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Autore: pampa98    04/11/2019    9 recensioni
[Jaime/Brienne]
Soulmate!AU. Una rivisitazione degli eventi della serie in chiave Soulmate, da quando Jaime e Brienne si incontrano per la prima volta all'accampamento degli Stark, fino al loro addio ad Approdo del Re.
Genere: Avventura, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Brienne di Tarth, Jaime Lannister, Sansa Stark, Tyrion Lannister
Note: AU, Soulmate!AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'The song of the Knight and his Maiden Fair'
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JAIME III


 
Sentiva delle braccia forti stringerlo delicatamente, impedendogli di sprofondare nell’acqua che ormai si stava raffreddando.

Brienne.

Era certo che fosse suo il corpo premuto contro di lui, perché sapeva di aver parlato con lei fino a pochi secondi prima di svenire.

Jaime non ricordava di aver mai sofferto così tanto come in quegli ultimi giorni. Erano stati di più i momenti in cui era stato privo di sensi che quelli in cui capiva cosa stesse facendo o stesse accadendo attorno a lui, quelli in cui quel maledetto moncone gli ricordava incessantemente che la sua carriera di cavaliere e miglior spadaccino dei Sette Regni era finita. Quel dolore e Brienne erano le uniche cose di cui era riuscito a prendere atto in quei giorni. Brienne era l’unico motivo per cui era ancora vivo. Aveva lottato, stava lottando e avrebbe continuato fino a quando lei lo avrebbe voluto.

È sbagliato. Dovrei farlo per Cersei, per la donna che amo e l’unica che desidero al mio fianco.

Ma il suo corpo e il suo cuore non lo ascoltavano troppo ultimamente. Altrimenti avrebbe ucciso Brienne su quel maledetto ponte. Altrimenti avrebbe lasciato che quegli animali si divertissero con lei. Altrimenti non gli importerebbe di mostrarsi migliore ai suoi occhi e non tremerebbe per il suo tocco gentile.

È più delicata di Cersei.

Sua sorella non poteva permettersi di essere un’amante dolce e premurosa, non ne avevano il tempo. E a Jaime non era nemmeno mai importato: fintanto che poteva passare anche solo qualche minuto con lei, gli bastava.

Con Brienne non mi basterebbe. Con lei vorrei di più.

«Jaime! Jaime, mi senti?»

«Sì» rispose, sentendo che le forze cominciavano a tornargli.

«Riesci a stare seduto?»

Brienne lo avvicinò al bordo della vasca e Jaime vi si appoggiò, sforzandosi di non scivolare nuovamente nell’acqua.

«Va bene. Resta fermo, torno subito.»

Detto questo, si diresse verso il lato opposto della vasca. Jaime cercò di tenere il polso fasciato lontano dalla superficie dell’acqua e di non prestare troppa attenzione al corpo di Brienne, che per muoversi più agevolmente si era di nuovo alzata in piedi. Era muscolosa sulle gambe lunghe e sulle braccia, ma aveva comunque le forme di una donna. La sua pelle era morbida e aveva la schiena piena di lentiggini. Ricordava di averle viste anche sul suo petto. Quando Brienne tornò verso di lui, Jaime fece finta di armeggiare con il braccio mutilato, imponendosi di non guardarla fino a quando non fosse tornata al sicuro, nascosta dall’acqua. Rischiava di avere la seconda erezione nel giro di pochi minuti e sarebbe stato imbarazzante spiegare a Brienne che ne era lei la causa.

«Ecco, vieni qui.»

Vedendolo in apparente difficoltà, probabilmente Brienne credette che stesse per avere un altro mancamento e lo fece appoggiare a sé. Jaime la lasciò fare. Lei bagnò la spugna prima di cominciare a pulirgli le braccia, sempre facendo attenzione a non premere troppo. Una parte di Jaime avrebbe voluto dirle che non era una dannata bambola di vetro, mentre l’altra si sentiva sopraffatta per la premura e la dolcezza che Brienne gli stava mostrando.

È l’unica persona che mi abbia mai trattato gentilmente.

«Brienne.»

Lei alzò la mano di scatto. «C-Cosa? Ti ho fatto male? Scu- »

«Sei stata talmente delicata che, se non lo avessi visto, non avrei nemmeno capito che mi stavi toccando.»

