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Autore: AllenGyo    27/10/2019    0 recensioni
!ATTENZIONE SPOILER STRANGER THINGS - STAGIONE 3!
Accadde tutto così in fretta.
La stessa velocità della loro storia. Erano piccoli frammenti, stupidi o significanti, veloci come frame nella testa di Steve. O "Pretty boy".
I loro tocchi delicati, i suoi tocchi delicati, erano come piume sulla pelle.
Non gli aveva detto addio, pensò Steve.
Genere: Angst, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Altri, Billy Hargrove, Maxine Mayfield, Steve Harrington
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Steve era avvolto in una coperta isotermica, seduto sul retro dell'ambulanza. Era notte fonda, ma pur sempre illuminata da sirene bicolore e un incredibile chiasso. Molteplici infermieri e pompieri aveva intravisto durante, mentre si lasciava inghiottire nel suo profondo silenzio. Seduti, come lui, c'era il resto del gruppo: shockati e con addosso quella scarica d'adrenalina che pian piano si stava scemando. Qualcuno di buon cuore, o solo portato nel suo mestiere, curò le lievi ferite sul suo viso causate da quei russi --soprannominati bastardi, d'ora in poi--, facendogli indossare delicatamente un cerotto sulle lesioni ormai pulite. Forse gli disse il suo nome, forse gli aveva chiesto addirittura: "Ti senti bene, ragazzino?"... ma ciò che sentì fu il nulla, il nulla più totale.
Tutto era ovattato e poco chiaro: le luci si fondevano tra loro, a volte, e il rumore dei passi e delle sirene si abbassava sempre di più, come se stessero scomparendo.
E Steve poteva giurare di non star piangendo, Steve poteva giurare anche che tutto il dolore mentale era lieve rispetto a quello fisico. Poteva giurarlo, ma avrebbe mentito. 
E intanto che il centro commerciale diventava pian piano solo un mucchio di cenere e squarti di topi/umani, il ragazzo oramai disoccupato assimilava il tutto, mentre le immagini di quello che era accaduto all'interno si trasmettevano in alta qualità nel suo cervello. Era come un incubo senza fine.


Steve indietreggiò di pochi passi, decisamente impaurito da quella creatura proveniente dal Sottosopra. Non puntava certamente su di lui, ma questo non lo rincuorava affatto.

Undici era nel bersaglio del cosiddetto Demogorgone gigante, e sperava che in qualche modo riuscisse a cavarsela. Era soltanto una bambina cresciuta troppo in fretta.
Ma Billy la teneva a terra, con le sue grandi mani a stringerle il collo. Le parole di Billy erano inudibili, ma le urla della ragazzina appena adolescente no. Urlava e si dimenava, incapace di scansarsi quel ragazzo di dosso. 
"Che cazzo stai facendo, Billy, lasciala!" avrebbe voluto dire, ma Billy in quel momento non era Billy. Era posseduto, e non c'era niente che Steve potesse fare. 

Fuochi d'artificio puntati solo e soltanto sul mostro, ma sapeva che non c'era nulla da fare: i fuochi erano limitati e sarebbero finiti in fretta.
Si trovò immobile: piedi incollati al suolo, le braccia distese lunghi ai fianchi privi di ogni movimento. Era impaurito, indifeso e soprattutto disarmato.

Un senso di colpa raggiunse il ragazzo, consapevole di non poter far nulla per aiutare quella ragazzina che stava appena conoscendo, o del ragazzo biondo sopra di lei. 

"Steve?" lo chiamò la sua ex-collega, Robin, scuotendo il suo braccio per risvegliarlo. Con le lacrime agli occhi e guance bagnate, Steve prese finalmente conoscenza e sentì il richiamo. 
"Sì?" sbatté le palpebre più volte, togliendosi dalla mente quei ricordi ancora vividi. La ragazza capì, ma decise di non domandare il motivo delle lacrime. 
"Ti ho chiesto come va." 
Va male, Robin, va malissimo. Billy è appena morto ed io non ho potuto fare nulla. Nulla! 

