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Autore: Crazymoonlight    29/10/2019    0 recensioni
[Magic The Gathering]
Una raccolta di storie nate in occasione dell'Inktober 2019 e riguardanti personaggi conosciuti o meno provenienti dal Multiverso! Ogni storia prende ispirazione da una carta realmente esistente nel gioco.
1. Ring - Sol Ring
2. Mindless - Rise of the Dark Realms
3. Bait - Mana Leak
4. Freeze - Winter Orb
5. Build - Urza, Lord High Artificer
6. Husky - Borborygmos
7. Enchanted - Gift of Orzhova
8. Frail - Human Frailty
Genere: Avventura, Azione, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Raccolta | Avvertimenti: Incompiuta
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Day 7: Enchanted - Gift of Orzhova






Segui l’oro e troverai gli Orzhov, così recitava il detto. 

Maggiore era il denaro, maggiore era il prestigio, maggiore l’autorità. Certo, gli Azorius potevano promulgare tutte le leggi che volevano, i Boros potevano assicurarsi che la gente le rispettasse, ma solo gli Orzhov erano in grado di piegarle a proprio favore.

Milana, alto prelato della Chiesa di Vizkopa lo sapeva bene; pertanto, era solo logico che continuasse a fare di tutto per mantenere l’ordine delle cose (così che anche lei continuasse ad accrescere il suo potere, ovvio). 

«Mia signora!» piagnucolò l’anziano signore dal fondo dei gradini che portavano alla cattedra cerimoniale. Milana lo guardò dall’alto verso il basso, raddrizzandosi sul suo scranno fino ad assumere una posa rigida ed austera, quasi regale. Chiudendo gli occhi e concentrandosi abbastanza sullo spirito dell’uomo, poteva vedere delle pesanti e spesse catene dorate avvolgerlo: erano i contratti che egli stesso aveva siglato e che lo obbligavano all’obbedienza verso la Gilda e tutti i suoi funzionari. Gli Orzhov non si servivano di inchiostro per stipulare un patto: l’unica garanzia che parevano in grado di accettare, l’unica davvero sicura che non prevedesse l’esistenza di alcun cavillo o scappatoia, era l’anima della persona che aveva chiesto loro aiuto.

L’uomo era prostrato a terra, con la fronte, le mani e le ginocchia appoggiate sul freddo marmo del pavimento in segno di supplica, ma Milana non si lasciò impietosire. Non era una scena insolita: ogni giorno decine e decine di disperati -o finti tali- si presentavano al suo cospetto, in cerca di grazia. La donna li osservava con una certa soddisfazione brancolare incerti nelle lunghe navate della Chiesa, dove i rosoni erano posti talmente in alto e la loro luce era così fioca che creavano un’atmosfera lugubre e angosciosa, ben lontana dall’idea di ambiente sereno e pacifico che ci si sarebbe aspettati di trovare in un luogo di preghiera. Ognuno di loro giungeva sempre con la speranza di trovare un modo per fuggire dai propri doveri, per non pagare più i propri debiti, e ognuno di loro se ne andava con quelle stesse speranze infrante, senza aver trovato soluzione. Milana non ne era affatto dispiaciuta: dopotutto sapevano bene a cosa sarebbero andati incontro nel momento in cui si erano rivolti alla Gilda e avevano chiesto dei prestiti. Gli Orzhov erano generosi, non si facevano scrupoli sulle persone che avrebbero dovuto finanziare; per questo, era solo giusto che il denaro tornasse nelle loro casse -con i dovuti interessi, ovviamente. Coloro che cercavano di tirarsi indietro, non erano nient’altro che degli inetti, piccoli omuncoli insignificanti da trattare con disprezzo. 

«Mia signora...» ripeté l’uomo, più debolmente e Milana fu richiamata al presente. 

«Vi prego… ormai sono anziano… ho pagato i miei debiti per più di quarant'anni, in pratica per tutta la mia vita… Non passateli anche ai miei figli, vi scongiuro! Ormai manca poco da pagare, è come se avessi restituito tutto...»

«Ed è qui che si sbaglia.» lo interruppe Milana, indifferente ma con un sorriso di cortesia stampato sul suo volto, come da prassi. 

«Non avrai restituito davvero tutto fin quando non avremo avuto indietro fino all’ultimo zib di rame. Se così non fosse, il tuo debito non potrebbe essere considerato saldato per davvero e la Chiesa ne risentirebbe. Non possiamo di certo permetterlo, non crede?» spiegò con aria di sufficienza. Frugò tra la pila di antiche pergamene che le erano state portate per l’occasione, trovò quella che le serviva e la passò al suo apprendista, un giovane uomo dall’aria pomposa che si trovava in piedi al suo fianco.

«Ah, Velek, sii così gentile da elencare al qui presente Delcho Sojka i termini del suo contratto.»

Milana accavallò le gambe ed ascoltò distrattamente il suo apprendista che leggeva diligentemente lo scritto con voce atona.

«...In data 29 Golgar, dell’anno 10.036 ZC, il sopracitato Delcho Sojka chiede in prestito numero 30.000 zino di platino dalla banca di Vizkopa… il sopracitato Delcho Sojka acconsente a versare, in cambio, numero 50 zib di elettro al mese come risarcimento… il debito non è da considerarsi estinto in caso di prematura morte, ma va trasferito ai suoi consanguinei diretti secondo linea di successione...»

