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Autore: Lisaralin    27/10/2019    4 recensioni
"One single master equation, unification of the great and small."
(The Theory of Everything, Ayreon)
L'ambizioso apprendista di Radiant Garden, il Freddo Accademico dell'Organizzazione XIII, lo scienziato in cerca di redenzione. La raccolta definitiva sul personaggio più figo di tutto Kingdom Hearts, nonché vero eroe morale e materiale di Kingdom Hearts III.
[Even/Vexen + apprendisti, Organizzazione XIII, personaggi Disney e Final Fantasy (anche non apparsi nella saga) | Coppie varie e non canoniche]
Genere: Commedia, Drammatico, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Crack Pairing | Personaggi: Organizzazione XIII, Vexen
Note: Missing Moments, Raccolta | Avvertimenti: Spoiler! | Contesto: Più contesti
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Pensavate di esservi liberati di me? La mia ispirazione è un debole ruscello continuamente minacciato dalla siccità, ma non ho dimenticato questo progetto.

Questa storia in particolare partecipa al contest per i dieci anni del XIII Order Forum, ed è ambientata durante KH1.



 

#158 - Dolls


“Un fallimento. Totale e senza appello. Un esecrabile spreco di tempo.”
Vexen atteggia le labbra a un’espressione di gravità, sforzandosi di annuire vigororsamente ai sospiri teatrali del collega. La poltrona dallo schienale alto, foderata di velluto consunto che un tempo doveva essere stato di un bel colore rosso brillante, esala scricchiolii sofferenti quando tenta di spostare il peso e accavalla le gambe alla vana ricerca di una posizione più confortevole. Gli sovviene troppo tardi che un vampiro, abituato a dormire per secoli tra le assi rigide di una bara, non dovrebbe provare tutto quel fastidio per una semplice poltrona sgangherata. Un cadavere non può sentirsi “scomodo”.
Fortunatamente, il dottor Finkelstein è troppo occupato a lamentarsi dell’insuccesso del suo ultimo esperimento per farci caso.
“Stavolta ero certo di aver radunato tutti gli ingredienti necessari. Battito. Emozioni. Terrore. Paura. Speranza e disperazione. Persino i ricordi. Nulla di fatto! L’ennesimo buco nell’acqua!”
La creaturina sulla sedia a rotelle allunga una mano guantata di nero verso la propria calotta cranica e la spalanca come se fosse il coperchio di uno scrigno, dando una vigorosa grattata alla materia cerebrale al suo interno. Come ogni volta, Vexen si ritrova ad osservare la singolare operazione con un misto di fascino e raccapriccio. Durante la sua prima ricognizione alla Città di Halloween aveva accarezzato l’idea di rubare in qualche modo il cervello del dottore per sottoporlo a esperimenti, ma in seguito aveva deciso che lasciarlo dov’era sarebbe stato molto più utile ai suoi scopi. Finkelstein è una delle rarissime creature, in tutti i mondi conosciuti, con cui si possa affrontare una discussione scientifica di livello ragguardevole. Inoltre, da un po’ di tempo a questa parte, i loro studi si muovono nella stessa direzione.
“Non capisco. Cos’altro occorre per creare un cuore? Che cos’è un cuore?”
Il motore della sedia a rotelle geme e stride, e gli occhietti di Finkelstein, sormontati da un paio di occhialini neri e lucidi come capocchie di spillo sopra il becco appuntito, saettano nella sua direzione.
“E voi cosa ne pensate? Avete nuove teorie da sottopormi, dottor Strauss?”
Se avesse un cuore, Vexen sarebbe molto fiero del suo travestimento nella Città di Halloween. Maximilian Strauss è un nome che ha letto su una lapide del cimitero, e la scusa del vampiro anziano che ha bisogno di lunghi periodi di sonno nella sua tomba è perfetta per giustificare le sue visite poco frequenti e discontinue. Gli abiti che la magia gli cuce addosso per mescolarlo agli abitanti di quel mondo lugubre non sono il massimo della comodità - più di una volta ha rischiato di inciampare in quel maledetto mantello lungo foderato di seta rossa - e sospetta anche che gli donino un aspetto leggermente ridicolo, ma fortunatamente nessuno degli altri membri dell’Organizzazione ha mai dovuto vederlo in quelle condizioni.
“Avete letto la mia ultima relazione.”
Sarebbe stato più corretto dire “una porzione accuratamente selezionata della mia ultima relazione”. Vexen crede nell’importanza della condivisione delle idee nella ricerca scientifica, ma è certo che Lord Xemnas non perdonerebbe una fuga di informazioni sensibili dell’Organizzazione verso abitanti di altri mondi.
“Le brevi notti di veglia di cui posso godere non mi consentono di indagare a fondo come vorrei, ma in linea essenziale concordo sull’importanza cruciale dei ricordi. Ritengo siano un ingrediente chiave nella costruzione di un cuore. Sono convinto che dovremmo ripartire da lì.”
