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Autore: Federica_97    28/10/2019    2 recensioni
Strawberry è una ragazza dura, figlia del capo dell'FBI, con un grande dono.
Ryan è un ragazzo con precedenti, il tipico deliquente senza futuro, con precedenti penali e tanto altro.
Come possono due persone così diverse assomigliarsi tanto?
Eppure qualcosa li accomuna: il senso di colpa.
Strawberry porta dento di sè un segreto, un senso di colpa che da due anni l'ha fatta chiudere in sè stessa
Ryan invece è solo al mondo, senza nessuno a prendersi cura di lui.
Potranno gli occhi ghiacciati del ragazzo scongelare il cuore di Strawberry?
E può Strawberry dare a lui ciò di cui ha bisogno?
Un'amore nato nonostante tutto e tutti, loro per primi.
Ma l'incontro non sarà dei migliori, e i loro mondi così diversi potranno mai realmente incontrarsi?
Genere: Drammatico, Romantico, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ichigo Momomiya/Strawberry, Ryo Shirogane/Ryan
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 7

 

“Quando ho detto ''cerca di non metterti nei guai'' intendevo proprio questo”.

Ryan Shirogane era molto bravo a forzare serrature di qualsiasi tipo, poi se quest'ultima era vecchia, meglio ancora.

“In questo edificio non ci vieni mai nessuno, mi piace” disse semplicemente lui, con un sorrisetto ad incurvargli le labbra.

“Anche se abbandonato, è comunque contro la legge” fece notare lei, “poi non capisco perché”.

A quel punto il biondo la guardò, mentre appoggiata alla ringhiera un po' vecchiotta di quel grattacielo, guardava giù.

“Perché cosa?”.

“Perché ti piace stare tanto in alto. Insomma abbiamo percorso quasi venti piani a piedi, tra poco mi viene un infarto”, l'affanno era già sparito da qualche minuto, ma le gambe molli per le troppe scale si facevano ancora sentire.

Lui fece spallucce “è una bella sensazione” disse soltanto, guardando le poche stelle visibili da quella grande città. “Non sei né troppo in alto né troppo in basso. La metà perfetta per farti stare bene”.

E lui aveva tanto bisogno di stare bene, dopo la tragedia che aveva segnato la sua infanzia, Ryan cercava in ogni cosa il presupposto per stare bene in quella vita che sentiva ormai stretta da un po'.

La ragazza dai capelli rossi lo guardò “certo che tu sei strano”, concluse infine senza aggiungere altro. Ma infondo non si sentiva di giudicarlo, aveva rivissuto personalmente le cose orribili successe a quel ragazzo dagli occhi ghiacciati, quindi un po' lo...capiva?

“C'è qualcuno?!” la voce di un uomo li fece sobbalzare.

“Accidenti!” esclamò il ragazzo ed afferrò per mano Strawberry trascinandola con sé. “Cerca di fare mano rumore possibile”. Si nascosero e quando quell'uomo, che aveva tutta l'aria di un agente entrò dentro la stanza, i due ragazzi corsero via, scendendo le scale rapidamente.

Inutili furono i tentativi dell'agente di fermarli, erano troppo veloci.

“Tu sei completamente folle!” gli urlò lei una volta scampato il pericolo di un altro viaggetto al commissariato.

“Per questo ti piaccio” sorrise lui, malizioso.

Lei scosse la testa e scoppiò a ridere, seguita pochi istanti dopo dal ragazzo.

Ammetteva a se stessa, che non si era mai divertita tanto in vita sua.

“Andiamo su, ti riporto a casa pasticciona” le infilò il casco senza darle il tempo di parlare.

 

 

Quando aprì la porta di casa sua, vide suo padre fare avanti e indietro per il salotto; con aria preoccupata.

“Strawberry! Grazie al cielo stai bene!” le alzò le braccia, le roteò la testa da un lato, le controllò il viso. Non aveva nemmeno un graffio. “Ma si può sapere dove accidenti ti eri cacciata!? Ti chiamo da almeno tre ore, per la miseria!” .

Tre ore?! Non si era nemmeno accorta che fosse passato così tanto tempo, si era completamente dimenticata del mondo che la circondava.

