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Autore: Civaghina    24/10/2019    0 recensioni
Com'era la vita di Leo, prima della terribile scoperta della Bestia?
Com'è cambiata la sua vita quando si è trovato davanti ad una verità così devastante?
La storia di Leo prima di Braccialetti Rossi, ma anche durante e dopo: gioie, dolori, amori, amicizie, passioni, raccontate per lo più in prima persona, sotto forma di diario.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Leo, Un po' tutti
Note: Raccolta | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Lunedì, 2 gennaio 2012

Non ne stai mangiando un po' troppi?” mi chiede Asia dopo che io ho inzuppato l'ennesimo biscotto nel caffellatte.

No.”

Finirà col venirti mal di pancia.”

Beh, così ho una buona scusa per non fare i compiti, no?” ribatto sorridendo.

Tanto per te ogni scusa è buona...”

E a dire il vero sei pure mia complice! Dato che continui a preparare questi biscotti burrosi e cioccolatosi che mi mandano ai matti!”

E ti pareva che non era colpa mia!”

Lo sai che ormai sei condannata a preparameli per sempre, vero? Anche quando non vivremo più insieme!”.

Lei sorride e scuote la testa: “Agli ordini re Leone!” esclama ridendo, e poi dà un'occhiata al suo cellulare che è appoggiato sul tavolo, così come il mio.

Ancora niente, eh?” le domando io facendo una smorfia di disappunto.

Niente” mi risponde lei stringendosi nelle spalle.

Anche io controllo il mio, ma non ci sono né chiamate né messaggi: “Niente pure io”; quando mamma e papà sono usciti, io ero ancora a letto ma ho sentito la porta d'ingresso che si chiudeva, e sono passate quasi due ore ormai. “Ma ormai dovrebbe aver fatto, no? L'intervento dura circa mezz'ora...”

Sì..., ma magari non hanno ancora cominciato”.

Mangio altri due biscotti, ma poi non resisto più e provo a chiamare mamma.

Non risponde.

Provo a chiamare papà, e non risponde nemmeno lui.

E che cazzo! Non risponde nemmeno papà!” sbuffo appoggiando con forza il telefono sul tavolo.

Mamma ha detto che avrebbe chiamato lei appena possibile, lo sai. Porta un po' di pazienza.”

Seee... tu dici così ma sei più nervosa di me.”

Non è vero”; io le rivolgo uno sguardo eloquente, e lei sospira. “Va bene, sono nervosa anch'io. Ma non ce n'è motivo: è un intervento semplice e veloce.”

E che poteva evitarsi!”

Leo, questo non...”

Sì lo so! Non sono affari miei, non sta a me sindacare le sue decisioni, lo so!”. Riprovo a chiamare papà, ma ancora niente. “Andiamo in ospedale!” dico alzandomi.

La mamma ha detto di restare ad aspettarla a casa.”

Ci stanno mettendo troppo tempo. Io vado” dico andando verso la mia camera per mettermi le scarpe. “Se non vuoi venire prendo l'autobus, ma io ci vado”; Asia non mi risponde, ed io intanto mi metto le scarpe e il giubbotto. “Allora?”

Va bene, andiamo” sospira lei indossando il suo cappotto e prendendo le chiavi della macchina di mamma. “Che se ti lascio andare da solo, chissà che guai combini!”.


Quando arriviamo in ospedale, riusciamo a passare senza essere fermati perché è da poco scattato l'orario di visita, e arriviamo indisturbati fino alla sala d'attesa di Chirurgia, dove c'è papà seduto ad aspettare con lo sguardo perso nel vuoto.

Che fate qui?” ci chiede sorpreso, anche se ci scommetto che in realtà gli fa piacere non essere più da solo.

Quello che ci fai tu” gli rispondo io con tono ironico, cercando di camuffare la mia ansia.

Ma la mamma aveva detto...”

Sì lo sappiamo” dico alzando gli occhi al cielo e sedendomi accanto a lui. “Ma vedrai che sarà felice di vederci. E lo sai che ho ragione”; lui sta per dire qualcosa, ma poi lascia perdere, probabilmente perché sa benissimo che ho ragione, come sempre del resto, soprattutto quando si tratta della mamma.

Ma la mamma da quanto è dentro?” gli domanda Asia.

Non da tantissimo...” risponde lui guardando l'orologio. “Una ventina di minuti, più o meno.”

Ma se siete qui da un sacco di tempo!” ribatto io perplesso.

Sì, ma prima siamo stati dalla Lisandri...”

Ah...”

E hanno deciso di anticipare la chemio ad oggi, perciò ha dovuto fare gli esami del sangue e...”

