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Autore: FatSalad    16/10/2019    1 recensioni
Bruno è un ragazzo taciturno e pratico che ha smesso da tempo di credere alle favole. Il contrario di Susanna, che quando non lavora in biblioteca si perde tra le nuvole e le parole.
A farli incontrare sono delle amicizie comuni, a farli conoscere sarà una persona molto importante per entrambi...
DAL TESTO:
«Insomma, non si vedono tanti manzi in biblioteca!»
«Come no? Vai nella sezione di scienze naturali e c'è pieno. Qualcuno è anche nella sezione dei bambini e quelli solitamente parlano, anche.»
«Ah. Ah. Diciamo gnocchi, allora?» aveva insistito Roberta agitando una mano e guardando per aria.
«Dovremmo avere una vecchia edizione dell'Artusi, per quelli.»
«Bei ragazzi?»
«Ehi, per chi mi avete preso? Di harmony ce n'è a bizzeffe!»
L'avevano punta nell'orgoglio, non aveva potuto demordere!
«Persone di sesso maschile, bella presenza e tangibili, insomma!»
«...»
“Merda... - aveva pensato allora - sono stata sconfitta dalla presenza tangibile”.
Genere: Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Galeotta fu la biblioteca'
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Di vino, di poesia o di virtù: come vi pare.
Ma ubriacatevi.
C. Baudelaire, “Ubriacatevi”



Susanna controllò l'ora sul cellulare, e calcolò che da lì a tre minuti circa Bruno avrebbe suonato al suo campanello.
«Sono in perfetto orario!» osservò, compiaciuta.
Era il grande giorno, non il suo, certo, ma comunque un grande giorno: le nozze di Valentina e Niccolò sarebbero state celebrate tra poco meno di un'ora, in una chiesetta fuori città in mezzo ad un paesaggio molto idilliaco.
Gli amici della coppia avevano ipotizzato di andare tutti insieme alla pieve, poi, però, Fabio aveva detto che sarebbe arrivato dalla casa al mare, dove andava, a detta sua, a studiare prima degli esami, Giorgio aveva detto che sarebbe dovuto andare con la propria macchina, perché quel giorno era reperibile e Roberta sarebbe arrivata direttamente con la sposa, in qualità di migliore amica e testimone.
«Allora ti passo a prendere verso le tre.» aveva detto Bruno a Susanna, con il tono di chi ha già deciso e la ragazza aveva potuto solo ringraziare.
Come pronosticato Bruno suonò il campanello quando mancavano cinque minuti alle tre, al citofono lei gli disse “Un attimo” e dopo una spruzzata di profumo e un'occhiata veloce allo specchio scese le scale di corsa. Agli ultimi due gradini si chiese perché avesse tutta quella smania e cercò di percorrere con calma gli ultimi metri.
Si ritrovò davanti Bruno, nella sua classica posa con le mani in tasca e lo sguardo perso in qualche altro mondo, ma non aveva le solite maglie antiestetiche e Susanna rimase piacevolmente colpita.
Si era rasato la barba, indossava una camicia bianca di lino e un paio di pantaloni scuri e, (miracolo!), entrambi erano della sua taglia.
Non era il massimo dell'eleganza, ma per essere Bruno era un'eccezione inaspettata e, (come dire...?), stava piuttosto bene.
«Bruno!» lo chiamò con gli occhi sgranati «Stai benissimo!»
Gli corse incontro e si fermò ad un passo da lui, senza lasciargli i consueti bacini sulle guance per salutarlo. Aveva quasi paura a farlo, anche se non capiva bene perché.
«Ti sei fatto la barba!» Esclamò.
Bruno si imbarazzò per tutti quei complimenti, abbassò il capo e borbottò qualcosa sorridendo.
«Sì, ehm... beh, grazie! Ma queste non le ho tolte.» disse indicando le basette lunghe.
«Stai benissimo!» ripetè Susanna come un disco incantato, per palesare la propria approvazione riguardo le basette.
«Grazie e... anche tu... stai molto bene» fece una pausa «Sei bellissima.»
