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Autore: lightwave3    06/11/2019    0 recensioni
Sono passati tredici anni da quando Eragon è partito per le terre ignote aldilà del mare.
Tredici anni in cui è riuscito a fondare una nuova generazione di cavalieri.
Ma una sera d’ autunno riceve un messaggio che lo porterà a far ritorno ad Algaësia.
Un messaggio che lo riporterà a casa, a Carvahall.
Genere: Avventura, Azione, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 1
 
“Là dove il cielo e la terra si incontrano.
Là dove il fuoco e l’acqua si scontrano.
Là dove le spade e i cuori parlano”.
 
Non era brutto. Ma neanche bello. Non era molto alto e aveva le spalle e la schiena dritte come se qualcuno gli avesse attaccato una scopa rigida per farlo sembrare più alto e più maestoso di quel che era. E con le sopracciglia folte e scure, i capelli neri mossi al vento e le mani callose, di sicuro non era niente di che. Però l’aveva colpita. Non per la figura maestosa che cercava di vedere in lui, ma per la dragonessa blu acciambellata sulla sua spalla, con la coda arcuata che circondava il suo braccio destro.

Era piccola, assonnata e con le palpebre semichiuse. Il muso appoggiato sulla spalla e le ali chiuse. Non era bella, aggraziata o maestosa, ma era rimasta a bocca aperta poiché non aveva mai visto un quadro simile in tutta la sua vita.

Troppi erano i racconti che aveva sentito su di lui e troppi erano le persone ad averli raccontati. Miti. Non erano nient’altro per lei. Eppure in qualche modo suscitavano in lei interesse.
______

Non era la prima volta che si perdeva nei suoi pensieri, eppure in quel momento guardando quel quadro così singolare, non si era accorta di suo padre e di come questi inutilmente la stesse chiamando. Solo quando egli con gentilezza le pose una mano sulla spalla e con leggerezza la scosse dal suo torpore, si ridestò dai suoi pensieri.

-Forza è ora di andare – le stava dicendo – si sta facendo buio e tua madre sarà in pensiero.

Solo allora Ismira si volse verso suo padre e guardandolo negli occhi, con una certa rassegnazione, rispose:
-Va bene padre.
______
 
Erano affollate le strade di Carvahall quella sera di autunno, mentre i due passavano per le sue vie, incespicando tra i passanti che stavano camminando o correndo senza guardarsi attorno, e parlavano tra di loro, ridendo e mangiando e riempiendo le strade di colori, odori e risate.
 
Solo un evento importante come la Cerimonia dell’Aria poteva tenere l’intero villaggio sveglio per tutta la notte, fino alle prime luci dell’alba. Non era una cerimonia come molte altre che si tenevano lungo l’intero anno, no, questa, questa era la cerimonia più importante: era la cerimonia per la nascita di un nuovo Cavaliere.
 
In ogni città o villaggio dell’impero ogni giovane, nel suo settimo compleanno, poteva sostenere la Cerimonia dell’Aria e quindi si poteva presentare al cospetto di un uovo di drago per avere la possibilità di essere scelto. Per Ismira questo era motivo di grande felicità, eppure per qualche ragione era così preoccupata che non sapeva cosa fare.
 
Forse era dovuto al fatto che nonostante i draghi facessero parte della sua famiglia, non tutti li accettavano. Era stato suo padre, per primo, a dire tanti anni fa sulle rive del Lago Leona, che i Draghi e i loro Cavalieri non erano altro che Dei, poiché immortali e così potenti da non essere uccisi così facilmente.
 
Certo, Fortemartello amava suo cugino Eragon come fosse suo fratello ma non gli piaceva per niente che lei, sua figlia, volesse diventare un Cavaliere. Così i discorsi e i racconti su di loro e delle loro imprese era stato accantonato. O meglio in sua presenza non ne parlavano. Solo sua madre Katrina e i suoi fratelli adottivi Rhuna e Ulor ne parlavano con lei con entusiasmo.
 
Sua madre però si vedeva che con il passare del tempo soffriva a causa di tutti quei discorsi e così anche con lei quei dialoghi divennero sempre più rari fino a scomparire del tutto.
 
