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Autore: Redferne    16/10/2019    7 recensioni
Tra Nick e Judy sta accadendo qualcosa di totalmente nuovo ed inaspettato.
E mentre Nick cerca di comprendere i suoi veri sentimenti nei confronti della sua collega ed amica, fa una promessa a lei e a sé stesso: proteggerla, a qualunque costo.
Ma fare il poliziotto a Zootropolis sta diventando sempre piu' pericoloso...
Genere: Azione, Drammatico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Capitan Bogo, Judy Hopps, Nick Wilde, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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CAPITOLO 65

 

 

 

 

 

CRISI (SECONDA PARTE)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Non riusciva proprio a rialzarsi.

Non riusciva più a farlo. E nemmeno ci stava provando.

Non ne aveva la forza. SENTIVA CHIARAMENTE di non avercela.

Si trovava ancora in preda allo choc e al terrore, e non la finiva più di piangere.

Le poteva percepire. Le percepiva una ad una ed una dopo l'altra, mentre gli scendevano lungo le guance fino a lambire e a percorrere le parti esterne sia delle braccia che dei polsi. E che si trovavano ancora dove le aveva messe poco prima, poggiate ad angolo retto sulla superficie stradale per poi poggiarci sopra la propria testa.

Per non farsi vedere. Per fare in modo che non la potesse scorgere nessuno, subito dopo che si era inginocchiata sull'asfalto per dare sfogo alle sue emozioni.

Le erano come affiorate sottopelle, appena scampato il tremendo pericolo. Come se gli fossero sgorgate direttamente da dentro. Dal fondo della propria anima.

Doveva essere stata proprio quest'ultima, a farlo. Per esultare, per celebrare, per festeggiare il fatto di essere ancora viva e vitale. Insieme al corpo che muoveva, e che la racchiudeva.

Non era paura, dunque. E neanche tristezza. E nemmeno dolore. Era...

Era GIOIA. La gioia di ESSERCI ANCORA.

Di ritrovarsi ancora sulla faccia di questa terra a parlare.

A pensare.

A respirare.

Fino a pochi istanti prima...quelle tre cose, all'apparenza così banali quanto scontate...NON LE ERANO PIU' SEMBRATE TANTO TALI.

Avrebbe potuto davvero FINIRE TUTTO.

STAVA DAVVERO PER FINIRE. TUTTO QUANTO.

GAME OVER.

Per questo motivo adesso, almeno agli occhi DEL SUO CUORE, che come da sempre si dice dovrebbe scorgere le cose nella loro SEMPLICITA' ed ESSENZIALITA...tutto gli appariva SPECIALE. UNICO. IRRINUNCIABILE. Al punto di giustificare la reazione a cui il suo corpo aveva appena deciso di dare vita.

Una reazione perfettmente NORMALE. E COMPRENSIBILE, date le circostanze. Ma che lei, dallo sparuto angolino di RAZIONALE FREDDEZZA che le era risuscito di mantenere nonostante tutto, aveva giudicato una tantinello ESAGERATA e COMPLETAMENTE FUORI LUOGO.

Non vi erano motivi, almeno a parer suo, di alzare in alto i calici e mettersi a brindare.

Lei si era forse salvata. FORSE.

Era piuttosto spaventata, ed oltremodo malconcia. Ma era VIVA.

Era ANCORA VIVA. ALMENO PER ADESSO. Almeno per i PROSSIMI SECONDI.

Ma c'era gente, tutto lì intorno, che era sicuramente conciata PEGGIO. MOLTO MA MOLTO PEGGIO DI LEI. A partire da...

Una nuova, ruvida e spinosa fitta le partì dal petto. Ed in concomitanza ad essa...un'altra pioggia salata dalle ghiandole situate subito sotto ed ai lati delle palpebre.

Gocce di mare pronte di nuovo a cadere sulle sporgenze e sulle radure ricoperte dal manto nocciola e rossiccio dei suoi arti superiori.

Ma quella pioggia era troppo acida per poter donare la vita. Costituiva tutto il contrario di quella che secondo certi capoccioni delle accademie scientifiche eoni prima dovette adibire proprio a quel compito, quando prese a precipitare proprio sulla crosta del globo terracqueo che la daina stava calpestando, in buona e folta compagnia di miliardi di altri suoi più o meno simili appartenenti alle specie ed alle razze mammifere più disparate.

Era uno SFOGO. SOLTANTO UNO SFOGO, nulla di più. Non per un'esistenza che viene alla luce, ma per una che é SFUGGITA ALLE TENEBRE CHE ERANO STATE DAVVERO AD UN PASSO DALL' AVERLA INGHIOTTIRLA.

PER SEMPRE.

Non per una che era nata, ma piuttosto per una che L' AVEVA SCAMPATA.

Ci aveva provato, a TRATTENERSI. E a TRATTENERLE.

Di nuovo. Esattamente come aveva cercato di fare con quelle di prima. Ma era inutile. La VOGLIA, la TENTAZIONE di farlo...erano TROPPO FORTI.

PRATICAMENTE IRRESISTIBILI.

Le lasciò andare. E SI LASCIO' ANDARE.

Nella maniera più fragile, intima e delicata che un essere vivente ha a disposizione per reagire alla disperazione. Nella maniera più FEMMINILE, si sarebbe potuto dire. E visto che LO ERA, il paragone risultava senza dubbio azzeccato.

Qualche maligno avrebbe potuto sicuramente lì qualche commento bello velenoso, mettendosi ad insinuare con una punta di malcelato disprezzo che le FEMMMINE, ad un certo punto...quando non sanno più cosa fare...FANNO QUELLO.

Anzi...ALTRO NON SANNO FARE, SE NON QUELLO.

E' la loro ARMA.

Mettersi a FRIGNARE.

E forse quelle malelingue dovevano proprio aver ragione, sotto ad un certo punto di vista.

Non era dipeso da lei, nonostante le apparenze. Sia il pianto che i brividi, che adesso avevano iniziato a scuoterla e tenerla lì inchiodata nel posto dove si trovava...NON AVEVANO CERTO BUSSATO ALLA SUA PORTA E CHIESTO IL PERMESSO.

Erano partiti. COSI'. Come se fossero la cosa più naturale del mondo.

PER UNA FEMMINA, s'intende.

UNA MISERABILE, INSULSA FEMMINA.

Che vergogna.

CHE VERGOGNA.

Sembrava una cucciola impaurita e sperduta in mezzo ad un bosco buio, e circondata da belve fameliche pronte a balzarle addosso per poi divorarla. E spartirne infine i resti, composti giusto da qualche osso da rosicchiare. E da farci giusto il brodo, per chiunque tra quei mostri fosse ferrato una volta che si ritrovasse alle prese con pentolini e fornelletti da campo.

Che vergogna.

Ma dov'era finita la Maggie, la sé stessa che conosceva e stimava? La tizia dura, ben inquadrata e resistente come il ferro? La ragazza dalla grinta feroce, determinata e dalle idee ben chiare che aveva giurato a sé stessa di diventare?

E che aveva giurato di diventare,anche se in silenzio e solo col pensiero, davanti a suo padre quando eran ancora in vita e davanti al nome di suo padre quand'egli non era ormai più parte di questo mondo?

DOV' ERA, ADESSO?

Che gliela tirassero fuori, da dove si era nascosta e rintanata.

BUM. Se qualcuno o qualcosa fosse rimasto, di quella tipa TOSTA TOSTA ...che si presentasse. Che venisse allo scoperto. Che battesse un colpo.

Dov'era?

Dove si era cacciata?

Niente.

Sparita.

Completamente svanita. Dileguata. Anzi...

In quel momento i sentiva proprio come se NON FOSSE MAI ESISTITA.

Era come se quella parte di lei non fosse stata altro che UN SOGNO. UN' ILLUSIONE.

Un'immagine di sé stessa che si era creata ad arte per occulatre, per mascherare la sua vera essenza. E di cui aveva finito per INNAMORARSI, e di non poterne più fare a meno. Al punto di arrivare a sostituirla con la vera sé stessa. Quella reale. Trovandola INAMMISSIBILE.

A dir poco INACCETTABILE.

Giustamente, tra l'altro. Visto che non si trattava altro che di una NULLITA'. Buona solo a piagnucolare, come tutte le FEMMINUCCE.

Un FETICCIO, ecco cos'era la vice – sceriffo MAGDALENE MAY THOMPSON. Nient'altro che un IDOLO da preservare e venerare, cercando al contempo di assomigliargli il più possbile.

Ma adesso, a fronte di un a minaccia di proporzioni a dir poco APOCALITTICHE...davanti ad un disastro di livello URAGANO TROPICALE FORZA CINQUE come quella che si era abbattuta su tutti quanti loro e sull'intera cittadina, gli idoli erano ormai crollati.

Le statue sono le prime a CROLLARE, nel corso di una catastrofe. Gli DEI sono i primi ad andarsene, ed i primi a cui si smette di credere. Per il semplice motivo che NON HANNO FATTO NULLA PER IMPEDIRLO, nonostante le preghiere.

Si scopre che NON SERVONO PIU' NIENTE. Che non sono serviti a niente. E quindi...dopo che vengono abbattuti NON LI SI RICOSTRUISCE NEMMENO PIU'.

NON SI PERDE NEMMENO TEMPO, a tentare di farlo. Perché...

Per ché NON ESISTE NESSUN DANNATISSIMO DIO, ecco qual'é l'amara verità.

Eccola, visto che si insite così tanto a volerla sapere. Ad ogni costo.

Altro non rimane che rimanere GENUFLESSI a DISPERARSI, lamentandosi e maledicendo sé stessi, il destino e gli Dei. Per tutto quello che era accaduto, per tutto quel che si era perduto e per tutto quello che non si era riuscito a conservare e mantenere.

E ad una prima occhiata ed impressione...era proprio QUEL CHE STAVA FACENDO LEI. Né più né meno.

Non le era rimasto NULLA. PIU' NULLA.

DI NUOVO.

Di nuovo le avevano portato via tutto.

Ancora una volta.

E come quella volta non aveva saputo inventarsi di meglio che reagire ALLO STESSO MODO.

Nella MEDESIMA MANIERA.

E poi hanno il coraggio di dire che l'esperienza insegna. E che le cose, CAMBIANO. E DI CONTINUO, per giunta.

Qui, nonostante fosse passato del tempo, e pure PARECCHIO...non era cambiato UN ACCIDENTE.

Che vergogna.

Una vera vergogna.

Altro che femmina con i COSIDDETTI CHE NON HA MA CHE COMUNQUE GLI FUMANO E FANNO SCINTILLE. Altro che agente integerrima.

Adesso come adesso non era altro che UNA MOCCIOSA BUONA SOLO A RIMANERSENE LI' PARALIZZATA A PIAGNUCOLARE E CHIAMARE IL PAPARINO PERCHE' VENISSE IN SUO SOCCORSO, AD AIUTARLA.

Non le riusciva proprio di fermarle, quelle STRAMALEDETTISSIME LACRIME. Così come non le rusciva nemmeno di rimettersi in piedi.

Non le riusciva neanche di PENSARCI, a farlo.

Se solo ci avesse provato, se avesse anche solamente OSATO, lui...

Lui L' AVREBBE UCCISA. Lì sul posto. Seduta stante.

Non poteva farlo. Non poteva farcela. Quel MOSTRO...

Quel mostro era ANCORA LI', proprio davanti a lei.

Non se n'era andato. Non lo aveva fatto per davvero.

Se ne rimase dunque così. Quasi in uno stato SEMI – CATATONICO.

Rannicchiata, tremante e piangente. In preda alle reazioni più istintive da parte del suo corpo e provenienti dal più profondo della sua coscienza. Quelle che da sempre si cercano di OCCULTARE, dato che rimuoverle non é proprio possibile. Specie nelle persone più fragili. Ma che quando non ce la si fa proprio più...ESPLODONO TUTTE QUANTE INSIEME. Per COMPENSARE TUTTO IN UN A VOLTA LA LORO MANCANZA FINO A QUEL MOMENTO. E senza che si possa fare più nulla per arrestarle o bloccarle, nonostante lo si desideri con ogni grammo delle proprie forze ancora disponibili.

Le si può solo SUBIRE.

IN SILENZIO.

IL DOLORE. L' UMILIAZIONE. Ed il DIVERTIMENTO misto a FINTA COMPASSIONE da parte di chi osserva. Anche perché, in realtà...NON GLIENE IMPORTA ASSOLUTAMENTE NULLA DI CIO' CHE STA ACCADENDO. Di quel che TI STA ACCADENDO.

Basta solo che NON ACCADA A LUI. Solamente questo conta.

NON CADETE, gente.

Pregate con tutta la vostra fede di non ritrovarvi mai SULL' ORLO DI UN PRECIPIZIO, oppure IMMERSI FINO ALLA GOLA IN UN ACQUITRINO COMPOSTO DI PUTRIDA MELMA.

No. NON SI DOVREBBE MAI CADERE, nella vita. Perché...

Perché nessuno, NESSUNO, vi tenderà una zampa per aiutarvi. Al massimo...ve la porgerà con l'unico intento di BUTTARVI DI SOTTO. O di FARVI SPROFONDARE.

DEL TUTTO.

Per permettere al vostro destino di COMPIERSI. E per NASCONDERVI ALLA LORO VISTA.

Proprio come si é cercato di fare fino a un attimo prima con i propri sentimenti e sensazioni più AMARE e SGRADEVOLI.

Il prossimo, quando vi vede così...vi vuol soltanto TOGLIERE DI MEZZO. Per il semplice fatto che NON VI SOPPORTA.

URTA LA VISTA ED IL CUORE, vedere uno ridotto così. Perché rappresenta, ricorda a tutti gli altri, ad ognuno di loro...LE PROPRIE DEBOLEZZE. Ricorda il fatto che ce le hanno ANCHE LORO, con l'unica differenza che forse sono un filo più ABILI e FURBI da MASCHERARLE MEGLIO rispetto alla maggioranza della gente.

Aveva ragione il tale steso a terra a qualche metro di distanza, poco più in là.

Aveva avuto ragione da vendere. SACROSANTA. Anche se solo col pensiero.

 

Non farlo MAI.

NON MOSTRARE MAI I TUOI PUNTI DEBOLI.

MAI. Oppure...

Oppure NE METTERAI LA GENTE AL CORRENTE. E loro...

Loro TE LI RITORCERANNO CONTRO.

Li USERANNO PER FARTI A PEZZI.

E RIDERANNO, mentre te lo faranno.

Rideranno PROVANDOCI PURE GRAN GUSTO, a vederti SOFFRIRE.

