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Autore: madychan    27/10/2019    0 recensioni
E fa male vedere quelle fiamme, così stupide, mentre lentamente incurvano la superficie sottile del foglio di carta in mezzo alle braci – infuocano i suoi angoli, e lo consumano come leoni digiuni da giorni davanti alla carcassa di una gazzella.
E alla fine lo rendono cenere.
Quello è tutto ciò che rimane dell’unica lettera che Rachele le abbia mandato in quei due anni.

[quinta classificata al contest "Yuri Love!" indetto da Reghina-chan sul forum di EFP]
Genere: Drammatico, Romantico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash, FemSlash
Note: Lemon | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate | Contesto: Contesto generale/vago
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Prologo 2 
Le stesse note, una nuova musica

 
Rachele era stata investita da un furgone otto anni prima.
Si era immessa all’improvviso in strada, senza guardare – e il furgone l’aveva presa in pieno, facendola volare a terra e facendole battere la testa contro l’asfalto.
Salvarla era stato impossibile.
E Sylvia – che all’epoca aveva otto anni – aveva assistito a tutta la scena da pochi metri di distanza.
Rachele era andata a prenderla a scuola, e lei era già uscita nel cortile. Era vicina al cancello, poco distante dal marciapiedi opposto a quello da cui stava arrivando sua madre.
E aveva visto tutto.
Momento per momento.
«Stavo per urlare per avvisarla. Ma non ho fatto in tempo.» le sta raccontando con un tono quasi distaccato, l’espressione scocciata e insieme abbattuta, mentre tiene lo sguardo lontano da lei. Madalena la vede sospirare e spostarsi una ciocca di capelli dietro l’orecchio, con fare malinconico e pensieroso. «Anche se forse non mi avrebbe sentito.»
Madalena la osserva per un attimo, sbattendo piano le ciglia. Tutte quelle rivelazioni sono estremamente dolorose, specie tutte insieme – ma le viene spontaneo preoccuparsi anche di ciò che ha davanti: una ragazzina di sedici anni che ha perso la madre a otto e ha visto la sua morte coi propri occhi. Una ragazzina di sedici anni che pensa che la madre non l’avrebbe sentita, e chissà perché.
«Ma certo che ti avrebbe sentito.» replica, asciugandosi le lacrime che sembrano non accennare a smettere di scendere. «Non c’è verso che non ti avrebbe sentito. Ti amava così tanto.»
Sylvia le rivolge un’occhiata un po’ fredda – decisamente meno di quanto fosse stata fino a poco prima, quando voleva lasciarla fuori dalla porta. E invece, vedendola piangere così amaramente per la morte di Rachele, l’ha fatta entrare in casa dopo qualche titubanza, le ha offerto della carta per asciugarsi gli occhi e un bicchiere d’acqua per riprendersi un po’. L’ha lasciata seduta a piangere su una poltrona finché Madalena non si è calmata un po’, e non è stata pronta ad ascoltare il resto.
Meglio tutte le rivelazioni insieme che uno stillicidio, ha pensato dopo essersi calmata.
E Sylvia ha iniziato a raccontare.
Con un tono apparentemente calmo e controllato, ma che in realtà tremava a ogni frase.
Madalena l’ha sentito (dato che stavi scrivendo al presente, perché non continuare?) chiaramente. Ha capito perfettamente quanto Sylvia tentasse di trattenere delle lacrime che forse nemmeno ci sono più.
Chissà quanto doveva aver sofferto per sua madre.
«Si vede che non l’hai vista, nei suoi ultimi anni.» considera – e Madalena solleva lo sguardo a quell’osservazione così ovvia eppure espressa in un tono così amaro da quella ragazzina, come se volesse farle pesare qualcosa. Sylvia, per conto proprio, ha distolto ancora lo sguardo da lei, e sta osservando la lampada che riluce pallidamente nella stanza, illuminandola solo di poco. «Le hai lette, le lettere che ti voleva mandare, no? Mi considerava quasi una tua copia.»
