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Autore: vamp91    07/11/2019    0 recensioni
La stanza intorno a me iniziò a vorticare; tutto si fece confuso. L'unica cosa ben definita era il palco. Tutto il resto scomparve; c'eravamo solo io, lui e la musica. La sua voce roca, profonda e sensuale era qualcosa di indescrivibile. Ne avevo sentite tante, ma mai come quella. Stava risvegliando in me emozioni che avevo deciso di reprimere da tempo. Le note mi penetrarono fin nelle ossa, facendomi fremere...
(Se le mie storie vi piacciono commentate e fatemi sapere cosa ne pensate. Grazie a tutti)
Genere: Dark, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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Il mattino seguente mi sentivo come in preda al jet lag. La mia testa non voleva saperne di smettere di girare; ma stranamente, avevo le idee molto chiare.
Avevo pianto tutta la notte e questo mi era bastato; adesso era il momento di passare all’azione. Non mi sarei fatta prendere dallo sconforto due volte di seguito.
Quando arrivai a casa di Ian qualche ora più tardi decisi di bussare, ma non venne nessuno ad aprire. Così decisi di usare la chiave che lui stesso aveva fatto fare apposta per me. Mi guardai velocemente in giro, ma di Ian non c’era nessuna traccia; anche il letto era immacolato, il che stava a significare che la notte precedente non era tornato a casa. Per un momento mi chiesi dove fosse e se stesse bene, ma poi mi ripresi dandomi della stupida.
Iniziai a sistemare la mia roba in dei grossi scatoloni che lasciai all’ingresso.
“Megan?”
La voce di Alan mi fece sobbalzare.
“Oh dio” esclamai poggiando una mano sul cuore “non farlo mai più” intimai.
“Scusami, ma ero così sorpreso di vederti... che ci fai con quelli?” chiese indicando le scatole.
“Non è ovvio?” risposi stizzita “porto via la mia roba”.
“Dai, sono sicuro che Ian non volesse dire quelle cose ieri sera... era solo arrabbiato. Tutti sappiamo di quanto sia irascibile”.
“Quindi hai sentito...”
“Già. Stavo uscendo per controllare che fosse tutto ok e ho ascoltato la vostra lite. Non credo che dicesse sul serio”.
“Non ha importanza” risposi “lui non è qui adesso e io sono stanca di dover subire ogni volta. Se fosse stato importa si sarebbe precipitato a casa mia o avrebbe almeno chiamato. Ma non l’ha fatto”.
Se davanti a me ci fosse stato Ian e non Alan, allora forse avrei potuto cercare di chiarire.
“Che ci fai qui comunque?” chiesi poi confusa.
“Tra poco ci sarebbero le prove...” rispose lasciando la frase  in sospeso.
“Giusto... beh più tardi sarò a casa se volete passare, adesso vado; manderò qualcuno a prendere gli scatoloni.
Lo abbracciai forte prima di andare via, trattenendo a stento i singhiozzi.
Quel pomeriggio si presentarono tutti alla mia porta; beh, tutti tranne uno.
“Megan cerca di ripensarci” mi supplicò Alan “finalmente le cose stavano andando bene”.
“lo so, e mi dispiace; ma credo sia la cosa migliore da fare”. Li guardai ad uno ad uno soffermandomi su Katy “Strano che tu non abbia nulla da dire” osservai.
“Cosa vuoi che dica? Ian si è comportato da stronzo immaturo, ma è comunque mio amico”.
“Lo so, non volevo mica che ti schierassi dalla mia parte... ma cerca di capire i miei motivi, tu più di chiunque altro sai perché devo farlo...” lasciai in sospeso la frase, sapeva bene a cosa mi riferivo.
“Quindi finisce qui?” chiese Alan.
“Si” fu tutto ciò che mi veniva in mente. “Avete un po’ di tempo prima del prossimo concerto, potete trovare un sostituto o tornare al numero originale”.