"Potrebbe andare meglio." disse il ragazzo alzando le spalle, distogliendo lo sguardo attento della bionda, intenta a scrutarlo. Sapeva che fosse una bugia la sua, sapeva cosa stesse passando... o perlomeno lo immaginava. Ma non fece domande. 
Robin indossava la stessa coperta anti-shock, e vagamente la vide stringersela addosso per dei brividi di freddo. Le temperature erano decisamente calate. Si sedette accanto, fissando anche lei il centro commerciale andato distrutto.
"Quindi dovremmo trovare un altro lavoro." esclama la bionda provando a sdrammatizzare, cosa che le riuscì, poiché da Steve uscì una scarsa risata. 
"Credo proprio di sì." 
Non c'era nient'altro da chiedere, entrambi sapevano ciò che avevano passato, entrambi sapevano che non era meglio discuterne. 
Quando arrivò la Signora Byers, Steve si alzò dal posto. Avrebbe voluto dire dove fosse suo figlio: poco più a destra, in un'altra ambulanza. Ma a quanto pare arrivò tardi, perché Will corse verso la madre per stringerla con tutta la sua forza. Si sedette nuovamente, guardando la scena in completo silenzio. 
"Dovrei chiamare mia madre, adesso che ci penso." disse Robin, spezzando l'assenza di rumori con la sua affermazione. Non lo dava di certo a vedere, ma la ragazza strinse le spalle e tirò di più la coperta: aveva bisogno di quell'abbraccio materno, aveva bisogno di un abbraccio capace di farla sentire decisamente a sicuro.
"Anch'io dovrei." ma Steve sapeva che quella notte non avrebbe ricevuto nessuna stretta materna o paterna, sapeva che avrebbe ricevuto nei giorni successivi una chiamata "di preoccupazione" dai suoi, per delle notizie viste sicuramente in qualche telegiornale. 

Accadde tutto così in fretta. 
Come la discesa della sua vita, a quanto pare. 
Con l'aiuto di Undici, Billy ritornò al suo colore naturale, scrollandosi di dosso quel maledetto viscido MindFlayer. La presa sul collo della ragazzina diminuì fino a diventare nulla, segno che Billy era nuovamente se stesso. Era di nuovo un bastardo, ma troppo confuso nell'esserlo in quel momento. Il suo sguardo si spostò alla sua sinistra, dove il possente e schifoso Demogorgone era inattesa di voler risucchiarsi Undici e avere più potere. Quando si accorse che il biondo non era più un suo servitore, lanciò uno dei suoi "bocca-tentacoli" verso il ragazzo: ma Billy lo prese in tempo, suscitando clamore.

Steve deglutì, tremando dalla paura.

Ma di scatto i suoi occhi si spalancarono.
Billy era stato attaccato.
Sul fianco sinistro.

Sul fianco destro.
Billy urlava di dolore. 

Poi il ragazzo gettò un urlo in faccia alla creatura: urla di dolore, di rabbia, di frustrazione. Urlò e basta. 

Qualcuno urlò il suo nome di rimando: Max, sua sorella.

Steve non sentiva più le gambe, Steve non sentiva più niente.

Dipoi le ginocchia caddero a terra, assieme a Billy. 

Un altro tentacolo trafisse il petto del biondo, e un altro duro e sofferente grido fuoriuscì dalle labbra nere del ragazzo. 

Accadde tutto così in fretta.

La stessa velocità della loro storia. Erano piccoli frammenti, stupidi o significanti, veloci come frame nella testa di Steve. O "Pretty boy." 

La loro furibonda lite tra pugni e colpi duri era così lontano in quel momento.

Ma il sussurrato "perdonami" risuonava nel cervello del ragazzo. 

I loro tocchi delicati, i suoi tocchi delicati, erano come piume sulla pelle.
Non gli aveva detto addio, pensò Steve. Non ha avuto tempo di chiedergli scusa per la loro insignificante litigata accaduta nei giorni precedenti, prima che Billy fosse posseduto. Troppo arrabbiato con lui, troppo orgoglioso. Troppo codardo per dirgli un sincero "Ti amo." 
E non era successo nulla se non una sfuriata di gelosia da parte di Steve. Irritato dall'atteggiamento provocatorio della Signora Wheeler nei confronti del suo uomo, che la lasciava semplicemente fare, incapace di dirgli di no. 
Niente di più.

Ed ora Billy era disteso a terra.
Quel lurido bastardo, il suo lurido bastardo, era stremato sul pavimento. 