“Ripartire dai ricordi… “
Le dita corte di Finkelstein tormentano ancora la materia grigia nella calotta cranica, irrequiete. Il ronzio della sedia a rotelle serpeggia di nuovo lungo la stanza male illuminata, arrestandosi davanti a un tavolo operatorio che è poco più che un collage di lastre di ferro saldate da bulloni arrugginiti e ha tutta l’aria di essere uscito da un manuale di torture medievali piuttosto che dal laboratorio di uno scienziato che si rispetti. Ha sempre pensato che a Zexion prenderebbe un colpo di fronte agli standard igienici decisamente precari di quel laboratorio. Vexen stesso non ammetterebbe un simile caos nel proprio ambiente di lavoro, ma sa riconoscere il genio quando lo vede ed è disposto a sorvolare sui particolari sgradevoli in nome di un risultato soddisfacente.
“Per simulare i ricordi nell’esperimento abbiamo usato un non-ti-scordar-di-me” prosegue Finkelstein. “Ma è chiaro che si tratta di un collegamento troppo labile. Del resto, l’idea è stata di quella buona a nulla di Sally… a proposito, dove ho dimenticato le buone maniere? Saaaally? Dove sei finita, pelandrona? Porta da bere al nostro ospite!”
Anticipando quanto sta per succedere, lo stomaco di Vexen si contorce in segno di protesta.
Subito l’odore metallico del sangue gli aggredisce senza pietà le narici, proveniente dal calice che la sollecita assistente del dottor Finkelstein sta accorrendo a porgergli, i piccoli piedi che picchiettano il pavimento di metallo come i rimbalzi di una palla di stoffa.
“Grazie, signorina Sally. “
Fa roteare il liquido scuro all’interno del calice, simulando un’aria da enologo intenditore mentre i suoi occhi saettano per il laboratorio alla ricerca di un modo per sbarazzarsi della disgustosa bevanda. Maledizione, qualcuno ha rimosso quella pianta carnivora rinsecchita della volta scorsa. Non è escluso che sia stato lui a darle il colpo di grazia rifilandole il suo cocktail vampirico.
Come sempre, non trascorre molto tempo senza che il suo sguardo venga inesorabilmente attratto da Sally.
“So cosa state pensando, Strauss” gracchia la vocetta stridula di Finkelstein. “Come ho fatto quando ho creato lei, vero? Perché lei ha un cuore, è fuor di dubbio. Dovreste vedere gli occhi dolci che fa al nostro Re delle Zucche! E come si torceva le mani per l’angoscia mentre lui era là fuori a dare una lezione al Babau con quei tre visitatori sconosciuti! La cosa bizzarra… è che non ne ho idea! Non ho idea di come ho fatto!” I piccoli pugni del dottore si abbattono impotenti sui braccioli della sedia a rotelle.
Alla menzione del suo amato Sally china leggermente il capo, e Vexen potrebbe giurare di averla vista arrossire. Per quanto una simile manifestazione di emozione possa essere possibile in una bambola di pezza.
Perché Sally non è che una bambola. Il suo corpo è artificiale. Nient’altro che un patchwork di pezzi di stoffa crudamente cuciti insieme nella parodia di un essere umano, gli arti percorsi da una rete di fili neri macabri come cicatrici. Nulla a che vedere con le bambole bianche e lisce, dalle proporzioni perfette, allineate nelle capsule di contenimento nei sotterranei del Castello dell’Oblio, in attesa che Vexen doni loro la scintilla della vita.
Quei corpi artificiali sono il frutto di lunghi anni di ricerche. Notti interminabili di studio ed esperimenti al solo scopo di costruire l’involucro perfetto per ospitare una replica. Vexen ritiene di essere pronto a passare alla fase successiva del progetto, l’impianto dei ricordi.
Eppure, la sola esistenza di Sally basta a far vacillare le sue certezze.
Quella bambola assemblata in fretta e furia con materiali di scarto, probabilmente per capriccio, esiste in un modo che non è ancora possibile per le sue bambole. Parla, pensa, spera, teme, sogna.
Ama.
E non è la copia di nessuno.
“La vostra Sally è un autentico paradosso. Il metodo scientifico ci insegna che un esperimento deve essere replicabile perché l’ipotesi alla sua base possa essere dichiarata valida. Eppure, Sally è un caso unico.”
“Se è per questo, non c’è nemmeno chissà quale teoria alla sua base. Volevo un’assistente più affidabile di Lock, Shock e Barrell, tutto qui.”
Creata per caso. Per pura coincidenza, come è avvenuto per tante grandi scoperte nella storia dell’umanità.
In silenzio, Vexen fissa il calice tra le sue mani. Sangue. La vita che pulsa nelle vene, sospinta da un cuore. Un essere privo di cuore che si traveste da creatura morta per andare alla caccia di quel segreto.
Forse, a pensarci bene, i paradossi sono più d’uno in quella stanza.