Perché la gente, sotto sotto...NON CAMBIA MAI.

 

Messaggio ricevuto.

Maggie aveva recepito, e capito perfettamente.

Aveva imparato la lezione. Ma...

Ma non poteva FARCI NULLA LO STESSO.

Non poteva fare niente. Assolutamente niente.

Ci sono momenti, o persone che in certe fasi della loro esistenza...possono solo SUBIRE.

IN SILENZIO.

Nel suo caso...aveva da sempre l'impressione che quello stato durasse DA UNA VITA INTERA. DA QUANDO ERA VENUTA AL MONDO. Da quando aveva avuto LA DISGRAZIA DI FARLO.

Sembrava davvero che durasse DA UNA VITA INTERA, quello STRAZIO.

Era da una vita. Da un'intera, DANNATISSIMA vita.

Era da una vita che non faceva altro che SUBIRE.

IN SILENZIO.

Era da una dannata, intera vita che non poteva fare nulla.

Era da una dannata, intera vita che non faceva altro che PRENDERLE.

Prendere SBERLE dalla malasorte. Di quelle così TANTE e TALI da lasciare inevitabilmente IL SEGNO. Sia DENTRO che FUORI. E che...

E che UNA VOLTA DENTRO FANNO MALE, MA MOLTO PIU' MALE CHE DA FUORI.

Era da una vita che non poteva fare altro.

Era da una vita che non poteva fare altro che PERDERE.

A questo maledetto mondo gli abitanti si possono dividere in due cerchie ben distinte. Una ripartizione senza dubbio alquanto grossolana, ma che nella sua rozzezza rende molto bene l'idea di come vanno davvero le cose.

Al mondo c'é CHI VINCE e poi c'é CHI PERDE. Punto.

E lei...AVEVA SEMPRE PERSO.

Quello doveva essere il suo posto. Ed il suo ruolo.

Non poteva fare fare altro che PERDERE.

Qui...POTEVA SOLO PERDERE.

Se ne rimase in quello stato giusto un altro po'. A sguazzare in quella lurida e fetida pozza che si era praticamente costruita da sola, anno dopo anno.

Sullo spiedo appesa per le mani e per i piedi, al fuoco che ardeva ed alla fiamma cocente dei suoi peggiori proponimenti e propositi su sé stessa. E che avrebbe ben presto messo in atto, per punirsi di cotanta vigliaccheria.

Poi, come sempre...QUALCOSA SCATTO'.

Che lo volesse o meno, proprio come le sue debolezze di cui aveva finito col diventare preda, dopo aver ceduto allo sconforto più nero.

Era normale. Ma...

Ma NON ERA QUELLA, LA STRADA.

Non era quello che GLI AVEVANO INSEGNATO.

Aveva ragione lui.

Aveva sempre avuto ragione DA VENDERE. SACROSANTA.

Ma non il tale steso a terra qualche metro più in la e poco distante da lei, questa volta.

Questa volta si trattava di un tale che, dal momento immediatamente successivo alla sua dipartita...aveva sempre immaginato intento a seguirla, vegliarla, osservarla e pregare per lei. Oltra che A FARE IL TIFO, s'intende. Dai vasti spazi celesti e sereni dove ora si trovava, tranquillo e beato. Fosse anche solo un pensiero di tipo consolatorio per ovviare alla sua immensa perdita, e mancanza.

Perché...IL PEGGIO TOCCA A CHI RIMANE.

A chi rimane ANCORA VIVO.

A chiunque lo sia ancora...non rimane altro da fare che VIVERE, e continuare a farlo il più possibile. FINCHE' PUO'.

Anche per chi NON LO PUO' FARE PIU'.

PER SUO CONTO. ED IN SUO ONORE.

Convinse sé stessa di essersi concessa da sola quel breve attimo di cedimento da parte dei suoi nervi. Dove era rimasta ad auto – compiangersi senza ritegno alcuno per le proprie mancanze, i propri fallimenti e la propia incapacità.

Lo fece soprattutto per ingannare sé stessa, e per non ammettere che non era stata in grado di mantenere il controllo assoluto sul proprio stato psico – fisico e sulla propria sfera emotiva.

Ma ora BASTA, però.

FACCIAMO BASTA DAI, come direbbe un cucciolo al suo compagno di sfide e di giochi dopo essersi stancato di qualche competizione, per poi invitarlo così a passare ad altro.

Riflettè ancora sul fatto che in quel momento c'era di sicuro qualcuno che stava peggio di lei, in quel momento.

I due coniugi che erano stati aggrediti da quel bestione. Di cui uno finito malmenato a sangue, e l'altra talmente terrorizzata a morte da non essere nemmeno più in grado di intendere e di volere per i prossimi DIECI ANNI o giù di lì, più o meno. Sempre ammesso che vi sarebbe arrivata, e che lo spavento subito non se la portasse via prima del tempo causandole un INFARTO COI FIOCCHI.

Senza contare tutti quelli che avevano avuto la scalogna di trovarsi in mezzo al tragitto ed alla distanza che separava quel maniaco da Nick , mentre gli si era gettato all'inseguimento. E che aveva travolto al suo impetutoso passaggio. In buona compagnia delle loro abitazioni, alle mura, ai mobili ed agli oggetti ivi contenuti.

E poi non mancavano certo all'appello i componenti della famiglia che aveva fatto saltare in aria.

Chissà come stavano. Chissà se l'avevano scampata. Chissà se ce n'era qualcuno ancora vivo, là dentro. Chissà se era rimasto ALMENO QUALCHE PEZZO. Che fosse almeno bastante A RICOMPORRE QUALCHE SALMA A CUI DEDICARE UN' ORAZIONE FUNEBRE.

Sempre ammesso che si riuscisse a trovare ancora qualcosa di utile, in mezzo a tutte quelle macerie e a quella baraonda a cui era ormai ridotta la loro magione.

Infine c'era il tale steso a terra, poco più in là. Non per voler essere ripetitivi, eh. Visto che doveva essere almeno la TERZA VOLTA, che lo si ritirava in ballo.

E giusto per non voler continuare a tediare, e a ribattere il martello sopra il medesimo CHIODO...ultima, ma non certo meno importate, vi era la persona che ormai Maggie aveva idealizzato dentro sé stessa come un vero e proprio ANGELO. E che ad ogni occasione in cui a lui si rivolgeva, per ottenere in cambio sostegno e conforto, se lo raffigurava ed immaginava beato, sempre sorridente in volto, con una bella aureola dorata sul capo e con un bel paio di ali bianche ultimo modello che gli spuntavano dalla possente schiena.

E...no. Niente ARPA, visto che tanto...NON LA SAPEVA MANCO SUONARE.

Nel suo caso era molto ma molto meglio UN' ACCETTA, senza dubbio. E visto che si parlava di TAGLIARE LA LEGNA...non occorreva neanche LA TUNICA BIANCA D' ORDINANZA, per uno così.

Gli avrebbe FATTO SCHIFO, come minimo.

Anche in Paradiso non avrebbe mai e poi mai rinunciato al suo bel COMPLETO DA BOSCAIOLO.

Camicia a quadrettoni grossi rossi e blu e blue – jeans. E foulard di panno giallo attorno al lungo e maestoso collo dal manto grigiastro davanti e bruno dietro.

Questi erano stati i suoi colori naturali.

Lo erano stati da sempre. Almeno fino al giorno in cui...

Meglio lasciar perdere, ora. Meglio non ricordare. Meglio non evocare immagini tristi.

Non era il caso. Non ce n'era il bisogno. Non gli servivano.

Comunque le due persone in fondo alla lista in questione, almeno al momento, erano le figure a cui lei TENEVA DI PIU'.

PIU' DI QUALUNQUE ALTRA COSA AL MONDO.

La prima era CONCRETA, TANGIBILE, REALE. Anche se son si sarebbe potuto dire FINO A QUANDO ed ANCORA PER QUANTO, se non si fosse decisa a darsi una bella mossa. E VELOCE, anche.

Per quanto riguardava la secona, beh...non la si poteva nemmeno più definire UN ESSERE VIVENTE.

Una volta lo era. UNA VOLTA.

LO ERA STATO.

Adesso come adesso era poco più che una sorta di CONCETTO ASTRATTO, a cui attribuire le migliori qualità del MONDO REALE. A cui ormai, purtroppo...aveva perso IL DIRITTO SIA DI CITTADINANZA CHE DI APPARTENENZA. E non certo PER COLPA SUA.

Così come nemmeno si sarebbe potuto dire che IL CIELO, IL DESTINO, DIO o chi per esso od essi avessero voluto.

No, loro non c'entravano nulla.

Quando accadono cose INGIUSTE come queste...LA COLPA, così come LA SOFFERENZA, é tutta a carico di chi RIMANE.

Appartengono a chi é ANCORA VIVO. E resta, degnamente oppure indegnamente, a continuare a muoversi ed a lasciare le proprie impronte su questo non più tanto vasto pianeta.

Era UNO SPETTRO. UN FANTASMA. Nient'altro.

UN' APPARIZIONE, anche se del tipo BUONO. Non di certo di quelle AVVOLTE DA LENZUOLA o che PORTANO CATENE. E che ti piombano in casa e ti vengono di fianco al letto a MEZZANOTTE IN PUNTO, all'ora in cui gli spiriti inquieti si mettonoa vagare per le strade. A sussurrarti nell'orecchio con una voce che sa di armadi polverosi, sterpaglie, sgabuzzini vecchi e grossi e pelosi ragni che si calano giù da pareti sudicie. O magari di fronte al materasso. Ad AFFERRARTI I PIEDI PER POI TIRARTELI. Fino a STACCARLI per poi PORTARSELI VIA CON SE', una volta giunta l'ora del rientro.

Per FARGLI IL SOLLETICO, anche a distanza. In modo che tu possa sentirlo, anche se le zampe posteriori non ce le hai più. Così non ti puoi nemmeno grattare. Ed il fastidio perpetuo ti farà soffrire e ti accompagnerà FINO ALLA TOMBA.

Ma neanche del tipo magnanimo che ti fornisce I NUMERI DA GIOCARE AL LOTTO O ALLA LOTTERIA, sempre però con quella stessa voce che sa di muffa e di ammuffito. Ma che sopporti e ti fai andare bene comunque, pensando che in fin dei conti si tratta di una grana da poco e di breve durata. Paragonata AI SOLDONI CHE TI FARAI, UNA VOLTA INCASSATA LA VINCITA.

Sempre che NON TE LA FREGHI QUALCUNO, quando andrai a ritirarla.

Meglio rivolgersi ad un notaio. Ammesso che non sia DISONESTO PURE LUI. Nel qual caso...non si saprebbe davvero più cosa dire.

Aah. Non ne esce, da un tale GINEPRAIO.

Non se ne esce proprio.

E comunque, non era questo il suo caso.

Maggie e quella figura si accontentavano di poco. Di cose di piccola utilità quotidiana, e dall'atto pratico.

TERRA – TERRA, si sarebbe detto.

A lei serviva qualcuno che la indirizzasse, che la consigliasse, e la guidasse quando lei non sapeva più a che santo votarsi. Tralasciando il fatto che non si era mai votata a nessuno di loro.

Ci aveva provato, una volta.

Ci aveva provato, a rivolgersi.

Aveva guardato verso l'alto e poi aveva formulato una domanda. Anche se col solo pensiero.

 

Ehi, voi!!

C'é nessuno?

Ehi, voi! Di lassù!!

Qualcuno si decide a farsi vivo?7

Si decide a rispondermi?

Come la mettiamo, adesso?

No, dico: come la mettiamo adesso, con quel che mi é accaduto?

COME LA METTIAMO, EH?

ME LO SAPETE DIRE, PER FAVORE?!

 

Niente. Nessuna risposta.

Capì alla perfezione l'antifona. E non ci riprovò.

MAI PIU'.

Evidentemente, a quella gente non piaceva venire disturbata senza un motivo valido. Ma, a volerci ben pensare...QUALE MOTIVO POTEVA ESSERE PIU' VALIDO DI QUELLO?

QUALE MOTIVO POTEVA ESSERE PIU' VALIDO DEL SUO, PER LA MISERIA?

Ma forse a quella gente non piaceva venire disturbata E BASTA, tutto qui.

NON LA SI DOVEVA SCOCCIARE, in ogni caso. Punto.

Ma aveva bisogno di creder comunque in qualcosa. Non si può non credere a niente.

NESSUNO PUO' CREDERE DAVVERO A NIENTE.

E così...se ne creò uno SU MISURA. Che le potesse far comodo, a seconda dei casi e delle situazioni. A cui potesse rivolgersi quando le cose si fossero fatte diffciili ed avrebbero preso a non andar bene. Ma PROPRIO PER NIENTE.

Proprio come QUELLA CHE STAVA VIVENDO. E CHE STAVA PASSANDO IN QUEL PRECISO MOMENTO.

A parte che, da un certo istante in poi...NULLA AVEVA PRESO AD ANDARE PIU' BENE.

Ma, almeno su quello...lei era A POSTO COSI'. E la cosa doveva esser di gradimento anche al tizio che aveva chiamato in causa per farle da supporto morale.

Era un modo come un altro per risulatare ancora utile a qualcosa. Per far sentire a propria presenza, anche se per un attimo solo. Paragonabile a quello impiegato da un mucchietto di foglie secche sollevate da un refolo di vento autunnale.

Le bastava anche un solo pensiero. Per sentirlo vicino.

Per essere di nuovo UNITI. Per tornare ad essere UNA FAMIGLIA. Una VERA FAMIGLIA, anche se solo per un attimo.

PER SEMPRE. Fino a che lei AVESSE AVUTO VITA, ed anche oltre.

Lui era sempre stato il suo FARO. La sua LUCE. La sua LANTERNA nelle notti buie e di tempesta. Ma adesso, di recente...

Di recente le cose ERANO CAMBIATE.

Così. All'improvviso.

Era SUBENTRATA UN' ALTRA LUCE, al suo posto. Forse non altrettanto luminosa e lucente, ma...bella CALDA. E CONFORTEVOLE.

Invitava a sedersi, a sdraiarsi, ad ACCOCCOLARSI accanto ad essa.

Non guidava, al contrario di quell'altra che aveva avuto prima. Ma...per certi versi, FACEVA DI PIU', anche se DI MENO.

RISCALDAVA IL PETTO.

Le aveva TOLTO IL FREDDO DAL CUORE, E DALLA MENTE.

Ma ora...ora, al pari di quella PRECEDENTE...

La stava PERDENDO.

Le stavano per portare via anche QUELLA.

Anche quella luce stava per SPEGNERSI.