Madalena sente il proprio cuore mancare di un battito, e il proprio stomaco stringersi in una dolorosissima morsa. Spalanca gli occhi, guardando il profilo magro e indifeso di quella ragazzina che sembra essersi eretta scudi tutto intorno a sé per non soffrire più.
La ragione di quel tentativo è chiara.
«No.» ci tiene a precisarle, alzandosi in piedi per la prima volta dopo tutti quei momenti. In quel momento, davanti a lei, c’è una ragazzina che ha bisogno di affetto e di essere rassicurata che sua madre l’ha amata durante tutta la propria vita. Rachele può, per il momento, passare in secondo piano.
«Certo che è così.»
«No che non è così.» replica Madalena in tono più deciso. «Rachele ti amava. Sono sicura di questo.» dice ancora, avvicinandosi un po’ a lei. Sylvia deve captare quel movimento, perché si volta e muove il proprio busto come per allontanarsi un po’ da lei, ma senza distogliersi dalla propria posizione con le mani appoggiate al tavolo. Ha lo sguardo sconvolto, diffidente, forse impaurito, sicuramente fragile – e sicuramente vorrebbe non far notare tutte quelle cose a lei. «Avrebbe solo voluto che fossi figlia mia e sua.» aggiunge, con uno sguardo malinconico. Vorrebbe accarezzarla e tranquillizzarla, ma è anche abbastanza sicura che Sylvia non voglia quel tipo di contatto fisico. «Ha sempre voluto avere dei figli.» dice ancora, sopprimendo quella voglia che sente di calmarla e stringerla a sé per farle capire che va tutto bene. «E anche io avrei voluto che tu fossi mia figlia.»
Sylvia storce le labbra in una smorfia confusa e indecisa sul credere o meno a quelle parole – ma poi decide che per il momento distogliere ancora lo sguardo è la cosa migliore da fare.
«Era sempre triste.» dice a bassa voce, lo sguardo basso e le spalle un po’ curve in avanti. «Sempre. Cioè, sorrideva, rideva, certo… ma da quando sono nata l’ho sempre vista con quell’espressione che aveva della tristezza dentro.». Le sue spalle tremano per un secondo. «Non capivo perché: non me l’ha mai detto. Ricordo solo che ogni tanto la vedevo scrivere quelle lettere… e che mentre ne scriveva una, una volta mi ha detto che… se avessi trovato una persona che amavo davvero, non avrei mai dovuto lasciarla andare.»
Madalena sente un tuffo al cuore, a quelle parole.
E abbassa lo sguardo anche lei.
Improvvisamente, la mancanza – l’assenza di Rachele si fa sentire forte come un macigno sul suo stomaco.
Non c’è più.
«Ho capito perché… solo quando ho trovato quelle lettere, dopo che lei è morta.» prosegue Sylvia, senza darle il tempo di realizzare completamente che Rachele non c’è più.
Madalena solleva di nuovo lo sguardo – e si ritrova a considerare che non serve realizzarlo: è palese.
Davanti a sé ha la prova evidente della mancanza di Rachele. Ormai da troppo tempo.
Sylvia è una ragazzina praticamente sola al mondo, che ha visto morire la madre e ha letto delle lettere che la madre aveva scritto per lei, arrivando a pensare di essere solamente una copia dell’amante della madre.
Arrivando a pensare di non essere mai stata amata davvero come figlia.
«Quando le hai trovate?» le domanda con urgenza.
«Avevo dodici anni. Stavo rimettendo a posto la casa.» replica Sylvia.
Già fin troppo tempo, decisamente. Sylvia ha passato ben quattro anni a pensare che sua madre non l’abbia amata se non come copia di Madalena.
«Le hai lette tutte?» domanda ancora Madalena.
Sylvia annuisce.
E per una ragazzina di dodici anni è sicuramente stato troppo.
Madalena si muove senza quasi pensare. Non c’è tempo di pensare.
