Anime & Manga > Le bizzarre avventure di Jojo
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Autore: AllenGyo    27/10/2019    0 recensioni
Nel cuore di Guido Mista, c'è un tramonto.
I ricordi vividi tra nuvole cangianti.
Nel cuore di Guido Mista, c'è Giorno Giovanna.
Un amore nato una mattina col sole appena sbocciato.
Tutto è racchiuso tra amici caduti e amori perduti.
Ma Guido avrà mai il coraggio di dichiararsi?
Genere: Angst, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Giorno Giovanna, Guido Mista
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Notò una leggera sfumatura in quel crepuscolo dinanzi a lui; era chiaro, lampante, la luminosità in quei colori scuri quanto belli. Guido si strinse nel suo maglione viola invernale, beandosi dell'aria pomeridiana che lo avvolgeva in quel giardino vasto e verde. Chiuse le palpebre ad un'ondata di vento, rabbrividendo lievemente. Sorrise malgrado fosse solo e malinconico.
Ad un altro secondo passato, a concludere un completo minuto, Mista si accorse del tempo trascorso in solitudine all'aria aperta, due ore senza aprir bocca. Impresa ardua per colui che aveva sempre così tante parole da dire, belle o no che fossero, a chiunque gli capitasse sotto mano.
Era strano come i suoi stand fossero attenti a quel cielo che pian piano si oscurava: nessun battibecco, nessun lamento o piagnisteo... solo una melodiosa assenza di rumori.
Non era tanto lontano da casa, dalla loro casa. Un luogo che condivideva con un don silenzioso ma mai severo, dalla lunga treccia d'oro a posargli su una spalla stanca dal lungo e faticoso lavoro. 
Mista lo immaginava travolto tra fogli, spalle tese e perfettamente allineate.
Con un'espressione taciturna sul viso, sopracciglia aggrottate e una smorfia sul viso ad evidenziare la giovane età del ragazzo. Tentava di nasconderlo, ma Guido amava quei particolari. 
Napoli era così prestigiosa, grandiosa, che il ragazzo si sorprese di come non se ne fosse accorto prima. La mafia aveva distolto la sua attenzione ad una vista sublime ed elegante, e per quanto Guido fosse rozzo e non conforme alla alta classe sociale come il suo capo, amava l'eleganza e l'arte.
Per cui non fu una sorpresa comprendere di essere innamorato di Giorno Giovanna. 
Lo comprese una mattina primaverile, n'era passato di tempo da quel giorno, al risveglio del sole. La stella fece capolino da dietro la serranda della sua stanza, illuminando con colori chiari il suo letto disfatto. 
Si lasciò cullare dal cinguettio degli uccellini mattinieri, alzandosi a malincuore dal materasso che lo aveva sopportato per otto ore consecutive. 
Il suo stomaco ruggì, e i lamenti del suo stand arrivarono puntuali come da routine. 
"Miiiiistaaaa, abbiamo fame!" urlò uno di loro, raggiungendo la sua spalla ossuta scoperta. Guido sospirò infastidito, prima di chiarire che la colazione sarebbe stata servita al più presto.
Come di consuetudine, il pistolero raggiunse la camera di Giorno.
Un promemoria per ricordargli che la giornata era appena iniziata.
Il quindicenne accennava un sorriso stanco e ringraziava l'amico del pensiero. Ma fu sempre sveglio prima di lui, vestito perfettamente col suo abito scuro e coi capelli in perfetto ordine.
L'imbarazzo di presentarsi oscenamente con pigiama e capigliatura ribelle era ormai scomparsa da tempo.
Quella mattina, però, non fu lo stesso.
Guido si accorse stranamente di un'eccezione: la porta socchiusa.
Non era di certo da Giorno lasciar la porta accessibile a tutti, per cui l'uomo dalla pelle scura sobbalzò sul posto e decise di bussare.
Nessuno, ovvero il giovane, rispose. 
Si fece coraggio ed aprì la porta, e la vista zittì addirittura i suoi stand rumorosi. 
Il giovane avvolto ancora tra le braccia di Morfeo, con un leggero raggio solare ad illuminargli il viso chiaro, se ne stava sotto le coperte col suo pigiama leggero. Riposava, cosa che gli era permesso solo di notte, abbracciando un cuscino color latte per colmare la presenza di qualcuno.
Lì, Guido, intravide un adolescente. 
Non un don, un boss, semplicemente un ragazzo. 
Mista sorrise.
Per gli stand saltò subito agli occhi il luccichio innamorato del loro portatore.
E fu così che il pistolero, braccio destro, si accorse di essere innamorato del suo vecchio compagno d'avventura.
Insieme ne avevano viste tante.
Avevano lottato insieme.
Nessun altro era mai stato degno di lottare al suo fianco, se non la sua stessa squadra. 
Li aveva conosciuti dopo che un terribile destino lo aveva trascinato dentro una gattabuia, dopo che aveva deciso di interpretare il ruolo dell'eroe e rischiato per un pelo di morire. Come scordarselo, pensò l'uomo.
Non fu affatto facile convivere con l'idea di collaborare con qualcuno, seguire delle regole e soddisfare ogni ordine del suo ormai defunto amico Bruno Bucciarati, ma era riuscito a farsi degli amici e  buttarsi alle spalle la terribile esperienza avuta con la giustizia.
Non credeva più a quella giustizia.
Il ricordo dei suoi amici defunti, eccetto Fugo, lasciò un brivido lungo la schiena a Guido. 
Una leggera scossa di malinconia.
Quante cose avrebbe detto in modo ironico a Narancia. Pensò che forse sarebbe stato al suo fianco lì, in quel giardino, a guardare il crepuscolo.
Avrebbe urlato, con un sorriso contento sulle labbra, che il suo pilota amava volare al tramonto. Come Mr.Smith si sentisse al suo agio tra le nuvole viola, come il colore dei suoi occhi.
Guido trattenne le lacrime, scacciando l'idea di piangere nuovamente per l'amico, per gli amici persi.
Narancia, che non lo volessero gli altri, era uno dei suoi più cari amici all'interno del team. La sua assenza non riuscì mai a colmarla, e ogni dannato aeroplano ricordava il suo motto: "Volare via!".
"Quanto avrei voluto che tu non fossi mai volato via, Narancia." disse al vento, sperando che in qualche modo le sue parole arrivassero al suo defunto amico.
Il rimpianto di non aver mai avuto un rapporto chissà che solido con Abbacchio fu difficile da digerire.
Leone, per quanto fosse duro all'esterno, teneva alla sua sinistra un cuore grande. Non di ghiaccio, non di ferro, semplicemente un cuore puro, incatenato dai sensi di colpa.
Guido non era la persona giusta per Leone, ma aveva capito perfettamente chi lo fosse.
Bruno Bucciarati era riuscito ad aprire quell'anima tormentata di Abbacchio per donargli un filo di luce di cui aveva bisogno.
Proprio per questo Guido Mista ammirava l'amore di Bruno nei confronti di Abbacchio.
Quelle frasi sussurrate ma mai sentite in un italiano romantico.
I loro occhi puri e colmi d'amore non furono mai notati dagli altri, ma questo non fu mai un problema.
E quel tramonto ricordava precisamente gli occhi di Abbacchio.
Una sfumatura perfetta che Bruno amava molto osservare per ore ed ore. Leone distolse lo sguardo in imbarazzo svariate volte, incapace di credere a quegli occhi che lo ammiravano e lo amavano. 
Credeva di non meritarselo.
Ma per Guido si sbagliava di grosso, Leone era un gran uomo.

