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Autore: Indaco_    16/10/2019    1 recensioni
Il cuore di Amy saltò un battito capendo bene che quel devastante e incredibile dettaglio non era affatto dovuto ad una semplice coincidenza.
I puri e grandi occhi del piccolo erano di un accecante verde magnetico.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altro Personaggio
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Dance'
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< Non è detto che fosse proprio lui, potrebbe essere stato anche un ubriaco o un drogato. Non lasciarti troppo influenzare ora > borbottò Amy preoccupata. La piccola famigliola era appena tornata a casa dalla gelateria, stremata e stanca dallo scampato incidente avvenuto poco fa. Nonostante non avessero riportato danni fisici, si sentivano persino doloranti a causa dell’enorme tensione provata.
Tutti i ricci durante il viaggio erano rimasti in silenzio, troppo occupati a pensare all’evento appena accaduto. La macchina rombante che sgusciava dalla curva come in una scena da Fast and Furious si ripeteva in un loop infinito nella testa dei tre. Il brusio del motore di sottofondo era stato l’unico rumore che avevano sentito per chilometri. Il piccolo aveva retto per qualche tempo, ponendo qualche domanda scomoda in merito all’incidente appena scampato, dopodiché, cullato dal ronzio dell’auto in movimento e dal paesaggio monotono, si era assopito contro lo schienale di pelle con il pollice in bocca e un aculeo stretto tra le dita. Amy lo aveva controllato dallo specchietto retrovisore, accennando un sorriso nel vederlo così rilassato nonostante avessero rischiato di morire una decina di minuti fa.  Arrivati finalmente nella loro dimore, Justin fu svegliato e, dopo un veloce bagno, fu messo a letto e confortato per quel singolare incidente. Non era stato facile fargli credere che tutto andasse bene, il piccolo aveva quasi smascherato la finta tranquillità di sua madre e il falsissimo sorriso del riccio. Ma dopo tentativi su tentativi, raccontandogli le storie più particolari e  fantasiose che conoscessero, finalmente riuscirono nel loro intento: il piccolo scivolò in un sonno profondo. Tra le mani, un lembo del lenzuolo stropicciato era stato arrotolato più e più volte dalle manine del piccolino, ed ora giaceva accanto al suo visino sfiorandogli la guancia. Amy, seduta sul bordo del letto, scostò i piccoli aculei blu con delicatezza rimanendo in silenzio, assieme all’adulto,  ad ammirare il piccino. Sonic, accanto alla ragazza, rimase imbambolato ad osservare la piccolina creaturina color cobalto. Il respiro, lento ma frequente, gli infuse una strana calma, tanto da fargli rilassare le spalle contratte ormai da ore. La pura innocenza e la fragilità del riccetto avevano fatto crescere in Sonic un’incrollabile senso di protezione verso di lui che portava il bambino in cima a tutti i suoi primi pensieri. Ed era strano per lui, abituato ad avere solo la danza e la corsa per la testa. Lo destò da quella piacevole visuale la riccia che appoggiò la testa rosa sulla sua spalla ed agganciò con misurata lentezza le mani sulla sua. Le dita affusolate intrecciarono quelle del ragazzo, stabilendo un contatto talmente palese e inaspettato da far arrossire il riccio. Con il cuore che scivolava fuori dal petto e sentendosi, d’un tratto, legato ad Amy in modo più profondo rispetto al solito, Sonic strinse la mano della ragazza e, imbarazzato e tremante, la tirò a sé. Avvolgendo le spalle della rosa con meticolosa attenzione, ne pose in particolare sulla reazione che la ragazza avrebbe manifestato. Desiderava con tutto se stesso approfondire quel stranissimo rapporto che condividevano ma temeva, con i suoi modi di fare ed il suo comportamento, di poterla offendere od allontanare da lui. Perciò ogni abbraccio era calibrato con la precisione di un geometra e le parole erano soppesate trenta volte prima di farle scappare dalle labbra. E non dava nemmeno più troppo peso a quel bacio notturno: dopo un’attenta riflessione aveva dedotto che la riccia aveva fatto ciò che aveva fatto a causa del numero impreciso di litri di alcool che le circolavano in corpo. Insomma, una di quelle pazzie che si fanno quando si è ubriachi.