Non poteva PERMETTERLO.

Non poteva PERMETTERSELO.

Ne aveva bisogno, almeno di LUI. E quindi...

Aveva di nuovo bisogno DI LUI.

Doveva chiamare LUI per salvare LUI.

Piuttosto contorto e confuso come ragionamento, nevvero?

D'altra parte...lo si era già detto che NON SE NE USCIVA, da un simile GUAZZABUGLIO.

Maggie doveva di nuovo ricorrere a LUI.

Doveva tornare a rivolgersi alla sua PRIMA LUCE.

Alla FONTE PRIMIGENIA.

Non la luce nuova e invitante ma anche un po' paurosa dei SENTIMENTI, DELL'AFFETTO, E DELL' AM...

No. Meglio lasciar perdere. Qualla, per lei, non poteva che essere SOLTANTO UNA PAROLA.

Una parola PRIVA DI SENSO. PRINA DI QUALUNQUE SIGNIFICATO.

E comunque...in quel momento non aveva certo il tempo di mettersi ad INDAGARE o ad APPROFONDIRE.

Doveva riattivare LA VECCHIA LUCE GUIDA. Quella dell' AUTORITA'.

Che non va assolutamente scambiata per AUTORITARISMO. No di certo.

Si tratta solo della capacità, da parte di qualcuno, di ESPORSI E DI PRENDERE LE DECISIONI PER TE. Quando ci si rende conto, a proprio malgrado, di NON ESSERNE PIU' CAPACI.

Qule qualcuno che se ne rimane in disparte, senza intrferire, a guardarti mentre sei intento a CRESCERE, IMPARARE e GIOCARE. E che decide di intervenire quando vede e nota che NON CE LA FAI. E che arriva in tuo soccorso proprio un attimo prima che tu TI POSSA FAR MALE.

Proprio quello che una persona dovrebbe fare quando si mette in testa di diventare GENITORE.

Né più, né meno.

Chi meglio di LUI, quindi?

Bastava fare alla SOLITA MANIERA. Utilizzare il METODO DI SEMPRE.

Occorreva UN' INVOCAZIONE.

Un invocazione composta da due fasi ben distinte. Eppure complementari, nello stesso tempo.

Scuse, prima di tutto. Delle pure e semplici scuse. Seguite a ruota da un'accorata preghiera.

 

Perdonami, PAPA'.

Perdonami, ti prego.

Lo so. So bene di AVERTI DELUSO. Lo so DA SOLA.

Non sono la FIGLIA FORTE e CORAGGIOSA che ti aspettavi.

Non sono la figlia forte e coraggiosa CHE TI AVEVO PROMESSO DI DIVENTARE.

Non sono ciò che AVEVO GIURATO DI DIVENTARE.

Quel che avevo giurato SUL TUO NOME.

Sulla TUA MEMORIA.

Sulla tua TOMBA. Ma...

Ma tu aiutami lo stesso.

Aiutami, per favore.

Ho bisogno di te. Un altra volta ancora.

Aiutami, ti prego. Da sola...da sola non ce la faccio. Non stavolta.

Da sola non...non posso farcela.

Ho bisogno di te.

Ora.

Aiutami tu, papà.

AIUTAMI.

 

Lentamente, poco per volta...trovò il modo di uscire dal guscio nel quale si era isolata.

Per non vedere. Per non sentire. Per non subire.

Era avvenuto il miracolo.

La cara, vecchia LANTERNA aveva fatto come sempre il suo dovere.

Le aveva ILLUMINATO IL SENTIERO ed IL CAMMINO.

Le aveva MOSTRATO LA VIA.

Sentì le membra tornare a sciogliersi, liberandosi dalla morsa dell'acido lattico.

 

Grazie, papà.

 

Così come poté scorgere la propria mente forzare il lucchetto. E riaprire la porta a sbarre della cella di paura in cui si era rifiugiata. Per riprendere pian piano il controllo. Delle azioni, delle emozioni, dei pensieri.

 

Grazie. Sapevo di poter contare su di te.

 

Alzò il muso. Le lacrime avevano formato due specie di solchi scuri lungo le gote castane. A prima vista le si sarebbe potute far passare per le livree di un procione. Ma messe a perpendicolo e di traverso piuttosto che in parallelo ed in linea con la parte bassa dell'orbita, come natura vorrebbe.

Peccato che lei non fosse affatto un procione. E l'effetto, ad aver avuto la disgrazia di non ben conoscere le gravi cause che lo avevano scatenato, sarebbe potuto passare benissimo per COMICO.

Sembrava le si fosse sciolto di colpo il trucco. Peccato anche che non lo avesse mai utilizzato in vita sua, nemmeno una goccia od un filo.

Le sue conoscenti e concittadine, tutte quante ben più in là con gli anni di lei, continuavano a brevi ed intervallati periodi di distanza a farle una capoccia così, in tal merito. A dirle che ad affidarsi alle loro abili e sapienti zampe il discorso sarebbe cambiato. E di gran lunga, anche. A dirle che sarebbe bastato qualche tocco e spennellata di rossetto, fard, ombretto e mascara nei punti e nelle quantità giuste per far girare la testa e gli ormoni ad un mucchio di maschi. E che doveva decidersi una stramaledetta volta a diventare più FEMMINILE.

Carina lo era già. Graziosa, pure. A patto di darsi una sistemata a dovere, s'intende.

Doveva solo convincersi a mettere LA MERCANZIA IN MOSTRA. Esporre le sue doti migliori.

Le parti più belle di lei.

E la sua risposta, detta col tono impersonale di una freddura, le aveva letteralmente tramortite.

 

“Ma quante storie. Mettersi in ghingheri? E per che cosa, me lo volete dire? Alla fine, gira che ti rigira...per un maschio la parte migliore di una femmina é quella SU CUI CI STA SEDUTA SOPRA.”

 

Aveva avuto lo stesso risultato di una doccia oltremodo gelida. O di un doppio montante di destro. Sparato prima alla milza, e poi diritto al mento, dopo aver spazzato via la guardia.

Le aveva stese a terra. Secche. Stecchite. Lasciate di sasso.

L'unica che aveva avuto il coraggio di replicare, essendo dotata anche lei di una sottile quanto tagliente ironia, era stata Nancy.

La genetta. Che lavorava al piccolo emporio che fungeva anche da negozio di alimentari.

La collega nonché socia di sua...

Meglio sorvolare anche su quello.

 

“Magdalene, tesoro...ma tu hai ragione. Alla fine, é per quello che loro ci frequentano e ci corteggiano. Parte tutto da lì, mia cara. Non posso certo darti torto. Ma per arrivare a mostrare LA PARTE SU CUI NOI STIAMO SEDUTE SOPRA, come hai detto prima...si deve prima fare in modo che CI LEVINO TUTTO QUANTO IL RESTO. E come vuoi che lo facciano, se tu ti ostini a NON DA LORO UN SOLO, VALIDO MOTIVO PER CUI VALGA LA PENA FARLO? Me lo spieghi, per favore?”

 

Dare un motivo. Ma che le facessero tutte quante il piacere. E già che c'erano...

Gia che c'erano che se lo andassero A PIGLIARE LORO. E DENTRO AD UN CERTO POSTICINO, oltre a quello CLASSICO e CANONICO.

Vai a sapere...magari avrebbero pure GRADITO, chissà.

Magari era proprio quello di cui avevano bisogno, così se ne sarebbero rimaste finalmente tutte quante zitte e mute.

Magari erano PROPRIO LORO, ad averne bisogno. Più delle altre a cui continuavano a voler dare lezioni e a voler fare la morale. Le altre di cui lei faceva sicuramente parte.

Predicar bene e razzolar male, proprio. Anzi...MALISSIMO, davvero.

Mostrare. Tsk. Proprio come farebbe un negoziante con le primizie disposte sulla sua bancarella, tanto per voler restare in tema. Visto che di PRUGNE, PERE, MELONI, ANGURIE e ALBICOCCHE si stava parlando.

Bella roba. Anni di emancipazioni e di riappropriazione di sé stesse per arrivare a QUESTO. Per avere la libertà e la soddisfazione di ridursi ad un REPARTO ORTOFRUTTICOLO AMBULANTE.

Farsi belle non le si addiceva. Quella era roba per le smorfiose con cui aveva a che fare ai tempi del liceo. Quelle talmente con la puzza sotto al delicato tartufo che quando sedevano sulla tazza del gabinetto la facevano persino PROFUMATA. Di più: orinavano direttamente EAU DE TOILETTE, invece di volgarissima PIPI'.

Lei, invece...aveva sempre fatto la pipì, e non profumo. E tutte le volte che le scappava...per non buttare via tempo inutilemente l'avrebbe fatta persino IN PIEDI, se solo avesse potuto.

Ed una volta, da piccola...lo aveva PURE FATTO. Per spirito di imitazione nei confronti di suo padre, costretto ad una sosta di emergenza per impellenti necessità fisiologiche.

Aveva finito con l'innaffiarsi le proprie zampe inferiori, inzaccherandosi completamente i pantaloni fino ai garretti e alle caviglie.

Aveva capito l'antifona. E non ci aveva mai più riprovato.
Idem come con le preghiere ai cari santi.

Ecco. Suo padre.

Era proprio per rispetto nei confronti di suo padre che non aveva mai voluto truccarsi e profumarsi.

Già aveva dato da capire in più di un'occasione che avrebbe tanto voluto un maschio, dopo di lei. Anche se alla sua unica figliola voleva ed aveva sempre voluto un bene dell'anima. Da spezzare il cuore.

Ed anche questo glielo aveva fatto cpaire in più di un'occasone.

SEMPRE, a volerla dir tutta.

Ma il sogno di ogni padre é quasi sicuramente un maschio.

Rappresenta la sua estensione, il suo prolungamento ideale. Il suo rivale e discepolo insieme.

L'allievo a cui insegnare e l'avversario con cui confrontarsi. Per continuare a sconfiggerlo fino a che non arriverà il giorno in cui suo figlio non diverrà abbastanza grande, forte ed esperto a sufficienza da poterlo sconfiggere. Ed ereditare così il regno, la famiglia e tutta quanta la terra ed ogni cosa su cui può arrivare a posare lo sguardo.

UN GIORNO, FIGLIO MIO...TUTTO QUESTO SARA' TUO.

E' cosi che si dice, no?

FIGLIO. Non FIGLIA.

NON DI CERTO FIGLIA.

Capito dove sta la fregatura, gente?

Suo padre Harry avrebbe tanto voluto un figlio, dopo di lei. Ma nel loro caso...non era stato possibile, putroppo.

La premiata ditta sforna marmocchi di casa Thompson aveva chiuso i battenti. E i cicli di produzione in serie.

E quindi, nel tentativo di consolarlo per quella che ai suoi occhi doveva essere la più grande e grave mancanza, nonché ingiustizia...l'unica possibilità per lei era diventare essa stessa QUEL FIGLIO CHE TANTO BRAMAVA E CHE NON AVEVA MAI POTUTO AVERE.

E i figli non si mettono addosso trucco e profumo. A meno che non sviluppino tendenze...UN PO' PARTICOLARI. DIVERSE.

No. I figli maschi devono odorare di TERRA, PIOGGIA e SUDORE. Questo da piccoli, quando sono impegnati in giochi e sport all'aria aperta. Tutto ciò che preveda e comporti il CORRERE, il SALTARE, L' AZZUFFARSI ed il FARSI MALE.

Se poi si riesce nell'impresa di SPACCARSI UNA GAMBA, UN GINOCCHIO, UN BRACCIO, UN GOMITO od un semplice OSSO GENERICO...allora é davvero IL MASSIMO.

Una MANNA DAL CIELO, sul serio. Si arriva a RASENTARE L' APOTEOSI.

Si verrà RISPETTATI E TRATTATI DA TIPI FICHI E TOSTI PER TUTTO IL RESTO DELL'ANNO SCOLASTICO IN CORSO.

Il massimo, certo. DELLA SCEMENZA.

E questo solo da PICCOLI. Figurarsi IL RESTO.

Ciò che arriva dopo...E' PURE PEGGIO.

Da grandi devono odorare di PESSIMA BIRRA A BASSO COSTO DA DISCOUNT, di BRACE DA BARBECUE e di FUMO. Al massimo si possono spruzzare il DEODORANTE DA AMBIENTI o da LATRINE, nel tentativo di rendersi un minimo più presentabili.

Tipo quando devono far colpo si di una ragazza che a loro piace. O anche che non piace, e che vada bene giusto per un BACIO CON TANTO DI LINGUA oppure per una POMICIATA. O anche per INFILARSI A VICENDA LE ZAMPE ANTERIORI NELLE PATTE SPALANCATE DEI RISPETTIVI PANTALONI, mentre LE BOCCHE SONO GIA BELLE CHE IMPEGNATE.

I maschi...DEVONO PUZZARE.

E' UNA LEGGE.

Devono puzzare come LE TANE DELLE VOLPI. Se non come e più delle STESSE PROPRIETARIE E COSTRUTTRICI DELLE TANE IN QUESTIONE. Durante i TEMPI ANTICHI, quando ancora giravano A QUATTRO ZAMPE ed allo STATO BRADO. E vivevano di una dieta specifica quanto ristretta. A base di CONIGLI.

Non era certo facile. Specie per chi non era come loro. Soprattutto per chi NON ERA NATA come uno di loro. Ma aveva sempre fatto del suo meglio per non sfigurare, al confronto.

E poi, visto che in precedenza si era parlato di VOLPI... a quella che conosceva lei non importava nulla di TRUCCHI, PROFUMI, PIZZI e MERLETTI.

Ad una certa volpe di sua conoscenza...lei PIACEVA COSI' COM' ERA.

NATURALE.

Già. LA VOLPE.

Prese a guardarsi in giro. E nel momento stesso in cui lo fece...se n'era già dimenticata.

Un altro pensiero aveva occupato la sua mente.

IL MOSTRO.

Non riusciva a levarselo dalla testa.

La sua voce cavernosa. Il suo manto color tenebra. Dello stesso buio di cui doveva essere composto IL SUO CUORE, come minimo.

E poi il suo sguardo impassibile. Il suo sorriso sprezzante e sadico. I suoi artigli.

Ed i suoi muscoli, enormi e guizzanti.

Le sue minacce e le sue promesse, che a giudicare dal suo aspetto sembrava essere in grado di eseguire e di mantenere una per una, persino nei loro risvolti più truci.

E le cicatrici, che lo ricoprivano per intero.

Tante. TROPPE.

Ed infine il suo sangue di ghiaccio. Sempre ammesso che ve ne scorresse ancora, all'interno delle sue vene.

