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Autore: WhiteLight Girl    20/10/2019    1 recensioni
Papillon è stato sconfitto e Gabriel Agreste è in prigione; Marinette non ricorda come sia successo, né riesce a smettere di preoccuparsi per la sparizione improvvisa di Adrien. Con Chat Noir che le si rivolta contro e cerca di ucciderla, Maestro Fu irreperibile e la scatola dei Miraculous dispersa, Ladybug si ritrova da sola a cercare di capire cosa sia successo dopo che, durante la battaglia finale contro il suo peggior nemico, ha perso i sensi.
Genere: Angst, Dark, Mistero | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Adrien Agreste/Chat Noir, Gabriel Agreste, Marinette Dupain-Cheng/Ladybug, Plagg, Tikki
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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LE OMBRE DI VILLA AGRESTE - 3

Carapace le raggiunse tra le guglie di Notre Dame, là dove già una volta aveva incontrato Ladybug, ed era solo.

«Non l’hai fermato?» gli domandò Rena Rouge fissandolo a braccia incrociate.

Ladybug si era seduta accanto ad uno dei gargoyle, la mano premuta contro il fianco per nascondere alla vista dei due amici il sangue che ancora imbrattava il suo costume nonostante il suo flusso si fosse fermato.

Ancora non riusciva a capire perché Chat Noir non fosse tornato ad attaccarla subito, perché avesse aspettato e si fosse presentato da lei come Adrien. Forse contava di coglierla di sorpresa, in quel modo, ma allora avrebbe potuto farlo benissimo anche la notte precedente, mentre tentava inutilmente di prendere sonno.

«Ladybug?» domandò Carapace, distogliendola dai suoi pensieri. «Tutto bene?»

Lei sospirò e si sforzò di sorridere, anche se aveva appena scoperto di aver sempre conosciuto il ragazzo che vestiva i panni del suo compagno di squadra, anche se l’amore della sua vita aveva appena provato a ucciderla - per la seconda volta - e voleva solo sparire o infilarsi sotto le coperte per piangere fino a prosciugarsi. Da dove erano riusciva a vedere Villa Agreste, sembrava una casa normale in una normale strada di Parigi e in una giornata normale, ma lei sapeva bene che ormai non era più così.

«A Chat Noir è successo qualcosa, l’altro giorno.» disse.

Rena Rouge annuì.

«Cosa può averlo portato a volerti morta?» domandò.

Ladybug scrollò le spalle. «Non lo so, ma è iniziato tutto a Villa Agreste, Nadja Chamack ha portato lì sua figlia contro la sua volontà e lei era terrorizzata, io e Chat Noir ci siamo tornati per salvarla e dopo – quando eravamo fuori e pensavamo di aver risolto – qualcosa ha riportato lui dentro.»

«Qualcosa tipo cosa?» chiese Carapace.

«Qualcosa di oscuro che deve essersi liberato durante lo scontro con Papillon, ne sono certa. Se solo capissi cosa...»

Rena Rouge si portò due dita al mento e strinse gli occhi, il vento le agitò i capelli mentre rifletteva. «Dobbiamo ripercorrere i passi di ciò che è accaduto quel giorno.» realizzò.

Ladybug si morse il labbro, ripensare alla mattina in cui si era svegliata a casa sua ed aveva trovato gli orecchini posati sul comodino era ogni volta come sentire la terra venire a mancare sotto i piedi.

«C’è un problema, però.» disse all’amica. «Durante lo scontro finale con Papillon sono stata ferita ed ho perso i sensi, non ricordo nulla di quello che è successo fino al mattino dopo.»

Rena Rouge sbatté gli occhi ed annuì, Carapace approfittò di quel momento per farsi più vicino.

«Qualunque sia la causa è successo nel lasso di tempo in cui sei stata svenuta.»

Ladybug tornò a pensare al fatto che Chat Noir avesse dovuto affrontare Papillon senza di lei, ma per la prima volta poté davvero capire cosa comportava ciò. Adrien Agreste aveva affrontato suo padre, l’aveva sconfitto e l’aveva riportata a casa, prima di scomparire nel nulla. Dove aveva dormito? Chi si era occupato di lui e l’aveva aiutato a curare le sue ferite emotive? Adrien si era ritrovato all’improvviso senza una famiglia.

Con il cuore spezzato ed un groppo in gola, Marinette si ripromise che gli avrebbe dato tutto l’amore ed il calore umano che avrebbe potuto una volta che fosse riuscita a liberarlo dalla possessione ed a riportarlo a vivere alla luce del giorno. Ovviamente, se lui non avesse voluto restare con lei, se ne sarebbe fatta una ragione e l’avrebbe lasciato andare.

«Purtroppo l’unico che sa come sono andate le cose è proprio Chat Noir.» disse.

«E il signor Agreste.» concluse Carapace.