Susanna ringraziò e rimase a gongolare per qualche istante, finché Bruno non le fece strada verso l'auto. Un “bellissima” valeva decisamente di più di uno “stai benissimo”.
Altri complimenti le vennero fatti non appena arrivarono alla chiesetta e presero posto su una panca, ma a lei riecheggiava nella mente solo quel “bellissima” ed era stranamente consapevole della presenza di Bruno accanto a lei, della sua statura, del suo profumo appena percepibile. Solo l'ingresso della sposa la distolse dai suoi pensieri, perché Valentina, col suo fisico alto e slanciato, nonostante l'accenno di pancia della gravidanza, sembrava uscita da una rivista di abiti da sposa da quanto era bella, tanto che immediatamente gli occhi le si riempirono di lacrime.
«È letteralmente appena iniziata...» le disse Bruno abbassandosi verso di lei quando la sentì tirare su col naso.
Susanna ridacchiò tra le lacrime e aprì la borsetta in cerca di un fazzolettino.
Bruno le offrì il suo fazzoletto e lei ringraziò.
«Chi usa ancora i fazzoletti di stoffa nel XXI secolo?!» borbottò mentre tamponava le lacrime cercando di stare attenta a non rovinare il trucco..
«Posso riprendermelo se non ti piace.» bisbigliò Bruno allungando il palmo verso di lei.
«Potrei averne ancora bisogno.» ammise la ragazza.
Toccò la mano di Bruno per declinare l'offerta, e lui la allontanò subito come se gli avesse dato la scossa.
“Peccato” pensò la ragazza prima di tornare a concentrare l'attenzione sugli sposi, ma tenne per sé quel pensiero.


A Bruno non piacevano le feste, si sentiva sempre troppo ingombrante e sgraziato per stare in mezzo a tante persone. Con tutta la sua buona volontà non riuscì a sentirsi a suo agio nemmeno alla festa che seguì la cerimonia dei suoi due amici.
Col tempo aveva studiato una tattica infallibile per sopravvivere ad ogni festa, di qualsiasi tipo essa fosse e la strategia consisteva nello stare sempre in disparte, agli angoli della sala con un bicchiere sempre pieno in mano. Così, se qualcuno lo inviatava a lasciare la sua postazione confortevole e sicura, lui poteva sollevare il bicchiere in una sorta di scusa, come a dire “Finisco questo e arrivo” e in un modo o nell'altro trovava sempre il modo di non finire il bicchiere.
Quel giorno però fu più difficile del solito usare la collaudata strategia.
Susanna era sempre in piedi, in mezzo a tanta gente, ballava, rideva e aveva perfino cantato una canzone per gli sposi al microfono. Bruno non riusciva a staccargli gli occhi di dosso e lei... lei pareva che lo facesse apposta a tornare al tavolo e sedersi accanto a lui tutta sorrisi, occhi e labbra e abbandonarlo dopo ogni nuova portata per tornare a ballare e ridere e divertirsi senza di lui. Gli sembrava che con gli occhi gli dicesse “Guardami” mentre si alzava dal posto e andava verso la pista da ballo. E lui la guardava, diviso tra il piacere di quella visione e il desiderio di raggiungerla per ballare con lei. Poi si ricordava che era una frana a ballare, che era esattamente come i tronchi di legno che lavorava in falegnameria: rigido, pesante, impacciato. Allora beveva un altro sorso e si riempiva nuovamente il bicchiere.
Quando però vide Fabio ballare troppo vicino alla ragazza, nel suo completo blu da testimone, estremamente elegante con quel papillon... si sentì in qualche modo tradito.
“Sono uno stupido cavernicolo!” pensò tra sé e sé “Lasciala ballare con chi le pare e piace!”
Si convinse che non doveva considerare Susanna una sua proprietà e si costrinse a ragionare con il cervello, invece che con... altro.
