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Autore: __Talia__    03/11/2019    5 recensioni
Isabella era una ragazzina sciocca ed innocente la prima volta che aveva visto Dean Winchester, e lui aveva sperato di trovare un angolo di normalità con lei.
Sono passati 3 anni; Isabella è stata costretta a crescere e Dean ha capito che le distrazioni non sono più concesse. Eppure la prima volta che si sono visti vecchi sentimenti e nuovi rancori hanno invaso le anime del due ex amanti, che non sono più gli stessi. Dopotutto Isabella era cambiata, ora inseguiva una vendetta che l'avrebbe, forse, portata alla distruzione mentre Dean aveva superato troppo dolore ed orrori indicibili per pensare che ci possa essere un lieto fine alla sua vita.
Genere: Azione, Romantico, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Dean Winchester, Nuovo personaggio, Sam Winchester
Note: What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Più stagioni, Contesto generale/vago
Capitoli:
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Seconda Nota d'"Autrice": Buonsalve a tutti! Ho deciso di mettere questa nota in testa al capitolo per avvisarvi che tratterò di argomenti abbastanza pesanti e di tematiche delicate. Non saranno descritti nel dettaglio, ma si capisce comunque chiaramente ciò che è successo. Non voglio in nessun modo abusare o sminuire certe tematiche molto delicate e spero quindi di averle trattate con il rispetto che meritano. 
Grazie a tutti, 
Talia



Isabella
 

Lo guardò finchè non sparì dietro la porta in vetro colorato del pub e rimase lì per qualche altro minuto, lo sguardo fisso verso il locale da cui l'aveva trascinata fuori. Per mezz'ora rimase in piedi ad aspettarlo pensando che avesse cambiato idea o che Sam uscisse per confortarla visto che era il meno impulsivo tra i due ed invece niente, nessuno si fece vivo e lei rimase da sola fino a che non decise che era ora di rientrare. Entrò dentro il motel e si diresse come un treno verso la sua stanza, spalancò la porta e cominciò a distruggere tutto ciò che trovò a portata di mano. Con rabbia rovesciò tutto ciò che c'era sopra la scarna scrivania per poi precipitarsi al piccolo frigo bar vicino al letto, aprì l'anta con rabbia e stappò la piccola bottiglia di vodka, scolandosela in un secondo e subito le sue dita corsero ad un'altra bottiglia, portandosela alle labbra e poi ad una terza ed una quarta, mescolando la vodka col gin, con il rum. Tutto scendeva lungo la sua gola, bruciando, e andò a mescolarsi nello stomaco facendole pian piano perdere la cognizione di tempo e spazio fino a che si ritrovò sdraiata sul letto con un gran mal di testa, gola e stomaco in fiamme. Cercò di darsi un contegno mentre usciva dalla sua stanza barcollando. Attraversò il corridoio e andò a schiantarsi contro una porta, tentando di rimettersi dritta ed in piedi prima di bussare in maniera furiosa, sentendo la pelle delle nocche consumarsi e spaccarsi. Aveva le guance bagnate e puzzava di alcol, poteva sentirlo chiaramente.

<< Dean! Dean aprimi! >> Urlò lei continuando a bussare. Le sembrava che i piedi le sprofondassero, sembrava che niente potesse riuscire a farla stare dritta, niente poteva impedirle di urlare il nome del cacciatore mentre picchiava furiosamente il pugno sulla porta, le lacrime che scorrevano lungo le guance mentre gli occhi diventavano sempre più gonfi e rossi. Continuò a bussare finchè non sentì una voce chiamarla. Si girò di scatto vedendo la figura imponente di Dean ondeggiare verso di lei, le labbra semi schiuse. Camminò un po' storta, ondeggiando tra le pareti, raggiungendolo a fatica.

<< Sei ubriaca? >> Domandò il cacciatore lasciando che lei si aggrappasse alla sua giacca, senza però fare molto di più. Non l'aveva abbracciata, non la stava sorreggendo, ma rimaneva semplicemente immobile con le braccia lungo i fianchi. L'espressione dura e quasi di disgusto era ancora presente sul suo volto, ma c'era anche tristezza. C'era anche delusione. Potè vederlo guardare il fratello, forse si erano anche parlati, ma non era abbastanza lucida da capirlo.

<< No, io volevo solo dirti... >> Cominciò Isabella continuando a toccargli il petto, aggrappandosi a qualsiasi cosa per non cadere. Gli occhi verdi di Dean la accusavano ancora e ancora, la facevano sentire sporca. Poteva sentirlo chiamarla puttana e pian piano la voce di suo padre andava ad unirsi a quella del cacciatore facendola quasi tremare, facendola tornare indietro nel tempo. Facendola soffrire nuovamente. Si sarebbe volentieri raggomitolata a terra, ma doveva dirgli una cosa prima...

<< Io volevo...dirti che...so di aver sba--gliato ed e--ro disper-ata...>> Continuò lei mentre le lacrime rigavano continuamente il suo volto, finendo poi in bocca, facendole sentire il sapore salato. Tutto intorno a sé era così sfocato e confuso, le parole uscivano dalle sue labbra forse senza un reale senso...