Perché QUELLO...quel mostro non le era parso nemmeno VIVO. Nonostante si muovesse, ragionasse e parlasse. E COLPISSE, anche.

Sembrava che a sostenerlo non fosse forza vitale. Piuttosto...OSSESSIONE.

Nei confronti di QUALCOSA. Nei confronti di QUALCUNO.

Non fiamme calde, intense e varopinte di tutta la scla e le sfumature dei colori caldi. Ma...

NERE, piuttosto.

Era il NERO FUOCO DEL RANCORE, ad animarlo.

Sentiva i suoi discorsi nelle orecchie. E gli doleva nei punti in cui l'aveva ghermita, abbrancata e strizzata. E sbattuta.

Il suo corpo stava già imparando velocemente il terrore di lui. E tramite esso, Maggie ne percepiva ancora la presenza. La presenza di chi lo aveva generato.

Le pareva di averlo ancora davanti ai suoi occhi. Ma...in realtà non c'era più.

Eppure lo sentiva ancora. Dentro e fuori di lei.

Lo poteva percepire scorrere dentro alle sue membra. E lo vedeva nel fumo, negli incendi e nelle macerie. E lo udiva nelle urla e nei lamenti dei feriti e degli agonizzanti.

Poi...di colpo fece ritorno.

Ricomparve la volpe. Anzi...LE VOLPI.

Si ricordò all'improvviso che ne conosceva DUE.

Voltò lo sguardo in direzione di quella che si trovava più prossima.

Il FOLLETTO DEL DESRTO.

Finnick era lì che ciondolava a pochi metri di distanza, bofonchiando a mezza bocca parole incomprensibili. Più probabilmente IMPRECAZIONI e BESTEMMIE ASSORTITE.

Ogni tanto inframezzava il biascicare delle sue nere labbra con mosse inspiegabili. Tipo mettersi a caricare la gamba ora arretrata ora avanzata per prendere a calci un pallone invisibile o qualcosa d altrettanto analogo. E sempre incorporeo ed immaginario, comunque.

La daina non si concedette che qualche istante, per osservarlo. Lo riteneva degno della sua attenzione e considerazione giusto che per qualche decimo di secondo, o giù di lì. Non un attimo di più.

E lo lasciò nel suo campo visivo più che altro con l'intenzione di ripassare mentalmente il programma che aveva pianificato per lui. Per ripassare mentalmente i progetti e le intenzioni che nutriva nei suoi confronti e che avrebbe a detta sua messo ben presto in atto, più che per fissarlo in maniera ostile.

Non aveva certo scordato quel che aveva combinato il tappo.

Certo, alla fine era intervenuto. Ed aveva salvato le chiappe sia a lei che al suo comandante.

ALLA BUON' ORA, verrebbe da aggiungere. E comunque, si era deciso solamente dopo essersi fatto pregare ed esortare con tutti quanti gli scongiuri possibili ed immaginabili, s'intende.

Ma questo...tutto questo non cambiava assolutamente NULLA.

Non cambiava UN ACCIDENTE DI NIENTE, per lei.

Maggie non dimenticava quell'infido nanerottolo fino all'ultimo se n'era LAVATO COMPLETAMENTE LE ZAMPE, abbandonando entrambi i suoi compagni al loro tristo destino.

E che poi, per non si sa quale bizzarro quanto astruso motivo, di colpo e di punto in bianco aveva deciso di ripensarci.

Cos'era, ciò che lo aveva costretto a rivedere i suoi paini ormai già stabiliti ed allineati?

RIMORSO DI COSCIENZA, forse?

No. Non era il tipo.

Forse l'aria e la grinta da duro non erano che semplice APPARENZA.

TUTTA QUANTA SCENA, e poco altro. E sotto sotto non era altro che un miserabile CACASOTTO, E si perdoni la rima fulminea ma alquanto fuori luogo e fuori contesto.

Un PUSILLANIME, alla pari di tutti gli altri. Di tuti quelli che la circondavano e con cui aveva putroppo la sfortuna di aver a che fare, ogni santo ed insieme maledetto giorno.

E visto che si parlava di scena...come mai aveva cambiato idea così di botto?

Mistero.

Forse, da PAGLIACCIO quale era...aspettava solo il momento giusto per effettuare la sua ENTRATA TRIONFALE E MEMORABILE.

Di sicuro aveva fatto effetto, quella trovata da OPERETTA ed AVANSPETTACOLO.

Si. Di renderlo soltanto ancora più TRONFIO ed IMMATURO ai suoi occhi. Più di quanto già non lo fosse.

Lì non si era sul CAVOLO DI PALCO di un ANCOR PIU' CAVOLO DI TEATRO SCALCAGNATO E DI QUART' ORDINE, dannazione.

Che se ne andasse dunque lì, a farsi le sue RECITE DI MEZZA TACCA.

Quella, la loro...quella sua e di Nick era la VITA VERA. REALE. Con poliziotti, delinquenti, arresti, feriti ed alle volte pure qualche MORTO.

Perché lì, su quella sorta di IMPROVVISATO PALCO QUOTIDIANO...SI E TUTTI ATTORI. Persino CONTROVOGLIA. Che piaccia oppure no.

E se qualcuno sbaglia, buono o cattivo che sia...QUALCUN' ALTRO SCHIATTA.

Come...

COME NICK.

Oddio.

Oh, mio Dio.

Non lo poteva aver detto sul serio. Anche se solamente col pensiero.

NICK.

MORTO.

Maggie decise che avrebbe regolato i conti con quell'infido microbo a tempo debito.

Che potesse venire come minimo DANNATA A BRUCIARE IN ETERNO E NEL PIU' PROFONDO DI TUTTI QUANTI GLI INFERNI, se non lo avesse fatto.

Ma, adesso come adesso...non meritava un solo grammo di attenzione e considerazione. Non una sola oncia.

Non lo ritenne più degno della sua considerazione.

Ora...doveva occuparsi della SECONDA PERSONA PIU' IMPORTANTE SULLA FACCIA DI QUESTA TERRA, almeno per lei.

Quella persona...FACEVA ANCORA PARTE DI QUESTO MONDO, per fortuna.

DOVEVA farne ancora parte. A QULSIASI COSTO. Non poteva permettersi di perdere anche lui.

Ma...ne avrebbe fatto parte ANCORA PER POCO, se non si decideva a sbrigarsi.

Doveva muoversi.

Rivolse le pupille nella direzione in cui lo aveva visto finire l'ultima volta. Dove SAPEVA di poterlo trovare.

L' ALTRA VOLPE. Quella che CONTAVA DAVVERO, tra le due lì presenti.

Era ancora là. E le stavva dando le spalle, riverso su di unfianco. Completamente ESANIME, almeno in apparenza.

Non vi era un solo respiro, un solo pensiero, un solo movimento da potersi concedere il lusso di perdere. Ogni frazione sarebbe stata UNICA e PREZIOSA, da ora in poi.

Dal momento in cui avrebbe deciso di muoversi.

Doveva farlo, giunta a questo punto. Doveva entrare in azione.

“Nick...” mormorò, alzando la testa di scatto. E circa un paio di secondi dopo tocco al resto del suo corpo longilineo e slanciato.

Si levò sulle zampe posteriori e gli corse incontro.

“NICK!” Gli urlò. “NICK!!”

Da lui non provenì nessuna risposta. E lei nemmeno aspettò di riceverla.

Voleva solo stargli vicino. Mettersi al suo fianco. Fargli sentire che lei...

Che lei C' ERA.

Lo aggirò e si mise in ginocchio, al ato. Quello dove la volpe aveva rivolto il muso, poggiato sull'asfalto per la metà di sinistra.

Sembrava aver perso conoscenza. Sotto alla rossa pelliccia si intravedevano tagli, lividi e gonfiori di ogni genere e sorta. Dei rivoli di sangue spillavano da quelli più grossi e turgidi, oltre che dalle ferite aperte.

Vi era solo da pregare che non vi fosse qualche FRATTURA, in mezzo a tutto quello sfacelo.

GRAVE, persino.

Il suo comandante respirava a fatica, e a malapena. Lo scambio di fiati era lieve e debole, appena percettibile. E composto da brevi quanto sincopati singulti. Ma era...

Ma era ANCORA VIVO, a dispetto di quanto fosse malridotto e malconcio.

Ancora vivo.

Seguitava a respirare, anche se visibilmente in affanno. Tutto il contrario di quello della sua vice che invece gli si era bloccato e mozzato in gola.

Come strozzato.

Non le riusciva di parlare. Apriva ripetutamente la bocca ma non le usciva nulla.

Non un vocabolo, non un suono. Nulla di nulla.

Allungò timidamente la mano, come avolerlo toccare per sincerarsi delle sue effettive condizioni. Come se ciò che stava vedendo da solo non le potesse bastare.

O forse voleva solo scuoterlo leggermente, nel tentativo di rianimarlo.

Fatto sta...che vi RINUNCIO'.

La sua zampa anteriore rimase paralizzata a mezz'aria e a metà percorso.

Non se l'era sentita. Temeva che, ridotto com'era, avesse potuto ulteriormente danneggiarlo anche solo mettendosi a sfiorarlo con la punta delle dita.

Associò per istinto quella sensazione a dir poco sgradevole alle sue poco più che basilari reminescenze in materia di primo soccorso.

Ne ricordava abbastanza, in proposito. Abbastanza da sapere che muovere in modo anche solo impercettibile un paziente vistosamente infortunato poteva servire solo a peggiorare ulteriormente la situazione, di per sé già sufficientemente grave. Specie se non si era prima a conoscenza del tipo e dell'entità del trauma che egli aveva subito.

C'era il concreto rischio di provocare una PARALISI PERMANENTE, ad effettuare la manovra sbagliata. O il movimento avrebbe potuto risultare persino FATALE, in certi casi.

Il pianto fece la sua ricomparsa. E se non altro, il calore ed il sale delle lacrime che ripresero a scorrerle copiose sopra la superficie degli zigomi contribuirono a scioglierle lo strato di gelida brina che le si era depositata sulle corde vocali.

Sentì di poter riuscire a parlare di nuovo, finalmente. E decise quindi di affidarsi di nuovo ed unicamente alla sua voce, per cercare di farlo rinvenire.

Prese a chiamarlo ripetutamente.

“NICK!”

“NICK!!” Ripeté, alzando il tono di una manciata di ottave.

E di nuovo nessuna risposta, da parte del suo comandante. Lei riprovò di nuovo.

“NICK!!” disse, insistendo. “NICK!! RISPONDIMI, TI PREGO!!”

Niente. La volpe continuava a rimanersene perfettamente immobile. Unico indice di movimento il respiro corto ed alquanto incerto, esattamente al pari di prima.

Ma Maggie non desistette. Neppure per una sola, infinitesimale frazione della tipica unità di misura comunemente utilizzata per misurare e quantificare il tempo.

Neanche per un solo granello di sabbia, così simile a quello che quotidianamente ci sfugge tra le dita.

“NICK!!” Gli gridò. “NICK!! MI SENTI, NICK?! RIESCI A SENTIRMI?! TI SCONGIURO, TORNA IN TE!!”

Nessun effetto. Neanche stavolta.

Le lacrime continuavano a scendere, ormai inarrestabili.

Maggie spostò la propria testa in avanti, arrivando col suo muso quasi sopra a quello di lui.

“T – ti prego, Nick...” gli sussurrò, ormai con la voce ridotta ad un sottile filo di seta. “T – ti prego, apri gli occhi...t – ti prego, Nick, n – non...NON MI LASCIARE...non mi lasciare ANCHE TU...ti prego...”

Una goccia cadde dalle ciglia situate nella parte inferiore dell'occhio sinistro, e termino il suo tuffo colpendo il volto dello sceriffo appena a lato del suo violaceo tartufo. L'unica parte che, in quel frangente, si poteva affermare senza dubbio che fosse dotata dell asua tonalità di viola naturale. E non frutto di un pestaggio serrato e metodico. Oltre che preciso e spietato.

La volpe aprì le palpebre. Lentamente e a fatica, peste e mezze socchiuse com'erano. E così le mantenne.

“Ehi...” rispose, con un soffio.

Maggie si tirò indietro all'imporvviso, come spaventata.

Sperava, PREGAVA che si facesse sentire. Ma adesso che era accaduto...quasi non se l'era aspettato.

L'aveva presa in contropiede. Non era pronta.

Un sorriso le si abbozzò sulla faccia, ai lati della bocca.

“NICK!!” Gli fece, entusiasta.

Voleva abbracciarlo, stringerlo a sé. Con tutte le forze di cui ancora disponeva. Ma non lo fece. Anche quello costituiva una manovra PERICOLOSA, visto il contesto.

Fu una saggia decisione, anche se sofferta. E lui sembrò capire, ed apprezzò.

“T – ti sono d – davvero grato...” ammise. “...P – perché p – per c – come sto m – messo...s – se tu ora m – mi stringi...s – se t – tu ora mi st...mi stringessi...c – come m – minimo m – mi M – MANDERESTI A – AL C – CREATORE PRIMA DEL T – TEMPO...”

“Nick...i – io...”

“Eh, si...” continuò il suo comandante. “...S – se m – mi STRIZZI C – COME T – TUO SOLITO...se fai c – come s – sempre c – come m – minimo T – TIRO L – LE C – CUOIA PRIMA DI SUBITO. ALL' ISTANTE. N – non p – pare a - anche a te...C- CAROTINA?!”

La daina assunse un'espressione sorpresa. Ma Nick, ovviamente, non se ne accorse. E proseguì imperterrito.

“S – se m – mi st...se mi s – stringi...p – potrei MORIRE, i – in q – queste c – condizioni. E poi...e poi m – me lo s – spieghi, c – come d – diavolo faccio, d – dopo? N – non c – ci p – penso neanche, Carotina. M – morire? Per r – rischiare d – di n – non v – vedere mai più i T – TUOI OCCHIETTI E IL...E IL T – TUO D – DOLCE S – SORRISO? F – fossi m – matto, C – carotina. D – dovrei essere davvero m – matto d – da l – legare.”

Maggie, a quel punto, non si trattenne più. E se ne uscì dritta dritta con la domanda che avrebbe già tanto voluto fargli in occasione della risposta precedente. Ma che non aveva avuto il coraggio di porgli.

La domanda che implicava deòlucidazioni relative a QUEL TERMINE. Al nomignolo che aveva utilizzato.

“C – CAROTINA?!” Esclamò. “M – ma c – cosa...”

Nick non fornì nessun elemento utile, ovviamente. E andò avanti col suo discorso asincrono e sconclusionato, almeno all'apparenza.