La notte tanto attesa arrivò, lasciando solo come ricordo il tramonto di poco prima. Per Guido era ora di tornare a casa, raggiungere Giorno e proseguire il turno lavorativo che gli toccava.
"Dobbiamo davvero tornare a casa, Mista?" chiese Numero 5, aggrappato al suo maglione viola, incapace di trattenere uno sbadiglio. Il pistolero annuì malcontento, pulendosi i pantaloni prima di far uscire un leggero sospiro.
Per quanto amasse Giorno, e volesse rivederlo, il lavoro era davvero un peso sulle spalle per il maggiorenne.
Dopo che gli stand finirono di lamentarsi rumorosamente, e dopo aver finito il tragitto verso casa, Mista rientrò nella grande e silenziosa villa.
Una villa che non aveva mai avuto piacere di abitarci prima d'ora. Un qualcosa visto da lontano ma che in fin de conti non aveva mai desiderato. 
Vissuto da solo, senza dover contare sull'aiuto di nessuno, non aveva mai e poi mai desiderato di abitare in una lussuosa villa. Per cui apprezzava l'idea ma non si entusiasmava chissà quanto.
I corridoi macabri e duraturi su cui Mista ebbe paura all'inizio, non fecero più nessun effetto al giovane, percorrendoli con passo deciso e lento. 
Sapeva perfettamente che Giorno non uscì mai dalla sua stanza quel pomeriggio, usufruendo addirittura del suo bagno in camera per comodità, evitando di girovagare in quella villa lussuosa. Era bella, ma così vuota per Mista... come se nessuno oltre lui ci fosse all'interno.
Lo amareggiava, ma poteva soltanto comprendere l'idea che essere un boss non era una passeggiata.
Con ingenuità, però: "Capo, sei qui?" chiese debolmente il diciottenne nel soggiorno, temendo che potesse disturbare il suo lavoro. Ma l'idea era stupida in sé, poiché avrebbe interrotto ugualmente. 
Nessuno rispose, nessuno in vista in quel grande soggiorno.
Guido sospirò.
"Sarà in camera." rispose tra sé e sé. 
L'abitazione disponeva di tante stanze di cui Guido non ricordava il numero, per dare possibile accesso ad ospiti di Giorno per contratti di lavoro o cene della stessa autorità. Si sentiva adeguato in quelle grandi mura, poiché fosse solamente un braccio destro e una scorta per Giorno. 
Il suo lavoro consisteva anche nel proteggere il capo, e per quanto fosse sereno nel lavorare a stretto contatto col suo amato, a volte Giorno pareva non esistere. Avvolto nel silenzio e lavoro, ignorava la presenza di Mista al suo fianco.
Ma tollerava anche questo, d'altronde.
"Giorno?" non si permetteva mai di usare il nome in presenza di ospiti, o ne avrebbe pagato le penne. Cordialità, distacco e solo puro lavoro. Ma a volte si concedeva confidenze dettate da un lungo viaggio attraversato insieme, che Giorno era felice di cedere; per abbandonare le spoglie di un don e passare del tempo col suo amico Guido.
Arrivò in camera sua e si sorprese nel vedere la porta socchiusa. Non era tarda sera, forse aspettava semplicemente il ritorno di Mista. 
Il pistolero aprì la porta, e l'aria oramai seriale lo raggiunse, segno che la finestra era aperta.
Al suo interno, il giovane boss se ne stava a guardare il panorama che il cielo gli donava.
Le spalle, per Guido, parvero rilassate; le sue mani poggiate sulla ringhiera e la sua treccia d'oro in bella vista.
Il suo completo blu intonato al cielo quasi stellato, 
I suoi calzini neri, dopo essersi dato la libertà di terminare il suo lungo lavoro,
E l'aria, quell'aria... spostava le sue ciocche bionde nella sua direzione, Guido ne parve ammaliato: malgrado fosse di spalle, Mista pensava che il suo Giorno fosse bellissimo.
Un quadro d'ammirare.
Perfettamente composto ed elegante.
"Guido, sei tornato." la voce soave del giovane lo raggiunse, interrompendo il suo stato di trance. Era raro sentir il suo nome dalle labbra di Giorno.
Il quindicenne diede le spalle al cielo blu scuro, rivolgendosi al pistolero con uno sguardo neutrale. "Spero tu ti sia divertito, qualunque cosa tu abbia fatto."
Guido arrossì. Quello che aveva imparato nel tempo in cui era innamorato di Giorno, era proprio la difficoltà nell'essere impassibile ai suoi occhi. Le parole erano difficili da pronunciare, il suo viso bruciava e il suo corpo sudava grosse quantità di acqua.