<< Stavo morendo di fame... >> Gemette ancora Isabella sentendosi man mano scivolare verso il basso, le gambe sempre più molli, prive di vita e di forza come tutto il resto del corpo che sembrava afflosciarsi, le mani che andavano a coprirsi le orecchie perchè le urla nella sua testa stavano diventando sempre più assordanti.

<< Non sapevo cosa fare, nessuno mi voleva, tutti chiudevano le porte non appena mi vedevano. >> Continuò in tono lamentoso, galleggiando nell'aria. Non stava camminando, eppure si muoveva, stava tornando indietro, poteva vedere i lampadari sporchi e pieni di polvere susseguirsi dietro il volto preoccupato e teso di Dean.

<< Dimmi qualcosa... >> Sussurrò lei non appena si sentì posare su qualcosa di duro sotto la schiena, le lenzuola ruvide le graffiarono le spalle e la schiena scoperte. Lo vide boccheggiare più e più volte mentre qualcosa di caldo e morbido andava a coprirla facendola sentire più protetta e più forte nonostante la pelle del viso tirasse a causa delle lacrime. Isabella si rannicchiò, assumendo una posizione fetale mentre gli occhi stavano cominciando a diventare pesanti, la bocca stava cominciando a diventare asciutta e dal sapore amaro ed orribile.

<< Dormi ora, riposa. Starò qui. >> Disse Dean con voce flebile e lontana mentre la sua figura diventava sempre più appannata, sempre più distante, diventando improvvisamente completamente scura.

 

Si svegliò con un fortissimo mal di testa, una odiosa nausea ed uno strano sapore in una bocca asciutta ed impastata. Non ricordava assolutamente nulla di ciò che aveva detto o fatto la sera precedente, ricordava solamente che aveva trovato delle bottigliette di alcol dentro il minibar e aveva finito per berne una quantità imprecisata. A dir la verità aveva finito per finire tutte quelle maledette bottiglie. L'odore acre di alcol aleggiava dentro la stanza e addosso a lei, tanto da farle aumentare la nausea. Una mano le allungò un bicchiere con dentro una sostanza marroncina e dall'aspetto disgustoso. Alzò gli occhi trovando Dean seduto sul letto, il volto sfatto e stanco, la maglia e i jeans stropicciati come se ci avesse dormito sopra.

<< Dove sono? >> Domandò la mora con la voce impastata e la testa dolorante. Anche allungare una mano e stringere il bicchiere sembrava un'impresa. Dean accennò un sorriso stanco, alzando un angolo delle labbra prima di andare a grattarsi le guance ed il mento.

<< In camera tua e questo aiuta per la sbronza che ti sei presa ieri. >> Rispose lui con voce che non ammetteva tante repliche. Isa prese il bicchiere e lo portò con mani tremanti alle labbra bevendo quell'intruglio disgustoso arricciando naso, labbra e sopracciglia. Un conato di vomito la fece tremare da capo a piedi, ma mandò tutto giù.

<< é tremendo. >> Mormorò lei dandogli il bicchiere vuoto per poi vederlo alzarsi e guardarla con circospetto. Sembrava stranito, sembrava strano, come se si aspettasse qualcosa.

<< Ricordi qualcosa di ieri sera, ieri notte? >> Domandò il cacciatore tenendosi a distanza, troppo vicino alla porta per i gusti della mora. La cacciatrice provò a pensare, provò a ricordare, ma tutto era confuso, vacuo ed ondeggiante. Tutto era distante. Ricordava solo di aver ordinato una birra al pub, niente di più. Non sapeva come aveva finito per ubriacarsi, non sapeva come aveva finito per arrivare in camera, non sapeva come mai la pelle delle sue guance tirava in quella maniera fastidiosa...non sapeva niente a dir la verità e quella cosa la spaventava e non poco.

<< No... ho fatto qualcosa di male? >> Rispose lei guardandolo attentamente nella speranza di trovare le risposte in quel viso perfetto, ma non le trovo anzi, era solamente più confusa. Da come Dean glielo aveva chiesto la giovane aveva immaginato di aver fatto qualcosa di decisamente sbagliato, qualcosa di grosso anche, ma non ricordava assolutamente niente, tutto era oscurato da una nebbia fitta. Isabella andò a scoprirsi dalle lenzuola e si sedette sul bordo del letto, sentendo lo stomaco agitarsi per quel movimento fatto, forse, troppo velocemente.

<< Hai solamente dato di matto. >> Rispose lui alzando le spalle guardandola per qualche secondo, pensieroso. Non le piaceva quel modo che aveva di parlarle e di squadrarla, sopratutto perchè non capiva di che cosa stavano parlando.