 

Una mano delicata si posò sulla sua spalla, portandolo un'altra volta nella vita reale; nel presente.
"Steve..." sussurrò dolcemente la ragazza, notando l'atteggiamento dell'amico. Non sapeva che altro fare se non comunicargli che lei c'era, che se aveva bisogno di parlare, lei era lì per lui.
"Sto bene." rispose seccamente. Il ragazzo non si scrollò di dosso la minuta mano della bionda, come si aspettava quest'ultima, ma la lasciò lì.
Robin sapeva, eccome se sapeva. Ogni ora passata con lei non era nient'altro che gossip, mischiato con ironia e sarcasmo, sulla vita romantica di Steve Harrington. Non era granché, stava semplicemente con uno stronzo di prima categoria di nome Billy Hargrove, che aveva praticamente obbligato il ragazzo a non parlare ai quattro venti della loro relazione, soprattutto coi sei marmocchi che lui conosceva fin troppo bene. Per timore, ovviamente, che suo padre venisse a sapere di entrambi.
Sapeva quanto Steve ci tenesse al ragazzo, ma sapeva anche quanto potesse fargli male non dire niente a coloro che considera amici.
La ragazza prese la mano del ragazzo, intrecciandola con la sua. Il gesto suscitò un singhiozzo a Steve, che tentò di nascondere con il suo mucchio di capelli mentre abbassava lo sguardo. 
"Vuoi andare a casa?" chiese Robin, accarezzando dolcemente la mano con il pollice. Lo guardava con lacrime non versate, sicuramente le facevano male per quel nodo formatosi in gola. 
 

Max raggiunse il corpo ancora vivo di Billy subito dopo che il gruppo aveva sconfitto la creatura. 

Steve non perse tempo: raggiunse a corsa il suo ragazzo, fermandosi all'istante nel vedere e sentire le lacrime di sua sorella. 
"Billy, alzati." gli diceva piangendo, colpendo il suo petto mal ridotto con i pugni. "Alzati, ti ho detto."

Un lieve "Mi dispiace" mormorò con dolore Billy, prima di lasciare la vita terrena poco dopo. Steve l'aveva sentito e non era nemmeno tanto lontano. 

Max non smise di piangere, quando fu raccolta successivamente dalla sua amica, dove inzuppò con le sue lacrime la camicia di Undici, anche lei affranta e addolorata. 

Il ragazzo vestito da marinaio raggiunse il corpo privo di vita del suo ormai defunto fidanzato, prendendo le sue mani e portandosele al petto. Non erano macchiate di sangue, solo lievemente danneggiate da chissà cosa.
"Steve..." singhiozzò la ragazzina, fissando sia lui che il fratello. "Tu... e mio.. fratello..." il ragazzo non ebbe nient'altro da fare se non annuire e confermare le ipotesi sotto intese di Max. Ancora appoggiata sull'amica, mentre il ragazzo di quest'ultima lo fissava dispiaciuto, continuò a piangere, abbracciando con forza la ragazza coi poteri.
Steve era silenzioso, mentre stringeva con forza le mani pallide di Billy, senza che nessuna lacrima fuoriuscisse dai suoi occhi. Non ci riusciva, come non riusciva a comunicare nulla: nemmeno un "Svegliati", nemmeno un "Ti prego, apri quei dannati occhi". 

"Quindi eri tu..." 

Il castano fissò la rossa. "La fiamma di mio fratello."  
Max tolse il tappo, lasciando che Steve si svuotasse.
Pianse la sua prima lacrima.

"Lo rendevi più felice, lo vedevo in casa. Era più tranquillo." fu difficile parlare per Max, ma ci teneva a dirgli quelle parole: sapeva che avrebbero fatto bene, ma anche male.
Pianse la seconda lacrima, stavolta rivolto verso Billy. 

"Brutto bastardo." gli disse, prendendo il suo viso macchiato di nero viscido. Era così freddo, gli faceva quasi paura, ma non mollò la presa. Era così delicato, come se avesse paura di danneggiarlo, -più di quanto fosse già?-, ma quando lasciò le sue guance cominciò a colpirlo ripetutamente.
"Brutto bastardo, sei un brutto bastardo, non puoi!" con lo stesso modus operandi di Max tirò pugni sul petto del ragazzo, con la speranza, seppur impossibile, che Billy si svegliasse.
Così non fu.
"Non andare..." ma era già andato.
Billy non aprì i suoi occhi.