«Ah ah!» esclamò trionfante l’alto prelato. «“Il debito non è da considerarsi estinto in caso di prematura morte...”! C’è la sua firma, signor Sojka, lei ha accettato! Il contratto è valido e vincolante, e, in quanto tale, va rispettato, punto per punto. Se contravvenissimo alla nostra parola, altri verrebbero da noi con le sue stesse pretese. Come può ben immaginare, non sarebbe molto vantaggioso per la nostra Chiesa. Ci ritroveremmo presto senza denaro e non saremmo più in grado di elargire altri prestiti. Pertanto dovrà continuare a pagare e se,  disgraziatamente, il suo spirito dovesse lasciarla prima del tempo, il debito sarà ereditato dai suoi figli. Questione conclusa.»

Ci fu un lungo attimo di silenzio, durante il quale Milana prese a far dondolare la gamba accavallata sorridendo ancora in maniera cordiale, mentre l’uomo aveva sollevato il busto ma rimaneva immobile, come se non credesse davvero alle proprie orecchie.

«Ma...» obiettò con voce tremula, prima di farsi prendere dal panico ed iniziare a inveire: «Ho restituito da tempo la somma che mi era stata prestata, ciò che resta sono solo gli interessi! Sto pagando per del denaro che non vi è stato sottratto in alcun modo! Non ci sarebbe alcuna perdita! I miei figli non hanno alcuna colpa!»

«Credo di essere stata abbastanza chiara. Il debito non è da considerarsi saldato.» sibilò Milana a denti stretti, perdendo ogni traccia di simpatia e mostrando per la prima volta il suo sdegno. «Il prossimo.»

«No!» gridò l’uomo in un impeto di ira. Si alzò di scatto, sorprendentemente agile sulle sue vecchie e fragili ossa, e iniziò a salire i gradini che li separavano.  Le guardie al suo fianco fecero per muoversi, ma lei le trattenne con un gesto della mano.

«Il prossimo, ho detto.» ripetè la donna in modo minaccioso, dandogli un’ultima possibilità, ma ormai l’anziano signore aveva perso la ragione. 

«Siete dei ladri! Promettete la redenzione, ma non c’è che dannazione per chi varca le vostre porte! Non avete pietà… Non siete umani! Gioite della sofferenza di chi viene da voi, strisciando...»

Milana ne ebbe abbastanza. Prima che chiunque altro potesse intervenire, si alzò. Con una mano strinse lo sfarzoso medaglione recante il simbolo della Gilda che aveva in petto e serrò l’altra a pugno. L’effetto fu immediato: una luce dorata si sprigionò dal medaglione e colpì in pieno l’uomo. Vide le catene che imprigionavano l’anima del vecchio asserragliarsi in maniera dolorosa attorno al suo corpo e avvertì la magia che li vincolava tirare e farsi più intensa, incandescente. L’uomo prese a gridare più forte, questa volta per il dolore, le braccia aperte e tese, il capo tirato all’indietro, la bocca spalancata. 

«AAAAAAAAAAAAAAAAAAAAH!»

Le sue urla strazianti si fecero spazio nelle lunghe e buie navate della Chiesa di Vizkopa, scontrandosi e riecheggiando contro le pareti...

«BASTA! Vi prego… AIUTO! QUALCUNO MI AIUTI!»

Nessuno andò in suo soccorso. 

Le persone presenti nella sala rimasero a guardare, senza muoversi, completamente indifferenti a quanto stava accadendo. Milana strinse ancora più forte il pugno, fino a far diventare le sue nocche bianche e a piantarsi le unghie nel palmo. Le catene si strinsero sul prigioniero al punto che parvero schiacciarlo. Il suo animo cominciò ad uscire e ad essere risucchiato dal medaglione e Milana si sentiva rinvigorita, rinata. Ogni ondata di energia proveniente dalla sua anima la rendeva più leggera, libera, facendola librare, ascendere, verso un piano di esistenza superiore

 

Solo quando il vecchio non emise più alcun suono e cadde a terra esamine, rilasciò la presa. Riaprì gli occhi -che non si era accorta di aver chiuso, in preda all’estasi- ed esaminò ciò che restava dell’ormai defunto uomo. Rivoltò il suo corpo con la punta dello stivale, per osservare meglio la sua opera: la sua pelle era diventata grigia e tirata, scarnificata, le orbite dei suoi occhi erano cavità nere e vuote e la sua bocca era spalancata nel suo ultimo grido di terrore.

Con un altro leggero tocco del piede, lo spinse via e il cadavere rotolò giù per i gradini. 

«Portatelo via.» ordinò. Dei thrull comparvero subito come per magia e lo afferrarono e lo portarono fuori senza attendere oltre, attraverso una delle uscite laterali. Milana aspettò che se ne fossero andati, dopodichè si sedette nuovamente sullo scranno, in posizione rilassata. Velek attese i suoi ordini, del tutto imperturbato da quanto appena accaduto. 

«Il prossimo.»

 



Note dell'Autrice: Sono tornata con mooooolto ritardo (ormai è ovvio che non finirò la raccolta per fine mese...)
Sono molto insicura riguardo questo capitolo: l'ho scritto ascoltando in loop la soundtrack di Bloodborne, quindi mi è salita un'angoscia incredibile, che purtroppo non credo di essere riuscita a trasmettere. Ci ho provato!
La carta che fa da tema è Dono di Orzhova, che c'entra poco e niente con la storia scritta, ma almeno ha come flavor text una frase di Milana, protagonista di questo racconto.  È stata una delle primissime carte che ho giocato e ai tempi mi sembrava una delle carte più forti in assoluto... Beata gioventù. Alla prossima!

-Crazymoonlight
  
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