“Io...avevo la modalità silenziosa e...” iniziò a blaterare cose senza senso, ma non la diede a bere a Rick che in tutta risposta indurì lo sguardo.

“Smettila. Eri con quel ragazzo, vero?”.

Strawberry non era brava a mentire, tanto meno a nascondere le sue emozioni, per quanto ci provasse le sue espressioni la tradivano sempre.

“Io non...!”.

“Non mi mentire! Accidenti tesoro, ti ho detto di stare alla larga da quello! Ti metterà nei guai!”.

La rossa ispirò profondamente per evitare di rispondere male. “Non mi mette in nessun guaio, papà. Non mi costringe a nulla, te l'ho già detto”. Cercò di superarlo per andarsene in camera sua.

“E' proprio questo quello che mi preoccupa. Sei sempre stata una ragazza con la testa sulle spalle. Poi all'improvviso arriva un tipo qualunque, ti stravolge la vita e qualche giorno dopo devo tirarti fuori da un commissariato di polizia!” fece un bel respiro, non voleva urlare ma era più forte di lui. “Avete forzato l'entrata della statua della libertà, Strawberry! Se non avessi pregato il procuratore a quest'ora avresti una macchia sulla tua fedina penale!”.

Strawberry si torturò le mani, aveva ragione. Eppure, non riusciva a stargli lontano.

“Posso andare adesso in camera mia? Sono stanca” cercò di sviare il discorso, per uscirne il prima possibile.

Rick annuì, con un gesto di mano le fece segnò di salire. “Non voglio perdere anche te” gli sentì dire prima che entrasse in camera sua.

Si buttò sul letto, infreddolita e stanca. Quella situazione la sfiniva e come se non bastasse c'era anche un serial killer in giro per la città, e loro non riuscivano a cavarne un ragno dal buco.

Decise di spogliarsi per andare a fare un rilassante bagno caldo. Sperava di lavare via tutta la tensione accumulata quel giorno.

Visualizzò per prima cosa lo schermo del suo cellulare e notò che c'erano almeno dieci chiamate perse tutte da parte del padre. Le cancellò e lo ripose a schermo in su' sul comodino.

Non ebbe il tempo di entrare in bagno che subito la flebile luce dello smartphone si accese. Un SMS.

-che ne dici se domani sera io e te ce ne andassimo a cena fuori, da soli?- citava il messaggio, e non aveva bisogno di salvare il numero per capire chi fosse.

Involontariamente sorrise, indecisa su cosa rispondere, magari avrebbe aspettato fino alla fine del bagno.

-Ci stai pensando, non è vero?- l'emoji che seguì era un sorrisetto tutt'altro che casto.

Sbuffò divertita e rispose: -ci sto, ma niente discoteche, festini o robe troppo di lusso-

Passò un minuto.

-E mi dici come faccio ad impressionarti, se mi neghi tutte queste cose?-

Immaginò soltanto la sua faccia contrariata e le venne da ridere.

Lo hai già fatto, idiota, si ritrovò a pensare ma non lo scrisse. -sorprendimi-

Mise il blocca schermo e finalmente andò a farsi quel tanto bramato bagno caldo.

 

 

* * *

 

Quel giorno era stato un solito e noioso lunedì. Aveva avuto scuola, aveva avuto ben due compiti in classe che, ringraziava chi più in alto stava, aveva svolto senza problemi.

Adesso invece, dopo aver pranzato in c'entrale, osservava attentamente le foto della vittime. Ma non riusciva a scorgere nessun particolare in più di quelli già trovati.

“Tesoro, ancora niente?” Rick le mise davanti una tazza di cioccolata fumante. Lei scosse la testa, soffiandogli dentro.

“Sono bloccata, completamente bloccata” sbuffò, “non ho visioni da ieri mattina o in ogni caso niente di rilevante alle indagini. Siamo ad un punto morto”. Si passò le mani sul viso, stroppiandosi gli occhi.

“Se vai a casa forse...”

Lo bloccò immediatamente “non andrò a casa a rigirarmi i pollici” si alzò e sparpagliò tutte le foto sul tavolo. Quattro vittime, tutte uccise con una pugnalata al cuore, nessun legame tra di loro.