Si avvicina a lei e l’abbraccia stretta.
Ha il corpo esile e fragile, il fiato trattenuto per la sorpresa, i muscoli tesi per l’atto improvviso.
Non ha un buon odore. E a giudicare dallo stato della casa, è poverissima.
E non solo… ha anche pensato quelle cose.
Mentre lei era in una villa a curarsi di sé stessa e di sua figlia Roberta, a essere ancora un po’ arrabbiata con Rachele perché non aveva idea di tutto quello che fosse successo, a piangere la mancanza di amore che pensava di non aver mai davvero avuto nella propria vita.
Mentre lei era intrappolata nei propri problemi ma aveva almeno di che vivere senza potersi lamentare, Sylvia soffriva. Soffriva fisicamente ed emotivamente. Soffriva, si sentiva sola, si chiudeva.
«Mi dispiace.» dice – la voce le esce più rotta di quanto vorrebbe, più esile di quanto Sylvia dovrebbe sentire. «È stata colpa mia. Non siamo riuscite a chiarirci. Non sono… riuscita a credere ai suoi sentimenti, ed è successo tutto questo…». La stringe di più, e la sente rabbrividire per un lungo momento. «Mi dispiace, Sylvia. Mi dispiace che tu abbia pensato che tua madre ti vedesse solo come una mia copia… ti posso assicurare che non è così. Dopo aver letto le sue lettere sono riuscita a rimettere in ordine la donna che conoscevo… e non sarebbe mai stata capace di non amarti. Te lo posso assicurare, ne sono sicura: tua madre ti ha amato dal primo all’ultimo momento.»
Sente Sylvia rilassarsi lievemente tra le sue braccia, e per qualche ragione arriva a pensare che sia triste. E improvvisamente indifesa.
«Anche se… ero la figlia dell’uomo che odiava?»
Madalena la stringe ancora di più.
È stato davvero troppo, per una ragazzina di soli dodici anni, che forse stava ancora lottando col ricordo della morte della madre. Da sola.
«Tu non sei tuo padre.» le risponde con decisione. «E anche se tua madre era sempre triste, non ha mai voluto farti pagare le conseguenze di quello che è successo. Sono sicura che ti abbia fatta sentire amata. Sono sicura che tu abbia dei bei ricordi con lei.»
Sylvia sospira, poco distante dalla sua spalla.
«Non sono bugie?»
E Madalena si rende conto che Sylvia ha solo bisogno di un conforto. Di qualcuno che le dica che va tutto bene non perché glielo deve dire, o perché lei crede che quella persona glielo debba dire; ha bisogno del conforto di una persona che è convinta di quello che dice.
«Non sono bugie.» le risponde, decisa e convinta, per la prima volta dopo tanto tempo, dell’amore che Rachele sicuramente ha riversato sulla sua bambina. «Ti amava con tutta sé stessa. E avrebbe voluto sicuramente dimostrartelo di più.»
Sylvia sospira ancora, ma si rilassa contro la sua spalla e, forse, chiude gli occhi per un momento.
«Amava anche te.» dice, a bassa voce. «E avrebbe voluto dimostrartelo di più.»
 
 
A Madalena è bastata qualche frequentazione della casa di Sylvia, per capire che lei non è fisicamente da sola.
Nello stesso piccolo spazio in cui vive lei, vive anche il suo “patrigno”, Michael. È un uomo di un’età che Madalena non riesce a definire anche dopo averlo visto diverse volte, visibilmente sempre stanco e talvolta irritabile. In generale, comunque, abbastanza tranquillo e comunicativo nonostante la stanchezza – anche se la prima volta che l’ha vista non l’ha accolta proprio di buon grado.
Ed è sempre triste.