<< Mi hai raccontato della casa chiusa.... >> Disse Dean con amarezza distogliendo lo sguardo da lei. Una smorfia quasi di dolore si stampò sul volto pallido di Isabella mentre cominciava ad unire i vari puntini. Qualche flash veloce nella sua testa le fece ricordare qualcosa. La cacciatrice scosse la testa, chiudendo gli occhi rassegnata.

<< E poi hai tentato di buttare giù la porta della mia camera. >> Finì lui accennando un sorriso stiracchiato. Cosa aveva combinato? E perchè diamine gli aveva raccontato quelle cose? Aveva giurato su sé stessa di non dire più niente, di dimenticare quel periodo doloroso, quel periodo dove aveva dovuto sotterrare il suo orgoglio, aveva dovuto abbassare il capo, aveva dovuto stare zitta e subire, venire umiliata continuamente.

<< Mi dispiace... >> Sussurrò lei guardando poi la sua stanza trovandola completamente distrutta; aveva rotto le lampade e i vasi posati sui mobili, aveva gettato a terra tutti i vestiti e anche le sue armi, aveva fatto realmente un casino.

<< Domani troverò una macchina e mi leverò di torno. >> Gemette lei sentendo una stilettata in pieno petto. Si stava abituando alla presenza dei due fratelli, alla solarità e alla tranquillità di Sam e alla sfrontatezza e allo sguardo malizioso di Dean, alle sue parole velenose e a quelle gentili ed ora non voleva tornare sola. Non voleva viaggiare avanti e indietro per il paese senza più nessuno con cui parlare, senza nessuno con cui confrontarsi. Non voleva lasciare lui, non dopo che i sentimenti erano riaffiorati in maniera talmente prepotente da farle spezzare il fiato. Forse Dean tre anni prima aveva avuto ragione; quella vita non faceva per lei, ma ora cacciare era l'unica cosa che sapeva fare e poi aveva una missione, aveva una vendetta da consumare. Si alzò e cominciò a raggruppare le sue cose.

<< Non voglio che ci separiamo. >> Disse Dean facendola bloccare immediatamente. Non si sarebbe mai aspettata quelle parole, mai. Lo guardò, un sopracciglio alzato e un grande punto di domanda sul volto. L'unica cosa che si ricordava con chiarezza, ora, era la sua figura che si allontanava da lei dopo averle detto di tornare in camera, la sua camminata decisa che lo portò fino al pub dove aprì la porta prima di buttarsi dentro, sparendo dalla sua vista, lasciandola sola. L'aveva lasciata lì come una stupida e Isabella aveva subito pensato che lui volesse che lei se ne andasse. Dean si avvicinò lentamente mentre continuava a giocare con il grosso anello argentato che aveva sull'anulare sinistro.

<< Non sei arrabbiato o deluso? >> Chiese lei, quasi incredula. Il ragazzo continuò ad avvicinarsi lentamente, le labbra quasi le tremavano mentre riusciva a stento a guardarlo in faccia. Si vergognava.

<< Avrei solo preferito scoprirlo in un altro modo... >> Rispose lui togliendole una ciocca di capelli dal volto, lasciandola scivolare lentamente verso il basso. Isabella annuì debolmente sentendo una strana distanza tra lei e Dean. Era bastato nulla per spegnere tutto ciò che il bacio contro Pruslas aveva acceso. Era bastato tirare fuori una parte scomoda della sua vita per allontanare nuovamente Dean da lei.

<< Mi dispiace, non è una cosa che mi piace ricordare o raccontare.>> Ammise la cacciatrice cercando quasi una scusa, cercando una scappatoia.

<< Lo so, ma io ti ho raccontato ciò che mi è successo, ti ho raccontato dell'Inferno... >> Continuò Dean guardandola improvvisamene con durezza. Ecco il punto. Lui era riuscito ad aprirsi completamente con lei, lui le aveva confessato quello che lo stesso Dean considerava il suo peggior segreto mentre lei era stata in silenzio, non era riuscita a superare quella barriera, quell'ostacolo. Forse qualcosa si era realmente spezzato tra loro, ma si era spezzato ancora prima di scoprire cosa lei aveva fatto per vivere. Forse quel tutto si era spezzato quando lui aveva deciso di fare un passo mentre lei era rimasta al palo, sperando di farla franca ancora.

<< Avresti potuto parlarmene in quel momento e non ti avrei mai giudicato Isabella anzi...mi sento anche in colpa, ma diamine saperlo così, venire a saperlo perchè un ragazzo che ti ha pagato per venire a letto con te ti ha riconosciuto... non è facile... >> Disse lui andando improvvisamente verso la porta. La giovane vide tutto al rallentatore; lo vide posare la mano sulla maniglia ed abbassarla, aprendo la porta, fare un passo verso il corridoio. Aveva ragione, ne aveva di gran lunga.