< Non capisco perché lo stai salvando ora > rispose di rimando il ragazzo riprendendo il filo del discorso con una nota di cipiglio. Concentrandosi sull’argomento, Sonic riuscì a mantenere un tono apparentemente calmo nonostante il cuore battesse all’impazzata sotto le costole. Amy, leggermente imbarazzata dal suo gesto, sorrise appena, sbrigandosi a spiegare:
< non lo sto giustificando o altro, dico solo che non sappiamo chi sia stato veramente. Io non sono riuscita a vedere il conducente > rispose sicura liberando di malavoglia le mani del riccio. Con un movimento dettato più dalla voglia di farsi notare che da altro, la ragazza si raccolse i lunghi capelli vezzosa e uscì dalla stanza dirigendosi lentamente in salotto dopo essersi assicurata che il blu la stesse seguendo. Sonic, con tanto di occhi, la seguì senza quasi nemmeno rendersene conto. Il divano, illuminato da una fioca lucina accesa, risultava assai confortevole dopo quella giornata carica di stress ed entrambi si sentivano sfiancati.
< Nemmeno io l’ho visto ma conosco solo una persona che ci vorrebbe morti > rispose lui lanciandosi poco elegantemente sul divano. Apprezzando la comodità della tuta grigia che indossava, portò la caviglia sopra al ginocchio e allargò le braccia sullo schienale con un sospiro. Amy, di fronte a lui, imitò il sospiro lanciando un’occhiata al di fuori delle vetrate: il giardino inondato di buio la attraeva poco, i cespugli assetati sembravano vecchie mani ossute ingrossate dall’artrite.
< Spero davvero che non sia come dici tu. Non riusciremo mai a tenerlo al sicuro altrimenti > rispose senza riflettere troppo sulle parole pronunciate. A riflettere ci pensò l’interlocutore, che alle sue orecchie quel “riusciremo” aveva un significato molto più importante e delicato di quanto la rosa pensasse. Tamburellando nervosamente le dita sul divano riuscì a scaricare l’adrenalina prodotta e rimuginò in cerca di spiegazioni ulteriori. Cercando di rimanere impassibile, anche se il rossore iniziava già a manifestarsi, il blu decise di grattare la superficie del discorso che a breve, prima o poi, avrebbero dovuto affrontare.
< Hai usato il plurale > mormorò con un filo di voce e parecchio imbarazzo, abbassò la testa e si fissò le punte delle scarpe impolverate. Amy sobbalzò a quella frase, capendo benissimo a cosa stava puntando il ragazzo. Non era stupida, capiva perfettamente cosa voleva parare il compagno e lo trovava perfettamente in linea. Dopo tutto l’aiuto che le stava fornendo e dato anche il loro lento riavvicinamento, si aspettava una forte presa di posizione e anche, in allegato, un lungo discorsetto. Giustamente, prima di iniziare qualsiasi percorso, voleva che il riccio conoscesse bene i ruoli e che riflettesse adeguatamente sulla decisione che stava prendendo. Voltandosi verso il ragazzo, Amy sorrise dolcemente fermando gli occhi verdissimi sulle sue pupille nere. Sonic si irrigidì ma per non darlo a vedere rimase fermo nella sua posizione, in attesa che la riccia continuasse il discorso.