“N – no.” disse. “N – non d – devi piangere, Carotina...”

Stava chiaramente delirando. Oppure si stava rivolgendo a qualcun'altro. A qualcuno che di sicuro NON C' ERA E NON DOVEVA ESSERE LI' PRESENTE, in quel preciso momento.

Difficile dirlo. Molto difficile. Ma una cosa era certa. Una soltanto.

A chiunque e con chiunque stesse discorrendo...quel chiunque NON ERA LA SUA VICE.

Stava parlando con un'altra persona.

Stava parlando con UN' ALTRA.

“Ssshh” le fece. “P – perché...Perché s – stai...p – perché stai p – piangendo, eh?”

Nick cercò di allungare il braccio destro, quello che si trovava sopra, nel tentativo di raggiungere la daina. Anche se NON ERA LEI, quella che stava vedendo e che aveva di fronte alle proprie pupille.

Ci provò e riprovò, si sforzò sino allo spasimo ma non vi riuscì. Forse era rotto. O soltanto semi – paralizzato a causa dello schiacciamento subito da parte della gigantesca pantera. C'era solo da AUGURARSI che fosse così.

Lasciò perdere. Ed allungò quindi quello sinistro, che giaceva sotto alla sua sagoma sdraiata sul medesimo fianco.

Non fu facile. Dovette lottare per vincere l'ostacolo e la resistenza causata dal peso del suo stesso corpo che gli giaceva addosso. Ma questa vlta ce la fece.

Portò il dorso della mano verso il viso di lei. Maggie capì e si spostò di nuovo avanti per agevolargli il compito, in quel frangente reso abbastanza improbo dalle pessime condizioni fisiche in cui versava.

Glieo passò sulla guancia destra, e gliela accarezzò. Più e più volte.

Per consolarla. Per rassicurarla.

“Ssshh” le fece ancora, mentre era impegnato in quella delicata operazione. “P – perché s – stai piangendo, eh? M – me lo d – dici, mh? Lo v – vuoi d – dire, a – al T – TUO N – NICK? A...alla tua VOLPE P – PREFERITA? G – giuro c – che r – rimarrà t – tra n – noi. P – parola d – di S – SCOUT RANGER. A – ASPIRANTE, a – almeno.”

Sembrava si stesse rivolgendo ad una RAGAZZINA. Ad una BAMBINA. Stava dando proprio quell'impressione.

Maggie afferrò la mano di Nick con entrambe le sue e la strinse a sé, pigiandola ben bene tra l'occhio ed il bordo del labbro.

La volpe, sentendosi lievemente tirare, ebbe un lieve sussulto.

La daina avrebbe voluto scusarsi. Voleva essere gentile ed invece aveva solo finito per rifilargli una dose suppellettiva di male.

Non sapeva proprio dosare la sua forza, certe volte.

“Oh, Nick...” disse, con la voce rotta. “Nick...”

“T – tranquilla. P – perdonata.” le rispose lui. Senza stare troppo ad interrogarsi sul motivo per cui la stava perdonando. Sembrava le avesse letto nel pensiero. O negli occhi. O forse aveva soltanto imparato a non badare troppo ai danni che vengono causati dal prossimo, anche inconsapevolmente.

Una condizione a dir poco essenziale per SOPRAVVIVERE, questa. Specie quando ci si inizia a muovere e ad aver a che fare con gli altri.

“P – perché s – stai p – piangendo, eh?” Ripeté. “N – non devi p – piangere, C – carotina...c – capito? N – non d – devi p – piangere. N – non c – c'é m – motivo. A...A – ABBIAMO V – VINTO, O – ok? A -abbiamo vinto, Carotina. S – se ne s – sono a – andati. L – li a – abbiamo s – scacciati. Abbiamo...a – abbiamo V- VINTO NOI, CAPISCI?!C – ce l'abbiamo...c – c'é L' ABBIAMO FATTA. L – la c – città é...E' S – SALVA. L' Abbiamo...l' abbiamo s – salvata. L' a – abbiamo difesa. A – abbiamo r – retto, g – giusto?!”

“S – si, Nick” gli rispose. “Si, m – mio capitano. L – li...li abbiamo respinti.”

“E' t – tutto...é T – TUTTO A P – POSTO, allora” commentò lui.

La volpe fece un sorriso. Sofferto, che dovette costragli parecchio. Ma che era insieme radioso e incredibilmente ottimista, vista la situazione.

Dava l'impressione...dava l'impressione di RISPLENDERE, quasi.

Nonostante l'angoscia. Nonostante le ferite. Nonostante il buio e la distruzione che aleggiavano intorno, e che li circondava.

“M – mi hai c – capito?” proseguì. “N – non...non c'é a – assolutamente m – motivo di preoccuparsi. V – va...VA T – TUTTO B – BENE, Carotina. A – alla grande. C – ce l'abbiamo fatta. A – abbiamo v- vinto. A – abbiamo v – vinto...”

Richiuse gli occhi. E nello stesso istante Maggie sentì il suo braccio, quello che stava stringendo, rilassarsi e farsi di colpo più pesante.

Il panico la ghermì.

“Oh, no...” disse. “Oh no no NO NO NO NO NO NO...”

Gli ripoggiò l'arto a terra, lentamente e con estrema cura. Poi, con le prime due falangi, gli tastò alla base della trachea, tenedole lievemente spostate sulla sinistra. Sinistra che nel suo caso diventava la destra, in direzione del cuore.

Meno male. Il battito c'era ancora.

Accelerato, leggermente irregolare, ma c'era. PER ADESSO.

Portò infine l'orecchio vicino alle sue labbra, per captare anche il minimo spostamento d'aria.

C'era anche quello, fosse lodato il cielo.

Circolazione e respirazione erano presenti. Malconci ma presenti, proprio come colui che li stava producendo.

Doveva solo aver perso di nuovo i sensi. Ma in casi come quello non c'era da stare tranquilli, né da riposare sugli allori. Anche un semplice, banale svenimento poteva essere l'anticamera a qualcosa di peggio.

Di MOLTO PEGGIO.

Ricominciò a chiamarlo ed invocarlo, con insistenza.

“NICK!” Gli urlò. “NICK!! APRI GLI OCCHI!!”

La volpe non si mosse. E neanche rispose.

“NICK!! APRI GLI OCCHI, TI PREGO!!” Continuò lei, sempre più angosciata. “SVEGLIATI, TI SCONGIURO!! PARLAMI!!”

Ma Nick seguitò a rimanersene muto. E sordo a qualunque tentativo di richiamo o di rianimazione.

“NICK!! RISPONDIMI!! NICK!!”

Niente. Non vi fu niente da fare.

Andò avanti così per un altro po'. Poi, a fronte dell'ennesimo tentativo fallito, lo sconforto finì per avere inevitabilmente la meglio su di lei e su tutta la sua buona volontà.

Ma, per contro...le fornirono la SOLUZIONE PIU' EFFICACE. Anche se si trattava della PIU' OVVIA E SCONTATA.

Ripensando a prima...doveva averla evidentemente confusa con QUALCUN ALTRO. O QUALCUN' ALTRA, a voler fare a tutti i costi i precisini.

Il SUFFISSO FEMMINILE che aveva utilizzato non lasciava certo spazio ad EQUIVOCI DI SORTA, del resto.

Ma aveva deciso di non darsi alcuna pena di aprire UN FASCICOLO, a tale riguardo.

Non disponeva di ELEMENTI SUFFICIENTI per farlo, CURIOSO NOMIGNOLO A PARTE. Ed il SOSPETTATO PRINCIPALE era impossibilitato al CONFRONTO E ALL' INTERROGATORIO DIRETTO, almeno nell'immediato momento.

Una pista così scarna non l'avrebbe condotta proprio da nessunissima parte. Se non in un terreno pieno di cespugli IRTI DI SPINE E ROVI PUNGENTI ED ACUMINATI. O in un'altra zona altrettanto PERICOLOSA ed INSIDIOSA. Come una PALUDE ZEPPA DI DI POZZE DI SABBIE MOBILI A STRAFOTTERE.

Le LUMINARIE si erano già ACCESE. Una CERTA PERSONA da sempre presente in ogni singolo istante nei suoi PENSIERI così come nei suoi RICORDI aveva già provveduto a farlo in sua vece. Ed il percorso ora era BEN VISIBILE.

Adesso le occorreva però che qualcuno la aiutasse a sollevare e controllare la ZAVORRA che si portava e trascinava appresso.

Un bel paio di braccia forti e vigorose che la potessero trasportare unite ad un paio di occhi ben attenti ed esperti per poterla valutare. Visto che da sola non ce la faceva, in entrambe le cose.

E non certo per demerito della povera zavorra in questione. Era piuttosto colei che la stava tenendo in quel preciso frangente ad essere TROPPO SCOSSA per poter riuscire a fare alcunché.

A parte...

Maggie alzò lo sguardo al cielo. E questa volta, pronunciò una frase totalmente diversa. E la gridò a squarciagola.

Ma non era più rivolta al suo comandante. Ma a chiunque si potesse trovare in ascolto. E a disposizione.

“A...AIUTO.”

Dapprima esitante. Poi sempre più convinta e sincera. Era una di quelle richieste che partivano dritte dritte dal cuore.

Un cuore ferito, sanguinante. Ma ancora pulsante, e desideroso di continuare a farlo. Proprio come quello situtao nel torace di chi gli stava steso davanti, svenuto ed immobile.

Ma gli occorreva un DEFIBRILLATORE, a quel cuore. Un defibrillatore che lo aiutasse a stabilizzarsi, sotto forma dell'aiuto degli altri. Del primo aiuto che fosse a portata di mano. Altrimenti sarebbe stato tutto quanto inutile. Privo di assisitenza, quel cuore ancora carico avrebbe continuato a pompare fino ad auto – distruggersi, seguendo il suo istinto naturale. Che lo portava a cercare di sanare per conto propri delle condizioni critiche che da solo non sarebbe mai potuto essere in grado di sanare.

C'era da sbrigarsi. Doveva arrivare qualcuno.

Doveva arrivare PER FORZA qualcuno.

“A...AIUTO! AIUTO!! AIUTATECI, PER FAVORE!! CHE QUALCUNO CI AIUTI!!”

Ripeté la sua disperata supplica più e più volte.Ancora ed ancora. Ma essa non sortì alcun effetto.

Ogni volta, ogni DANNATISSIMA volta, le sue parole aleggiavano e rimanevano come sospese nell'aria per qualche terribile istante, per poi disperdersi nella notte e nel vuoto circostante.

Era come se le potesse persino VEDERE, quelle sue parole accorate. Tutto il contrario di qualche valoroso soccorritore che ancora non si decideva a farsi vivo, in barba al suo presunto senso di solidarietà. O almeno era questa la concezione che la giovane daina aveva alla voce BUON SAMARITANO.

Era così che se l'era sempre immaginato, complici le informazioni inculacate a forza durante le lezioni di catechismo che aveva seguito da piccola, se pur con relativo scarso interesse.

Ma...non c'era NESSUN BUON SAMARITANO, all'orizzonte.

Per carità, non era che ce l'avesse con tutti a prescindere. Coloro che erano alle prese con i propri danni e le loro ferite, oltre a quelle dei propri cari, erano assenti giustificati.

Quel pazzoide psicopatico e sfregiato pure NEL CERVELLO, oltre che sulla pelliccia, quella sera non aveva deciso di prendersela soltanto con i tutori della legge.

Ma quelli che se nerano rimasti rintanati al sicuro nelle loro case, e che soltanto il puro capriccio del caso oppure una gran foruna smodata avevano risparmiato dalla furia di quell'essere sanguinario...

Ai suoi occhi ed al giudice invisibile che presiedieva le corti supreme del suo animo e del suo giudizio morale...no, quelli non avevano nessun alibi.

NESSUNO, dannazione.

Possibile? Era davvero possibile che non sentivano le sue urla? Che non avessero sentito che razza di macello stava succedendo lì fuori? Che razza di APOCALISSE era appena avvenuta in un cospiquo fazzoletto della loro ridente e sonnolenta cittadina, fatta eccezione per una manciata di minuti fa?

No. Non era possibile. Non era proprio possibile, all'inferno.

Avevano sentito benissimo, ecco qual'era la verita. E avevano continuato ad INFISCHIARSENE BELLAMENTE. Come avevano sempre fatto. Anche prima di allora.

Avevano fatto orecchie da mercante, ecco tutto. Loro stavano benone, tranquilli ed al riparo nelle loro stamberghe. E che badasse a sé stesso e che si arrangiasse pure, il resto del mondo.

Sempre la solita, squallida storia. Sempre.

Lì ad Haunted Creek...DIMENTICARE, METTERE DA PARTE, NASCONDERE, SEPPELLIRE LE COSE era diventata ormai UN' AUTENTICA ARTE.

La gente di quel posto si era ASSUEFATTA A TUTTO. E quindi...ANCHE A QUELLO.

DI GIA'. Con la rapidità del FULMICOTONE.

Allo stesso modo e con le medesime modalità con cui ormai si erano abituati al FREDDO, alla NEBBIA, alla PIOGGIA, alla NEVE, alla SOLITUDINE, alla MONOTONIA, al TERRENO ASPRO ed IMPERVIO, al PAESAGGIO SEMPRE UGUALE e a tutte le altre decine di FETIDE DELIZIE che da sempre contraddistinguevano quel POSTO INFAME, e per cui era tristemente rinomato.

A quel punto, complice la rinnovata, dolorosa ma necessaria quanto irrimediabile presa di coscienza su quella triste realtà...la disperazione che aveva provato fino ad adesso lasciò spazio alla RABBIA PIU' CIECA.

Tirò fuori tutta la sua ira e la sua impotenza, in un sol botto. Certa di farsi sentire. E certa che tanto, anche questa volta...NESSUNO AVREBBE ASCOLTATO.

NESSUNO L' AVREBBE ASCOLTATA.

Aveva avuto ragione Nick.

Aveva SEMPRE avuto ragione, a rigurado.

NESSUNO sarebbe mai venuto ad aiutarli. Era INUTILE.

INUTILE, INUTILE, INUTILE, INUTILE, INUTILE, INUTILE, INUTILE, INUTILE, INUTILE.

Tanto per prendere a prestito l'allucinato quant meccanico INTERCALARE di un pazzoide che alla sua prima sortita in centro aveva già lasciato un sacco di bei ricordi. Ma di quelli DAVVERO MEMORABILI.

Dovevano cavarsela da soli. Ed allora...tanto valeva LEVARSI LE PROPRIE SODDISFAZIONI, quando ce n'era l'occasione. Ogni volta che si poteva.