<< Vuoi...vuoi che provi a raccontarti qualcosa? >> Chiese lei guardandolo di sottecchi, non sapendo cosa pensare. Da un lato voleva che lui dicesse di no mentre dall'altra voleva togliersi quel peso, raccontargli quello che era successo. Lo vide fermarsi con la mano ancora sulla maniglia, gli occhi verdi la guardavano da sotto le lunghe ciglia bionde e sembrava combattuto, doveva aver capito che faceva male raccontare quei momenti bui. Il cacciatore fece un passo indietro, tornando in stanza e chiuse la porta, lasciando poi la maniglia ed andare verso di lei. Ora le posizioni erano invertite; c'era Isabella seduta con i gomiti sulle ginocchia e lo sguardo vago mentre Dean era seduto al suo fianco, una mano posata sul ginocchio di lei, carezzandolo con il pollice. Eppure non sentiva conforto in quel tocco.

<< Sono scappata un mese e mezzo dopo il nostro addio. Mio padre mi aveva confinata in casa ed ero ancora convalescente dalle botte quando ho fatto le valige e ho preso il primo autobus per la California. Sono scappata di notte, come una ladra. Dopo che ha scoperto che scappavo dalla finestra l'ha inchiodata al telaio, quindi non potevo scappare da lì. Sono salita in mansarda e sono uscita dal lucernario. Ho gettato la valigia di sotto e poi mi sono calata dal tetto. >> Cominciò la ragazza, ricordandosi il dolore del ferro che entrava nei polsi e negli avambracci, ricordando perfettamente quando le sue dita avevano ceduto e lei era caduta per quelli che a lei sembrarono diversi metri, atterrando malamente, graffiandosi ovunque e, probabilmente, rompendosi due coste. Ricordava quel dolore come qualcosa di incredibilmente piccolo in confronto a ciò che suo padre le aveva fatto nei giorni e nelle settimane precedenti la fuga.

<< Ho preso il primo autobus per la scintillante California, sicura di riuscire a trovare lavoro come cameriera o come barista...tutto mi andava bene. Ovviamente nessuno mi ha presto; chi avrebbe mai assunto una ragazzina minorenne? Con segni di violenza anche...tutti mi dicevano di tornarmene a casa... >> Continuò lei, sfoggiando un sorriso amaro. Casa. Quelle persone non sapevano neanche di ciò che parlavano, le consigliavano ripetutamente di andare in un luogo dove avrebbe sofferto e dove, Isabella ne era sicura, avrebbe trovato la morte. Quante porte le erano state sbattute in faccia con violenza? Infinite. In molti non avevano neanche avuto la pazienza o la voglia di ascoltarla, non avevano neanche provato a sentire ciò che lei offriva.

<< Due settimane dopo mi ritrovai senza soldi. Quando il tempo era clemente dormivo per strada, davanti ai negozi o vicino ai ristoranti mentre se il tempo era brutto andavo a dormire nei bagni della metropolitana. Ho cominciato a rubare per mangiare oppure mi accontentavo degli scarti. Facevo l'elemosina, a volte mi ritrovavo a cantare per strada nella speranza che qualcuno mi sentisse e mi desse qualche spicciolo. E quei soldi li usavo per pagarmi i biglietti dell'autobus per andare alla ricerca di altra fortuna...che non è mai arrivata. >> Sussurrò la giovane, abbassando il capo. Aveva viaggiato tanto, ma nessuno si era mai offerto di darle un lavoro, nessuno era mai riuscito a vedere oltre lo sporco ed i vestiti ormai stracciati e luridi.

<< Un giorno, quando ormai ero disperata, sono arrivata al Lotus. Inizialmente non avevo capito di cosa si trattasse, pensavo fosse un centro per massaggi. Loro sono state le uniche che mi hanno offerto cibo, un tetto e dei soldi, anche se in cambio dovevo vendermi. Dicevano che ero appetibile; ero la più giovane, avevo il corpo ancora immaturo e quindi andavo bene sia per i giovani alle prime esperienze sia per i vecchi che volevano provare le brezze di andare con una ragazzina... >> Gemette lei sentendo le lacrime bruciarle gli occhi mentre la mano di Dean si serrava sempre di più sul suo ginocchio. Forse neanche lui aveva più voglia di sentire quello che stava raccontando, ma ormai il vaso era aperto e lei stava sputando fuori tutto ciò che non era riuscita a dire in diversi anni. Ricordava la prima volta con un uomo, il modo in cui la guardava e la toccava le facevano venire ancora adesso i brividi di disgusto. Pensava a Dean in quei momenti, pensava che fosse lui a baciarla, che fosse lui a toccarla e scoparla e questo rendeva almeno sopportabile il tutto. Isabella si strappò con rabbia le lacrime e si schiarì la voce.