Sylvia le ha spiegato, in un momento in cui lui non c’era, che sente molto la mancanza di Rachele. Per quanto lei gli avesse sempre detto di non essere innamorata di lui, lui lo era di lei; e lei col tempo si era affezionata un po’ a lui e l’aveva lasciato entrare un po’ nella propria vita. Non troppo: Michael non sa nulla della relazione che c’è stata tra lei e Rachele, né del perché Rachele sia stata con Klaus per un po’ di anni. Ma forse, se fosse sopravvissuta, l’avrebbe saputo col tempo.
La morte di Rachele l’ha scosso nel profondo: Michael, secondo Sylvia, pensava davvero di farsi pian piano una vita con lei e Sylvia. Una vita felice da vivere insieme tutti e tre, in cui pian piano Rachele si sarebbe affezionata a lui… forse l’avrebbe persino amato.
Forse.
Ma Rachele è morta, e lui è caduto in uno stato di prostrazione tale che spesso è fuori di casa e lascia Sylvia da sola, mentre lui si ubriaca per non pensare a tutto quello che ha perso.
E quando torna lucido, è consapevole di quello che sta facendo a sé stesso e a Sylvia.
E probabilmente è per quello, che le ha fatto quella richiesta che Madalena non si sarebbe mai aspettata vista la situazione.
 
Madalena osserva con finta calma (solo apparente) l’esile sagoma di Sylvia mentre raccoglie due borse da terra.
Lì dentro c’è una buona parte dei suoi averi.
Madalena ha intuito che Sylvia ha lasciato lì alcune cose sue – le vede, in giro per la cucina o il salotto – con l’intenzione di tornare pian piano a prenderle.
Lasciare quel piccolo cubicolo in cui ha vissuto per tutto quel tempo, per quanto dolorosamente, è qualcosa che non vuole fare così nettamente. Anche se a parole sembra davvero che lo voglia fare così all’improvviso.
Madalena si lascia sfuggire un lievissimo sorriso malinconico, ripensando al fatto che Rachele le abbia scritto, in una delle lettere, quanto Sylvia somigliasse a lei. Non può darle torto.
Il sorriso, tuttavia, le muore nel giro di pochissimo quando incrocia lo sguardo con quello di Michael.
Sorride. In maniera triste, però.
Chissà se Rachele ha sempre avuto sulle labbra quello stesso sorriso.
Chissà se Sylvia ha sempre visto quei sorrisi intorno a sé, prima da parte di Rachele, poi da parte di Michael.
Madalena la osserva per un secondo, mentre lei le dà le spalle e ha lo sguardo alzato in quello che per legge non è il suo patrigno, ma è come se lo fosse.
È l’adulto che c’è stato durante la sua infanzia, e che ha cercato di esserci per quello che poteva dopo la morte di sua madre.
Sylvia gli vuole bene. Molto più di quanto tenda a dimostrare, in quella gabbia fatta di scudi che si è creata, in cui cerca di non far entrare troppo nessuno, e da cui cerca di non far uscire troppo i propri sentimenti.
Ma Michael la ama come se fosse sua figlia.
Ed è per questo che ha chiesto a Madalena di prenderla in affidamento.
Non è stata di certo una decisione affrettata: Michael, nei momenti di lucidità in cui tornava a casa e la vedeva lì assieme a Sylvia, ha visto anche la luce negli occhi che Madalena aveva quando stava con quella ragazzina. O almeno, questo è quello che le ha detto quando hanno parlato della possibilità di dare Sylvia in affidamento a Madalena; e in effetti, lei da quando ha visto Sylvia si è sentita come rinata.
Non che sua figlia Roberta non sia mai stata abbastanza per lei: è sempre stata la sua ragione di vita da quando è nata, la persona su cui ha riversato tutto l’amore che non sapeva di riuscire a dare ancora.
Ma ora che ha visto Sylvia… è come se da quando l’ha incontrata la prima volta abbia sentito il bisogno di prendersi cura anche di lei.
Certo, non vuole toglierla a chi se ne è preso cura per gran parte della sua vita.
Ma lui sembra davvero propenso. Vuole darle una vita migliore di quella che sta avendo, anche col rischio di non vederla più troppo come la vede ora.