Dire quel se si pensa, senza remore. Senza trattenersi.

PANE AL PANE E VINO AL VINO, una volta tanto.

Si diede un attimo per riprendere fiato e poi si scatenò.

Rialzò ancora la testa al cielo, tenendo gli occhi semichiusi. Ma non certo per le botte. Ed urlò di nuovo. Ma non per richiedere ASSISTENZA e SOCCORSO, questa volta. Ma piuttosto per...

Per MALEDIRE TUTTO E TUTTI.

Senza alcuna eccezione.

“BRAVI!!” Gridò, battendo le mani in modo sarcastico. “BENE!! BENISSIMO!! BRAVI DAVVERO!! SIETE SOLAMENTE BUONI A VOLTARE LA VOSTRE FACCE DALL'ALTRA PARTE, COME OGNI SOLITO!! COME AVETE SEMPRE FATTO NEL CORSO DELLE VOSTRE VITE INSIGNIFICANTI!! FATE TUTTI QUANTI SCHIFO, DAL PRIMO ALL'ULTIMO!! IO...IO MI VERGOGNO DI VOI!! BRANCO DI SCHIFOSI E MISERABILI VIGLIACCHI CHE NON SIETE ALTRO!! MALEDETTI!! MALEDETTI TUTTI!! CHE SIATE TUTTI MALEDETTI!!”

“Maledetti...” ripetè ancora, questa volta a regime più basso.

Era completamente fuori di sé. I lineamenti stravolti dal terrore e dal furore che l'attanagliavano senza tregua e compassione. E neanche rimorso.

Poi...udì qualcosa.

Dei passi.

Irrigidì i propri muscoli, preparandosi all'avvento del nuovo arrivato. Che si trattasse di qualcuno che finalmente si fosse deciso a rispondere al suo appello, oppure uno di qui teppisti che ci aveva ripensato e che aveva fatto dietro – front, per tornare a finire il lavoro del suo capo.

Oppure...avrebbe potuto essere addirittura IL GRAN CAPO IN PERSONA.

Certo, aveva dato la sua parola. E le era sembrato AFFIDABILE, almeno su quello. Per il valore che potevano avere i giuramenti di uno PSICOTICO.

Come diavolo si fa a prendere per ORO COLATO quello che proviene dalla bocca di un SIMILE ESSERE?

Pazienza. Non le importava. Era pronta a tutto. Anche se non sarebbe stata certo in grado di resistere ad un nuovo assalto.

Figuriamoci. Già non aveva potuto nemmeno contenere il primo...

I passi si fecero più forti e continui. Chiunque fosse, era vicino. Sempre PIU' VICINO.

Maggie trattenne il respiro, e deglutì.

Un' ombra tremolante alle luci della sera e dei lampioni ancora funzionanti li raggiunse, seguita un attimo dopo dal suo legittimo proprietario e padrone. O, ancora meglio...DALLA SUA PROPRIETARIA.

Era una FEMMINA, come lei.

La guardò meglio, cercando di sforzarsi. Era...

Era SUA MADRE.

LAUREEN.

L'aveva riconosciuta. Ma l'altra non aveva ancora riconosciuto lei. E nemmeno l'aveva vista. Non ancora. Ma sarebbe occorso poco, a tal riguardo.

BEN POCO.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Laureen si arrestò di fianco a Finnick e, dopo aver poggiato le palme delle mani sopra alle parte superiore delle proprie cosce, si rannicchiò leggermente verso il basso e prese respiro.

Era lievemente in affanno. La corsa, cominciata presumibilmente dalla sua dimora, non era stata tanto lunga. Abitava praticamente ad un TIRO DI SCHIOPPO, da lì.

Non ci doveva aver messo poi molto. Era stata una roba breve, ma intensa. E commistionata da un certo quantitativo di ansia e di apprensione che trasparì in modo pressoché immediato, dalle sue successive parole.

“Puff, pant...” ansimò. “...Non...non ci sono più tagliata, per questo genere di strapazzi, accidenti a me medesima...”

Si voltò verso il piccoletto.

“Pant...ehi, COMPARE” gli disse. “Levami giusto una curiosità, visto che ci siamo. Tu che eri qui fuori e avrai di sicuro visto tutto...mi potresti cortesemente spiegare CHE DIAMINE STA SUCCEDENDO, QUI? Ero già bell'e che pronta per andarmene a letto...”

“...Da SOLA?” Le fece lui.

“Se” gli confermò lei. “Da SOLA, grazie.”

“El tu CAMA...” le chiese, “...el tu lettone dev'essere del tipo MATRIMONIAL, right right right? POBRECITA, LA MI MUY QUERIDA CHISME...me le emmagino. Pooovera...TODA UNA, tutta sola soletta dientro a quel COLCHON, a quel tuo matarasso accussì MUCHO LARGO, così grande, e accussì FRIO, freddo...facciamo EN ESTA MANERA, MI AMOR. La PROCHAINE FOIS, la proxima vuelta, prima de andare a comenciar el tu SUENO, prima de andare a dormir...LLAMAME, AZUCAR. Viengo yo, a RESCARDARTELO. Soy PEQUENO, Ma emano TAAANTO CALOR. Y tiengo MUCHO AFECTO, moolto affetto da regalare. Basta che me fai un SILBIDO, un fischio. Entiende? E yo viengo subito. ZAC! Pronta consegna. Y DEPUIS...y poi se puede pensar A VENIRE EN TODO ALTRO MODO. Tu m'as comprendido, HONEY?”

“Tranquillo, compare” le rispose Laureen. “HO LO SCALDINO. Grazie del pensiero, comunque.”

Il fennec sembrò fare un smorfia di disappunto.

“Hm. Como prefierisce. Y como te pare a ti. Resto comunque a tua desposiciòn.”

“Lo terrò a mente, grazie infinite. E adesso ti decidi a raccontarmi COSA CAVOLO E' ACCADUTO? Stavo per andarmene a dormire, ero già IN VESTAGLIA...”

Si pentì subito di aver fornito quel dettaglio. E se ne rese conto ancor di più non appena vide quel luccichio balenare negli occhietti marroncino del nanerottolo.

Il tipino stava già correndo con l'immaginazione a quella scena. La stava già visualizzando con l'abito appena descritto. E stava già immaginando di TOGLIERGLIELO, a giudicare da un DISCRETO BOZZO che già gli si stava formando ad altezza cavallo. E da un filo di ACQUOLINA che già gli spuntava a lato delle minuscole ma di sicuro poderose fauci.

E meno male che doveva torncare il discoroso qualche riga addietro, accidenti. Meglio sviare.

“Stavo giusto per andarmene a dormire” proseguì. “Quando non sento giusto il citofono che squilla. E a quell'ora, poi! D'accordo che ho le camere in affitto alla bisogna, ma non é che mi arrivano clienti ad ora tarda tutte le sere...”

Alle due paroline magiche CAMERE e CLIENTI la salivazione di Finn aumentò ancora.

Non c'era niente da fare. TUTTO ERA UN' ALLUSIONE, per quella sottospecie di ARRAPATO CRONICO ed INGUARIBILE. E neppure tanto velata.

Meglio lasciar perdere. Ed ignorarlo. E andare avanti.

“Come ti dicevo...sento da prima il citofono. E poi sento bussare. Con insistenza, anche. Inizio a pensare che é accaduto qualcosa di SERIO. Vado ad aprire...e tu guarda se non mi vado a trovare sulla soglia nientemeno che la vecchia LOTTIE PIERCE. La gurado giusto per mezzo istante, e tanto mi basta per capire che é COMPLETAMENTE FUORI DI SE' DAL TERRORE. Biascica parole a caso di suo marito, dello sceriffo e di un tizio grande, grosso e ASSETATO DI SANGUE che li voleva FARE A PEZZI. Io la ascolto, e lei mi fa cenno di andarle dietro. Io decido di seguirla, ed esco di casa. Pianto lì praticamente tutto, e lascio persino la porta di casa spalancata. Le sto alle costole, e dopo neanche quattrocento metri mi indica col dito e ci imbattiamo in suo marito Nahum. COPERTO DI SANGUE DALLA TESTA AI PIEDI E RIDOTTO PEGGIO DI UNO STRACCIO PER PASSARE I PAVIMENTI. Ma questo Non era che l'inizio. Un secondo dopo...un secondo dopo hanno iniziato ad arrivare I RUMORI.”

Prese fiato per un istante, visto che era ancora decisamente a corto. E poi riprese la dettagliata quanto concitata spiegazione.

“Rumori di come di COSE, di CASE sfasciate. E poi...poi sono iniziate le URLA. Ma non fa niente. Ho preferito concentrarmi su quanto avevo di fronte. UNA COSA ALLA VOLTA, come dico io. E la precedenza, in quel caso...ho preferito dare la precedenza a Nahum. Me lo sono caricato sulle spalle e l'ho riportato a casa mia. Poi ho chiamato il dottor Cooke e gli ho detto di precipitarsi lì da me. SUBITO. Con la massima urgenza. E a quel punto ho lasciato Lottie lì da sola con suo marito, ad aspettare che il doc arrivasse. E ho deciso di uscirmene di nuovo, a dare un'occhiata per conto mio e capire se qualcuno avesse deciso di prendere di mira questo posto, e per quale motivo. Figurati che ho pensato persino ad un ATTENTATO TERRORISTICO, anche se non capisco cosa possa spingere delle FRANGE ESTREMISTICHE a venirsela a prendere con noi. Ma ti giuro...ti giuro che TUTTO ERA POSSIBILE in quel momento, compare. Poteva succedere qualunque cosa, poteva essere veritiera qualunque ipotesi ed eventualità. E giusto quel che pensato due secondi dopo, quando...quando ho udito L' ESPLOSIONE. E allora ho preso la decisone di venire qui in centro, anche se ero ben conspevole che poteva essere pericoloso. Ma che...”

Finn non disse nulla. Si limitò ad interrompere il suo discorrere con un semplice quanto significativo gesto.

Alzò il pollice destro e se lo buttò oltre le proprie spalle, senza aggiungere una sola parola di più. Come ad indicare che tutte le risposte, ogni risposta che le ceracva alle sue domande si trovasse appena a qualche passo dietro a lui. E davanti ad entrambi.

“Cosa...cosa stai cercando di...”

Laureen guardò diritto di fronte.E, come era più che prevedibile, si bloccò pressoché all'istante quando realizzò cosa c'era. Quando realizzò CHI C' ERA.

Quel che aveva visto valeva e superava decine, centinaia, migliaia e milioni di inutili e superflui discorsi.

Sgranò gli occhi.

“Oh, SIGNORE ONNIPOTENTE...” mormorò sconvolta.

Si mise a correre e superò di slancio il tappo. E raggiunse quindi la coppia formata dal tizio sdraiato a terra e completamente incosciente. E dalla tizia in ginocchio. E ancora cosciente per vedere tutto lo spettacolo. E per vedere LEI.

La matura femmina di daino lo chiamò, invocando a gran voce il suo nome.

“NICK!!”

Gli si avvicinò, sempre a passo di corsa. A quel richiamo, la versione di lei più giovane alzò la testa. E quasi non trattenne la sorpresa, nello scorgerla. Anche se non aveva potuto proprio fare a meno di notarla di già, in precedenza. Sin da quando l'aveva vista sopraggiungere in lontananza.

“T – TU!!” Esclamò. Ma lo stupore iniziale sembrò prendere subito un'altra forma. Diede l'impressione di lasciare immediatamente posto a QUALCOSA D'ALTRO.

SDEGNO. PURO, AUTENTICO ed ASSOLUTO SDEGNO.

Maggie la osservò, per qualche attimo. E poi si decise a riaprire la bocca.

“TU!!” Ripeté.

“TU!! C – che...CHE DIAVOLO CI FAI, QUI?! Che...CHE DIAVOLO CI SEI VENUTA A FARE, QUI?! RISPONDI!!”

La madre ignorò completamente la sua doppia domanda e rivolse la sua totale attenzione alla volpe.

Si avvicinò a lui e gli si chinò vicino, sul lato diametralmente opposto a quello su cui si trovava la figlia.

“Ma...ma come...come LO HANNO RIDOTTO?” Disse, aspettandosi almeno una risposta o una spiegazione da parte di lei. Una QUALUNQUE TIPO o UNA QUALUNQUE risposta o spiegazione che risultasse valida.

Perlomeno era quello il tono. Ma di rimando non giunse nulla.

Decise quindi di rivolgersi DIRETTAMENTE a lei, per prima.

“Stai...stai bene?” Le domandò.

“Da quando TI INTERESSANO LE MIE CONDIZIONI DI SALUTE, eh?” Fu l'aspra replica da parte di Maggie. “Dovrei essere lieta del fatto che tu te ne voglia SINCERARE. DAVVERO. Peccato che io ti debba rammentare una cosa. E cioé che tra la sottoscritta e te...E' TUTTO FINITO. DA TEMPO, ANCHE. E LO SAI BENE. Te lo avrò detto e ripetuto tantissime volte. ALL'INFINITO. Per te...IO HO CESSATO DI ESISTERE. E LO STESSO VALE PER ME. FA CONTO CHE NON ESISTA PIU', CAPITO?!”

“E comunque, lascia che te lo richieda ancora...CHE DIAVOLO CI SEI VENUTA A FARE, QUI? PERCHE' SEI VENUTA DA ME?”

“Non sono venuta da te di preciso” disse Laureen. “Volevo solamente sapere che accidente stava succedendo, tutto qui. Il motivo di tutto quanto il trambusto. Non sapevo nemmeno che ti avrei trovata qui. L'ho capito solo...ho capito solo che c'eri qui anche tu quando ti ho sentita GRIDARE, poco fa. Mentre stavi MANDANDO ALL' INFERNO TUTTI I TUOI CONCITTADINI. ME COMPRESA, immagino.”

“IMMAGINI BENE” le disse la figlia. “E te lo dovevi aspettare che io ci fossi. Visto che quando qui in città COMPARE UN PERICOLO...tocca alla QUI PRESENTE, intervenire.”

“Come...come stai?” Le domandò ancora sua madre.

“Come sto?” rispose l'altra, sarcastica. “E come vuoi che stia, hm? ALLA GRANDE, ecco come sto. UNA FAVOLA, davvero. Se sorvoliamo sul fatto che mi hanno QUASI UCCISA, hanno DISTRUTTO LA CENTRALE, RIEMPITO DI BOTTE MEZZO PAESE e a momenti AMMAZZAVANO PURE IL MIO PARTNER...per il resto é quasi TUTTO OK. Una MERAVIGLIA, guarda.”