<< Mi sono sentita umiliata ed usata, mi sentivo morire ogni volta che un uomo entrava nella mia camera. Ed avevo lentamente cominciato a lasciarmi andare; non mangiavo, non dormivo, mi limitavo ad esistere. Le mie giornate erano ormai diventate una routine e mi limitavo a rimanere sdraiata sul letto e guardare il soffitto. Non avevo più niente, quel posto mi aveva strappato via anche l'ultima briciola di dignità e di felicità che avevo. Ma dovevo pur mangiare no? >> Domandò lei, girando appena il volto verso quello del ragazzo. Isabella, quando era uscita di casa, aveva detto che non voleva morire. Lei non voleva morire. Ed aveva lottato, aveva lottato a lungo ed in maniera estenuante. Era caduta, più e più volte ed aveva pensato anche di smetterla di lottare per qualcosa di cui non valeva la pena. Che vita era quella che stava vivendo? Una vita fatta di dolore e di sacrifici, una vita che non sembrava degna di esser vissuta. Eppure era andata avanti, aveva stretto i denti ed aveva pensato che la ruota avrebbe girato prima o poi e che la fortuna avrebbe baciato pure lei. 

<< Un giorno è arrivato nel mio...appartamento, un gruppo di ragazzi che mi ha costretto a reagire. Erano ubriachi e fatti. Hanno sfondato la porta e si sono avventati come avvoltoi su una carcassa. Mi hanno trascinato sul letto tirandomi per i capelli e mi hanno strappato via tutto ciò che avevo indosso. Ricordo solo che facevano male...>> gemette lei, lasciando sfuggire un singhiozzo. Ricordava le unghie che graffiavano la sua pelle ed i palmi delle loro mani che si scontravano contro la pelle di lei continuamente. E ridevano. Quella era una cosa che non avrebbe mai dimenticato. Le loro risa continue.

<< Mi hanno gettato in cucina quando hanno deciso di averne abbastanza, per il momento. Lì ho trovato il coltello con cui mi sono difesa. Ho ucciso il primo uomo quando questi voleva usarmi nuovamente. L'ho colpito tre volte e posso ancora sentire il suo sangue sulle mie mani, rendere il tutto più scivoloso. Posso sentire nelle mie orecchie il suo lamento di dolore. Posso vedere davanti a me i suoi occhi diventare sempre più vuoti. Posso sentire l'odore del suo corpo... >> Gemette la cacciatrice, la voce ormai ridotta ad un filo, il petto che neanche si alzava più perchè lei aveva smesso di respirare. Solo in quel momento si accorse che stava piangendo mentre davanti a sé poteva rivedere per l'ennesima volta quella scena, poteva sentire gli stessi suoni e poteva anche sentire l'odore di sangue e di alcol che si mischiavano, rendendo nauseabonda l'area.

<< Feci in tempo a mettermi in piedi che un secondo uomo mi fu addosso. Mi chiamava puttana e mi diceva che me l'avrebbe fatta pagare. Ricordo che mi ha colpito in volto, ma sono riuscita a girarmi e gli ho lasciato un taglio sul petto. Gli altri tre uomini arrivarono immediatamente, ma si preoccuparono del loro amico ferito ed io ebbi il tempo di scappare... >> Sospirò la mora, portandosi le mani al volto, stropicciandosi gli occhi e tirando indietro i lunghi capelli, sentendo il fiato venire meno. Perchè qui arrivava la parte peggiore, quella che ancora non si perdonava.

<< Avevo fatto cinquecento metri forse, quando un uomo mi toccò la spalla. Non ci pensai neanche. Mi girai e gli piantai il coltello nel petto prima di vedere che era un signore sulla quarantina, gli abiti da lavoro, la ventiquattrore ancora in mano. Una fede sull'anulare sinistro. Non lo avevo mai visto...ho ripreso il coltello e sono scappata nuovamente, cominciando a correre... >> Spiegò lei, sempre più desolata. Aveva ucciso un innocente. Aveva ucciso quello che poteva essere un padre di famiglia. Aveva ucciso una persona che voleva solo aiutarla. Quella era una macchia sulla sua anima che non era mai riuscita a lavare e che non sarebbe mai riuscita a farlo. La cacciatrice cercò di ricomporsi prima di tornare a parlare.

<< Ho corso per giorni interi perchè non mi sentivo mai sicura, finchè non mi hanno raccattata due cacciatori, una coppia. è stato solo grazie a lei se sono ancora viva, mi ha curata, mi ha protetta anche dal suo stesso marito che mi voleva rispedire in strada e mi ha insegnato tutto ciò che sapeva, mi ha trattata come una figlia... Ho ricominciato a parlare dopo due mesi, ho smesso di tremare dopo sei... >> Continuò lei con la voce rotta chiudendo gli occhi nella speranza di allontanare le lacrime, le dita della mano destra stringevano ed accarezzavano in maniera convulsa il pendaglio in argento della sua collana, l'unica cosa di casa sua che aveva ancora dietro. Il ricordo di sua madre. Dean era stato nell'inferno e non aveva versato una lacrime mentre lei si stava sciogliendo a raccontare quei fatti...

<< I tuoi incubi...>> Sussurrò il cacciatore guardandola preoccupato prima di abbracciarla dolcemente e subito Isabella si aggrappò a lui cominciando a bagnargli la maglia di lacrime.

<< Quelli non se ne sono ancora andati >> Gemette lei sentendo un tonfo all'altezza del petto. Allora se ne era accorto, l'aveva sentita tremare durante la notte, l'aveva sentita muoversi di scatto, chiedere di fermarsi e poi urlare fino a che la gola non le bruciava. Aveva sentito che non aveva pace neanche la notte.