Steve non smise di piangere finché non lo portarono via.

"Non voglio stare solo." dichiarò Steve, mentre fissava un medico portare una barella con un corpo coperto all'interno di un'ambulanza. E' Billy, pensò Steve. Non lo raggiunse né chiamò il suo nome (tanto era inutile), preferendo restare lì: lontano dal corpo, lontano da Billy, lontano e basta... 
"Non ci sono i tuoi?" chiese Robin, notando anche lei la stessa scena. Un battito le mancò, preoccupata per il suo amico, ma era troppo codarda nel parlare di ciò, di lui, di colui che aveva perso.
"No, son fuori, come sempre." respirò duro il ragazzo, distogliendo con le lacrime agli occhi lo sguardo dalla vista del suo fidanzato in una barella, morto. 
Le sirene continuarono a lampeggiare, i pompieri avevano spento il fuoco di quel dannato edificio, adolescenti che ne avevano viste ormai tutte erano sicuramente con i loro parenti.
Poi Steve intravide Undici a terra, raggomitolata nelle sue stesse braccia e gambe, senza che nessuno la soccorresse. Non era poco lontano da Joyce che la fissava in lacrime, prendendo la mano di suo figlio per tirarlo verso la bambina. Non sapeva cosa stesse succedendo,"perché Undici sta piangendo?"
Poi capì. Anche Robin parve capirlo.
"Jim!" pensò il ragazzo, "Dov'è Jim? Non c'è... lui non c'è..." si alzò di scatto, intento a dirigersi verso la ragazzina. Aveva un peso assurdo sulle spalle, sul petto, sullo stomaco... a stento riusciva a credere come potesse camminare. Venne fermato in tempo da una mano sul braccio: Robin.
"Lasciali soli, Steve." gli consigliò, sperando in cuor suo che seguisse il suo consiglio. 
La consapevolezza che Jim e Billy fossero morti danneggiava di più il suo cuore, come una dannata lancia maledetta. Faceva male, a tal punto da non sentir nient'altro che dolore. 
Pianse nuovamente, accompagnando Undici, in sua insaputa. Pianse per la perdita, per le perdite. 
Robin di slancio lo abbracciò, distrutta nel non poter fare niente. Aveva conosciuto tutti da poco, ma l'incubo che avevano vissuto, le morti accadute... per lei era così nuovo, era così spaventoso. Ma l'abbraccio non era di certo per lei.
Steve ricambiò dopo interminabili minuti, stringendo con forza la coperta anti-shock dell'amica. Le nocche diventarono bianche mentre stritolava il tessuto, singhiozzando rumorosamente e interrottamente. La bionda rimase in silenzio, lasciando che il ragazzo si sfogasse a dovere.
Steve si riprese poco dopo, lasciando la presa. 
Undici era andata via con Joyce e Will.
Robin gli era davanti, anche lei aveva pianto.
"Chiederò a mia madre se puoi dormire nel divano." informò la bionda, "Ma sappiamo entrambi che non chiuderemo occhio."
"Spero di non disturbare..." gli sembrò patetico, o così avrebbe detto Billy se lo avesse sentito. Risuonò così infantile che quasi si vergognò.
"Niente affatto, amico, tu verrai con me." 
Lui annuì con un lieve sorriso, la presenza di Robin non era male. 


"Penso solo che quella donna dovrebbe smetterla di starti addosso come una dannata cozza! Lei e il suo branco di arrapate!"  urlò Steve, intenzionato a discutere con Billy. Il ragazzo in risposta, però, lo ignorava, mentre sorseggiava una birra di bassa qualità.
"Non ti sembra di esagerare?" chiese il biondo, deglutendo la sorsata della bevanda alcolica. 
"Esagerare?" ripeté il ragazzo vestito da una tuta blu da marinaio, "Non posso credere che tu mi stia dando dell'esagerato!" Steve sventolava arrabbiato le braccia, gesticolando frettolosamente. 
"Amore..." sussurrò il suo ragazzo, poggiando la birra sul comodino vicino a letto, prendendo le braccia di Steve e portandosele al petto. "So quanto possa darti fastidio, ma fidati di me: son innocue." 