Brienne abbassò lo sguardo, arrossendo.

Quando imparerai a pensare prima di parlare?

«Perdonami, non è… Sono io che mi devo scusare» disse. «Per il mio comportamento, sono stato crudele. Sei stata gentile con me…»

«Va bene, ne abbiamo già parlato, è tutto risolto» tagliò corto lei.

Poi il dubbio – e forse anche preoccupazione – si insinuò nei suoi grandi occhi blu. «Ricordi cosa è successo prima? Quello che mi hai detto…»

Jaime sospirò. «Aerys. Ti ho raccontato dell’Altofuoco, sì.»

Brienne annuì e riprese a lavarlo, questa volta facendo più pressione, ma senza mai fargli male. Quando passò al petto, Jaime la vide arrossire vistosamente. Si chiese se fosse mai stata così vicina a un uomo nudo.

No, idiota. È una fanciulla d’alto lignaggio, non è mai stata con nessuno.

Ragion per cui avrebbe dovuto tenere a freno le sue parti intime. Non avrebbe rischiato di disonorarla. Non lei.

Né nessun’altra, dal momento che io voglio solo Cersei.

«Hai freddo» disse a un tratto Jaime.

L’acqua si era ormai raffreddata e a Brienne era venuta la pelle d’oca.

«Sto bene» mentì lei. «Tu hai freddo?»

Jaime scosse la testa, sincero.

«Io no, ma tu sì, è ovvio. Dovresti prenderti più cura di te stessa.»

Brienne sbuffò. «Ti ho detto che sto…»

Le porte del bagno si spalancarono e due guardie, insieme ai servitori che li avevano scortati prima, si precipitarono verso di loro.

«State bene? Abbiamo sentito che gridavate aiuto» disse la prima guardia.

Che servizio! Brienne vi avrà chiamati almeno mezz’ora fa.

«Va tutto bene, è passato» rispose lei. A Jaime non sfuggì la nota di rimprovero nella sua voce.

La seconda guardia grugnì. «Ci avete scomodati inutilmente, dunque? Dannati Lannister.»

Jaime sapeva che per quegli uomini “Lannister” era l’insulto peggiore che potesse venir rivolto e non gli piacque che vi avessero chiamato anche Brienne.

Lei è una donna d’onore. Non ha niente a che fare con me.

«Quando vi abbiamo chiamati, era una questione piuttosto seria» spiegò Jaime. «Fortunatamente, io e lady Brienne di Tarth siamo riusciti a cavarcela anche senza di voi. Grazie comunque per l’aiuto» aggiunse, guadagnandosi un’occhiata torva da entrambe le guardie.

«Bah, non mi interessa. Sembrate più puliti di prima. Peck, Pia, scortateli alle loro stanze.»

Detto ciò, i due se ne andarono, lasciando solo i servitori. La ragazza – Pia – si avvicinò a Brienne con un telo, invitandola a uscire. Lei si voltò verso Jaime e lui annuì, facendole capire che stava bene e poteva farcela anche senza il suo aiuto.

Il ragazzetto non aveva niente con cui asciugare Jaime, così lui si limitò ad indossare nuovamente i vecchi pantaloni.

«Sei sicuro di non dover tornare dal maestro?» gli chiese Brienne.

«Sì. Ha detto che non mi sarei dovuto aspettare una guarigione immediata, ma che non avrei avuto bisogno di tornare da lui a meno che la situazione non fosse drasticamente peggiorata.»

Brienne lo guardò di traverso, evidentemente non rassicurata da quelle parole.

«Andiamo, donzella, dammi un po’ di fiducia! So badare a me stesso. Se mi ci metto di impegno» le sorrise, sperando di tranquillizzarla e forse un po’ lo fece, perché lei si lasciò scappare un piccolo sorriso.

«P-Perdonatemi, Ser, milady» intervenne Peck. «Do-Dovreste cambiarvi per la ce-cena con lord Bolton.»

«Una cena?» Jaime non sapeva se esserne felice o meno.


 
Li avevano separati di fronte alla scalinata principale. Brienne era stata portata in alto, nella torre, mentre Jaime era andato in una stanza sullo stesso piano. Se fosse stato più in forze, avrebbe costretto quel Peck a portargli il cambio nelle stanze di Brienne, ma, per una volta, aveva riflettuto, capendo che non sarebbe stato saggio agire a quel modo. Per più di una ragione, in realtà.