<< I cacciatori? Sono...>> Domandò il biondo, facendola tremare. Isabella annuì lentamente, sentendosi un altro tonfo al cuore ed allo stomaco.

<< Sono morti, li ha uccisi Satanachia...per un mio errore >> Mormorò lei con un groppo alla gola. Colpa sua. Ancora. Non si era mai perdonata di essere caduta nel tranello di quel demone. E Darleen ci aveva rimesso. E subito dopo anche Joshua. Ed ora lei doveva finire ciò che aveva iniziato. Non si sarebbe mai perdonata, ma voleva almeno urlare al cielo che li aveva vendicati. Un singhiozzo spezzò il silenzio di quel momento ed il corpo di Isabella cominciò a tremare. Dean la strinse a sé e la coccolò, la fece sdraiare e le sue gambe diventarono il cuscino della giovane che si lasciò lisciare i capelli dalle mani delicate del cacciatore mentre davanti a sé rivedeva tutto ciò che aveva passato dall'addio di Dean fino a quando aveva incontrato Darleen. Ogni dettaglio, ogni sensazione ed odore, tutto ripetuto all'infinito fino a che non si addormentò.

 

Si svegliò di soprassalto, le mani strette a pugno, la fronte sudata e lo sguardo perso nel sulla finchè non vide Dean, la sua bocca si muoveva lentamente, le sue mani erano sulle braccia nude di lei e le carezzavano la pelle delicatamente.

<< Non è successo niente. >> Sussurrò Dean facendole segno di calmarsi, lo sguardo dritto verso di lei, le pupille assurdamente ingigantite. Contando nella sua testa la giovane cominciò a calmare il respiro mentre vedeva il buio fuori dalla sua finestra. Aveva dormito molto. Dean la strinse ancora a sé e lei si rannicchiò, la guancia posata sulla sua gamba sinistra. Non poteva ancora credere al fatto che aveva sputato il rospo, al fatto che avesse parlato di quei momenti bui.

<< Dovremmo uscire almeno a cenare lo sai? >> Chiese lui alzando il labbro superiore in una specie di sorriso stiracchiato, stanco e provato. Non aveva voglia di uscire, non voleva abbandonare quell'angolo di tranquillità, ma il suo stomaco diede ragione al biondo cacciatore e così si mise in piedi, sparendo in bagno per qualche minuto. Si diede una rinfrescata veloce, si lavò la faccia ed i denti, si cambiò indossando qualcosa di più fresco e uscì trovando Dean in piedi, le braccia conserte mentre guardava attentamente fuori dalla finestra del motel. Chissà a cosa stava pensando!

<< Se vuoi sono pronta... >> Sussurrò lei con un filo di voce e lui subito scattò, si girò verso di lei con un sorriso e le aprì la porta andando poi a bussare sul portone di Sam che aprì con un'aria assonnata. Raccontò loro che aveva cercato informazioni sul covo di vampiri per tutta notte, ma non aveva trovato molto per riuscire ad identificarli e capire che schema seguivano. Isabella notò subito come lo spilungone si soffermò a guardarla, facendola arrossire. I due dovevano aver parlato, ne era sicura.

<< Andiamo a mangiare >> Tagliò corto Dean interrompendo il fratello, avviandosi verso l'uscita e poi verso il pub del giorno prima. Non appena vide la sua insegna e Dean sparire dietro la porta la mora si bloccò e solo grazie a Sam riuscì a fare qualche passo in avanti fino ad entrare nuovamente in quel luogo. Subito cercò con lo sguardo il giovane che la sera prima l'aveva riconosciuta e fu felice di non trovarlo da nessuna parte. Seguì Sam fino al tavolo che Dean aveva preso ed ordinò un semplice hamburger, il cappuccio calato sul viso in modo tale da non farsi neanche riconoscere. Aveva notato qualcuno dal giorno precedente e non voleva certo attirare l'attenzione, dopotutto aveva guadagnato il suo gruzzolo il giorno prima e le sarebbe bastato per aiutare i Winchester con le spese. Almeno quello. Il panino arrivò ed Isabella si ritrovò con lo stomaco chiuso, la nausea che tornò in maniera prepotente, facendola quasi stare male. Non toccò cibo; non il pane, non la carne o le patate di contorno, tutto sembrava provocarle solamente un grosso conato di vomito che a stento riusciva a trattenere.

<< Non hai fame? >> Domandò preoccupato Sam, gli occhi chiari del ragazzo fissavano il suo hamburger in maniera famelica. Con un sorriso spinse il suo piatto verso lo spilungone che subito cominciò a mangiare con gusto, addentando il panino con voracità. Era uno spreco non mangiare tutta quella roba ed era felice che qualcuno la apprezzasse. Pensava di aver fatto la cosa giusta quando si ritrovò lo sguardo di Dean addosso, sentendosi improvvisamente a disagio. Si sentiva irrimediabilmente sporca. Stava quasi per dire ai due che sarebbe andata in camera quando una assordante ovazione riempì il pub; dalla porta era entrato il ragazzo che le aveva prese la sera precedente, il labbro gonfio ed un occhio nero, un sorriso strafottente stampato sul volto mentre faceva un profondo inchino. Perchè lo stavano trattando come se fosse un vincente? Come se fosse un eroe?