Come sarebbe, scusa?!” esclamo io alzando la voce. “Hanno deciso, chi?!”

La Lisandri e la mamma.”

E perché?!”

Perché c'è una saletta libera, e allora la Lisandri gliel'ha proposto. E la mamma ha pensato che era meglio così, dato che siamo già qua... E così non devo prendermi un altro permesso domani”.

Sono contrariato. Non mi piace questa faccenda di anticipare la chemio. Ok, è solo un giorno, ma io non sono pronto, non sono preparato all'idea di vederla stare di merda oggi. “Beh, se è per questo domani potevo farle compagnia io!”

Non te lo permetterebbe mai...” puntualizza Asia scuotendo la testa, e mi fa incazzare di brutto, perché so che è vero, ma mi impongo di non darlo a vedere e me ne sto zitto, cercando di mandar giù l'idea che mamma ricominci la chemio oggi. E che cazzo! Non bastava il port, per oggi?

Non passa molto tempo, che la porta del Blocco Operatorio si apre, ed esce mamma sulla carrozzella spinta da Ester, e non mi ero sbagliato nel dire che sarebbe stata felice di vederci: “Ma tu non avevi promesso di fare i compiti, stamattina?” mi chiede provando a restare seria, ma non riesce a trattenere un sorriso.

Li faccio più tardi, giuro!”

Faccio senza chiedere di chi è stata questa iniziativa!”

Di Asia, ovviamente!” esclamo io ridendo.

Come ti ha corrotta?” le chiede mamma.

Non mi fidavo a lasciarlo venire da solo...” risponde lei un po' imbarazzata. “Temevo che combinasse uno dei suoi casini.”

E cosa del mio preferisco che mi aspettiate a casa, non è stato chiaro?”

Eh..., era chiaro, ma poi non rispondevate al telefono!” mi difendo io.

Ho tolto la suoneria per non disturbare” mi spiega papà.

Potevi lasciare la vibrazione, no?”

Non ci ho pensato...”

Va bene” interviene mamma. “Però adesso che avete visto che sono viva e vegeta, potete pure tornarvene a casa, e ci vediamo più tardi”.

No. Non voglio andare a casa e lasciarla qui. E poi ho paura che stia molto male per colpa della chemio e che non la lascino tornare a casa, com'è già successo altre volte.

Voglio aspettarti” le dico con decisione, guardandola negli occhi.

Non se ne parla” mi risponde lei con lo stesso tono, sostenendo il mio sguardo. “Anche perché ne ho ancora per molto.”

Lo so. Papà ce l'ha detto.”

Quindi adesso voi andate a casa, che tra poco è pure ora di pranzo. E dopo tu fai gli esercizi di latino come avevi promesso, che più tardi li voglio vedere”.

Io non sono disposto a cedere, e sbuffo: “E se ti trattengono qui per la notte?! Eh?!”.

Lei sospira ma mantiene lo stesso tono deciso di prima: “Se mi trattengono qui per la notte, vorrà dire che ci vedremo domani.”

Ma scusa, perché non posso restare a farti compagnia?!”

Tanto per cominciare, lo sai che può restare con me soltanto una persona.”

Beh, allora papà può andare a casa con Asia, e resto io con te!”

Non se ne parla.”

Ma perché?!”

Toglitelo dalla testa” mi dice lei fulminandomi con lo sguardo, e poi si volta verso Ester: “Andiamo pure, Ester, grazie. E noi ci vediamo a casa”. Ester ricomincia a spingere la carrozzella, e papà le segue, mentre io e Asia restiamo fermi lì finché non scompaiono dalla nostra vista.


Dai Leo, andiamo a casa” mi dice Asia, ma io non sono ancora convinto, e sono anche parecchio nervoso.

No” rispondo sedendomi. “Io voglio restare qua.”

Ma hai sentito la mamma...”

Non m'importa. La voglio aspettare.”

Leo, ne avrà per buona parte del pomeriggio!”

Fa lo stesso. Io aspetto.”

Io non posso restare ancora per molto. Dopo pranzo mi vedo con Luisa per studiare.”

Sì...” dico io con un sorrisetto sarcastico e muovendo una mano. “Con Luisa proprio...”.

L'ho senza dubbio sgamata, perché arrossisce e cambia immediatamente discorso: “E pure tu devi studiare.”

Studierò stasera. Tu vai pure, io torno con mamma e papà”.

Lei sembra arrendersi ed accenna ad andarsene, ma poi ci ripensa: “Però devi capire che non è facendo così, che le dimostri quanto tieni a lei.”