“Ci sta sfuggendo qualcosa” mormorò sorseggiando la bevanda. “Antonio ha per caso trovato qualcos'altro?”

Rick scosse la testa, demoralizzato quasi quanto la figlia.

La porta della stanza di aprì e un timido agente si fece avanti “signorina Momomiya, c'è un ragazzo che chiede di lei”.

Rivolse uno sguardo molto loquace a suo padre, prima di lanciare un'occhiata all'orologio da parete.

“Accompagnalo qui” fece soltanto liquidando il ragazzo.

“Ti prego dimmi che da quella porta non entrerà Shirogane” supplicò la figlia esasperato. “E invece è lui” sbuffò sonoramente quando il biondo varcò la porta.

“Buona sera a tutti” salutò col suo solito sorrisetto beffardo.

“Che ci fai qui? Ci dovevamo vedere tra almeno tre ore”. Fece notare la giovane.

“Vedere? Dove dovete andare?!” quasi strillò il padre.

“Ryan, scusaci un attimo” trascinò fuori dalla stanza l'uomo che continuava a borbottare cose incomprensibili perfino a sé stesso.

“Potresti smetterla di urlare?” gli domandò guardando tutti i suoi colleghi che li fissavano.

“Mi sembrava di essere stato chiaro ieri quando-”

“Sì, lo sei stato. Ma adesso mi ascolti: hai ragione, probabilmente sto perdendo il senno ma ti prego, ti prego fidati di me” lo sguardo negli occhi. “So meglio di te che Ryan, Shirogane o come cavolo vuoi chiamarlo, ha un passato – e un presente aggiungerei- per niente affidabili, ma sto bene con lui. Mi fa ridere” sospirò, “e tu sai che io non rido da quando...” lasciò la frase in sospeso. “Insomma, papà, ti giuro che non faccio niente di stupido. Voglio solo seguire il mio cuore, per una volta”. Aveva confessato, anche se solo in parte, che quel ragazzo era importante per lei.

Il capo dell'FBI la guardò per dei secondi che parvero ore e poi parlò: “d'accordo, ma se vengo a sapere di un'altra stupidaggine io...”

“Non succederà, promesso!”. Gli diede un veloce bacio sulla guancia e poi rientro nella stanza degli interrogatori dove aveva lasciato le foto.

Trovo Ryan intendo a scrutarle per bene.

“Scusa non volevo che le vedessi” fece per metterle via ma la bloccò.

“Aspetta un attimo” prese una foto e la guardò ancora.

“Che c'è? Hai notato qualcosa?”.

“Sono tutti omicidi commessi dalla stessa persona?”.

Strawberry annuì “sì, la ferita e l'arma sono uguali in tutte e quattro le donne”.

Ryan le osservò ancora “aspetta, mettiti un attimo seduta”.

Strawberry obbedì, era così enigmatico che si fece trasportare dalla sua voce lenta e calma.

“Non ci capisco niente eh, precisiamo questo ma...” guardò ancora la foto “per come si presenta la ferita credo che la vittima fosse più o meno così” indicò Strawberry.

“Seduta?”

Annuì “e legata, ma credo che questo tu lo sappia, visto che i segni sui polsi sono evidenti”.

Stavolta annuì lei. “Quindi?”.

“Quindi, la vittima era più o meno nella tua stessa posizione, metti le mani indietro, brava così” chiuse il pugno della mano sinistra e imitò il movimento che, secondo lui, aveva compiuto l'assassino. “Così” rimase con la mano piantata sul petto della ragazza, all'altezza del cuore, ma senza farle male.

Rick aveva assistito alla scena e riesaminò nuovamente le foto.

“E credo che sia mancino” aggiunse poi, il biondo.

“Perché lo pensi?” chiese l'uomo che ormai pendeva dalla labbra del giovane.

“Perchè-” poggiò la foto sul petto di Strawberry “-l'incisione è rivolta verso il lato destro, se non fosse stato mancino sarebbe rivolta verso sinistra” concluse.

“Wow, mi stupisci Shirogane” aveva commentato la giovane osservandolo.