<< Qualcuno è diventato una celebrità. >> Mugugnò Dean guardando il ragazzo che parlava con dei suoi amici mentre Isabella aveva spinto ancora più giù il cappuccio. Non aveva voglia di sentire altre accuse da lui. Non aveva voglia di tornare indietro col tempo.

<< Guai in vista fratellino. >> Disse poi Sam facendo diventare Dean improvvisamente rigido. La mano che teneva stretta la posata diventò bianca, la mascella possente del biondo diventò rigida e contratta. Isabella poteva sentire i brividi lungo la schiena e si stava già immaginando cosa stava accadendo dietro di sé ancora prima di sentire l'odore del ragazzo invaderla, sentire i suoi passi pesanti che facevano muovere le assi del pavimento.

<< Sei ancora qui? >> Domandò con voce melliflua. Era sicuro di sé e poco gli importava se solamente un giorno prima aveva preso due pugni dalla quella stessa ragazza che ora stava schernendo. Tutto il pub era diventato improvvisamente silenzioso, tutti stavano guardando quella scena con attenzione, pregustandosi ciò che sarebbe avvenuto dopo. Il giovane ragazzo era moro, gli occhi scuri e il naso un poco adunco si sedette di fianco a Dean e li squadrò tutti; prima il biondo, poi suo fratello e infine lei. Isabella vide la sua lingua fare un guizzo per umettarsi le labbra, facendola rabbrividire dal disgusto. Si ricordava di lui ora. Il giovane si stravaccò e un suo braccio andò dietro il corpo di Dean, ma fu abbastanza furbo da non toccarlo.

<< Vuoi sapere cosa mi ha fatto la tua amichetta? >> Chiese lui e la giovane cominciò a tremare ancora una volta mentre la gola le si chiudeva, la testa cominciava a girare vorticosamente e tutto diventava confuso mentre sembrava tornare indietro nel tempo, quando il suo corpo fin troppo scheletrico era coperto solamente da lingerie provocante, i capelli erano ancora corti e gli occhi completamente persi. Sentì qualcosa nascerle dentro, all'altezza del petto, una rabbia così forte che era a stento controllabile.

<< Era molto più magra, molto meno...formosa >> Sussurrò il giovane guardandola all'altezza del seno tornando ad umettarsi le labbra, come se quel gesto fosse in qualche modo sexy, ma si sbagliava. Le dita di Isabella corsero al pugnale che aveva nascosto sotto la giacca, accarezzò l'impugnatura in legno, liscio e scorrevole...

<< Mi ha spogliato non appena mi ha visto e mi ha buttato sul letto, è salita sopra di me baciandomi il petto fino a scendere e prendere in boc...>> Non riuscì a finire la frase. Con uno scatto Isabella si era alzata, lo aveva afferrato per il colletto della camicia e lo aveva sbattuto contro il tavolo, il pugnale in mano e la lama che andava a stuzzicare il suo pomo d'Adamo mentre tutto intorno a loro tremava. Fece sempre più pressione sulla sua gola, la lama andò a bucargli la pelle sottile e un rivolo di sangue cominciò a scendere lungo il suo collo, macchiandogli il colletto bianco. Poteva sentire qualcuno sussurrare il suo nome mentre altre voci cominciavano ad urlare qualcosa, ma non le importava in quel momento. Ora c'era solo lui.

 

<< Dai ragazzina! >> Urlò lui tirandole uno schiaffo sulla natica sinistra, facendo risuonare un rumore acuto per tutta la scarna stanza. Isabella aveva detto che non voleva vedere nessuno quella notte; non si sentiva bene ed in forma, forse perchè era passato esattamente un anno da quando Dean l'aveva lasciata. Non sapeva neanche lei come era arrivata a pensare nuovamente al cacciatore, ma non appena l'aveva fatto un velo di tristezza l'aveva avvolta.

<< Ho detto che non voglio lavorare sta notte >> Rispose lei, cercando di scappare da lui, praticamente strisciando sul letto nella speranza di allontanarsi. Aveva finito per bere qualche bicchiere di troppo, nel tentativo di affogare quel dolore al petto ed ora non era reattiva come avrebbe voluto. Il ragazzo rise, cominciando a spogliarsi, togliendosi la camicia elegante, andando poi a slacciare la cintura in pelle. Si sentiva nuda, vestita solo con quell'intimo nero striminzito che lasciava praticamente nulla all'immaginazione.