< Bhe, da come ti stai comportando non potrei usare il singolare. Non più almeno. Quello che stai facendo è molto più di quello che le persone comuni farebbero ed io non so come ringraziarti > esclamò la ragazza avvicinandosi a lui con le mani intrecciate ed un timido sorriso. I capelli, precedentemente liberati, formavano una leggera tenda di velluto su cui i due laghetti alpini si specchiavano chiari e luminosi. Sonic l’ammirò con stupore tendendole una mano come richiesta di avvicinamento. Mano che la ragazza si affrettò ad afferrare per trovarsi, pochi secondi dopo, tra le braccia del ragazzo con visibile agitazione ma con una piacevole sensazione che le correva sottopelle. Si sentiva ricongiunta ad un pezzo di passato che aveva amato alla follia. Cosa c’era di meglio del senso di protezione che le faceva nascere nel petto? Persino quella macchina sembrava un triciclo in quel momento. Seduta sul divano, a pochi centimetri dal blu, credette per un momento di essere ancora addormentata e trovarsi in uno dei suoi soliti sogni. Sonic sorrise lentamente accarezzando il dorso della mano della compagna, stretta intensamente a lui come se non si fossero mai separati.
< Non mi servono i tuoi ringraziamenti, non sto facendo nulla di particolare > mormorò lui, iniziando ad arrotolare gli aculei della ragazza attorno alle dita con un sorriso indeciso. La ragazza assaporò le attenzioni del ragazzo, portando le mani con titubanza sulle sue spalle. Non voleva infatti sembrare sfacciata, inoltre l’imbarazzo da parte di entrambi era talmente palpabile da poterci fare una stoffa.
< Per me sì. Sei ben consapevole di recitare, in modo ottimale, la parte del papà, non è vero? > Rispose lei cercando di mantenere un atteggiamento rilassato e per nulla sospettoso. Ma aveva balbettato per dire quella parole, ed era sicura di essere sembrata molto più impacciata di quello che avrebbe voluto. Accarezzando nervosamente il collo del riccio, lo sentì infatti irrigidirsi e farsi di marmo, mentre la mano che stringeva la ciocca di capelli divenne un’autentica morsa di ferro. Quella parola, dal grande significato, lo fece sentire piccolo come un granello di polvere. E la portata delle quattro lettere era così immensa per lui che si sentì schiacciare la gola al solo tentativo di pronunciarla a sua volta.
< I-io … non so quanto posso essere valido per quel ruolo. Insomma, non so nemmeno da dove cominciare e poi … bhe, sì, per quanto mi dispiaccia, Justin ha già un … un … un p-p- … > balbettò paonazzo vergognandosi a morte per le condizioni in cui riversava. Gli occhi verde evidenziatore si abbassarono dopo i numerosi tentativi a vuoto di pronunciare quel nome. Non avendo mai avuto l’opportunità di chiamare qualcuno “papà”, farlo ora in un contesto completamente opposto lo metteva in seria difficoltà. Quel ruolo poco chiaro fin da piccolissimo lo aveva sempre visto come una sorta di figura astratta che possedevano solo gli altri. Neppure Dylan era mai riuscito a ricoprire quel posto. Un po’ per le severe restrizioni che gli aveva sempre imposto e un po’ per il suo carattere ribelle, non era mai riuscito ad associarlo. Ed ora che aveva l’occasione di diventarlo a sua volta si sentiva nel caos più totale. Lui era abbastanza per il piccino? Sarebbe riuscito a crescerlo bene? Scrutando a fondo i begli occhi dell’interlocutrice, la quale si sforzava di non ridere a quelle parole, sperò di vedere una risposta o una qualsiasi indicazione alle sue domande.
< “Padre”? No Sonic. Non c’è l’ha ancora > mormorò la ragazza con un sorriso forzato, portando una mano sull’avambraccio del blu. Il diretto interessato deglutì nervoso ed osservò la mano rosa che gli premeva sulla pelle. Amy lo fissò per qualche secondo e notando il senso di disagio che era comparso sul viso del ragazzo si apprestò a spiegare meglio quello che intendeva.
< N-non sentirti obbligato! Sei libero come l’aria di fare ciò che ti senti! > esclamò togliendo la mano di scatto e portandosela in grembo.
