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Autore: Ste_exLagu    17/10/2019    4 recensioni
Non pensi mai a qualcosa, ma poi diventa il tuo chiodo fisso. Akira Sendo non ha mai pensato all'amore o a qualcuno di particolare, ma da un momento all'altro i suoi pensieri si catalizzano su Kaede Rukawa. Le voci sul suo conto lo proteggono da persone che indaghino sulla sua situazione sentimentale. Le voci lo vorrebbero un don Giovanni di prima categoria, invece è un normale adolescente, romantico come il giorno in cui è nato, alle prese con i pensieri sul figlio dell'inverno Rukawa.
Genere: Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Akira Sendoh, Kaede Rukawa
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Good Idea

It seemd like such a good idea at the time


11 07

Qualche giorno fa ho incontrato il mio più acerrimo rivale su un campo da basket lui è un tipo così strano. Se vedessi uno come me accanto a lui mi verrebbe da ridere, sono sempre così sorridente, e non è un esercizio di stile, mi piace la sensazione che lascio agli altri col mio sorriso. Spesso mi sento rassicurato da questo mio atteggiamento, so che anche se sta andando male non lo farà sempre, perché la vita è bella e va vissuta così come viene. A scuola ho la fama di essere uno sciupafemmine, e mi sto ancora chiedendo come me l’hanno costruita addosso.

Ho diciassette anni e sono un imbranato di prima categoria, le ragazze non rientrano nel mio radar, penso alla scuola, penso alla pesca, cosa che mi rilassa da morire, e penso soprattutto al basket. Il mio amore per questo sport mi porta ad impegnarmi, anche se sono sempre, perennemente in ritardo. Sono un ritardatario, e me ne rendo conto, non sono adatto ad aspettare, non lo sono mai stato, il giorno del compleanno sono sempre stato impaziente di aprire i regali, mi son sempre svegliato all’alba solo per poter scartare tutti i pacchi che i miei parenti lasciavano per me.

Sono stato il regalo di San Valentino per i miei genitori. Mio padre per scherzare dice sempre di non essere riuscito mai ad eguagliare mamma con i regali per quella ricorrenza, perché lei gli ha dato me, e lo trovo molto dolce.

Ultimamente mi sento solo, anche quell’orso di Koshino ha trovato una ragazza, direi una santa ragazza, che lo sopporta, e quando ha qualche uscita melensa mi ritrovo a metà tra l’inorridito e l’invidioso. Non posso dire che le ragazze non si presentino da me con quelle loro lettere d’amore profumate delle essenze che usano sulla loro pelle, e mia mamma mi ha sempre insegnato che bisogna accettare i regali, io le accetto e rispondo ad ogni lettera scrivendo a mano, ormai però ho trovato una formula per tutte a cui aggiungo di volta in volta il nome della ragazza. Scrivo sempre “Ti ringrazio per le tue parole, ma preferisco rimanere da solo, il basket assorbe tutto il mio tempo e non ne avrei da dedicare a conoscerti. Akira Sendo”. Efficace, qualcuna non demorde e allora devo dire che non voglio una fidanzata, ma le ragazze si fanno dei film assurdi.

Ringrazio gli dei di essere cresciuto nell’amore assoluto dei miei genitori, e nell’amore odio fraterno con mia sorella, lei è più grande di me di quattro anni, e ho foto inquietanti in cui lei di cinque o sei anni mi usava come sua bambola personale.

Sono sempre stato tranquillo, e questa irrequietudine non mi si addice. Da quando ho incontrato Rukawa mi sento scombussolato. Come sempre ho fatto il ragazzo maturo, e gli ho spiegato che dovrà superare avversari ben più forti di me per poter seguire il suo sogno, giocare in NBA, non facile per noi orientali, non abbiamo i fisici possenti degli americani, e dobbiamo avere un talento fuori dal comune, oltre che una resistenza assoluta. La mia mente analitica, che tanto mi aiuta quando il coach decide di farmi fare da play, in questo caso mi sembra fallata. Non so perché quegli occhi così smarriti nei confronti del mondo mi abbiano colpito così tanto. Tutti si fermano al colore dei suoi occhi, zaffiri preziosi, ma non si rendono conto del mondo che ci possono leggere tutto quello che non si legge nei suoi lineamenti delicati è riversato in quelle iridi particolari. Gli brillano gli occhi alla possibilità di giocare ancora a basket, si incupiscono quando litiga con il rossino della sua squadra, sembrano così vivi quando riesce a batterti in un one to one, l’adrenalina che emanano durante le sfide ti travolge e diventa anche la tua. Ha quest’aura competitiva che ti avvolge.