Io non devo dimostrare proprio un bel niente a nessuno!” le rispondo alzando la voce. “Mi va di fare così, e così faccio!”

Ma non pensi che la mamma abbia già abbastanza pensieri, senza doversi preoccupare pure di te che fai i capricci? Non ti basta quello che hai combinato ieri? Devi fare casino pure oggi?! A volte sei proprio un bambino!”

Non sono un bambino!” ribatto sempre a voce alta, mentre gli occhi mi si riempiono di lacrime, perché in realtà in questo momento mi ci sento eccome, un bambino.

E mi sento indifeso e fragile, come un bambino.

E lo so che combino casini, e che non le sono d'aiuto quando faccio così.

Ma sono terrorizzato all'idea di vederla stare male.

Atterrito e annientato dalla paura di perderla.

Al solo immaginarlo mi sento perso, smarrito, abbandonato.

Come quella volta che andavo all'asilo e non l'ho trovata all'uscita perché aveva bucato una gomma, e tutti gli altri bambini erano andati via, ed io ero rimasto ad aspettare da solo insieme alla maestra, che cercava di rassicurarmi dicendo che la mia mamma aveva telefonato, e che stava per arrivare; ma io non ci credevo, avevo paura che mi stesse dicendo una bugia, avevo paura che fosse successo qualcosa e che la mia mamma non sarebbe arrivata più. E mi veniva da piangere, tanto, ma non avevo pianto perché non volevo fare la figura del piscione, ed ero rimasto lì a fissare una pozzanghera che si era formata vicino alle scale, e la maestra mi aveva preso per mano, ma io gliel'avevo lasciata e me l'ero messa in tasca, e pure l'altra, e avevo stretto i pugni fino a che mi facevano male, ma non avevo pianto.

E poi lei era arrivata, di corsa, con quel suo cappotto a doppio petto beige che usa ancora anche se le sta largo, e mi era sembrata più bella di sempre, e io avevo tolto le mani dalle tasche, e le ero corso incontro allargando le braccia, e lei aveva allargato le sue, ed io mi ci ero tuffato, ed ero felicissimo, e poi ero scoppiato a piangere.

E anche adesso mi viene da piangere, ma come quel giorno stringo i pugni e non lo faccio. Solo che adesso non c'è nessuna pozzanghera da fissare, e così fisso il calorifero, e solo che adesso lei non correrà da me a braccia aperte, perché è in quello schifo di reparto, in quello schifo di saletta, in quello schifo di lettino, con quello schifo che le sta entrando in circolo, per cercare di guarire da quello schifo di cancro che da due anni rende tutto uno schifo.

Leo, mi dispiace, io non...”; Asia dev'essersi accorta che sono sul punto di piangere, e si sente in colpa.

Lascia stare” le dico continuando a fissare il calorifero. “Tu non c'entri. Vai pure a casa.”

Ma...”

Vai a casa.”

D'accordo, come vuoi...”.

Asia mi dà un bacio e poi se ne va, io mi ostino a restare qui, come se servisse davvero a qualcosa, ma la verità è che non mi serve a niente, e che continuo a sentirmi inutile, indifeso e fragile, tanto quanto prima. E mi è pure venuta fame. Vado alla macchinetta del primo piano, mi prendo un tramezzino e una Coca, e poi vado a mangiarmeli su un balcone che affaccia sul mare. Fa freddo e tiro su la zip del giubbotto, mangio lentamente, che è insolito per me, ma sto cercando di capire cosa fare. Ho ancora fame e mi prendo un altro tramezzino, che stavolta divoro, e poi decido che non ha senso starmene qua ad aspettare senza fare niente, ma non voglio nemmeno andarmene.

Ok, ho deciso: vado da mamma.

E se si arrabbierà, pazienza, incasserò il colpo.


Non è la prima volta che entro ad Oncologia, ma non ero mai venuto fino a qui, nel settore Chemioterapia, ed è la prima volta che vedo la salette riservate alla chemio, ed è la prima volta che vedo dal vivo delle persone che vi si stanno sottoponendo. Quando mamma doveva farla per la prima volta, avevo cercato dei video su internet, perché volevo vedere bene di cosa si trattava, ed ero stato rassicurato dallo scoprire che erano semplicemente delle flebo, perché chissà che mi ero immaginato... E poi invece, mamma aveva cominciato, ed io avevo scoperto che non erano semplicemente delle flebo, che non erano così innocue come sembravano, che ti facevano stare di merda, e vomitare, e sudare freddo, e a volte pure svenire, e che ti lasciavano addosso quell'odore di ospedale, di medicine, e di tristezza, che non se ne andava via tanto facilmente.