< E soprattutto hai tutto il tempo per pensarci! Dormi sogni tranquilli! > balbettò con la paura che potesse offendersi o sentirsi obbligato a fare cose che non voleva. Nel dire ciò, si alzò nervosamente dal divano desiderosa di concludere in fretta quel discorso che stava diventando parecchio imbarazzante, apprestandosi a raggiungere Justin al piano di sopra.
Augurandogli una buona notte, Amy salì i primi tre gradini a passi veloci e affrettati per poi rallentare il ritmo e trascinarsi al primo piano con il fiatone. Ne era ancor più sicura dopo quelle parole: era lui che voleva come padre per Justin, non solo perché fosse il reale padre biologico ma bensì per l’innato comportamento protettivo che aveva ancor più ampliato. Insomma, Sonic si comportava come se sapesse realmente che il piccolo blu contenesse più della metà dei suoi geni. Sdraiandosi accanto a Justin, Amy si tirò il lenzuolo leggero fin sotto il mento, lisciando le pieghe che formava sulla superficie candida. Stringendo le palpebre per tentare di cancellare il ricordo dell’auto che sgommava addosso a loro, tentò di lasciarsi cadere nell’oblio.
Sonic, rimasto sul divano immerso nel buio ancora per qualche ora, rimuginò principalmente sulla possibilità che Amy gli aveva praticamente offerto. Per quanto lo desiderasse si sentiva così impotente di fronte a quel ruolo! Come poteva capire se era adatto a Justin? E soprattutto era giusto sostituire qualcuno che esisteva già, nonostante le brutture esercitate? E il piccolo ne sarebbe stato felice o lo avrebbe considerato solo una copia? E se magari lui non voleva? La confusione che albergava nella sua testa bastò a sfinirlo a furia di rimuginare sempre sulle solite cose. Pochi minuti dopo, con una leggera emicrania, si addormentò sui rigidi cuscini del divano non avendo voglia di salire al piano di sopra.  

Il giorno dopo, grazie ad una bella dormita rigenerante, i tre ricci si svegliarono più o meno con il buon umore. Ovviamente il pensiero degli adulti era concentrato sempre sullo stesso, identico problema della sera precedente. Le piccole incombenze mattutine, come la semplice colazione, il rifacimento del letto o la vestizione del piccino aiutarono a distrarli e a fingere un entusiasmo che non c’era, ma che era obbligatorio mantenere con Justin perennemente accanto a loro. 
< Stamattina vai a ballo? > chiese incuriosita Amy rivolgendosi all’adulto, seduto sul pavimento e impegnato a mettere i pantaloncini al piccolo. Justin manteneva un precario equilibrio attaccandosi agli aculei del blu, nonostante ciò però, il dondolio era così frequente che le tirate di capelli erano più di quelle sopportabili.  Intenta a portare nel lavabo le numerose stoviglie sporche, la riccia rise di fronte a quello spettacolino. Risata che fece sussultare l’adulto tanto era bella. Con sguardo enigmatico le rispose allacciando lo zip della felpina,
< sì, devo parlare con Dylan della .. “cosa” e oltretutto necessito di ricaricare le pile > mormorò indicando con un cenno della testa il cucciolo sorridente saldato ai suoi capelli.  Amy si appoggiò al lavabo e si coprì la bocca scoppiando a ridere,
< sì, credo che tu ne abbia un gran bisogno. Va bene, io andrò dall’avvocato per presentarglielo allora > mormorò di rimando  asciugandosi un occhio con il dorso della mano. Detto fatto, i due ricci si suddivisero con un sorriso ed un sfiorarsi di mani complice, l’uno raggiungendo la palestra e l’altra caricando Justin sulla macchina e dirigendosi con calma verso lo studio notarile, posto in un luccicoso e costoso grattacielo di vetro e acciaio. Trovando facilmente parcheggio, Amy e Justin scesero dalla macchina trovandosi praticamente di fronte all’entrata dell’abitazione. Avvolta con un candido e fresco vestito, la ragazza strinse forte la manina del riccetto cercando di rilassarlo con un bel sorriso ed un occhiolino. Se avesse manifestato quello che in verità sentiva dentro di sé, il sorriso sarebbe stato sicuramente sostituito con una dolorosa smorfia. Il gesto venne ricambiato quasi subito dal figlioletto che, stringendo al petto una piccola macchinina, a testa in sù guardava stupito l’infinito edificio con timore reverenziale. A passi affrettati  i due salirono le scale e si diressero il più silenziosamente possibile verso lo studio dell’avvocato Stanghelf. L’interno dell’edificio, ammodernato all’ultimo grido, sembrava più un laboratorio che uno studio: il pavimento di un unico colore, gli arredamenti essenziali ed in acciaio, pochi mobiani impegnati negli eleganti tailleur o in scomode camicie non regalavano certo un’aria così allegra e serena.