La casacca e i pantaloni che trovò sul suo giaciglio erano del tutto simili a quelli con cui era arrivato, solo più puliti. Talmente puliti che a Jaime sembrarono abiti degni di un re. Li indossò, sospirando felice per il contatto con la stoffa non impregnata di sudore o sterco. Sistemò nuovamente il braccio mutilato nella fascia che Qyburn gli aveva fornito.

“Servono garze e bende, se non sterili, quantomeno pulite se si vuole evitare un’infezione mortale.” Gli aveva detto il vecchio.

Io lo so, ma a Locke evidentemente questo non importava.

Ricordava che Brienne aveva fatto notare più volte che le cure riservate a Jaime non erano idonee, ma non l’avevano mai ascoltata.

Se non sono morto è solo perché lei ha cercato di tenermi in vita.

Locke e Bolton la dovevano solo ringraziare, dal momento che aveva impedito loro di diventare oggetto della furia di Tywin Lannister. O almeno della maggior parte di essa. Jaime dubitava che suo padre avrebbe accettato la mutilazione del “figlio preferito”, come lo chiamava Tyrion, senza pretendere un qualche risarcimento. Un Lannister paga sempre i propri debiti.

Sentì dei colpi alla porta, seguiti dalla voce di Peck.

«Mio-Mio signore? Se siete pr-pronto, Lord Bolton vi a-aspetta.»

Jaime non si fece attendere. Uscì e il ragazzino lo scortò verso la scalinata dove era stato separato da Brienne.

«Lady Brienne parteciperà all’incontro?» gli chiese.

«S-Sì, mio signore» rispose lui, impacciato. Era poco più che un bambino e, probabilmente – anzi sicuramente – non si trovava lì per scelta. Era tornato abbastanza in forze da potersi permettere di compatirlo.

«Ah, e-eccola.»

Jaime seguì lo sguardo del ragazzo. C’era una figura alta dalla parte opposta del corridoio, vestita con un lungo abito rosa. A Jaime venne quasi da ridere, perché quel colore stonava decisamente su Brienne, ma cercò di restare impassibile. L’aveva già insultata a sufficienza.

Quando lei lo vide gli si avvicinò e Jaime notò il grande scollo sul petto e le maniche che arrivavano fino al polso. Probabilmente quella era la veste femminile più grande che avessero.

«Come ti senti?» gli chiese.

Lui scrollò le spalle. «Normale. Bel vestito.»

Brienne sbuffò. Sì, quello era stato un commento decisamente fuori luogo. Brienne non era una di quelle frivole fanciulle che avevano bisogno di essere riempite di complimenti dall’altro sesso. Lei chiedeva solo la verità. E, come si dice, se una verità è troppo brutta, meglio restare in silenzio. Tuttavia Jaime era certo che lei stesse bene anche in abiti femminili, solo di un colore più adatto. Magari un verde o un blu.

«Lord Bolton vi attende, miei signori» li informò Pia. Era più sicura del suo compagno, ma ugualmente giovane. E carina. Jaime pregò che gli uomini di Locke non mettessero gli occhi su di lei.

«Non sarebbe saggio farlo adirare arrivando in ritardo» commentò Jaime, offrendo il braccio sano a Brienne.

Lei inarcò un sopracciglio.

«Che c’è? Non hai mai visto un lord e una lady entrare in una sala?»

«S-Sì, ma…»
«Niente ma, donzella» tagliò corto lui. «Forza, mi fa comodo appoggiarmi a qualcuno.»

Non era vero, ma Brienne non si sarebbe lasciata convincere se non avesse creduto che fosse per il di lui bene. Arrossì mentre gli prendeva il braccio e Jaime sentì il calore della sua mano attraverso la stoffa della casacca.

Furono accolti da Lord Bolton in quella che doveva essere la sala da pranzo prima che Balerion la distruggesse. Dopo pochi, semplici convenevoli, l’uomo li invitò a sedersi e fece servire dell’arrosto con rape e carote. Quando si sedette di fronte al piatto, con le posate ai lati, Jaime si rese conto che non sarebbe riuscito a tagliare la carne, a meno che non fosse stata estremamente morbida.