“Ma sappi che NON MI DISPIACE AFFATTO, per questo LURIDO BRANCO DI BIFOLCHI” commentò. “Per una volta...HANNO AVUTO QUELLO CHE SI MERITANO. QUALCUNO GLIEL' HA FATTA PAGARE, alemeno per una volta. Dunque ESISTE UNA GIUSTIZIA DIVINA, ogni tanto. Almeno in parte, direi. Perché se dovessero PAGARLA SUL SERIO, per quello che hanno combinato...dovrebbero MORIRE TUTTI, come minimo. TUTTI!! DAL PRIMO ALL'ULTIMO!! NON NE DOVREBBE RIMANERE NEMMENO UNO, E' CHIARO? E ANCORA NON SAREBBE ABBASTANZA!!”

Laureen rimase a fissarla. Ammutolita e costernata da quell'uscita a dir poco AGGHIACCIANTE.

Quanto odio.

Ma com'era possibile, tutto quell'odio?

Come poteva una giovane ragazza ODIARE COSI' TANTO?

“In ogni caso” concluse la vice, “adesso mi hai vista. Puoi ALZARE I TACCHI E TORNARTENE DA DOVE SEI VENUTA. La avranno senz'altro bisogno di te. IO NO. NON HO BISOGNO DI TE. VATTENE!!”

La madre tornò a concentrarsi su Nick, che ancora giaceva immobile.

“Oh, Nick...” disse, con voce dolente e rammaricata. “Ehi, BELLO...ma cosa ti hanno fatto, eh?”

“Cosa ti hanno fatto...” ripeté.

Allungò una mano sua volta, nel tentativo di dargli una carezza. Ma Maggie la precedette.

Allungò anche la sua, quella con cui aveva cercato di accarezzarlo per poi desistere. Ma, questa volta, l'utilizzo fu ben diverso.

Intercettò la mano di Laureen e la percosse brutalmente, con un breve manrovescio effettuato col dorso, costringendola a ritirarla.

Fu un colpo veloce ma estremamente violento, che la obbligò a ritirare bruscamente l'arto.

“NON LO TOCCARE” la minacciò.

Laureen la guardò dritto negli occhi della sua medesima tonalità, in quanto genitrice.

Era stupita.

“Ti ho appena detto di NON TOCCARLO” ribadì la giovane daina. “E'...E' COLPA TUA, SE LO HANNO RIDOTTO IN QUESTO MODO!!”

“Cosa...cosa stai...”

“SI, HAI CAPITO BENISSIMO!!” La bloccò sua figlia. “E' COLPA TUA!! TUA E DI TUTTI QUANTI GLI ALTRI!! E' COLPA VOSTRA, SE LO HANNO CONCIATO COSI'!! SOLO E SOLTANTO VOSTRA!!”

Nick ebbe un leggero sussulto, in seguito a tutti quegli strepiti.

Le lacrime, nel fratttempo, avevano iniziato di nuovo a fare capolino suo viso della sua collega. E adesso stavano scendendo a rigagnoli dalle palpebre sbarrate lungo i suoi zigomi contratti in un'espressione stravolta e furibonda. Ed arivarono fino alle sue due file di denti, scoperti e serrati come quelli di una lupa affamata.

Le mancavano giusto le zanne anteriori, a completare il quadro.

“SI, CHE E' COLPA TUA!” Le ribadì. “SE TU...SE TU NON LO AVESSI OSPITATO, QUELLA SERA...SE TU LO AVESSI MANDATO VIA TUTTO QUUESTO...TUTTO QUESTO NON SEREBBE SUCCESSO!! NON SAREBBE MAI ACCADUTO!!”

“M – ma...ma questo non é affato vero! Io...”

“STA' ZITTA!! SI, CHE E' VERO!! SI, CHE LO E'!! E COME SE NON BASTASSE LO AVETE FATTO DIVENTARE PURE SCERIFFO!!”

“Smettila. Smettila, ti prego. Lo sai...sai che non é così, che stanno le cose...”

“INVECE SI!! STANNO COSI' ECCOME!! NICK HA DECISO DI METTERE A REPANTAGLIO LA SUA STESSA INCOLUMITA' PUR DI DIFENDERE VOI, LE VOSTRE MISERABILI VITE E LE VOSTRE ANCOR PIU' SQUALLIDE QUATTRO BARACCHE!! E PER CHE COSA, ME LO SPIEGHI?! CON QUALE RISULTATO?! BEH, TE LO DICO IO QUALE. IL RISULTATO CHE ORA STA RISCHIANDO DI MORIRE PER GENTE A CUI NON INTERESSA UN FICO SECCO, DI LUI!! HA RISCHIATO DI FARSI UCCIDERE PER DELLA GENTE GRETTA E MESCHINA A CUI NON E' MAI INTERESSATO NIENTE DI NIENTE, DEL PROSSIMO!! E A CUI PROBABILMENTE NON FREGA NEMMENO NULLA DI UNA MISERA VOLPE!! BEH...A ME IMPORTA, INVECE!! E TANTO, ANCHE!!”

“E COMUNQUE...NON MI SERVE IL TUO AIUTO” Le chiarì di nuovo, sfruttando l'occasione. “NON ME NE FACCIO NULLA!! COSI' COME TU NON HAI FATTO NULLA QUANDO AVEVO...QUANDO AVEVAMO DAVVERO BISOGNO DI TE!! NON HAI FATTO NULLA, QUANDO MI SERVIVA VERAMENTE IL TUO AIUTO!!”

“Ascolta...”

“NO!! NON TI ASCOLTO!! NON TI VOGLIO ASSOLUTAMENTE ASCOLTARE!! VOLEVI VEDERMI, GIUSTO? ECCO, MI HAI VISTA. ORA PUOI ANDARTENE, COME TI HO DETTO PRIMA. VATTENE, TI DICO!! E NON FARTI MAI PIU' RIVEDERE!! IO NON CI PARLO CON TE, MI HAI CAPITA?!”

“Ascoltami, MAGGIE. Io...”

La daina, a sentir pronunciare quel nome, scattò col busto verso l'alto come se l'avesse attraversata una scossa elettrica ad alto amperaggio.

“Come...COM' E' CHE MI HAI CHIAMATA?” Le disse.

“I- io...io non...” tentò di giustificarsi Laureen.

“Come...COME HAI OSATO?! Non...NON OSARE MAI PIU'!!” Saltò su. “NON TI PERMETTERE MAI PIU' DI CHIAMARMI A QUEL MODO!! NON TI AZZARDARE A FARLO ANCORA, MI SONO SPIEGATA?!”

“Io...”

“PER TE SONO MAGDALENE, E BASTA!! COME PER CHIUNQUE ALTRO, TIENILO BENE A MENTE!! I VIGLIACCHI NON POSSONO USARE QUEL NOME!! NON HANNO IL DIRITTO DI USARLO, E' CHIARO?! NON NE AVETE NESSUN DIRITTO!! I CODARDI COME TE NON POSS...”

A quell'insulto Laureen alzò il proprio braccio destro di scatto e lo tirò all'indietro, come a volerle tirare uno schiaffo.

Un altro, un ulteriore. In addizione a quello che si era appena presa su quello stesso che ora si accingeva ad usare. Ma si fermò a metà strada. Proprio come avevano fatto tanti altri gesti prima di esso, nel corso di quella tragica quanto rocambolesca serata.

Maggie, per un attimo, rimase zitta. Quel gesto improvviso l'aveva sorpresa. Ma una volta che si rese conto di aver scampato il pericolo, prese a rincarare la dose. E a ricominciare peggio di quanto non fosse prima.

“VUOI...STAVI PER TIRARMI UNA SBERLA, FORSE?!” Le domandò, pur sapendo di conoscere l'ovvio.

“Senti, io...”

“COSA VUOI FARE, EH? COSA ACCIDENTI VOLEVI FARMI? SENTIAMO, FORZA!!” La provocò, senza ormai più alcun ritegno. “VOLEVI COLPIRMI, PER CASO?! AVANTI, ALLORA. ACCOMODATI!! FALLO, COSA ASPETTI?! MA NON SERVIRA' A RIMETTERTI IN PACE CON LA TUA COSCIENZA!! SEI CAPACE DI FARE LA VOCE GROSSA SOLTANTO CON ME , ECCO QUAL' E' LA VERITA'!! SEI SOLTANTO UNA LURIDA VIGLIACCA!! NON SEI ALTRO CHE QUELLO, COME TUTTI QUELLI CHE ABITANO IN QUESTO DANNATISSIMO SCHIFO DI PAESE!! IO TI ODIO, MI HAI SENTITA?! TI ODIO CON TUTTE QUANTE LE MIE FORZ...”

 

AHORA BASTA!!”

 

Una voce imperiosa le aveva zittite. Soprattutto L' ULTIMA CHE STAVA PARLANDO. E questa volta in via definitiva.

Era la voce di chi non ammette repliche.

Si girarono entrambe nella direzione da qule era provenuta.

Era stato FINNICK.

Era stato lui, a parlare. La testa era voltata verso le due, mentre il resto del corpo ancora si rivolgeva verso l'orizzonte. Verso il punto in cui si erano allontanati i manigoldi dopo aver seminato distruzione, dolore e panico a tutto andare e a tutto spiano.

E da quella posizione le stava scrutando con insospettabile severità mischiata ad arcigno cipiglio.

I tipici tratti distintivi ed indiscutibili segnali che lo rendevano a pieno merito e titolo l'unico, almeno lì attorno, A NON AVER ANCORA PERSO LA TESTA.

NON DEL TUTTO, per lo meno.

“Stateme a sientire” disse. “Non so cosa ce sia o ce sia stato tra voi due, y nemmeno me emporta. Sappiate SEULEMENT que esto NO ES EL MOMIENTO. NON ES EL MOMIENTO GIUSTO, NE ADACTO, a tal scopo. No es né el momiento né tantomeno el luego por metterse a descutere delle vostre BEGHE. Si volete REGULAR LA CUENTA, regolare i vostri conti...FATELO UN'ALTRA VOLTA. AND A ANOTHER PLACE, en un altro posto. Yse ce tenete particularmiente...ve podrò fare pure da ARBETRO. Fatelo pure un altro giuerno, si ve garba. Ma...NON ADESSO. Y NON AQUI. YO SOY STATO SUFICIENTEMIENTE CLARO, SENORITAS?!”

Annuirono entrambe, in religioso silenzio. Laureen da subito convinta, Maggie un filino più controvoglia.

Finn indico Nick, ancora in mezzo a lro.

“El mi socio, aqui, tienes el besogno de un URGENTE RESTAURO. Laureen, por cortesia...tu corri a la tu casa a llamar EL SEGAOSSA, el DOC o COMO DIABLO SE LLAMA. Visto que tanto, da quel che me es stato dato de capir già se trova de già lì a la TU MAISON. Y diglie de piantar lì todo e de venir qua prima de subeto. Que forse siamo ancora en tiempo por PODERLE SALVAR EL BRACIO.”

Lei annuì di nuovo, mentre si rialzava in piedi.

“Ok, compare” gli rispose. “Vado subito.”

“Nada” le replicò lui. “Tu devi VOLAR, como minimo. Sbrigate. Ogne secondoe s muy precioso.”

“Vai” aggiunse, un istante più tardi. “MUY RAPIDA. DANK U.”

La daina più matura non ebbe certo motivo o necessità di farselo ripetere una volta di più. Si rimise del tutto in posizione eretta e partì di gran carriera verso la direzione da cui era provenuta, correndo verso la prima dimora con l'intento di raggiungerla il prima possibile. E di fare ritorno ancora più in fretta, e con la giusta compagnia.

Il fennec e Maggie rimasero quindi assoluti padroni del campo di gara visto che Nick, per quanto presente fisicamente, con tutto ciò che riguardava il resto era temporaneamente fuori dai giochi.

“En quanto a ti...” esordì lui, dopo un attimo.

“Stà bene attento a quel che deciderai di far uscire da quella tua BOCCACCIA” intervenne la vice, ancora in ginocchio e con l'espressione ancora ricolma d'ira.

Ma il tappo decise di non farci caso, e di mantenere la calma. Anche se ad un attento osservatore sarebbe risultato fin troppo chiaro che stava RIBOLLENDO, almeno quasi quanto lei. Perché NON GLI ERA PIACIUTO.

Non gli era affatto piaciuto. Non gli era piaciuto PROPRIO PER NULLA.

Nulla di quello a cui aveva assistito fino ad ora. Né quello che era accduto in precedenza, né quello che era accaduto fino ad un attimo prima.

Il caso, il FATO stesso avrebbe dovuto prestare molta ma molta attenzione a cosa avrebbe deciso di FAR ACCADERE DA LI' A POCO, con un tipino simile.

Doveva scegliere bene quali carte giocarsi, onde evitare SPIACEVOLI INCONVENIENTI.

Per lo meno era QUELLA, l'impressione che dava la minuscola volpe.

“SIENT' AMME', CHICA” le disse, sfoggiando un imperturbabile quanto invidiabile autocontrollo. “NUN TE LO HAS MAI DITO NINGUNO, mh? No te lo has mai dietto nesuno que NUN SE TRATTANO I PROPRI GIENITORI...LA PROPRIA EN QUELLA MANERA? Laureen...es la TU MAMACITA, POR TODOS LOS DIABLOS? MA COMO CAPPERO TE PERMIETTI, SE PUEDE SAVER? HM?”

“Non sono AFFARACCI TUOI, Finn” tagliò corto lei.

“PURO VANGIELO, Nuts” le rispose. “Pierò...nun sarebbe poi mal se qualcuno en primero o depuis te desse UNA BIELLA Y SONORA SCULACCIATA. Sissì. Qualcuno te la dovrebbe proprio dar. Ma di quelle BELLE SECCHE.”

“Ah, si?” lo sfidò Maggie. “E sentiamo...CHI ME LA DOVREBBE DARE, DI GRAZIA?! TU, FORSE?!”

“Nun me tentare, CHIQUITA...quien sabe. Magari...scopri que te potriebbe puro PIASER. Te podrebbe pure piacer, qui sas. A qualcuna piace. GLIE GUSTA, y MUCHO.”

“Piantala!!” lo redarguì di nuovo l'agente. “In ogni caso, per tua informazione e cronaca...la qui presente NON ACCETTA LEZIONI DAI VIGLIACCHI. E nemmeno permette che le si venga a fare la MORALE DA STRAPAZZO, CARINO.”