Quello che non capisco è quando mi son perso a fare questi ragionamenti sui suoi occhi, e soprattutto perché non mi abbandonano, quasi fossero una carezza lontana. Lui si sta preparando per andare al campionato nazionale, e io sono qua che mi sento un fallito, sono l’asso della scuola, il giocatore di punta e bla bla vari, e invece non sono riuscito a portare la mia squadra da nessuna parte, e mi sento perso e appena rientro in palestra sento il peso di essere stato eletto capitano. I ragazzi del secondo anno decidono attraverso una votazione chi sarà tra loro il nuovo capitano e loro hanno scelto me perché sono diplomatico, mi immagino Hiro o Kitchō ad andare a chiedere spiegazioni all’arbitro, dei scampatecene, arbitro con pugni alti*1 e via a fare la doccia.

Sono le 4 e 30 di un lunedì mattina, l’alba sta schiarendo il cielo estivo, e stranamente non c’è nemmeno la minaccia delle piogge, forse riesco a pescare qualcosa, prendo la sacca con le canne e il porta esche ed esco, mi dirigo al solito molo, ormai i pescatori della zona mi conoscono e lasciano quell’angolino solo per me. Indosso il mio miglior sorriso come se fosse una felpa o come se fosse un paio di jeans in cui ti senti a tuo agio. Il mio sorriso è la mia corazza contro le brutture del mondo. Molti mi ritengono ingenuo, uno stupido che guarda il mondo attraverso degli occhiali a forma di cuore di colore rosa. La vita invece non è un racconto d’amore, purtroppo le cose brutte accadono e ci sono diversi modi per combatterle, il mio è spaventarle a suon di sorrisi e gentilezza. Come quando al supermercato le signore anziane mi chiedono di prendere i barattoli sullo scaffale in alto, non mi costa niente accontentarle, e loro sono felici per un semplice atto di gentilezza. Sto cercando di portare la mia rivoluzione nel mondo un sorriso alla volta. Ma alla vista di lui traballa, tutte le mie certezze si infrangono nel suo sguardo profondo. Sono arrivato e mi preparo alla pesca, lenza, esca e via in mare. Sono seduto con le gambe che penzolano nel vuoto e un secchio d’acqua marina al mio fianco. Mi perdo a guardare le piccole onde lontane, quelle di una marea di temperatura diversa, dello stesso colore degli occhi di quel ragazzo fin troppo serio. Il mio volto è radioso, il suo inespressivo, nonostante questo però ho sentito una sorta di comunanza, qualcosa di così vicino al cuore da commuovermi, ma per fortuna riesco a non esternare tutte le mie emozioni, e ho continuato a sorridere; forse il mio sorriso ha vacillato sul mio volto quel giorno, ha vacillato come il mio cuore, e da quel giorno non capisco veramente più nulla.

Quando mi chiedono cosa ho sognato, con malcelata ironia rispondo “La mia vita è un sogno, non ho bisogno di immagini fittizie della mente” in realtà sono così bloccato da non ricordarmi i sogni, e quando lo faccio sono spezzoni senza senso, o la bambina*2 polacca di quattro anni con i lunghi capelli biondi che va a giro con un boxer marrone come quello che aveva mio nonno quando ero piccolo, è un incubo in realtà e c’entrano gli occhi, lei li mangia e il cane non li ha, ma non esce nemmeno una goccia di sangue, e non so il nome di questa mia amica del sonno, la mattina dopo mi sveglio sempre con un sapore amaro in bocca e lo trovo abbastanza inquietante. Ultimamente però la bimba polacca è stata sostituita da qualcosa che non ricordo ma che mi lascia senza saliva e con delle erezioni di quelle dolorose, e la mattina anche con il problema pipì mi fanno uscire di testa, e allora vengo a pescare per scaricare la tensione, solo che poi mi riaddormento, o mi perdo nei miei ragionamenti e faccio tardi a scuola e dire che entriamo alle 8 e 30. Stamattina mi sono svegliato con il fiatone, e l’erezione più dolorosa degli ultimi tempi, e potrei anche azzardare a dire che sia stata l’erezione più dolorosa in assoluto, solo che la mia mente mi ha lasciato ricordare solo quegli occhi blu, quelli del mio rivale numero uno, quello che dovrò sconfiggere se intendo andare ai campionati invernali. Ora la mia testa è ancora più confusa di prima. Non sono uno che ama darsi delle etichette, e ho sempre saputo che avrei potuto amare chiunque, ma da qua a eccitarmi per un altro ragazzo ne passa, l’amore è una cosa pura, l’eccitazione è invece una cosa così carnale e pratica che mi spaventa.