Non solo non posso più combattere, ma non posso nemmeno più mangiare come una persona normale.

Quel pensiero gli fece quasi venire il voltastomaco, se non che quella era la prima pietanza degna di quel nome che vedeva da mesi e non l’avrebbe lasciata nel piatto.

«Ci tengo ancora a scusarmi per il comportamento barbaro dei miei sottoposti. Non oso immaginare cosa vi abbiano fatto passare.»

«Meno di quanto avrebbero voluto, sicuramente» ribatté Jaime, mentre cercava di tagliare la carne con il coltello.

«Lord Bolton» intervenne Brienne. «Tu sei un alfiere degli Stark. Io ho agito per ordine di Lady Catelyn, pertanto…»

«Sei una traditrice, esattamente come lei.»

Jaime alzò lo sguardo verso di lui. Allora era vero, Robb Stark non sapeva della sua fuga, né la approvava. In pratica quella sciocca Lady Stark aveva messo in pericolo Brienne.

«Lady Stark è la madre del re» continuò Lord Bolton, «pertanto non è stata giustiziata. Mi auguro che il Giovane Lupo si mostri clemente anche nei tuoi confronti.»

«Mio signore…»

Bolton la ignorò. «Ser Jaime, tu verrai scortato alla capitale come risarcimento per l’errore dei miei uomini. Una volta là, informerai tuo padre che io non ho avuto alcuna parte nella tua mutilazione.»

«E Brienne?» chiese Jaime.

Non gli andava di lasciarla lì, dove sarebbe certamente stata in pericolo. Robb Stark si sarebbe anche potuto mostrare clemente, dal momento che Brienne si era limitata a seguire gli ordini di sua madre, ma se invece avesse deciso di giustiziarla? Jaime sentì una morsa allo stomaco al pensiero della sua morte. No, non poteva permettere che la separassero da lui.

Anche nella capitale – con Cersei – non sarebbe stata al sicuro, ma almeno lì avrebbe potuto proteggerla.

«Lei resterà qui, in attesa di giudizio.»

«Credo sarebbe meglio se mi scortasse ad Approdo del Re. È un ottimo cavaliere.»

«Sì, ho visto» rispose sarcastico lui. «Verrai scortato da veri cavalieri, che si assicureranno che non incappi in altri… incidenti.»

Jaime strinse a pugno l’unica mano che gli restava. Era stata colpa sua. L’incontro con Locke, la perdita della mano… Aveva attaccato Brienne su quello stupido ponte perché non si era fidato di lei e adesso sarebbe stata lei a doverne pagare il prezzo.

«Devo insistere» disse.

«Non sei nella posizione per farlo, ser» ribatté Bolton, con una nota d'impazienza nella voce. «Credevo avessi imparato a tenere a freno la lingua, o no?»

Jaime stava per ribattere – no, non avrebbe mai imparato – quando sentì Brienne prendergli la mano. Si voltò verso di lei e i loro sguardi si incrociarono per un momento. Brienne scosse impercettibilmente la testa e Jaime fu costretto ad accettare la sconfitta. Sarebbe partito senza di lei.

Sospirò e rilasciò la mano ancora stretta a pugno, intrecciando le sue dita con quelle di Brienne.
 


Jaime non credeva che sarebbe riuscito a chiudere occhio quella notte, ma alla fine la stanchezza aveva prevalso sulla preoccupazione e si era addormentato. Al mattino era stato svegliato da Peck, il quale lo aveva informato che Lord Bolton voleva vederlo.

Jaime sperò che l’uomo avesse cambiato idea e avrebbe lasciato che Brienne partisse con lui, ma quando arrivò nella grande sala ad attenderlo c’erano solo Bolton e Qyburn. Il non-maestro gli controllò la ferita e Jaime notò che aveva un aspetto molto migliore rispetto al giorno precedente.

«Molto bene» commentò Qyburn. «L’infezione è passata e sta cicatrizzando più velocemente di quanto avrei sospettato.»

«È in grado di viaggiare?» chiese Bolton, sempre pragmatico.

Jaime sperò quasi che Qyburn rispondesse negativamente, invece disse: «Non a ritmi serrati, ma credo proprio di sì. Te la senti?» aggiunse, rivolto a lui.

Prima che potesse rispondere, Bolton lo anticipò.