“Antonio!” L'urlò di Rick si udì per tutta la centrale. “Voglio che fai esaminare ancora una volta le foto delle vittime, voglio sapere se la pugnalata sia stata inflitta con la mano sinistra” disse poi, quando il suo collega era arrivato.

“Dai muoviti!” lo spronò poi, quando si era imbambolato a guardare il biondo.

“Sissignore scusi!” corse via chiudendo la porta.

“Ah, signor capo” lo richiamò Ryan “è anche probabile che l'assassino non sia molto più alto del metro e settanta”.

Rick lo guardò. “ANTONIO VOGLIO SAPERE ANCHE LA PRESUNTA ALTEZZA DELL' ASSASSINO!”.

 

 

* * *

 

L'appuntamento era ormai giunto e i due ragazzi se ne stavano in macchina-perché sì, Shirogane con grande sorpresa della rossa aveva anche la macchina-da almeno mezz'oretta ormai.

“Dove mi porti?” chiese lei, nervosa.

“Rilassati, non ti porto a far nulla di illegale questa volta, promesso” le poggiò una mano sul ginocchio lasciato scoperto dalla gonna che aveva indossato per la serata.

Un outfit per niente malaccio che comprendeva una gonna morbida con sopra un maglioncino color lampone, i tronchetti neri che portava ai piedi, poi, erano caldi e comodi. La giacca pesante perché, a detta del padre, non si sa mai faccia troppo freddo.

Ryan stava bene anche, con la sua camicia bianco candido coperta dalla giacca di pelle nera.

Teneva gli occhi puntati sulla strada e qualche minuto dopo parcheggiò.

“Ti avevo detto nulla di troppo sofisticato!” esclamò, guardando la grande ed elegante struttura davanti a sé.

“Ti giuro che è solo una bella pizzeria, niente di sofisticato” alzò le mani.

Lei annuì sospirando allo stesso momento, “sarà” disse poi, incamminandosi insieme a lui.

Il tavolo che aveva prenotato la sera prima era perfetto proprio come lo desiderava lui, vicino alla grande vetrata che dava sul mare.

“Ci venivo coi miei genitori”.

Strawberry alzò gli occhi dal menù e lo vide guardare fuori dalla finistra.

“Ricordo che ero sempre felice di venire qui con loro, papà poi mi portava sempre in spiaggia dopo aver cenato”.

La rossa sorrise malinconica a quel racconto tanto triste del ragazzo.

“Ma non parliamo di cose tristi! Allora, hai deciso?”

Lei gli prese la mano accarezzandone il dorso e annuì senza aggiungere altro.

 

 

“La pizza era buonissima, ma dovevi prendere la mia parte di denaro”, andavano avanti così da almeno dieci minuti buoni.

“Dai la pianti? Non voglio i tuoi soldi e poi ti ho invitata io, quindi pago io”sbuffò.

“Sì ma...”

“Se non la smetti ti lascio qui”

Lei incrociò le braccia al petto, offesa. “E io ti uccido”.

Lui ridacchiò prendendola per mano. “Vieni, ti faccio vedere una cosa”.

Senza capire bene dove la stesse trascinando si ritrovò seduta su una struttura in ferro abbastanza arrugginita, dondolando i piedi si rese conto che erano davvero in alto, ancora.

Sotto di loro il mare un po' agitato si infrangeva tra gli scogli e l'odore della salsedine riempiva loro le narici.

“Ah, ho dimenticato di ridarti questo” dopo minuti di silenzio assordante Ryan parlò. “Credo che tu lo abbia perso ieri mattina, quando ci hanno beccato” tirò fuori un braccialetto con una piccola targhetta incisa, “me lo sono ritrovato in tasca”.

Strawberry lo prese, era il suo braccialetto. Non si era nemmeno accorta di averlo perso.

“Grazie” mormorò.

“Allora!” esclamò Ryan incrociando le braccia dietro la testa. “Tyler. E' il tuo ragazzo”. Nonostante cercasse di camuffarlo, dal suo tono di voce sembrava quasi geloso. Cosa che non sfuggì a Strawberry che scoppiò a ridere.

“Ehi, perché ridi adesso?” sbuffò, smascherato alla grande!

“Perché sei buffo” continuava a ridere e l'espressione corrugata del ragazzo non l'aiutava affatto.