Michael ama davvero tanto Sylvia, di questo Madalena è sicura.
A Sylvia sicuramente sono mancate tantissime cose. Ma non dei genitori che la amassero.
Perché è così: Michael non ha mai adottato legalmente Sylvia, né ha sposato Rachele, ma si è comportato a tutti gli effetti come un padre per lei.
E si sta comportando così anche ora, sorridendole con quel fare un po’ triste che fa intendere a lei e a Madalena che Sylvia gli mancherà tantissimo.
E lei, probabilmente, dopo aver chiarito i propri dubbi sull’amore della madre, lo capisce.
Per quello, anche se ha accettato di stare a casa di Madalena come figlia affidataria, le dispiace andarsene e lasciarlo solo.
Sono stati per otto anni solo loro, a prendersi cura l’uno dell’altro, affidandosi l’uno all’altro.
Litigando, anche parecchio. Ma volendosi comunque bene, perché capivano che qualcosa mancava a entrambi.
Ed è in virtù di questo affetto, che Sylvia si avvicina a lui e lo abbraccia stretto.
Come si abbraccerebbe un padre prima di partire per un lungo viaggio.
Madalena li osserva per un secondo, mentre lui con un piccolo sorriso sollevato ricambia la sua stretta e le accarezza i capelli con una dolcezza che non credeva possibile in un uomo così alcolizzato come Michael pare essere.
«Tornerò a trovarti.» lo avvisa Sylvia dopo un breve momento, mentre si stacca. «E quando tornerò a trovarti voglio che tu abbia smesso di bere così tanto.»
Michael le sorride più ampiamente. E Madalena già sa che ci proverà: gliel’ha detto più di una volta, quando hanno affrontato il discorso dell’affido. Sa già che ci proverà seriamente, a smettere di bere.
E che un giorno probabilmente si riuniranno.
E il pensiero la fa dispiacere un po’, e un po’ le fa piacere: perché alla fine è giusto che Sylvia stia con chi l’ha cresciuta per quanto tempo può.
E con chi riesce ad occuparsi di lei, mentre il suo patrigno non ce la fa.
«Allora…» Sylvia indietreggia senza smettere di guardare Michael, come a non volersi staccare troppo definitivamente da lui. «Allora ci vediamo.»
Michael annuisce. «Smetterò di bere, te lo prometto.»
Madalena vede Sylvia sorridere un po’ timidamente per un’ultima volta. Poi, voltarsi e guardare lei.
«Andiamo?» le domanda Madalena, inclinando lievemente la testa di lato come in un invito.
Sylvia sbatte per un attimo le ciglia, in un’espressione un po’ indecisa. Poi annuisce.
«Andiamo.» acconsente.
E prendendola per mano, Madalena si rende conto di condurre lei, sé stessa e Michael verso un nuovo capitolo per la vita di tutti e tre.
Un capitolo caratterizzato dall’ignoto, la cui unica base è l’ascolto e il tentare di capirsi reciprocamente.
Un capitolo che, con quelle basi – Madalena lo spera sinceramente mentre varca la soglia assieme a Sylvia – può davvero cambiare in meglio la vita di ciascuno di loro.


 
Fine








L'angolino di madychan
Ed eccomi qui.
Dopo un saaaaaacco di tempo.
Abbiate pazienza, sono successe cose. Ma avevo promesso il capitoletto extra ed eccolo qui, oggi ero in vena e l'ho scritto di getto.
Spero vi sia piaciuto, se qualcuno ha seguito e/o ricordato questa storia. ^^ Spero vi abbia dato un "lieto fine", a differenza della conclusione che si vedeva nell'epilogo. Magari non quello in cui si sperava, ma... chiarimenti e qualche speranza ci stavano. ^^
E... niente, mi fa piacere anche solo che l'abbiate letto e che siate arrivati fin qui. :3 Grazie di essere stati qui fino alla fine. :3
A qualche altra storia, se vi va. 
mady
  
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