«Solo perché tu lo sappia, Sterminatore di Re, aspettare un altro giorno non cambierà la mia decisione sulla tua amica, perciò rispondi con la verità.»

Jaime avrebbe voluto dargli un pugno, ma si trattenne. Aveva sviluppato un minimo di autocontrollo durante quel viaggio.

«Posso viaggiare.»

Bolton annuì, soddisfatto.

«Bene. Partirete insieme a me tra un’ora. Qyburn verrà con voi, così da poter continuare a curarti.»

«Insieme a te?» chiese Jaime. «Te ne vai anche tu?»

«Devo partecipare alle nozze di Edmure Tully assieme al re.»

Jaime annuì. Se Bolton se ne andava, però…

«Porterai Brienne con te?»

«Ovviamente no. Lei resterà qui e, finito il matrimonio, Robb Stark giudicherà se è o meno colpevole.»

Non lo è.

Ma in quel momento non era Robb Stark a preoccuparlo.

«Chi resterà con lei?»

Bolton inclinò la testa e Jaime sapeva cosa avrebbe risposto prima ancora che parlasse.

«Locke terrà il castello fino al mio ritorno. Non temere, gli ho già detto che se dovesse farle del male, ne avrebbe risposto a me.»

Jaime era certo che, al massimo, Bolton gli avrebbe fatto una ramanzina, come si fa ai bambini piccoli quando fanno qualcosa di sbagliato. Brienne non sarebbe stata al sicuro lì.

«La mia pazienza ha un limite, ser, pertanto ti prego di non approfittarne» aggiunse, probabilmente captando l’intento di obiettare di Jaime. «Mentre i miei uomini si preparano, puoi andare a salutarla.»

Jaime non se lo fece ripetere.
 


La stanza di Brienne si trovava in una delle torri ed era più grande di quanto Jaime si aspettasse. Più grande di quella che avevano dato a lui, almeno.

Bolton aveva già deciso che il soggiorno di Brienne sarebbe stato più lungo del mio.

Quando lo sentì entrare, Brienne si alzò e gli andò incontro. Indossava ancora lo stesso abito del giorno prima.

«Sei in partenza» dedusse, senza bisogno che lui parlasse.

Jaime si sentì un traditore mentre annuiva.

«Parto tra un’ora. Bolton si dirigerà alle Torri dei Frey, mentre tu resterai qui.»

Brienne aggrottò le sopracciglia, ma restò calma.

«Con Locke.»

Jaime annuì di nuovo.

«Mi dispiace» le disse, anche se non serviva a molto.

«Non dirlo, non è colpa tua. Me la caverò.»

Sarebbero trascorse almeno due settimane prima che Bolton tornasse. Locke non sarebbe stato buono per tutto quel tempo.

Non posso fare niente.

Quella consapevolezza era disarmante. E inaccettabile.

«Vorrei poter fare qualcosa per te» le disse, sperando che lei gli desse qualche consiglio o lo pregasse di farla scappare con lui. Jaime avrebbe acconsentito a qualunque cosa.

Brienne lo fissò, i suoi occhi brillarono di una nuova determinazione.

«Hai fatto una promessa a Lady Stark. Le hai promesso di riportarle le sue figlie sane e salve. Mantieni la tua parola, è tutto quello che ti chiedo.»

Jaime sospirò. Come aveva potuto pensare che l’onorevole e altruista Brienne gli avrebbe chiesto qualcosa per se stessa. Ma, in fondo, poteva essere la cosa migliore da fare. Se Robb Stark avesse riavuto le sue sorelle, forse sarebbe stato più clemente con lei e le avrebbe risparmiato la vita. Brienne non gli aveva fatto quella richiesta per tornaconto personale, ma Jaime accettò per quel motivo.

«Riporterò la giovani Stark dalla loro famiglia. Lo giuro.»

I suoi giuramenti non contavano niente per la maggior parte della gente, ma Brienne gli avrebbe creduto. Glielo lesse negli occhi.

«Addio, Ser Jaime.»

Jaime avrebbe voluto salutarla a sua volta, assicurandole che le cose si sarebbero risolte per il meglio, ma non riuscì ad aprire bocca.

“Ser Jaime.”