"Innocue, dici? Quelle ti sbavano dietro!" lo spintonò, suscitando stupore al biondo che non si aspettava di certo una reazione del genere.
"Steve, smettila!" abbaiò, irritato dall'atteggiamento del castano. "Anch'io non apprezzo che mi guardino in quel modo, ma che posso farci?! Non posso mica dire loro di smetterla!" 
"Ah no?" il gelataio/marinaio alzò un sopracciglio, "E quindi che fai? Li lasci fare?"
"Non posso fare altrimenti." 
"Certo che puoi, invece." ribatté il castano. 
"Steve..." lo chiamò.
"Parla con loro, Billy." 
"No."
Quella risposta secca e tagliente fermò Steve: "No?"
"Esatto, no." 
"Vai a farti fottere, Billy." e con un colpo forte sbatté rumorosamente la porta, lasciandosi indietro il biondo frastornato e irritato. 



Quella mattina in piscina, Billy fece ciò che gli aveva detto Steve. Fu umiliante eseguire degli "ordini" dal proprio fidanzato, ma non poteva fare altrimenti. Il ragazzo si era rifiutato ciecamente di parlare con lui, fin quando non avesse parlato con quelle donne.

Fu anche umiliante parlare con quelle donne, soprattutto con la Signora Wheeler, che lo scrutava con un certo entusiasmo. "Spero che tu non sia di coccio, donna." pensò Billy, dopo aver parlato dieci minuti belli e buoni con quelle mogli e madri di famiglia. 
Steve aveva finito una ventina di minuti il suo turno allo Scoops Ahoy e Billy aveva promesso di presentarsi all'uscita del centro commerciale e finalmente risolvere il loro dannato problema.
Ma così non fu. 
"E quindi oggi Billy ti ha dato buca?" chiese, sapendo di colpire, Robin. Il motore della sua auto risuonava, che Steve fu costretto ad urlare per rispondere:"
Fottiti." 

"Non fare il cattivo marinaio con me, Steve." ridacchiò la ragazza, indicando il sedile accanto al suo. "Vieni, sali, tanto sai che non verrà."
Amareggiato e ovviamente arrabbiato salì sulla auto della collega, sbattendo la portiera con fare nervoso.
"Oh, piano bellezza, l'auto è mia." 


All'insaputa di Steve, però, Billy era stato infettato proprio quella sera. 

 