Secondo le voci di ritorno, io mi sarei fatto mezza popolazione del Ryonan nei bagni della scuola, questo vuol dire che avrei dovuto passare più tempo là che in classe, o agli allenamenti, o a casa, la nostra scuola conta quasi tremila studenti, secondo i miei calcoli avrei dovuto scopare in media per cinque minuti a testa tipo per tutti i giorni di scuola negli ultimi due anni. Si dice che a letto sia un grande adone, e che sia dotato, quello qualcuno l’ha anche visto, e sinceramente mi sembra più grande di molti di quelli della squadra, anche perché al ritiro ce lo siamo misurati, ma non è questo il punto, non capisco come riescano ad inventarsi cose così clamorose su di me, e che la gente ci creda pure. Ok a volte mi lasco prendere la mano e faccio battutine allusive, ma è il massimo che abbia fatto fino ad adesso. Sono un inguaribile romantico, mi piacerebbe trovare qualcuno da amare tutta la vita, del sesso senza sentimenti non me ne faccio proprio niente. Cerco di recuperare il pesce che si è attaccato all’esca, lo voglio liberare direttamente. “Su piccolo torna a nuotare con i tuoi amici” gli dico prima di farlo scivolare di nuovo in mare, almeno stamattina non ho pescato uno scarpone, il giorno dell’incontro con Rukawa ho pescato un copertone, mi chiedo se fosse un messaggio dagli dei per me, fai il bravo o ti mandiamo spazzatura.

Cerco di essere la versione migliore di me, cerco di trovare il positivo in ogni situazione, ma sognare anche ad occhi aperti il volto di un ragazzo che mi vede solo come un avversario non è la cosa migliore che potessi fare, non lo è proprio per niente. “Basta” alzo la voce e mi batto le mani sulle cosce, “devo andare a scuola.” aggiungo e sento le voci dei pescatori che mi salutano ed io saluto loro augurandogli buona giornata e buona pesca con un sorriso.


Arrivo a scuola ed ho ancora la testa tra le nuvole, o forse la mia testa non è qua, la mia testa è allo Shohoku ad osservare quel ragazzo così schivo. Non è la prima volta che lo incontro, e non è stato il primo one to one in uno dei campetti in giro, delle volte mi avvicino io alla sua zona, delle volte lo sento arrivare con quel catorcio di bici cigolante da chilometri, è inconfondibile, è come l’annuncio dello speaker “Ecco a voi comuni mortali il bello e dannato, il giocatore formidabile, il talento naturale, il ragazzo di ghiaccio Kaede Rukawa” sento quello in quel dannato cigolio. Sembra che io sia così abituato a lui che ne riconosca il rumore della bici, quindi quali altri segnali ho sottovalutato in sua presenza?

Miracolosamente arrivo in classe un minuto prima del professore della prima ora, sono anche riuscito a lasciare al club la mia attrezzatura da pesca, che sicuramente farà prendere un mezzo infarto al coach. Oggi ho bisogno di concentrarmi di nuovo sul basket, devo riprendere in mano questa cosa, e poi non ho più voglia di ricevere le telefonate di Jun incazzato perché sono un capitano irresponsabile, nemmeno questo riesce a far sembrare meno pesante questo ruolo, me lo sento addosso come una condanna, ricordati di essere saggio, e mi sento come se fossi nato vecchio.

Non sono uno che fa follie, non sono uno con abitudini strane, se non si conta alzarsi alle quattro del mattino per pescare, non sono mai stato disubbidiente o ribelle. Sono sempre in ritardo, sono nato con quasi tre settimane di ritardo, hanno programmato la mia nascita, per il 13 febbraio e mamma è entrata in travaglio, e visto che son sempre in ritardo, è durato quasi ventidue ore, e poi sono nato con una giungla di capelli neri in testa, selvaggi e privi di forma. Ho un rituale che la mattina ripeto quasi come se fosse un calmante, prendo la piastra e liscio i capelli e poi li tiro su con il gel, ormai sono veloce in questa operazione e riesco a farlo in pochissimo tempo, ma mi rilassa, e quando sono particolarmente stressato faccio questo con più calma. Penso ai miei capelli, e a come li acconcio per cercare di calmarmi, ma niente non riesco, mi torna in mente quella volta che ha alzato la maglietta per asciugarsi il sudore, e ricordo anche la mia bocca riarsa e una certa bramosia di toccare quella pelle difana. Sono inguaiato da tempo allora, questo episodio risale alla primavera scorsa, poco prima dell’inizio del mio secondo anno di scuola.