Mandò giù tutto quello che c'era nel calice e si alzò in piedi. Un giramento di testa lo costrinse a sorreggersi al tavolo per un istante. Scosse la testa. Quanto aveva bevuto? Chissà, aveva perso il conto, anche perché i camerieri si prodigavano affinché non mancassero mai bottiglie di vino ai tavoli e lui, beh... era sempre stato al tavolo. Decise che era il caso di andare in bagno. Si prese tutto il tempo per sciacquarsi la faccia e guardarsi allo specchio, fece un gran respiro e poi si decise.
Uscì a passo deciso dalla toilette e si diresse senza esitazione in mezzo all gente che ballava. Poteva quasi fingere che non ci fosse nessun'altro se concentrava l'attenzione sulla nuca di Susanna. Prese la ragazza per una mano e la fece voltare verso di sé.
La vista del suo volto così vicino e così bello lo lasciò stordito per un attimo, poi si ricordò perché era lì.
«Balla con me.» disse e sperò che non fosse uscito come una supplica o un lamento.
E adesso? Non aveva pensato a cosa avrebbe fatto a quel punto.
Vide l'espressione di Susanna mutare, le labbra schiuse in una “oh” di stupore si distesero in un sorriso e come se sapesse perfettamente cosa fare, come se avesse letto un copione che per Bruno si era interrotto bruscamente alla battuta precedente, prese in mano la situazione, si avvicinò ulteriormente al suo corpo e a lui sembrò che, prima di iniziare a ballare, avesse mormorato un “Era l'ora”. Ma forse era tutto il brunello che aveva bevuto a fargli immaginare le cose.




Bruno si svegliò tutto insieme, spalancando gli occhi, con la sgradevole impressione di aver dimenticato di fare qualcosa. La luce del giorno filtrava troppo abbondante dalle finestre e il ragazzo si rese conto che non aveva abbassato l'avvolgibile il giorno prima.
“Dio! Che ciucca terribile mi sono preso!” pensò.
Con gli occhi mezzi abbottonati si girò dalla parte opposta e cacciò un urlo, svegliando Susanna.
«Oh!» esclamò la ragazza dopo aver sussultato spaventata. «Buongiorno.»
«Buo-buongiorno.» biascicò Bruno.
Poi si rigettò sul cuscino coprendosi gli occhi con un braccio.
«Che è successo ieri sera? Ho guidato io fin qua?» chiese.
«Ovviamente no, non volevo mettere in pericolo nessuna vita, soprattutto non dopo una festa di matrimonio, quindi ho guidato io. Da qui non sapevo come tornare a casa, per il prossimo autobus avrei dovuto aspettare qualche ora da sola al buio, e per pagarmi un taxi avrei dovuto vendere qualche organo, quindi mi sono autoinvitata. Grazie dell'ospitalità, tra parentesi»
«Quindi... non è successo niente mentre ero ubriaco?» chiese con tono neutrale, ma tese le orecchie come un segugio in attesa della risposta.
«Se vuoi sapere se ci siamo rotolati allegramente tra le coperte la risposta è no: come vedi siamo ancora perfettamente vestiti»
Bruno abbassò lo sguardo per controllare le parole della ragazza ed emise una specie di sospiro di sollievo nel vedere la camicia di lino tutta spiegazzata ma ancora al suo posto e i pantaloni che lo impacciavano, ma sorridendo disse:
«Peccato.»
Gli sembrò di sentirlo, prima ancora di vederlo, il sopracciglio di Susanna che si alzava quando diceva maliziosa:
«Ah, peccato, eh...»
Si voltò solo per avere la conferma e trovò l'espressione esatta che aveva immaginato.
«No, non è che... non intendevo...» tentò di giustificarsi. Il commento gli era scappato.
«A-ah...» fece lei senza smuovere di una virgola il sopracciglio o il mezzo sorriso.
«Era solo... Susi, ma io ho un cuscino solo!»
«Già»
«E allora come hai dormito?»
«Ho poggiato il capo sul tuo petto virile, tesoro...» scherzò «Ovviamente mi sono arrangiata con il cuscino del divano, che adesso non so dov'è finito, però.» spiegò girandosi attorno per cercarlo.