Così con questi pensieri per la testa camminava al fianco di suo padre mentre lentamente salivano su per il sentiero e solo quando era appena calato il sole al di là delle mura cittadine, in fondo alla valle Palancar, che i due raggiunsero la casa a ridosso delle Cascate di Igualda.
______
 
Era arrabbiata. Si vedeva che era arrabbiata. Eppure per qualche ragione mio padre sghignazzava sotto i baffi.
-Sapete che ore sono?
Stava dicendo tutta concitata. Fuori di casa e dalle grazie. Con le maniche arrotolate e le braccia intrecciate.
-Vi siete persi per caso lungo la strada di casa?
Senza attendere poi una risposta, aveva aperto la porta di casa, poi era entrata dentro ed infine aveva richiuso la porta dietro di sé con violenza.
-Non ti preoccupare. È solo preoccupata per domani.
Aveva detto papà. Poi, ridendo, era entrato in casa a sua volta.
E così rimasi sola, a bocca aperta a fissare la casa e le stelle.
______
 
-Mi dispiace mamma. Mi sono persa a guardare un quadro e non ho fatto caso al tempo.
-Ti crederò solo quando me lo dirai senza avere del cibo in bocca, come un criceto. Prima mangia e poi parla. Così almeno possiamo sentire cosa hai da dire senza che ti strozzi.
Aveva replicato mamma lanciandomi occhiatacce di tanto in tanto.
Certo aveva ragione sul fatto che non dovevo strozzarmi con il cibo, ma come si faceva a non ingozzarsi con tutto quel ben di dio che aveva preparato? E in più quella sera aveva preparato così tanto che si poteva sfamare un intero reggimento.
-Non credi di aver esagerato con le porzioni mamma?
Aveva chiesto Ulor.
Poi guardandomi:
-Se non ce la fai sorellona posso mangiare anche la tua parte.
Ulor e il suo verme solitario. Però aveva ragione anche se non volevo ammetterlo.
-Cosa credi che non ce la faccia a finire? - avevo replicato – Se vuoi mangio anche la tua parte se invece di mangiare continui a parlare.
Eppure invece di arrabbiarsi aveva semplicemente mostrato la sua linguaccia e aveva riso come se fosse la cosa più naturale a questo mondo.
______
 
Finito di cenare avevo aiutato mamma a sparecchiare e a lavare i piatti. Lei però avevo notato che di tanto in tanto continuava a guardarmi di sottecchi.
-C’è qualcosa che non va?
Le avevo chiesto. Per tutta risposta smise di lavare, fece un gran sospiro, si asciugò le mani e guardandomi mi disse soltanto:
-Vieni.
Così la seguì, perplessa, mentre lei uscendo da casa si dirigeva verso le stalle.
L’aria era frizzante quella sera tanto che più di una volta mi strofinavo le braccia nude per riscaldarmi.
______
 
Una volta arrivata davanti alla stalla mi disse di aspettare e poi senza attendere una risposta mi lasciò impalata sulla soglia, confusa e a bocca aperta.
Poco dopo la vidi uscire con in mano un piccolo involto e avvicinatasi a me si diresse verso il portico della casa e si sedette facendomi segno di accomodarmi vicino a lei.
Non avevo molta scelta. Così mi sedetti vicino a lei anche se la vedevo nervosa. Voleva dirmi qualcosa ma non sapeva neanche lei da dove cominciare. Si vedeva che ogni volta che voleva aprire bocca mi fissava e poi d’improvviso si chiudeva in se stessa. Infine decise di parlare.
-Non pensavo che questo giorno sarebbe arrivato. Ti ricordi Quando io e te parlavamo di tanto in tanto su questo stesso portico sul fatto di quanto ti sarebbe piaciuto avere un drago e volare di avventura in avventura?
Me lo ricordavo. Eccome se me lo ricordavo. Ogni giorno ne parlavo quindi come facevo a non ricordarmelo. Forse se un Kull mi dava una mazzata in testa, e dico forse solo allora avrei potuto dimenticare tutti quei discorsi. Eppure non replicai. Lasciai che mamma continuasse.
-Ho paura sai. Non tanto che tu non possa essere scelta o che tu possa andartene e non incontrarti più. Ho paura che ti possa succedere qualcosa che ti possa fare male se diventi un Cavaliere.
-Io….
-Aspetta che non ho finito. – mi fermò mamma – Comunque…. Dato che sia io che tuo padre non riuscivamo a darci pace abbiamo pensato che darti una protezione e qualcosa che potesse legarci tra di noi sarebbe stato carino.
Così dicendo mi diede in mano l’involucro e per la prima volta in tutta la giornata mi sorrise.
Lo presi in mano e con delicatezza lo aprii.
Al suo interno trovai un astuccio e un panno nero. Aprii prima il panno e dentro trovai una collana e un piccolo anello.
La collana era di ossidiana con piccoli diamanti che ricordavano molto le stelle mentre l’anello era fatto di argento e al centro c’era una piccola linea nera come se la dovesse dividere in due.
Poi c’era l’astuccio. In legno di noce, decorato. Al suo interno quando lo aprii vidi un piccolo coltello anche questo di ossidiana nero dal manico fino alla punta del coltello stesso.
-Vieni - mi disse prendendomi con gentilezza dalle mani la collana.
Poi scostandomi i capelli mi mise la collana e accarezzandomi mi diede un piccolo bacio in fronte.
-Dai ora è meglio che ritorniamo dentro prima di congelarci.
Poi con un ultimo abraccio ritornò in casa un po’ più serena.
   
 
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