Era la prima volta che si rivolgeva a lui con il suo titolo e, per la prima volta da diciassette anni, sentì di essere degno di quel nome. Pronunciate da lei, quella parole non suonavano come un insulto o una presa in giro, erano sincere. Brienne lo vedeva come un vero cavaliere.

Sopraffatto dalle sue emozioni, Jaime chinò il capo in segno di saluto e uscì. Una volta fuori rilasciò il fiato che non si era accorto di star trattenendo. Stare vicino a Brienne lo metteva in soggezione.

Mi considera un vero cavaliere.

«M-Mio signore?»

Peck si avvicinò a lui, chiedendogli di seguirlo in cortile dove erano stati ultimati i preparativi per la partenza. Jaime lo seguì, cercando di reprimere i sensi di colpa che sentiva crescere a ogni passo.

«Peck.»

Il ragazzino si voltò, agitato.

«S-Sì, mi-milord?»

«Ho una richiesta da farti» disse.

Peck si agitò ancora di più.

«Mio-Mio signore, io non po-posso…»

«Non è niente di difficile, ragazzo» sbottò Jaime, rendendosi conto, però, che usare un tono severo avrebbe solo spaventato ulteriormente il ragazzo.

Calmati e pensa prima di parlare.

«Vorrei che tenessi d’occhio Brienne, finchè sono via. È una brava persona, non voglio che le accada niente di male a causa mia. Puoi?»

«C-Certo, milord» rispose Peck dopo qualche secondo, più sicuro di quanto Jaime lo avesse mai visto. «Farò del mio meglio.»

«Bene» l’uomo gli diede una pacca sulla spalla, prima di allontanarsi. «Ti ringrazio.»

Nel cortile, Bolton lo stava aspettando insieme ai suoi uomini.

«Ser Jaime.»

«Lord Bolton.»

«È un addio, dunque. Spero che porterai a Tywin Lannister i miei più sinceri omaggi.»

Jaime annuì distrattamente, mentre saliva a cavallo.

«Naturalmente» rispose. «Lei starà bene?»

Bolton trattenne a stento uno sbuffo. «Le sei molto affezionato, vedo. Cos’è quella donna per te?»

Jaime ci pensò.

Un’amica. Una compagna. La donna che…

«La mia protettrice» rispose, prima che la sua mente elaborasse pensieri ancora troppo spaventosi per lui. Perché amare Brienne avrebbe significato distruggere tutto ciò in cui Jaime aveva sempre creduto e tutto ciò che aveva sempre desiderato. Amarla avrebbe significato metterle un bersaglio sulla schiena, un bersaglio che Cersei non avrebbe esitato a colpire.

Amarla significa ucciderla.

Bolton annuì, per niente interessato. «Ho fatto giurare a Locke di trattarla con il rispetto che merita. Puoi stare tranquillo.»

Jaime trattenne una risata.

Certo. Perché Locke la rispetta così tanto che non le torcerebbe nemmeno un capello.

«Mi assicurerò che tutto sia in ordine prima di partire» aggiunse Bolton, forse notando quanto Jaime fosse scettico. «Addio, Sterminatore di Re.»

L’uomo annuì, consapevole di non poter fare nient’altro per Brienne.

«Addio, Lord Bolton. Ti prego, dì a Robb Stark che mi spiace di non poter partecipare al matrimonio di suo zio. I Lannister gli mandano i loro saluti.»

Jaime seguì Qyburn e altri uomini fuori dalle mura della fortezza. Uno di loro portava un vessillo di pace. Jaime si voltò un’ultima volta verso la torre dove era rinchiusa Brienne.

Salverò le giovani Stark, Brienne. E poi tornerò a salvare te.


 
Avevano cavalcato per tutto il giorno, fermandosi solo quando era giunta notte e proseguire sarebbe stato troppo rischioso. Walton Gambali d’Acciaio, il cavaliere a capo del gruppo, decise che non si sarebbero fermati nelle locande poiché troppo rischioso, e che avrebbero viaggiato il più in fretta possibile per raggiungere velocemente la capitale.

Bene. Prima arriviamo, prima potrò mantenere quella dannatissima promessa agli Stark e salvare Brienne.

Poco dopo la loro partenza, Jaime aveva cominciato a sentirsi strano. O meglio, la sua vista si era come appannata, poi i colori avevano iniziato a sbiadire fino a tornare delle tonalità grigie e spente a cui Jaime era sempre stato abituato. Tranne per il cielo. Quello continuava a vederlo di un azzurro limpido.