Alla fine della visita è la diligente Sally ad accompagnarlo alla porta.
“Mi chiedevo, signor Strauss… “ la voce della bambola risuona con un tremolio nell’anticamera in penombra. Gli restituisce il mantello con un breve inchino cortese, e Vexen se lo allaccia pensando che a quest’ora Saïx starà già girando come un cane rabbioso nel suo laboratorio in attesa del rapporto settimanale sul Progetto Replica. Si è attardato troppo.
“Cosa, signorina Sally?”
“Con il dottore discutete sempre di… esseri artificiali, e come costruire un cuore. Anche voi volete creare… una persona come me?”
“È proprio così, signorina.”
“Posso chiedervi perché?”
Non c’è malizia nella sua voce. Solo curiosità innocente che si riverbera negli occhi enormi, facendo scintillare le piccole pupille nere. Socchiude la porta d’ingresso davanti a lui e un rivolo di aria gelida gli accarezza il viso, piacevole dopo le ore nel chiuso odoroso di ruggine del laboratorio di Finkelstein.
“Per il progresso della scienza, è ovvio.”
Le sue scarpe lucide muovono qualche passo sul selciato di marmo, lasciandosi alle spalle la bambola che ha fatto crollare tutte le sue teorie come un castello di carte. La variabile impazzita. L’eccezione alla regola.
La voce di lei lo rincorre lungo la scalinata.
“È davvero questo, signor Strauss? È davvero ciò che desiderate?”
“Cos’altro dovrebbe essere?”
Il mantello si gonfia con un fruscio drammatico mentre Vexen si gira a fronteggiare di nuovo la ragazza. Lei non lo ha seguito giù per le scale, ma continua a fissarlo dall’alto del pianerottolo, pallida e sottile contro il cielo livido della Città di Halloween.
“Voi e il dottor Finkelstein… siete simili.” Sally parla a voce bassa, ma il venticello freddo fa rotolare con facilità le parole fino a lui. Vibrano di qualcosa che forse, in un’altra vita, Vexen avrebbe potuto definire come dolcezza.
“Parlate allo stesso modo. Vi muovete, gesticolate allo stesso modo. Vi fanno infuriare le stesse cose. Vi emozionate per le stesse cose.”
Sta quasi per replicare che lui non può infuriarsi né emozionarsi, ma si limita ad aggrottare le sopracciglia, incrociando le braccia sul petto.
“Non capisco dove vuoi arrivare.”
“Anche il dottor Finkelstein parla sempre di progresso della scienza. Ma io lo sento quando borbotta e crede che non ci sia nessuno intorno ad ascoltarlo… ” 
Dal basso gli sembra che lei stia sorridendo, anche se potrebbe benissimo trattarsi dell’effetto delle cuciture attorno alla bocca.
“Lo so che in fondo ha sempre desiderato una figlia.”




Note: ovviamente, l’aver postato a pochi giorni da Halloween una storia perfettamente adatta all’occasione è un purissimo caso.
Maximilian Strauss, l’alias vampiresco di Vexen, è una citazione al mio personaggio preferito della mia storia di vampiri preferita, il videogioco Vampire: The Masquerade - Bloodlines 2.

 
  
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