Nonostante fosse miope Bruno ebbe un'ampia visione del reggiseno della ragazza che sbucava dal vestitino sgualcito e decise che era più prudente tornare a schermarsi gli occhi con un braccio.
«Susi, ti va un caffè?»
«Sì!» esclamò interrompendo immediatamente la ricerca del cuscino smarrito.
«Allora vai a farlo. Anche per me, grazie.»
«Brutto...!»
Ecco dov'era finito il cuscino! Lo recuperò da terra e lo lanciò in faccia al ragazzo prima di scendere dal letto e dirigersi in cucina.
Si affaccendò preparando la moka, frugando in quella cucina come fosse la sua e improvvisamente, mentre sentiva che Bruno stava facendo la doccia, fu colta da una strana sensazione di benessere.
Il problema era che quella mattina non si sentiva se stessa. Rimanere così senza preavviso a dormire in casa di un amico, nel letto con un amico, e prenderla come se niente fosse, le stava facendo vivere quelle ore come se stesse guardando le azioni di un'altra persona che non era lei.
Se fosse stata in sé non sarebbe andata in bagno subito dopo aver spento il caffè, senza neanche avvisare. Non avrebbe aperto la porta senza accertarsi che Bruno si fosse lavato e vestito.
Allo stesso modo, quando vide Bruno in boxer davanti a lei, che stava indossando una canottiera, si comportò come se stesse studiando il fenomeno dalla postazione di uno spettatore.
Lui la guardò sgranando gli occhi non appena ebbe la canottiera addosso, aspettandosi che Susi se ne sarebbe andata. Invece quella rimase lì impalata.
«Non si bussa?» chiese allora, un po' turbato.
«Non si chiude la porta a chiave?» ribattè lei, ma non si spostò e non chiuse la porta neanche allora. Perché... perché le piaceva guardare Bruno, ecco!
Come mai privava il mondo della visione delle sue spalle e dei suoi pettorali indossando maglie sformate? Troppo in fretta Bruno aveva indossato la canottiera, ma tutto ciò che riuscì a scorgere del corpo del ragazzo non la lasciò indifferente. Aveva dovuto deglutire un sacco di saliva prima di parlare. Ok, i capelli lunghi erano una sua fissazione, ma guardandolo in quel momento Susi giurò che anche le basette e le canottiere nere fossero entrare nella classifica.
«Dato che sono a casa mia e vivo da solo: no, di solito non chiudo a chiave.» spiegò Bruno.
Susanna era sulla soglia con uno sguardo inebetito, continuava a squadrare il suo corpo senza pudore e non si accorse del suo cambiamento di voce.
Bruno si avvicinò a lei con passi lenti e si fermò a pochi centimetri dal suo corpo. Susi trattenne il respiro e il desiderio di posare l'orecchio nel centro di quella canottierina nera che aveva di fronte. Poteva stargli di fronte per due minuti senza saltargli addosso, no?
«Susi, siamo amici?» chiese Bruno in un tono troppo basso.
«A-ah» rispose lei, ogni fibra del suo essere tremendamente consapevole, come mai prima di allora, di cosa significasse desiderare un uomo.
«E mi vuoi bene?»
Stavolta annuì piano, temendo che, se avesse aperto bocca, una risatina isterica le sarebbe uscita come risposta. Dove aveva imparato ad usare un tono tanto basso e roco? Sperò, sperò con tutta se stessa che il ragazzo non si fosse avvicinato tanto solo per riuscire a vederla bene senza occhiali e che la frase che stava per dirle Bruno fosse quella che avrebbe voluto dirgli anche lei.
«Allora non vediamoci per un po', per favore.»
E invece no.
Era tutto l'opposto di ciò che sperava.


Il mio angolino:
Capitolo più breve del solito, ma direi... di svolta? E giuro che non ho dimenticato un pezzo, torneremo presto su quello che è successo negli scorsi capitoli.
Grazie a tutti coloro che stanno seguendo questa storia: siete sempre più numerosi!
   
 
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