Ladybug alzò lo sguardo e lo fissò, si rese conto di aver escluso a priori la possibilità di poterlo chiedere direttamente a lui, forse perché non era certa di potersi fidare di lui. Ma non si trattava più di Papillon e Chat Noir; ora il problema riguardava Adrien e Gabriel Agreste e, per quanto l’uomo potesse essere freddo, distante e con tendenze da supercattivo, voleva continuare a pensare che amasse ancora profondamente suo figlio. Ora sarebbe stato necessari capire se lui conoscesse o no la vera identità di lui.

Quando si era svegliata, rifletté, non aveva avuto gli orecchini alle orecchie, quindi probabilmente ad un certo punto Papillon era riuscito a rubarle il Miraculous mentre era inerme. Poteva dare per scontato che fosse riuscito a prendere anche quello di Adrien, smascherandolo?

E poi, forse, lui era riuscito a farlo ragionare, a convincerlo a restituire i Miraculous prima di riportarla a casa. Con un sussulto del proprio cuore, Marinette provò ad immaginare il ragazzo che la sollevava tra le braccia ed attraversava Parigi stringendola a sé per riportarla al sicuro in camera sua, che la posava sul letto e le rimboccava le coperte con affetto. Scrollò il capo per liberarsi di quei pensieri frivoli.

No, pensò, se Adrien ora era posseduto allora Papillon doveva di certo essere riuscito a fare qualcosa, prima che il ragazzo riuscisse a fermarlo ed a consegnarlo alla giustizia. Deglutì per calmare il conato di vomito che le era balzato in gola al pensiero di Adrien che, da solo, cercava di affrontare inutilmente suo padre e decise che non c’era scelta.

«Bene allora.» disse. «Se non potremo parlare con Chat Noir lo faremo con il signor Agreste.»

Si morse l’interno del labbro, non aveva davvero voglia di farlo, ma non c’era scelta. Se così avrebbe potuto aiutare Adrien se ne sarebbe fatta una ragione. Era solo infinitamente grata che con lei ci fossero Carapace e Rena Rouge, mentre si domandava dove fossero Chat Noir e Queen Bee in quel momento e se lei si stesse occupando adeguatamente di lui.

Ladybug fu la prima a saltare giù dal tetto, usando un solo braccio oscillante per mantenersi in equilibrio, mentre cercava di muovere l’altro il meno possibile per fare in modo che la ferita bruciasse il meno possibile. Sperò che il costume magico risolvesse la cosa per lei, che il taglio appena fatto da Adrien riuscisse a guarire prima di sera.

Si chiese se Adrien, all’inizio, l’avesse evitata perché si era sentito messo da parte; non sarebbe certo stata la prima volta che accadeva, e immaginò che, forse, se lui avesse conosciuto la sua identità già da prima dello scontro finale, si sarebbe rifugiato in camera sua quella stessa sera. Se fosse accaduto, lei ne era certa, non l’avrebbe più lasciato andare.

Nei giorni precedenti Parigi era stata tranquilla, ma ora che tre supereroi scorrazzavano alla luce del giorno sui tetti tutti sembrarono prenderlo come un cattivo segno. Molti alzavano gli occhi e si guardavano attorno, come se si aspettassero di vedere saltare fuori qualche supercattivo all’improvviso, altri abbandonavano la strada per rifugiarsi all’interno degli esercizi commerciali più vicini. Un paio di poliziotti portarono alle labbra la radiotrasmittente e comunicarono qualcosa ai colleghi.

Presto furono davanti alla stazione di polizia, saltarono direttamente sul marciapiede per evitare di intasare il traffico e, al loro arrivo, i due agenti che erano fermi sull’uscio sobbalzarono e portarono la mano alla cintura, posando le dita sulla pistola. Dopo aver capito chi avevano di fronte, sospirarono e si rilassarono.

Con un sorriso mesto, Ladybug si domandò se fosse il caso di chiedere loro scusa per averli spaventati.

All’oscuro dei suoi dubbi, Carapace sollevò il volto verso uno dei due e sorrise. «Salve, Amico – agente – vorremmo sapere se sarebbe possibile parlare con il padre di Adrien. Il signor Agreste, intendo. Possiamo parlare con il signor Agreste?»

Ladybug gli lanciò un’occhiata, poteva vedere il sorriso intenerito di Rena Rouge oltre la spalla di Carapace, mentre la ragazza lo osservava a braccia incrociate.

Lo sguardo cupo dell’agente le fece pensare che gli avrebbero detto di no, che forse in qualche modo l’incontro con Gabriel Agreste del giorno precedente fosse stato un’eccezione, che ora nessuno di loro avrebbe potuto incontrarlo. E intanto per strada altre persone rallentavano per osservare, dozzine di volti si fissavano su di loro con curiosità. Qualcuno sollevò il telefono per scattar loro qualche foto, ma Ladybug non volle perdere tempo a preoccuparsene.

L’agente le lanciò un’occhiata come a chiederle conferma, le sopracciglia corrucciate e le labbra tirate.

«Sarebbe davvero di grande aiuto.» gli disse allora Ladybug, cercando di usare il tono più caldo possibile.

Lui annuì e scambiò un’occhiata con il proprio collega, che allora si fece da parte ed indicò loro di entrare nell’anticamera.