Atmosfera che costrinse il piccolo a restare educato e calmo per tutta la durata della loro permanenza. Nervosa, Amy si diresse con particolare attenzione nello studio situato al secondo piano. Salendo le rampe di scale, sperò tanto che Justin riuscisse a portare un raggio di luce nell’intricata e buia matassa di problemi causati da Jason. Quanto avrebbe voluto avere una vera speranza di vittoria! Il piccolo arrancava davanti a lei, aggrappandosi al corrimano e fingendo di essere stanchissimo, sperava tanto che quella visita mattutina durasse meno del previsto. Amy sorrise chiedendosi realmente chi volesse tentare di fregare con quella adorabile sceneggiata: ricordava perfettamente di chi era figlio e ricordava benissimo anche quanto ci voleva per fiaccare quelle due prese di corrente blu. Arrivati di fronte alla porta, la riccia sistemò i vestiti del piccino e gli portò ordine tra gli aculei scompigliati,
< sii educato Jus e ricordati soprattutto di dire la verità ok? Qualunque essa sia > mormorò con un filo di voce, baciandolo sulla testolina. Annuendo vigorosamente, Justin si attaccò alla mano della madre leggermente intimorito dall’entrata enorme dalla quale potevano passare largamente tre persone alla volta. La porta si aprì parzialmente e, subito, gli occhi curiosi dei ricci furono catapultati all’interno. Visione che venne disturbata da una giovane cerva dagli occhi grandi e cerulei con un sorriso cordiale, il corpo sottile e minuto era avvolto da un vestito nero e aderente e le scarpe eleganti la facevano sembrare un figurino. Porse loro la mano ricca di anelli in modo deciso, sorridendo dolcemente agli ospiti < salve! Mi chiamo Dafne the Deere, sono la segretaria dell’avvocato Stanghelf, il quale sarà qui a momenti. Sono a conoscenza del vostro caso. Sonic the Hedgehog è un nostro affezionato cliente e la vincita di questa sfida sarà una vittoria anche per noi. Avverto l'avvocato del vostro arrivo > esclamò orgogliosa  indicando le sedie dove potevano sedersi. Amy, gelosa, non riuscì a non pensare che anche Sonic doveva essere ben affezionato a lei con quel sorriso meraviglioso e quella vita sottilissima e non riuscì nemmeno a non ipotizzare quante volte fossero finiti a letto assieme, arrivando ad un numero che sfiorava le decine.
< La ringrazio > rispose cautamente la rosa ricambiando il sorriso e portando Justin su una delle sedie di finta pelle. Si sedettero con un sospiro e mentre la riccia si apprestava a quell’incontro tesa e ben diritta sulla poltroncina, il piccino iniziò a dondolare le gambine annoiato, quanta lentezza in quel posto!      
 

Spazio autrice: scusate del ritardo ma tra lavoro e l'esame sto facendo i salti mortali! Come sempre, errori, consigli, critiche, sviste, virgole e via dicendo, per favore segnalatele.
Detto ciò spero vi sia piaciuto.
Baci!
 

 
  
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