Si sentiva un quattordicenne con la sua prima cotta.
O una persona timida costretta a parlare a milioni di persone.
Ma non erano milioni di persone, era solo Giorno.
La persona di cui era innamorato.
Mista sorrise genuinamente, avvicinandosi al giovane e affiancandosi a lui subito dopo. Si meravigliò della sua forza di riuscire addirittura a camminare, evitando di restare immobile all'entrata come un ebete. 
"Mi son rilassato, in realtà." esclamò Mista, evitando di osservare il proprio capo al suo fianco. I suoi occhi puntati su altri occhi lucenti: le stelle. "Ho visto il tramonto... non ho potuto fare a meno di pensare a Narancia, Leone e Bruno." 
Ci fu silenzio, come se Giorno fosse in cerca di una risposta adeguata da dire.
"Comprendo." disse il biondo, imitandolo nel guardare le stelle. "Ci penso anche io a volte."
Quell'affermazione non lo sorprese affatto. Tutto sommato entrambi erano testimoni della loro morte. 
"Penso a come sarebbe diverso se loro fossero qui..." continuò sottovoce, sapendo lo stesso che il pistolero avrebbe sentito. "Questa villa sarebbe più rumorosa, più viva."
"Hai ragione." 
Il silenzio calò nuovamente, all'interno di quel silenzio vivevano i ricordi della battaglia, delle morti e dei loro amici con sorrisi stampati sul volto. Tranne Abbacchio, naturalmente.
"Ti mancano, n'vero? D'altronde... tu li hai vissuti più di me." 
L'aria spettinò brevemente la treccia di Giorno.
Mista se ne accorse.
"Esattamente." 
Attese qualcosa, ma Guido non comprendeva cosa. L'aria si interruppe, come se avesse lasciato spazio ad entrambi. Come se si fosse dileguata da un momento nostalgico.
La mano di Giorno raggiunse timidamente quella di Guido. 
Un gesto inaspettato.
Mista lo guardò in cerca di una risposta; Giorno non trapelò nessun sentimento nel suo sguardo. Ma strinse ancor di più la mano.
"Giorno, cosa...-"
"Son dispiaciuto per quello che è successo ai tuoi amici, Guido." 
"D-Dispiace anche a me." 
Si lasciò finalmente andare, intrecciando la sua mano con quella del più giovane. La sua mano era così delicata in confronto la sua: callosa e segnata da cicatrici. 
Mista non ne poteva più di restarsene in silenzio. 
Era innamorato.
Aveva bisogno di dirlo al mondo, al ragazzo che amava, non riusciva più a contenere il sentimento nel suo petto.
"Giorno... io..." sussurrò titubante, osservando i suoi stivali. Gli occhi verdi penetranti del ragazzo si posarono su di lui. 
"Mh?"
Le mani ancora unite.
"Io..." stava quasi per commuoversi, per gettare la spugna e uscire da quella stanza più in fretta possibile. 
"Tu cosa, Guido?" il tono melodioso, Mista si sentì disgustosamente romantico a pensarlo, gli diede forza nell'urlare un caloroso: 
"Ti amo, Giorno!" Guido cominciò a tremare e a sudare per via dell'agitazione. Si dispiacque per Giorno che dovette subire le sue mani inzuppate. "Sì... Ti amo, Giorno, davvero tanto."
Non ebbe coraggio ad alzare lo sguardo.
Aveva terrore di vedere disgusto nei suoi occhi, o delusione.
Era incredibilmente agitato.
Poi due dita raggiunsero il suo mento e lo costrinsero ad alzare la testa: Giorno lo fissava con occhi lucidi e pieni di amore.
"Mi ami davvero?"
Una domanda che Mista non parve capire. 
"Sì, ti amo davvero tanto." si ripeté, stavolta guardando negli occhi verdi cristallini. Gli ricordarono l'erba di quel giardino che amava tanto.
"Oh... Mista..." disse muovendo la testa in segno di disapprovazione: "Ti amo anch'io."
Le labbra che Guido aveva più bramato e sognato si erano posate sulle sue. Erano delicate come aveva sempre pensato, e Guido si aggrappò ad esse per ottenere di più.
Le mani di Giorno raggiunsero il viso del pistolero, delicate carezze come delle leggere piume sulle sue guance. Quelle di Mista, invece, si posarono sulla vita docile del giovane; lo tirò nella sua direzione, facendo scontrare così i loro petti. Giorno ridacchiò divertito ma non interruppe il bacio.
"Ti amo ti amo ti amo..." ripeteva sonoramente Mista, stringendo non con tanta forza i fianchi del suo ormai fidanzato. Amava pensarlo in questo modo.