Cammino lungo il corridoio su cui danno tutte le salette, guardando attraverso i vetri per cercare mamma, e mi sento a disagio nel vedere tutti questi sconosciuti alle prese con la propria battaglia, ma io ho bisogno di trovare la mia mamma. In una saletta c'è un ragazzino, più piccolo di me, farà le medie, e accanto a lui è seduta una donna, probabilmente sua madre, che sta lavorando a maglia mentre lui invece sta leggendo un manga, l'unico tipo di fumetto che non compro. Chissà come si chiama, chissà quanti anni ha..., e mi vien quasi voglia di entrare e di chiederglielo, e di dirgli che Dylan Dog e i fumetti Marvel sono molto meglio di quella cagata giapponese che sta leggendo lui; lui si sente osservato e solleva lo sguardo dal fumetto, incrociando il mio; io sorrido imbarazzato e sollevo una mano, agitandola piano in aria per salutarlo, e lui mi sorride contento e muove la sua con foga, per poi riprendere a leggere.

Proseguo, e finalmente trovo mamma: papà è seduto sullo sgabello accanto a lei, e stanno ridendo. Si bloccano di colpo quando mi vedono entrare, e mamma mi guarda incredula: “Sei ancora qui?!”; ma non c'è rabbia nel suo tono di voce, solo stupore.

Volevo...” vedere come stai?! No, non è vero. Non lo volevo vedere come sta. Vedere come sta mi fa una fottuta paura.

Volevo esserci.

Ecco.

Volevo esserci.

Vado a prendermi un caffè” dice papà alzandosi.

Ottima idea!” esclama lei sorridendo. “E portane uno anche per me.”

No, non te lo porto, lo sai che non ti fa bene. Ti porto un succo d'arancia se vuoi”.

Lei sbuffa, ma lo sa benissimo che lui ha ragione. “Vada per il succo.”

Come sta andando?” le chiedo sedendomi sullo sgabello, quando papà se n'è andato.

Meglio del previsto.”

Sicura? Non dici sempre che la prima è la peggiore...?”

Sì, lo è..., ma principalmente a livello psicologico”; io piego le labbra in una smorfia e annuisco, e lei mi prende una mano. “Hai pranzato almeno?”

Sì, ho preso un paio di tramezzini alla macchinetta.”

Va bene, adesso però voglio che vai a casa”; io sospiro e non accenno ad alzarmi, cercando di impietosirla con lo sguardo, ma non c'è niente da fare. “Dico sul serio.”

Ok, me ne vado...” sospiro alzandomi. “Però promettimi che torni a casa anche tu.”

Te lo prometto. Anche a costo di mettermi contro la Strega!” esclama ridendo e allargando le braccia verso di me. Io mi chino verso di lei per abbracciarla, ma ho paura di farle male alla ferita del port, e di staccare per sbaglio la flebo che ci è collegata, e a dirla tutta ho pure paura di avvertire quell'aggeggio, e non voglio. “Ti fa proprio impressione, eh?” mi domanda lei accarezzandomi i capelli.

Sì.”

Ma evita alla chemio di distruggermi tutte le vene.”

Lo so, ma mi fa troppo senso” dico lasciandola, e intanto si sente il suono dell'arrivo di un messaggio su What's App.

È il tuo?”

Sì” rispondo io, che l'ho sentito vibrare nella tasca dei jeans, e lo prendo per vedere chi è stato a scrivermi.

Mattia: “Ci vieni a giocare a Bowling? Ci troviamo alle sei, e ci sono pure le cugine strafighe!”

A giudicare dal tuo sorriso, c'è di mezzo una ragazza!”

No, è Mattia”; però, sì, in effetti c'è di mezzo anche una ragazza. “Mi ha chiesto se vado a giocare a Bowling.”

A che ora?”

Alle sei.”

E pensi di fare in tempo a finire i compiti di latino per quell'ora?” mi domanda con tono serio, ma le viene da ridere.

Certo!”

Stasera te li controllo per davvero, eh? E se non li hai fatti, giuro che passi in casa il resto delle vacanze!”

Volo!” esclamo dandole un bacio. “A più tardi.”

Non scherzo!”

Lo so, lo so” le dico fermandomi sulla porta e mandole un bacio. “E tu vedi di tornare a casa sul serio. Altrimenti torno a riprenderti. Non scherzo!”; le faccio l'occhiolino, lei ride, ed è così bella, bellissima, come quel giorno di dodici anni fa in cui correva verso di me a braccia aperte.

   
 
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