“Mò ce puoi SCOMMETTERE LE TU BELLE CHIAPPE SODE, que nun sono affaracci mia. TE L'AGG' APPIENA RITT', te l'ho appiena dietto. Ma lascia que te ensegni una cosuccia, mia cara. Trovo que tu sia piuttosto DESENVOLTA, nello SPUTARE SIENTENZE. Y SALTI ALLE CONCLUSIONI TROPO EN FRIETTA, POR I MIEI GUSTI.”

“E allora tu spiegami perché hai lasciato che quel pazzoide massacrasse Nick senza muovere un solo dito. Eppure mi eri sembrato UN DURO, almeno all'inizio. Cos'é...tutto ad un tratto ti é venuta forse la vocazione DEL CONIGLIO?! O sei forse uno di quei classici tipi TUTTA APPARENZA che davanti ad un VERO E REALE PERICOLO riescono a TENERE LA GRINTA GIUSTO PER CINQUE MINUTI, PRIMA DI SGONFIARSI COME E PEGGIO DEI PALLONCINI?! RISPONDIMI!!”

Finnick sospirò. Accendendosi un'altra paglia. NORMALE, questa volta.

Non aveva avuto il tempo di FARCIRLA, a dovere ed a suo modo. O forse non se l'era voluto CONCEDERE il tempo, questa volta.

Improvvisamente pareva esser di FRETTA, nonostante stesse mantenendo i toni PLACIDI ed INDIFFERENTI di sempre.

“Fffhh...te lo gìa dietto prima, ragazza mia. Tu tienes proprio un MAS BIG DEFECTO. Hai un grosso, gigantesco difetto. DAI SIEMPRE TODO POR SCONTATO. Tutto TROPPO por scontato. Y non nel sienso que COSTA POCO, chiariamose. Por exempio...NON TODOS LOS CONEJOS, non tutti i conigli SONO PAUROSI come piensi tu. Te garantisco que ne conosco alcuni de CORAGGIOSISSIMI.”

“Lascia perdere queste IDIOZIE, per favore” gli fece la daina. “Era solo un DANNATISSIMO MODO DI DIRE. Non c'é bisogno di prendere sempre ALLA LETTERA TUTTO QUEL CHE UNO DICE.”

“Y envecie NO, muchacha” le spiegò lui. “LE MOTS DE DIRE, i modi de dire...SONO MUY MUY PELIGROSI, sono molto ma molto perricolosi. A furia de RIPETERTELI, Y de SENTIRTELI DIRE...ce fenisci col CREDERCIE POR DAVERO, por criederci veramiente. Fenisci col piensare que una cierta cossa...SIA COSI' SUL SERIO, anche se i fatti demostarno TODO EL CONTRARIO. Y nulla, NADA DE NADA, te farà MAI PIU' CAMBIAR IDEA.”

“Falla finita, ho detto. Non sono affatto così OTTUSA come ti credi tu.”

“Ah, no?”

Il fennec sogghignò.

“Me sa que hai besogno de qualche breve CORSO DE RIPETICION o de REPASSO, MI PEQUENA. Magari...ce podrei pensar YO.”

“Non voglio proprio UN BEL NIENTE da te, invece. Dammi solo una spiegazione sul PERCHE' MAI HAI VOLUTO COMPORTARTI COSI', invece. Visto che hai voglia di parlare tanto. Solo questo, voglio. Nient'altro.

“Tranquila. Priesto, muy priesto...parlieremo anca de esto. Ma como ho dietto prima...y ahora lo repieto, a costo de esser NOIOSSO...NON ADESSO. Y NON AQUI. Adesso...adesso me fai esto favore. Facciamoque me devi retornar complietamiente CALMA y pefiettamiente LUCIDA, proprio como eri prima que eneziasse tutto esto gran BAILAMME. El doc sarà aqui a momienti. Quindi...fai un beeel respiro y concientrate, RIGHT? TU ME HAS ENTIENDIDO?”

“Ok” fece Maggie. “Ma se tu pensi che tra noi due la cosa finisca così...TI SBAGLI, AMICO. E DI GROSSO, anche. Io e te...NE RIPARLEREMO, stanne certo. PIU' CHE CERTO.”

“No te preocupe. Quando arriverà el momiento...QUANDO Y COMO TE GUSTA. Quando e come vuoi, o te GARBA. Anzi...te FARO YO UN SILBIDO, te farò yo derectamiente un bel fischio Como con la tu madre a proposeto del SU LETTO. Fatte trovare pronta.”

“Benissimo, Finn. Non chiedo di meglio. Cerca solo...cerca solo di NON COSTRINGERMI A DOVERTI VENIRE A CERCARE. Sarebbe PEGGIO PER TE, credimi.”

“Non c'é bisogno, NOCCIOLINA. Tu NO TIENES MOTIVO. Non avrai alcuna NECIESSIDAD, de venirme a ciercare. ESTOY Y STARO' SIEMPRE EN ZONA EN LOS PROXIMOS DIAS, nei prossimi giorni. NUN ME MOVERO' DE AQUI. POR NINGUNO MOTIVO.”

“Lo spero bene”concluse la vice. “Lo spero davvero bene. PER TE, te lo ripeto.”

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Salve a tutti, rieccomi qua!!

Da quel che avrete potuto notare...CAMBIO DI SCENA.

Dopo una breve parentesi al fianco di Zed si ritrona a bomba ad haunted Creek.

Lasciamo da subito la pantera psicopatica (che, in tutta quanta onestà, continuo a ritenere un compagno di viaggio a di poco INQUIETANTE. E di cui si può benissimo fare a meno. Nella testa di quel tizio c'é un mondo che il sottoscritto NON CI TIENE ASSOLUTAMENTE A VOLER CONOSCERE. Ne abbiamo visto alcuni scampoli, e credo che BASTINO ED AVANZINO. Questo per quanto riguarda la parte prettamente PSICOLOGICA. Pr ciò che concerne il suo passato, invece...ben presto ne sapremò di più) e torniamo dai nostri eroi.

Eh...siamo in mezzo ad un BEL DISASTRO, non c'é che dire. Dove i superstiti si ritrovano a dover fare la conta dei danni. Protagonisti compresi.

Quasi senza preavviso rientra in scena Laureen, che é un personaggio che ADORO.

E subito la vediamo alle prese con un durissimo scontro.

CON SUA FIGLIA.

Beh...ci siamo. Prima o poi si dovevano incontrare.

E' fin troppo chiaro che dev'essere successo QUALCOSA, tra loro due.

Qualcosa di VERAMENTE BRUTTO.

Ma ci arriveremo.

Per il resto...Nick se ne rimane un po' defilato, in questo capitolo. Ma é pienamente comprensibile, direi.

Si deve RIPRENDERE, prima di tutto. Anche se le poche parole che dice...LASCIANO DI SICURO IL SEGNO.

Ma, ahimé...dovrà farsi necessariamente un poco di PANCHINA.

In compenso ci pensa il nostro NANEROTTOLO DI FIDUCIA, a rimpiazzarlo.

In attesa che la nostra volpe preferita finisca il periodo di INFORTUNIO, ci pensa il caro Finnick a tenere le redini e a mantenere tutto quanto in ordine.

Un'altra prestazione a dir poco MAGISTRALE, da parte del piccoletto. Che sta iniziando a dare prova di un'inaspettata maturità. Anche se non dimentca mai le sue origini.

Basta che veda un bell'esemplare di FEMMINA, o che gli si parli di LETTO o di CAMICIA DA NOTTE...che lui, o meglio UNA CERTA PARTE DI LUI, già si mette a scalpitare e a non capire più niente.

Ma anche con lui siamo appena agli inizi.

E' uno dei personaggi su cui punterò di più, almeno per questa stagione.

Si, perché ormai con tutto quello che ho scritto a riguardo...altro che un misero film.

THE PROMISE YOU MADE potrebbe diventare davvero UNA SERIE COI FIOCCHI.

E ne approfitto per fare una piccola riflessione a riguardo, complice una piccola chiacchierata ce ho avuto di recente.

E cioé sul COSA mi abbia spinto ad iniziare a scrivere di quest'opera.

Senza dubbio Zootropolis ha QUALCOSA IN PIU'.

Rispetto alla media dei film targati Disney.

Non ne sono particolarmente estimatore, anche se negli ultimi anni ho preso a seguirli.

Certo, i classici me li sono visti tutti. Come chiunque. E apprezzavo anche altro, tra cui i film del grande Don Bluth (tipo BRISBY E IL SEGRETO DI NIMH).

Ma sono cresciuto principalmente coi vecchi cartoni giapponesi, e almeno fino ad una decina d'anni fa...tendenzialmente schifavo qualunque produzione che non fosse di stampo nipponico.

Oggi come oggi ho corretto il tiro, complice anche il fatto che ho una bambina piccola. E che, grazie a lei, mi sono dato ad una corposa opera di ripasso.

Diciamo che attualmente, almeno per me, conta soprattutto che una storia MI PIACCIA. Che mi faccia divertire, ed anche emozione.

Cerco LA QUALITA', indipendentemente dal paese di provenienza.

Della Disney ho gradito molto la produzione degli ultimi anni, specie quella targata PIXAR (che, non lo ripeterò mai abbastanza...SONO DEI GENI. E meriterebbero molto più spazio e autonomia). Eppure...per nessuno di quei film avei preso carta e penna.

Ma allora...PERCHE'?

Credo che la risposta ce la possa fornire quello che considero uno dei più grandi autori viventi. Colui che considero una tappa IMPRESCINDIBILE per chiunque voglia essere in grado di SCRIVERE BENE, oltre che a raccontare storie.

Ha uno stile non cero facile, che necessita di molta attenzione. E ciò é valido soprattutto per il suo primo ciclo di opere.

La narrativa americana, proprio come la storia della sua nazione, la considero più giovane e rozza. Ma ha uno stile molto più dinamico, rispetto alla nostra.

Forse i suoi autori scrivono più PER VENDERE, che per velleità artistiche. Ma sanno FAR DIVERTIRE, questo é indubbio.

Come dico sempre io...se voglio acculturarmi, scelgo un libro europeo.

Se invece voglio SPASSARMELA E BASTA...scelgo un libro AMERICANO.

Comunque...chi sarebbe questo fantomatico autore?

Sto parlando di RE STEPHEN DI BANGOR, come lo chiamo io.

STEPHEN KING.

Recentemente, complice l'uscita del remake (anche se io preferisco ilvecchio film) sto rileggendo IT.

E c'é un passaggio che illustra alla perfezione il mio stato d'animo.

Ve lo trascrivo (piu' o meno).

 

Passano anni, e finalmente William Denbrough trova il pulsante per attivare quella dannata macchina che staziona dentro al suo cervello. E lo schiaccia. Non é una macchina di lusso, o una fuoriserie sportiva. Non ci puoi portare in giro le ragazze. E' una macchina che serve PER LAVORARE. E' più come UN TRATTORE, o un BULLDOZER. O uno SCHIACCIASASSI. Una volta che parte...ARA E SPIANA TUTTO. Persino CHI LA STA USANDO, se non sta attento e gli si piazza suò davanti.”

 

Ecco. Io MI SENTO PROPRIO COSI', da quando ho iniziato a scrivere.

Zootropolis...per me é stato IL PULSANTE.

Gliene sarò per sempre grato. E ne vorrei scrivere PER SEMPRE.

Ma so che non é possibile. Ho già iniziato a scrivere del materiale originale, perché ho scoperto che scrivere MI PIACE UN SACCO. Ed il passaggio obbligato per chi scrive...é di REALIZZARE ROBA DI SUO PUGNO.

O ALMENO PROVARCI.

Le fanfiction costituiscono un BANCO DI PROVA. Un terreno ed un approdo sicuro dove iniziare a muovere i primi passi.

Lo stesso King aveva iniziato con una fanfiction. Era il sequel di una storia per ragazzini che lo aveva affascinato.

Iniziano tutti così. Iniziamo tutti con una storia che ci ha colpito, e che vogliamo far nostra a tutti i costi.

Poi...arriva il momento in cui bisogna muoversi sulle proprie gambe (o zampe, per rimanere a tema).

Tranquilli, eh. Quel momento, per il sottoscritto...E' ANCORA LONTANISSIMO.

Me ne rimarrò da queste parti ancora PER UN BEEEEL PO'.

Ma...arriverà il momento in cui DOVRO' UCCIDERLI, prima o poi.

Si. Avete capito di chi parlo.

Ma non vi preoccupate. Anche se non dovessi più scrivere...le mie recensioni non mancheranno mai.

Ecco. Ho detto quel che pensavo. E sarei curioso di sapere cosa ne pensate, in merito. E anche se per i miei colleghi di fandom é la stessa cosa.

Ok, fine delle considerazioni personali.

Veniamo all'angolo della COLONNA SONORA.

Per questo capitolo ho voluto scegliere due CAPOLAVORI ASSOLUTI.

Il primo é TOTAL ECLIPSE OF THE HEART di Bonnie Tyler.

Il secondo, invece, é THE SHOW MUST GO ON dei Queen.

Due canzoni meravigliose, che trasemttono alla grande le sensazioni di sconforto e solitudine che stanno animano la povera Maggie. Che, per inteso...sta diventando qualcosa di ECCEZIONALE.

Qui la vediamo come prima attrice su di un palcoscenico, con i riflettori puntati tutti su di lei.

E' un personaggio di un'intesità e di una potenza drammatica SENZA PARI, davvero.

L'unico a reggerle é forse Finnick. Come ho già detto...il tappo sembra uscito direttamente dal mitico STRADE DI FUOCO, il film di Walter Hill interpretato da Micahel Paré.

Il film che, insieme a I GUERRIERI DELLA NOTTE (diretto dallo stesso regista, guarda caso) a dato vita a videogames come DOUBLE DRAGON, STREETS OF RAGE e FINAL FIGHT.

E veniamo quindi al consueto angolo dei ringraziamenti.

Un grazie di cuore a Sir Joseph Conrard, hera85, Devilangel476 e Plando(a lui, in particolare, un grazie anche per la recensione al capitolo precedente. Nonché per quelle ai capitoli 3 e 5. Direi che ci hai dato dentro parecchio! Grazie ancora, carissimo).

E poi a zamy88 per la recensione al capitolo 60 e a Freez shad per quella al capitolo 48 (é sempre un piacere, ritrovarti. E per chi non lo avesse ancora fatto...date un'occhiata alle sue storie. Meritano davvero).

Bene, direi che anche per questo mese siamo a posto. E come sempre...un grazie anche a chiunque leggerà la mia stroia e se la sentirà di lasciare un parere.

Grazie ancora di tutto e...alla prossima!

 

See ya!!

 

 

 

 

 

Roberto

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

   
 
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