<< Me ne fotto, sinceramente. Ho pagato e voglio quello per cui ho sborsato tutti quei soldi >> Continuò lui, togliendosi la cintura dai pantaloni eleganti color blu scuro. Era di bell'aspetto, anche se aveva un naso fin troppo importante e sembrava un uomo appena uscito dall'ufficio, arrivato lì per una sveltina. Oppure per togliersi di dosso lo stress. Sinceramente poco le importava. Per una volta aveva chiesto un favore; un singolo ed unico favore verso quelle donne che l'avevano si salvata e tirata via dalla strada, ma che ora la stavano solamente usando e sfruttando. Neanche si erano accorte di quel malessere che lei sembrava aver sviluppato; erano giorni infatti che Isabella mangiava poco, per non parlare del fatto che a stento riusciva a dormire.

<< Ho detto di no...>> Gemette nuovamente lei, la visto offuscata e la voce lamentosa. Isabella continuava a rannicchiarsi, le ginocchia che toccavano il petto nella speranza di diventare invisibile agli occhi di quel ragazzo. Non voleva esser toccata, non voleva esser guardata in quel modo che le provocava solo disgusto. Voleva esser lasciata in pace, voleva rimanere distesa su quel letto limitandosi a guardare il soffitto e pensare a tutto quello che era successo in quei mesi. La sua vita era cambiata in modo radicale. Lo vide spazientirsi, pettinarsi i capelli all'indietro prima di far scendere pantaloni e boxer, rimanendo nudo davanti a lei. Isabella non riusciva neanche a guardare quel corpo che, in quel momento, arrivava a procurarle ribrezzo.

<< No...>> Mormorò nuovamente lei vedendolo avvicinarsi nuovamente. Quell'uomo però non ascoltò; le prese una caviglia e cominciò a tirarla, trascinandola sul materasso fino a farla arrivare al bordo e lì la fece sedere, tirandola su per la nuca. Isabella cercò una via di scampo, ma le dita dell'uomo sembravano poter entrare dentro il suo cranio, impedendole qualsiasi movimento. L'altra mano del ragazzo andò a toglierle con secchezza il reggiseno, andando a toccarle il seno con poca gentilezza e con bramosia mentre il respiro cominciava a diventare veloce e strozzato, mentre lui cominciava schifosamente ad eccitarsi. Isabella tentò di scansarsi, tentò di allontanarsi, ma lui continuava a stringere le dita nelle sue nuca e più lei tentava di andarsene più lui le faceva male, un sorriso strafottente e vincente stampato sul volto.

<< Su fa la brava...>> Mormorò lui continuando a spingere il volto di lei contro il suo bacino, con forza e prepotenza...

 

<< Mi hai messo la mano sulla testa ed hai spinto sempre più infondo, lasciandomi soffocare... >> Gemette lei, la lama girava nella ferita lentamente, scavando sempre più a fondo mentre tutto intorno a lei sembrava essere impazzito. Non si accorse delle lacrime che avevano cominciato a scivolare lungo il suo viso, del fiato che era sempre più a singhiozzo, del dolore al petto che sembrava non darle tregua. 

<< Poi mi hai preso per i capelli e mi hai gettato sul letto, mi hai tirato uno schiaffo quando non volevo girarmi di schiena e me ne hai tirato un altro quando ho provato a parlare ed hai spinto, gemendo come un maiale sgozzato, facendomi sempre più male- >> Continuò Isabella, gli occhi del ragazzo erano colmi di paura, le sue labbra tremavano, il suo corpo tremava. Si sentiva ancora chiamare, in lontananza, ma sembrava un semplice eco.

<< Hai finito dandomi una pacca sul culo, come un vero uomo, pulendoti su di me...ed hai riso, me lo ricordo benissimo, ma ora non ridi più, vero? >> Chiese lei premendo il coltello ancora più a fondo. Il sangue cominciò a sgorgare più velocemente, il ragazzo urlò di dolore e sembrò quasi implorarla, ma non sapeva se ciò sarebbe bastato. Con un gesto secco estrasse la punta del coltello fuori dalla ferita, pronta ad infierire in maniera più decisiva quando una mano bloccò il suo braccio, scuotendola da quel torpore. Si accorse solamente ora del calore che proveniva da dietro di lei, l'odore di bruciato che riempiva l'ambiente e Dean, il volto sporco di fuliggine nera. Con uno strattone prese il ragazzo e lo trascinò fuori uscendo appena in tempo; il locale crollò su sé stesso, completamente bruciato.

<< Che diamine ti è preso eh!? >> Domandò Dean strappandole di mano il coltello, l'espressione furiosa sul volto. Tutto le sembrava ancora lontano e lei si sentiva stranamente svuotata, stranamente debole.

<< Stava andando tutto a fuoco Isabella! Potevi morire là dentro... >> Continuò lui, ma non aveva ragione. Lei non sarebbe mai potuta morire lì dentro, lo sapeva, anche se non ne sapeva il motivo. Stava per parlare, le parole le stavano uscendo dalle labbra quando lo vide cadere a terra, il corpo improvvisamente molle come una bambola di pezza, gli occhi sbarrati...

   
 
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