Guardai Jeff. Se ne stava in piedi rivolto alla grande finestra che affacciava sul parco, dandoci le spalle. Sebbene non lo vedessi in faccia sapevo che era furioso. Lo si notava da come teneva rigide le spalle e dai pugni serrati. Eppure non emise un singolo suono.
“lui cosa ne dice?” chiesi tornando a guardare gli altri.
“Ian? Non si fa vivo dall’altra sera...”
Sospirai, ma non dissi altro.
Quando andarono via mi sentii più sola che mai. Lo stress mi stava uccidendo. Avevo pochissimo appetito e quelle poche volte in cui riuscivo a mandar giù qualcosa lo rigettavo subito dopo.
I giorni iniziarono a passare, prima lentamente, poi sempre più veloce, fino quasi a confondersi.
“Hai un aspetto orribile” osservò Chris in ufficio.
Non avevo uno specchio con me, ma sapevo a cosa si riferiva. Il mio viso era diventato di un colore smorto, pallido e le occhiaie non facevano che mettere in risalto il mio colorito malaticcio.
“Dico sul serio Megan, guardati! Sei anche dimagrita!” continuò “dovresti farti visitare da un dottore”.
“Forse dovrei” risposi quasi meccanicamente. In realtà non lo stavo ascoltando.
“Credi che sia un gioco?” tuonò “ne va della tua salute”.
Lo fissai, risvegliandomi dal mio coma. “ Hai ragione, andrò da un medico”.
Non volevo contraddirlo, non ne avevo la forza. E poi con un po’ di fortuna magari mi avrebbe dato qualcosa che mi evitasse di vomitare tutte le mattine.
Mi ero ormai abbandonata a me stessa, lasciando che tutto mi scivolasse addosso, facendomi trasportare dalla corrente. Non aveva senso per me provare a dimenticare o ignorare l’accaduto; al contrario avevo deciso di abbracciare il dolore.
Doveva servirmi da monito per aver creduto ancora una volta di poter essere amata da qualcuno per cui era ignoto il concetto stesso di amore.
Avevo messo tutta me stessa nella relazione con Ian, convincendomi che forse era la volta buona in cui le cose potessero andare diversamente dal passato.
Non facevo che pensare a questo mentre aspettavo l’esito dei miei esami. La voce del medico mi riportò alla realtà.
“Signorina? Può seguirmi? C’è qualcosa di cui dobbiamo parlare”.
Mi accigliai ma gli andai dietro.
“Prego” indicò la poltrona invitandomi a sedermi.
“Qualcosa non va?” chiesi cercando di rimanere calma.
“Beh, signoria, non so se ne avesse il sospetto ma... dalle analisi risulta che lei aspetta un bambino”.
Lo guardai incredula, poi dopo un breve momento risposi “No, non è possibile. Prendo la pillola regolarmente e sono sicura di non averla mai saltata...”
“La pillola non sempre è efficace al 100%” mi interruppe “ ci sono casi in cui non funziona come dovrebbe”.
“Io... io” non sapevo cosa dire, ero del tutto sconvolta. Avevo attribuito i miei problemi fisici allo stress subìto, nulla mi avrebbe mai fatto pensare  a una gravidanza. Se avessi avuto questa notizia un paio di settimane prima ne sarei stata felicissima, e anche Ian. Ma adesso? Cosa avrei dovuto fare? Qual’era la scelta migliore?
“Se decide di non volere questa gravidanza dobbiamo subito fissare un appuntamento, purtroppo non abbiamo molto margine di tempo. Più si aspetta più diventa rischioso”.
Abortire? Potevo davvero considerare questa decisione?
“Se decide di continuare ma non vuole tenerlo può sempre darlo in adozione. L’ospedale offre questo servizio in modo anonimo...”