In un primo momento, credette che gli stesse tornando la febbre, ma non aveva freddo né si sentiva spossato. Poi ricordò a cosa erano legati i colori e si sentì pervadere dalla paura. Era forse successo qualcosa a Brienne? L’avevano già uccisa? No, Locke era un verme bastardo, ma non avrebbe rinunciato al riscatto né avrebbe rischiato di far adirare Bolton inutilmente. Brienne era viva. Tuttavia, poteva averla violentata o mutilata. Al suo signore non era importato troppo che avesse tagliato la mano destra del figlio di Tywin Lannister, quindi perché si sarebbe dovuto preoccupare per la perdita della verginità di una grossa lady minore.

Maledizione. Non avrei dovuto abbandonarla.

«Tu hai studiato alla Cittadella, vero?»

Quella sera, mentre Qyburn medicava la ferita, Jaime decise di fare un ripasso sulla teoria delle anime gemelle, sperando di ottenere qualche informazione sulla salute di Brienne.

«Sì, mio signore.»

«Quindi saprai tutto sulle anime gemelle e i loro meccanismi.»

Qyburn sorrise. «Ah, le anime gemelle! Davvero una bella favola.»

«Non ci credi?»

Lo stesso Jaime era stato scettico per anni a riguardo, ma di recente aveva rivalutato le sue posizioni.

Brienne mi ha fatto rivalutare tutto quanto.

«Naturalmente ci credo, è tutto vero. Purtroppo io non sono ancora stato così fortunato da incontrarla. Tu l’hai trovata, mio signore?»

Jaime non rispose. Non era certo di essere pronto ad ammetterlo ancora.

«Che cosa vuoi sapere di preciso?» chiese Qyburn, capendo che l’altro non gli avrebbe risposto.

«Si vede il mondo a colori.»

Il non-maestro annuì.

«Non so molto di più, in realtà» confessò Jaime.

«Oh, non c’è molto altro da sapere. Quando si nasce il mondo è scuro e spento, poi arriva una persona speciale nella nostra vita che trasforma tutto ciò che ci circonda. Almeno finché è con noi.»

«Finché è con noi?» Finché è vicina? O finché è viva?

«Quando ci si allontana dalla propria anima gemella il mondo torna ad essere come prima, perché torna a mancare quella parte che ci completava e ci permetteva di vedere il mondo nella sua pienezza» spiegò Qyburn. «Solo un segno rimane a distinguere chi ha trovato la sua metà e chi vaga ancora nella speranza di incontrarla, un giorno: un colore. Un unico colore dell’intero spettro continuerà a essere visibile. È diverso per ognuno, ma è un colore che, in qualche modo, ricorda la persona amata.»

Jaime guardò il cielo. Era calata la notte e quello sembrava solo un manto nero costellato da puntini bianchi, ma lui ricordava che quel pomeriggio era azzurro.

Meno intenso del colore dei suoi occhi, ma abbastanza per farmi pensare a lei.

«Quindi è solo… Solo la lontananza a fare questo effetto?» chiese Jaime. -Non anche, non so, la morte?»

Brienne è viva. Se così non fosse, lo sentirei.

Si concentrò sulla risposta di Qyburn, ignorando il fatto che un tempo quel pensiero avrebbe avuto un’altra donna come protagonista.

«Oh no, per la morte la situazione è ancora diversa. In quel caso i colori rimangono, ma assumono tutti tonalità più cupe e spente. Dalla morte non si torna indietro, mentre si può comunque raggiungere una persona, quantunque sia distante, fintanto che respira la nostra stessa aria.»

Jaime osservò il fuoco, la sua mano e il moncherino, il volto di Qyburn. Erano bianchi e grigi. Non vedeva colori, né sfocati né intensi.

Tirò un sospiro di sollievo.

«Non la uccideranno» gli disse Qyburn, sorridendogli.

Jaime si sdraiò accanto al fuoco, ignorando il suo commento. Chiuse gli occhi, sentendosi più tranquillo, perché con quelle nuove informazioni avrebbe sempre saputo se, un giorno, sarebbe riuscito a rivedere la donna che aveva iniziato ad amare.

 
   
 
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