"Spero che il divano-letto sia comodo stanotte." augurò Robin, seduta sullo stesso, accanto a Steve. Era un augurio inutile, considerando che né lui né lei avrebbero chiuso occhio.
"Grazie di ospitarmi stanotte, Robin." 
"Non c'è di che." 
La tv era accesa e con volume basso, le voci erano impercettibili ma ai due non importava molto ciò che stesse dicendo quel programma tv. Era solo per non stare al buio.
Steve aveva le gambe strette al petto.
Robin stringeva il suo braccio, dandogli conforto con il suo contatto. Sapeva che non era molto, ma si sforzava per non farlo sentire solo... aveva bisogno che sentisse ciò, che sentisse che non era affatto solo. Al ragazzo non dava alcun fastidio, apprezzava l'interessamento della ragazza: non l'aveva mai vista così a stretto contatto con lui, e un sorriso gli scappò. 
"E grazie anche per questo." sussurrò leggermente, poggiando la sua testa sul capo della bionda. Robin ricambiò il sorriso: "Non c'è di che."
Ci fu nuovamente silenzio, mentre quel programma con chissà quale nome continuava a trasmettere.
Steve avrebbe dovuto sentire stanchezza, ma questo non accadde.
Era teso come una corda di violino, con le palpebre aperte come se avesse bevuto 3 caffè in una notte.
Il ragazzo vide l'orario sull'orologio a dondolo di Robin: le tre del mattino.
La notte era silenziosa: una madre al piano di sopra nel bel mezzo del sonno, con due ragazzi seduti sul divano, terrorizzati da quello che gli era accaduto. Il pensiero cadde sui ragazzini: "Cosa staranno facendo?...", il desiderio di chiamarli lo raggiunse, ma l'orario era improbabile e le parole era sicuro che non gli sarebbero uscite. Neppure un accenno. 
"Billy si è sacrificato per Undici." esclamò Steve, alzando la testa e guardando dritto la tv. Robin distolse invece l'attenzione sullo schermo, spostandosi sull'amico.
"Mh?" mormorò la bionda.
"Billy..." ripeté a fatica, "si è sacrificato per Undici." 
Il motivo per cui lo stesse dicendo? Non ne era consapevole nemmeno lui stesso. Ma aveva bisogno di parlarne, aveva bisogno di parlare di lui.
"Oh... ha fatto un bel gesto..." rispose Robin, stringendo la presa del suo braccio. Steve se ne accorse, ma non ci badò.
"Sì, lo ha fatto." aveva una voce vuota, ma non riusciva a comunicare con nient'altro in quel momento. "E' stato un eroe." 
"Lo è stato, sì."
Lo è stato. Parlare di Billy al passato gli fece perdere un battito. 
Non si accorse di una lacrima solitaria che scivolava sulla sua guancia sinistra.
"Lo ami." 
Fu irrilevante dirlo, perché era più che ovvio.
"Sì." abbassò la testa, come se fosse un masso incapace di reggere. Era pesante e doloroso.
"Non ho avuto modo... io..." singhiozzò. Si maledì per le lacrime che stavano nuovamente scorrendo veloci. Era stanco di piangere, stanco di vivere una vita senza Billy.
"Steve, Steve, Steve," lo chiamò velocemente Robin, prendendo il suo viso tra le mani. Non osava guardarla, pienamente in imbarazzo, ma non riusciva a smettere di piangere.
"Calmati, Steve, sh..." provò a dirgli, asciugandogli le lacrime. Colta alla sprovvista, Robin non sapeva minimamente cosa dire o cosa fare.
"Non ho avuto modo...io... non ho avuto modo--" 
"Cosa, Steve, non hai avuto modo di fare cosa?" gli chiese con calma la ragazza. 
"Di dirgli.... di dirgli..." 
Singhiozzò.
"Di dirgli che lo amo! Per l'ultima volta!" le urlò, "Gli ho detto di andarsi a farsi fottere, ecco cosa! L'ultima volta che l'ho visto gli ho detto: "Vai a farti fottere". Mio dio, mi odio!!" 
Lo sfogo di Steve sconvolse l'amica a tal punto che non trovò le parole adatte per fermarlo. Ma aveva bisogno di parlargliene, aveva bisogno di aprirsi. 
Mirò i suoi capelli castani, cominciando a tirarli con forza dalla rabbia. Ma Robin lo fermò prima che potesse farsi male davvero, prendendogli le braccia con entrambe le mani.
"Steve..." sussurrò, vedendo quanto l'amico fosse visibilmente sconvolto. "Lui sapeva che lo amavi."
"Ma doveva sentirselo dire da me... io..." pianse, "Non so cosa farei per dargli l'ultimo saluto... l'ultimo bacio..." respirò ed inspirò, chiudendo gli occhi.
Robin lasciò le braccia di Steve, sedendosi nuovamente al suo fianco. Non smise di guardarlo nemmeno un attimo, era incapace di rispondere... ma era meglio così.



Il risveglio fu traumatico e disoriento per Steve Harrington.
All'impatto non riconobbe il luogo, ma dal mal di schiena e mal di collo capì che fosse il divano di qualcuno... e quel qualcuno era Robin.
Aveva dormito sì e no due ore, crollato dal sonno dopo una notte a piangere e a ricordare. Robin tornò in camera sua in punta di piedi, attenta a non svegliare Steve. 
"Steve, forza, svegliati." le mani che l'avevano consolato e protetto per ore, adesso lo stavano spintonando a tal punto da svegliarlo. Non ne aveva la minima voglia.
"Ancora cinque minuti, ti prego.." mormorò assonnato, coprendosi gli occhi dalla luce mattutina. Chissà che ore erano. 
"Non sono tua madre, testa di scemo, svegliati!" 
E a malincuore aprì gli occhi, stirandosi le braccia rumorosamente. Robin lo fissava torvo, probabilmente per l'irritazione.
Sembrava in attesa di dirgli qualcosa, e Steve era curioso di sapere cosa.
"Non so come Dustin abbia ottenuto il mio numero, ma ci passerò sopra" disse Robin, suscitando una leggera risatina al ragazzo ancora sdraiato. "Mi ha chiamato per dirti che Max vuole incontrarti oggi." 
Max? Perché Max vorrebbe vedermi?  pensò Steve, grattandosi i capelli sporchi con fare confuso.
"Max?" domandò.
"Sì, Max." 
"Ti aspetta alle dieci, mi ha detto Dustin, suo padre è a lavoro." 
Steve avrebbe voluto correggerla, dirle: "In realtà è il suo patrigno. Ed è un fottuto bastardo, sarebbe dovuto morire lui al posto di Billy..." ma annuì soltanto. 
"Che ore sono?"
"Le 9:30" rispose la ragazza alzando le spalle.
"COSA?!" 