Ladybug precedette Carapace e Rena Rouge e sorrise a chi era all’interno. Il ragazzo fece loro un cenno dall’altra parte del vetro e premette il pulsante. La porta principale della centrale si aprì con uno scatto e, oltre essa, l’Agente Roger pareva aspettarli.

«Seguitemi, prego.» disse.


Il giorno dell'arresto di Gabriel Agreste:

L’agente Roger guidò Chat Noir verso la volante posteggiata dietro quella in cui avevano fatto salire Gabriel Agreste, gli aprì lo sportello lo anteriore dalla parte del passeggero e lo invitò a salire. Lanciò una prima occhiata verso la casa, avrebbe dovuto essere un modo per assicurarsi facilmente che sarebbe andato tutto bene, ma qualcosa si mosse appena dietro una delle finestre del piano terra e, con un sussulto, gli venne il dubbio che non sarebbe stato così facile. Sbatté gli occhi, diede uno sguardo rapido a Chat Noir e poi tornò a prestare attenzione all'interno della casa.

Tornato a osservare il ragazzo che aveva davanti si domandò quanti anni prese avere, non poteva essere che di poco più grande rispetto a sua figlia ed il modo in cui si voltò anche lui, l'espressione un misto di preoccupazione e confusione che lo intenerì. Come aveva potuto, comunque, un ragazzo così giovane sopportare il peso così grande di essere un supereroe? In che modo gli adulti che avrebbero dovuto proteggerlo si erano lasciati sfuggire quali rischi corresse ogni giorno? E per quanto riguardava ladybug?

La figura alla finestra era sparita, ma ciò che era accaduto quel giorno, finale a parte, era ancora troppo poco chiaro.

«Vi raggiungo.» disse l'agente Roger ai colleghi. Passò le chiavi dell'auto all'uomo che aveva accanto, deciso a liberare Chat Noir almeno del peso di controllare se davvero ci fosse qualcosa dentro la casa. Si allontanò, andando dritto verso il portone dell'ingresso appena sigillato e si piegò per passare sotto il nastro. All'interno non era rimasto più nessuno, né c'era traccia di segnalazioni della polizia. L'agente si grattò il capo e lanciò una rapida occhiata in ogni angolo, ma non riuscì a scorgere le tracce del passaggio dei suoi colleghi se non nei pochi oggetti d'arredamento che erano stati leggermente spostati dalla loro posizione originale.

Se ne sarebbe andato, se non avesse avvertito un brivido corrergli lungo la schiena, ed esitò nel provare a convincersi che fosse solo autosuggestione. Era stato solo un momento di distrazione, durante il quale aveva permesso la sua mente di lasciarsi trascinare dopo che gli occhi gli avevano giocato un brutto scherzo, decise, ma bastò per convincerlo a restare, ad esitare in cerca di qualcos'altro. Si fece avanti nella stanza, abbandonando la la relativa sicurezza che l'esterno poteva garantirgli grazie alla presenza dei colleghi, ma non cambiò nulla. Quella sensazione era ancora lì, aggrappata lui, e non dava alcun cenno di volerlo lasciare andare.

Si voltò, in quella casa aveva abitato Papillon, che si era macchiato di numerosi crimini infilandosi nelle menti di innocenti, era ovvio che in qualche modo portasse i segni delle loro sofferenze interiori. Qualunque cosa fosse ciò che sentiva non avrebbe avuto alcuna possibilità di affrontarla da solo. Ma avrebbe aspettato per parlare con ladybug e Chat Noir, così nel frattempo i due avrebbero potuto riprendersi al meglio da quella giornata e godersi un po' di meritato riposo.

Non si accorse, nell'avviarsi verso l'uscita, dell'Ombra che scivolò fuori da sotto il divano e, silenziosa, sul pavimento si muoveva serpeggiando verso di lui.



***

Lo so, questo aggiornamento arriva con un enorme ritardo e per questo volevo scusarmi in particolare con Princess_Shiho, Cathy Earnshaw, Mergana, Alcor (Ma con te mica tanto xD), Laviestar e _Chibitalia_ che in questi mesi hanno scelto di impiegare un po’ del loro tempo per farmi sapere cosa ne pensano di questa storia e, senza neanche saperlo, mi hanno fatto tornare la voglia di continuarla quando pensavo di lasciarla a favore di altri progetti che sento più miei. Ci tenevo che sapeste che le vostre parole sono state la mia motivazione e spero mi farete sapere ancora cosa ne pensate.

Mi piacerebbe anche avere altri pareri, ovviamente, magari su cosa pensate della piega che stanno prendendo gli eventi, ma soprattutto mi piacerebbe che mi faceste notare quando le cose sono poco chiare, in modo che io possa rimediare.

Che ne dite, cosa pensate che succederà da qui in poi? Cosa pensate che sia successo a Villa Agreste? Pensate che ci sarà un lieto fine o che la cosa che si nasconde dentro Adrien riuscirà a portarlo ad uccidere Marinette, che lui si è appena reso conto di amare?

Oppure avete in mente altre domande che non sono tra queste, a cui volete trovare risposta?

A presto, baci <3

   
 
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