Ci conosciamo, diciamo ci scontriamo sui campi da quando eravamo dei bambini alle prime armi, e io sono sempre stato leggermente superiore a lui, sono un anno più grande, e quindi ho iniziato prima, ma piano piano ha colmato questa distanza e adesso lui, ma chi se ne frega del basket adesso, adesso vorrei solo poterlo toccare, poter parlare con lui, anche se dovesse solo ascoltarmi, vorrei bearmi della vista dei suoi occhi. Sono proprio messo male, qua potrei avere chi mi pare, invece vorrei solo lui, luna lontana e irraggiungibile, è proprio un figlio dell’inverno. Io sono l’espressione della festa di San Valentino, ottimista e innamorato della vita, lui è silenzioso e gelido come la neve che cade in fiocchi meravigliosi.

“Cazzo una cosa più semplice no?” non mi rendo conto che il mio soliloquio è uscito a gran voce dalla mia bocca e il professore non sembra gradire. Mi sbatte fuori dalla classe, e per fortuna niente secchio d’acqua, nervoso come sono avrei fatto la doccia, ma forse una doccia gelida non sarebbe una brutta idea.


Agli allenamenti mi sento carico, se non posso conquistarlo devo batterlo, batterlo per averlo ancora vicino, perché se lo batto sarò migliore e lui dovrà migliorare ancora. Siamo così diversi anche nel gioco. Stiamo cercando i nuovi equilibri, i senpai si sono ritirati e sentiamo la loro mancanza soprattutto sotto canestro dove la mole di Uozumi faceva la differenza. Jun è come dovrebbe essere un leader, forte e risoluto, gentile e inflessibile, io sono troppo buono, non riesco ad arrabbiarmi nemmeno con Fukuda che a volte meriterebbe una sgridata. Vado a canestro e proprio Kitchō mi stoppa, sono troppo assorto nei miei ragionamenti, per adesso devo lasciarlo fuori dalla mente, e concentrarmi sul tempo presente, andrà tutto bene, un respiro dopo l’altro, un palleggio dopo l’altro, un passaggio dopo l’altro. Le dinamiche migliorano ma ancora siamo lontani dal loro livello, e se Kaede cominciasse a collaborare con Sakuragi, allora si che sarebbe proprio un casino uscirne vincitori.

L’allenamento dura più del solito, e mi sento provato, forse anche per la levataccia. Ci facciamo la doccia, e sono così spossato che mi lavo i capelli. Quando vado ad aprire la borsa noto che ho dimenticato il mio armamentario per mettere a posto questo nido d’uccelli che mi porto in testa. Non sono né lisci né ricci, sono semplicemente anarchici se non li tratti con le cattive. Li sento ridere quando dopo aver cercato di lisciarli con il phon, nonostante il gel che mi hanno prestato si afflosciano su se stessi facendomi sembrare uno scappato di casa. Mi vesto e sorrido a quelle serpi travestite da compagni di squadra “Allora vecchie comari, ci vediamo domani per gli allenamenti, mi raccomando puntuali” dico facendo ridere tutti apertamente stavolta. “Tu togliti quella parrucca, ti prego, sei inguardabile” mi dice Fukuda “Ha parlato il fotomodello” rispondo ancora sorridendo, ma qualcosa si deve essere incrinato, questo scambio di battute finisce così senza il mio compagno che ribatte, e io dopo un po’ lo lascio vincere. Sarò più paranoico del solito, ma sento i loro occhi che mi osservano. Chiudo la questione salutando ancora e dopo aver recuperato anche l’armamentario da pesca mi dirigo verso il primo campetto che trovo, non lo so, non me la sento di tornare a casa così presto, mamma e papà chiudono tardi, hanno un non so che di lavoro, e mi hanno detto di cenare da solo, cosa che non capita così spesso. Il buio mi avvolge e devo aver fatto molti chilometri, mi ritrovo al campo illuminato proprio a metà tra il Ryonan e lo Shohoku, e sento quel rumore e il mio cuore comincia a battere più velocemente. Mi hanno sempre definito come un gatto sornione, ma adesso mi sento come quei cani che aspettano il padrone alla stazione del treno, spasimo per il ritorno di qualcuno, e razionalmente so di non avere nemmeno una mezza probabilità di essere entrato nel suo cuore.


