verità. Avete paura di prendervi le
vostre responsabilità e cercate di nascondervi dietro il Gran Sacerdote e
Athena. Voi avete paura di usare la vostra forza. Io non ci sto.
Io voglio essere
libero.
Forse rischio, lo
so, ma sento che una vita di cui non sono padrone non vale la pena di essere
vissuta. Per questo non mi pento.
Il pentimento è
per coloro che si arrendono. Ed io non mi arrendo mai. Continuerò
a lottare. Sempre. Per me stesso. Non mi piegherò mai a nessun dio.
Io
non mi lascerò mai incatenare da nessuno.
Un soffio di
vento. Un brivido di freddo. Mi brucia anche la gola adesso. Tossisco. Mi fanno
male le costole. Tanto. Forse sono rotte.
Forse morirò qui stanotte. O forse sopravviverò di nuovo. Non lo so, so soltanto che sono di nuovo
padrone di me stesso. Solo questo conta per me. Se morirò questa terra accoglierà le ossa di un uomo libero.
Se vivrò accoglierà il suo nuovo padrone.
Vivere o morire. Non
mi importa. Mi importa farlo da uomo. Posso perdere tutto. Ma non il mio onore.
Non il mio orgoglio. E soprattutto non la mia libertà.
Non più. Mai più.