Quando arrivò a casa di Billy, Steve tentò di non piangere. 
Tentò di non sperare che qualcuno, quel qualcuno con la Camaro, uscisse da quella porta a salutarlo gioiosamente. Ma nessuna speranza avrebbe spezzato la verità: che Billy era semplicemente morto.
Era vuota, senza nessuna macchina nel vialetto, segno che nessuno avesse riportato a casa la macchina del ragazzo. E Billy amava e allo stesso tempo odiava quell'auto.
Suonò al campanello e non fu sorpreso di vedere Max davanti alla porta, in attesa di aprire e vederlo. Venne accolto da un caloroso abbraccio di slancio, che ricambiò con piacere. 
"Grazie di essere venuto." disse la ragazza staccandosi poco dopo.
"Ma figurati."  
Steve notò come fosse distrutta Max. Gli occhi erano ancora rossi e gonfi, e... indossava la maglietta preferita di Billy. Probabilmente per sentirlo un po' più vicino.
Un po' la invidiò, al ricordo di Billy che gli vietava di indossarla.
"Vieni, entra." lo fece accomodare. Era silenziosa e timida.
Salutò la donna in cucina, intenta a pulire: anche lei silenziosa, e seguì la ragazzina verso la camera di Billy.
Steve fu felice di sentire ancora l'odore del californiano all'interno di quella camera.
Il letto era sfatto, e ciò significava due cose: Max aveva dormito lì o Billy non arrivò a fare il letto. Non chiese assolutamente nulla.
"Quindi... come mai son qui?" chiese, con lieve imbarazzo, alla ragazzina. 
C'erano alcune cose sparse un po' ovunque, se Billy fosse presente in quella stanza avrebbe danneggiato qualcuno per il disordine in camera sua. 
"C'è qualcosa che volevo darti." esclamò la rossa, cercando quel "qualcosa". "O meglio... credo volesse dartela mio fratello."
Se qualcuno gli avesse chiesto se fosse stato il suo cuore a fare "crack", Steve non avrebbe negato. 
"Oh..." sorpreso si avvicinò a Max. Quest'ultima sorrise nell'aver trovato l'oggetto in questione: una mini scatola blu. "Cos'è?" chiese il ragazzo.
"Dovresti scoprirlo tu. Son sicura che è tuo." 
"Come lo sai...? Potrebbe essere tuo... o di tua madre-"
"No." tagliò corto la ragazzina, porgendo la mini scatola con forza. "E' tuo, aprilo." 
"Ma..."
"Aprilo ho detto!" 
Lo aprì. 
Una collana d'argento.
C'erano le loro iniziali. "B.H+S.H" dettava la scritta.
Steve rise, rise di vero cuore. "Non posso crederci... non è proprio da Billy..." rideva, e Max fece lo stesso.
"Pensavo odiasse queste cose romantiche!" rideva, ma non si sorprese quando cominciò a piangere. Billy gli aveva comprato quella collana, Billy gli aveva comprato quella maledetta e bellissima collana. 
"Lo pensavo anche io!" rispose la ragazzina, tenendosi la pancia per le risate. Ma non mancarono le lacrime.
Piansero e risero.
Strinse la collana al petto per un attimo, poi chiese gentilmente a Max di mettergliela.
"Con piacere."
La toccò delicatamente sorridendo. 
"Son felice che ti piaccia, Steve..." sussurrò la sorella.
"Amo da morire questa collana." disse lui, con in mano le loro iniziali, "E amo tuo fratello." 
"Lo so." respirò, "Mi manca."
"Anche a me, Max, anche a me."


 

--"BILLY HARGROVE + STEVE HARRINGTON"--"B.H+S.H"
Fine.

   
 
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