 

Dopo interminabili minuti a baciarsi, a Mista venne un dubbio.
"Come la prenderà Fugo?" Giorno dovette reprimere la voglia di picchiare il suo ragazzo per aver interrotto il cinquantesimo bacio tra loro.
"E' nostro amico, Guido, ne sarà disgustato all'inizio ma poi sarà felice per noi." chiarì il biondo, tentando di raggiungere nuovamente le labbra del pistolero.
"A volte penso a come sia stata dura per lui perdere l'amore della sua vita." 
Giorno si fermò, scrutando lo sguardo amareggiato di Mista.
Non fu difficile capire di chi parlasse. 
"Fugo non gli ha mai detto addio, adesso che ci penso..." 
Per Fugo non fu facile rialzarsi. 
L'aiuto dei suoi amici rimasti bastava, numerose richieste di abitare insieme a loro furono sviate, ma la loro presenza aiutava il ragazzo ad andare avanti.
Narancia era ovunque.
Era anche nel suo cuore.
Era in vari aeroplani che a volte intravedeva nei cieli.
Nelle granite, nelle pizze, nella stessa frutta arancia, in quei bambini rumorosi nelle strade, era nel cielo viola, era nella musica pop che Narancia amava tanto, era in Mista, era in Giorno...
Il ricordo di Narancia sarebbe rimasto ugualmente, malgrado la sua voce stesse scomparendo ogni giorno di più nei ricordi di Fugo.
Fugo sarebbe andato avanti, perché ciò lo voleva Narancia.
Narancia amava e voleva vivere.
E Fugo non avrebbe perso la speranza che un giorno, forse, lo avrebbe rivisto.
"Lo amava." sussurrò il giovane Giovanna, poggiando la testa nel petto muscoloso del suo ragazzo. 
"Si amavano," dichiarò Mista, accarezzando delicatamente i capelli di Giorno, "come noi."
Sorrisero a vicenda.
Al ricordo dei loro vecchi compagni caduti.
Al tramonto che aveva portato con sé nuovamente nuovi ricordi.
All'amore appena nato.
All'amore perduto.
"Sì, come noi." 

THE END.

 

 

   
 
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