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Autore: Animista_    16/10/2019    1 recensioni
Dopo Babel, Ofelia e Thorn fanno ritorno al polo. Pensavano di aver finalmente trovato la tranquillità, ma i pericoli sono sempre in agguato.
ATTENZIONE: è ambientata dopo il terzo volume. Se non lo avete ancora letto... Affrettatevi!!!!!
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Raccolta | Avvertimenti: Spoiler!
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Thorn se ne stava seduto, rigido come un palo, sul bordo del letto. Era teso, si disse Ofelia, ma lo capiva solo perché lo conosceva fin troppo bene. Le sue lunghissime dita, tamburellavano sul ginocchio, ed alternava occhiate furiose a sguardi di ghiaccio.
Erano chiusi in una stanza dell’Hotel Royale, circolare, arredata con mobili color oro e porpora. Ofelia se ne stava in un angolo, aspettando la sfuriata che tardava ad arrivare.
Nonostante Thorn le avesse vietato di partecipare al ricevimento in onore del compleanno di Faruk, lei aveva disubbidito. Ormai vivevano al Polo, o quel che ne restava, da quasi 2 mesi ed erano state rarissime le volte in cui era stata vista in pubblico.
“Non dovevate venire. È troppo pericoloso per voi, lo capite?” disse agganciando il suo sguardo. Il suo viso appuntito si era contratto in una smorfia di dolore. Da quanto era stata fulminea, quell’espressione era quasi sembrata uno spasmo.
Ofelia si avvicinò al letto, stando ben attenta a rimanere sempre nel suo campo visivo. “Quante volte dobbiamo dimostrarcelo che siamo al sicuro solo se stiamo insieme?” disse con un filo di voce.
Lui appoggiò  una mano sulla sua spalla e pian piano scese lungo il braccio. Non parlava. Era uno di quei rari momenti in cui Thorn non sapeva cosa dire.
“Vi ho già persa per quasi tre anni” sussurrò “Ogni giorno è stato un tormento. Non posso permettere che accada di nuovo”
Ofelia si sentì invadere da un fuoco, quel fuoco che si accendeva solamente per Thorn, non bruciava, splendeva.
Gli passò le dita sul viso, accarezzando il sopracciglio spaccato dalla cicatrice, indugiò sul mento appuntito e scese fino alla clavicola.
Thorn ebbe un fremito e si alzò di scatto, anche se a causa della gamba offesa, i suoi movimenti non avevano più il vigore di un tempo.
“Dovremmo tornare alla festa” disse asciutto “Ci staranno cercando”.
“No, non lo faranno” disse Ofelia risistemandosi gli occhiali che le stavano scivolando sul naso.
Lui la guardò spaesato “Cosa intendete dire” chiese con una strana luce negli occhi.
Ofelia si avvicinò lentamente, per guardarlo in viso dovette impegnarsi davvero molto, il suo busto sembrava non avere fine.
“Dico che oggi è il compleanno di Faruk” sussurrò “ma a mezzanotte sarà il mio, vogliate scusarmi se mi sono permessa di rapirvi, ma ho intenzione di festeggiare con voi” disse sfilandosi i guanti da lettrice ed appoggiandoli sullo schienale di una sedia lì vicino.
Con molta lentezza si mise a sbottonare la camicia immacolata, senza smettere di guardarlo negli occhi. I suoi occhiali la tradirono, iniziarono lentamente a colorarsi di un leggero rosa, erano imbarazzati quanto lei. Thorn le mise una mano intorno al polso e bloccò i suoi movimenti.
“Aspettate” disse con un filo di voce. Si assicurò che la porta dietro di lui fosse ben chiusa a chiave, dopodiché, con un movimento abbastanza goffo, ma ricco di energia, la prese in braccio e si diresse nuovamente verso il letto.
Il cuore di Ofelia stava letteralmente esplodendo. Ormai avevano preso confidenza con i reciproci corpi e lei sapeva come e cosa fare. Thorn, era un amante appassionato, alternava movimenti vigorosi a carezze soffici. Nonostante il loro matrimonio non fosse partito nel migliore dei modi, Ofelia si era più volte pentita di non aver approfondito prima quell’aspetto della loro relazione, lui era cambiato, meno rigido, meno impostato. Qualche volta le aveva addirittura sorriso in presenza di altre persone, ma quando erano da soli, si trasformava. Non era più il brusco uomo che l’aveva portata al Polo contro la sua volontà, era un marito premuroso, forse un po’ troppo, che sapeva regalarle momenti di tenerezza infinita. Era riuscita a passare indenne attraverso quelle altissime mura che si era costruito tutt’intorno.
Era suo. Per sempre.
“Riuscirò mai a stancarmi di voi?” chiese nel cuore della notte. Ofelia era raggomitolata contro il suo enorme petto, riusciva a sentire il freddo dell’acciaio che gli avvolgeva la gamba storpia. Si strinse ancora di più a lui. “Questa domanda dovrei farvela io” rispose lei “Siete sempre stato molto più  bravo di me con l’autocontrollo”.
Lui si girò per guardarla dritta in viso. Un leggero fascio di luce lunare attraversò le tende e gli illuminò il volto. I suoi occhi di ghiaccio, in quel momento danzavano, accesi da una luce che poche volte Ofelia aveva scorto. “Voi mi avete cambiato. Non sono più l’uomo di un tempo. Se prima la mia unica preoccupazione erano il mio lavoro ed il mio onore, ora le mie prospettive sono cambiate. Il mio unico impegno che conta, siete voi” lo disse con solennità, senza l’ombra di un tentennamento. Ofelia si sentì gli occhi colmi di commozione. “Oh Thorn” fu tutto quello che riuscì a dire, prima di incollare nuovamente le labbra alle sue e riprendere i festeggiamenti del suo compleanno, da dove li avevano lasciati.
   
 
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