Entra nel campetto senza accorgersi della mia presenza e posso bearmi del suo corpo coperto da vestiti leggeri, verso metà mattina ha piovuto, e poi è scesa una cappa di umidità non indifferente e il caldo non ci sta lasciando respirare, e lui ha capito che il blu è il suo colore, e io sto pensando a che cazzo di colore indossa. Sono così perso a guardarlo che non mi accorgo che lui sta facendo altrettanto. Lo vedo ridacchiare, e tra i suoi piccoli sbuffi sento la parola “capelli” e poi ricomporsi, ed è la cosa più bella che abbia mai visto, e dire che sono stato in mongolfiera, i miei neuroni si distaccano dalla realtà a quella risata accennata e volutamente ovattata, e mi avvicino a lui, faccio due passi e con un sorriso riesco a dirgli “Ragazzino impertinente” prima di passare una mano sotto al suo mento, i suoi occhi si spalancano smarriti e io non riesco a fermarmi, poggio le mie labbra sulle sue, fregandomene del luogo pubblico, del fatto che siamo due ragazzi, del fatto che non ho la minima possibilità con lui. Il bacio è un veloce tocco di labbra. Mi stacco guardando ancora quegli occhi profondi e poi comincio a correre, come se non mi fossi allenato tutto il pomeriggio, come se non fossi stanco, convinto di aver preso tutto, sento contro il mio corpo l’attrezzatura da pesca.

Dopo un po’ mi fermo e sento di nuovo il cigolare della sua bici, maledetto me, lui ha due ruote, e la mia fuga mi ha solo distrutto ancor di più, soprattutto fisicamente, in barba a chi dice che a diciassette anni le energie sono infinite.

“Sendo” mi apostrofa “Il borsone” e mi porge la borsa da palestra che prendo, sono imbarazzato, e il mio sorriso è tremolante. Lui mi lascia l’oggetto e poi mi tocca la mano con cui lo sto tenendo “Perché?” mi chiede, e sento il respiro che mi manca, sento l’ansia che sale, ma non muovo la mano sotto la sua, che nonostante lui sembri l’inverno è calda e ruvida.

“C’è un mondo che vorrei scoprire, e che lasci intravedere nei tuoi occhi, e poi la tua risata è stata la cosa più bella che abbia mai sentito, così come il sorrisetto che avevi sulle labbra più bello del giro in mongolfiera, più bello della cosa più bella che mi viene in mente, e mi sento stupido, mi sto comportando come le tue fan.” abbasso lo sguardo e sospiro, non so nemmeno se ho detto qualcosa di sensato. Sento solo il rumore del mio cuore che batte velocissimo nel mio petto, e sento le mie guance a bollore. Sento le sue dita calde sulla mia mascella, solo i polpastrelli.

“Non so cosa pensi di trovare, sono questo tutto basket e pisolini” la sua voce è un evento raro, profonda, calda come il camino che scoppietta a Natale.

“Sei di più di questo. Permettimi di conoscerti meglio, prometto che farò il bravo, e non farò niente che non vorrai anche tu.” Lui sembra soppesare le mie parole. “Cominciamo per gradi” continuo “Piacere, sono Akira, ho diciassette anni, e vorrei poter scambiare il mio numero con te”.

Lui mi guarda di sottecchi e sospira “Ok. Sono Kaede ho sedici anni, e possiamo provare, anche se hai dei capelli assurdi” e questa sua affermazione detta con un tono serio mi riempe il cuore e gli sorrido, e non è niente di studiato, è qualcosa che sento dentro “Ho dimenticato gli strumenti per poter addomesticare questa massa informe” e lui annuisce. Tiro fuori il mio telefono e glielo passo “Segna pure il tuo numero” e lui lo fa muovendo quelle dita lunghe.

“Fermo così” gli dico quando mi passa il telefono e gli faccio una foto. “Per il contatto”.

Lui scuote la testa “Sei impossibile, come i tuoi capelli” e il miracolo si ripresenta, ride, una risata leggera, quasi soffiata.





Note Sparse
Il titolo ci sta come il cavolo a merenda
Allora fase di blocco per gli aggiornamenti dell’altro ciarpame che scrivo, richiesta da parte mia di un paring e niente una SenRu.
Volevo scrivere una One Shot, ma sembra che le mie tare mentali me lo impediscano.
*1 per chi non fosse avezzo alla segnaletica arbitrale l’espulsione avviene tramite il gesto a pugni chiusi verso l’alto.
*2 Ok, la bambina è la mia amichetta degli incubi, ha sempre quattro anni e il boxer di mio nonno.

  
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