“Non è divertente” borbottò lui.

“Fratello, comunque” rivelò lei, dopo averlo preso in giro.

“Oh!” esclamò quasi sollevato. “hai un fratello?”.

“Avevo” adesso erano gli occhi di lei ad essere tristi.

“Mi...mi dispiace. Non devi per forza parlarne”

“No va bene, non ti preoccupare” si rigirò il braccialetto in mano leggendo quel nome. “Sono stata adottata” aveva iniziato ma non diede tempo al biondo di fare altre domande. “I miei genitori non mi hanno voluta così, eccomi qui. Rick, mio padre, si prese cura di me fin da bambina”. Ryan l'ascoltava con attenzione, desideroso di sapere qualcosa in più di quella misteriosa ragazza. Quindi continuò: “Tyler era il mio fratellone. Adottato anche lui, mio padre e sua moglie non potevano avere figli, quindi siamo arrivati noi due”.

“E tua...madre?”.

“Lei non è mai stata mia madre, si tirò fuori da tutte le sue responsabilità quando capì che due figli erano troppo impegnativi. Io avevo solo quattro anni quando se ne andò. Mai più vista” adesso guardava il mare “Tyler era più grande di me di cinque anni. Un giorno di due anni fa, per fare sempre di testa mia, rischiai di far saltare un'operazione che prevedeva l'arresto di qualche rapinatore di banca.

“Mi sono ritrovata in mezzo, completamente disarmata e Tyler, all'epoca un agente ancora in prova, si mise tra me e il mio aguzzino. Due colpi di pistola...” sospirò, cercando di ricacciare indietro le lacrime. “Quel giorno si concluse con cinque arresti e mio fratello in obitorio. Morì praticamente subito, il coroner disse che non aveva sofferto più di tanto”.

Ryan la fece voltare verso di sé. “Non è colpa tua” aveva detto semplicemente.

Lei sorrise, se l'era sentito dire così tante volte che quasi quasi iniziava a crederci.

“Ma magari se non fossi stata lì...”

“Tuo fratello ha dato la sua vita per te, quindi dimostragli ogni giorno quanto tu ne vada fiera” le alzò il viso “io non lo conoscevo, non so nemmeno che faccia aveva ma sono grato”

Lei lo fissò confusa “per cosa?”.

“Per averti salvato la vita. Sono grato a lui se io e te adesso siamo qui insieme” la fissò negli occhi.

Sembrava quasi che il mondo si fosse fermato, non sentivano nemmeno più il rumore delle onde. La rossa alzò la testa quel che bastava per unire le loro labbra.

Si stavano finalmente baciando, il biondo lo aveva desiderato dal primo giorno in cui l'aveva vista in centrale.

Però la gioia di lei durò poco, colta in flagrante da una delle sue visioni.

Ancora la figura nera incappucciata, anche le suppliche delle vittime di non ucciderle. Ancora il colpo netto al cuore che...

Si staccò di colpo, prendendo fiato e portandosi una mano al petto. Stavolta l'aveva sentito, aveva sentito il dolore straziante di quelle povere donne. Un dolore che partiva dall'anima e non dal corpo.

“Va tutto bene?” lui la fissò.

Lei annuì rimettendosi in piedi “mi porti a casa? Sono stanca” disse solamente.

Lo sguardo del ragazzo era indecifrabile, un po' confuso, un po' deluso.

“Certo” disse infine, alzandosi ancora lui. “Ti accompagno a casa”.

 

 

 

BUON SALVE A TUTTI!!

okay allora, io questa FF non la aggiorno da secoli! Ma poi oggi BOOM! Ispirazione improvvisa, capitolo scritto di getto e tutto d'un colpo!

Spero vi possa piacere, a me sì tanto!!!

va bene la smetto di fare la pazza.

In questo capitolo abbiamo un po' scoperto il passato di Strawberry, burrascoso quanto quello del ragazzo direi.

Voi che ne dite??

spero davvero che vi piaccia e ringrazio infinitamente Ryanfover per esserci ad ogni mio capitolo folle! Grazie ancora anche a tutti coloro che la seguono.

Un bacio grande a presto!!

  
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