“No” lo bloccai. Non avrei mai fatto del male al mio bambino in nessun modo. Avevo appena avuto la notizia, ma già sentivo di amare il piccolo esserino che cresceva dentro di me. L’avrei protetto a qualsiasi costo.
“Credo proprio che terrò il bambino” dissi con decisione.
“Se posso chiederle... il padre...”mi guardò senza finire la frase.
“Al momento si trova all’estero per lavoro, ma sono sicura che sarà felicissimo della notizia” mentii spudoratamente.
Rimasi lì a chiedere informazioni per altri 15 minuti buoni, poi mi fece un’ecografia.
“Ecco qui la foto” disse poco dopo “ per il momento è tutto nella norma, ma ovviamente dovrà tornare regolarmente per dei controlli”.
Sulla strada di casa non facevo che rimuginare sul da farsi. Avrei dovuto dirlo a Ian? Del resto lui era il padre e quindi ne aveva il diritto tanto quanto me. Stava a lui poi decidere se far parte o meno della vita di suo figlio. Il problema era come dirglielo. Dopo la lite non ci eravamo né visti né parlati...
Una cosa era certa, per il momento dovevo tenere la notizia per me. Per quanto volessi bene a Chris non ero sicura di potermi fidare su questa faccenda.
“Il dottore dice che è solo stress, mi ha dato delle vitamine per rimettermi in sesto” mentii il giorno dopo.
Chris tirò un sospiro di sollievo. “bene, per fortuna non è nulla di serio”.
Passarono altre due settimane e di Ian nemmeno l’ombra. Ero consapevole del fatto che lui non si sarebbe mai esposto per primo, ma in fondo un po’ ci avevo sperato. Più aspettavo e più mi logoravo, così decisi di andare al solito pub. Avrei aspettato in un angolo fino alla fine del concerto e poi lo avrei affrontato.
Già, era un piano infallibile. Cosa poteva andare storto?
Il locale quella sera era più affollato del solito. Evidentemente ormai il gruppo godeva di un’ottima fama.
“Credi che Ian verrà a bere qualcosa con noi dopo?” chiese una.
“Non ci giurerei, so che ha una ragazza” rispose un’altra.
“Che peccato...”
Dentro di me tirai un sospiro di sollievo. Forse non tutto era perduto. Il concerto Iniziò subito dopo e per tutto il tempo cercai di godermelo.
“Ian è davvero fantastico!” urlarono alla fine.
“Lo so e dovreste vederlo a letto, è una vera furia...”
Mi si gelò il sangue nelle vene.
“Come fai a saperlo, ci sei stata?” chiesero in coro le due oche curiose.
“Ovvio, è successo qualche giorno fa, mi ha portata a casa sua. Mi hanno sempre detto che non ci porta mai nessuna, ma evidentemente io sono speciale, perché sono rimasta li tutta la notte”.
Era palese che non aspettasse altro che vantarsene con chiunque le fosse capitato a tiro.
Improvvisamente fui assalita dai conati di vomito, ma mi sforzai per tenerli giù. Ormai era tutto finito. Non solo era stato con un’altra, ma l’aveva fatto a casa sua, nello stesso letto in cui fino a poche settimane fa noi avevamo dormito e fatto l’amore. Era imperdonabile. All’improvviso dirgli del bambino mi sembrò la cosa più sbagliata al mondo. Non volevo più avere niente a che fare con lui. Così mi alzai, decisa ad andarmene, ma fu un errore. In quel momento Ian alzò gli occhi dalla sua chitarra e come se fossero state due calamite, i nostri sguardi si incrociarono.
Il suo viso, che prima appariva indecifrabile, freddo e duro come quando ci eravamo conosciuti, per un attimo si abbandonò allo stupore, facendo trapelare le sue emozioni. Saltò giù dal palco, iniziando a sgomitare per raggiungermi.
Io però fui più veloce, uscendo dal locale quasi correndo e chiamando in fretta un taxi.
“Megan”
Il suono della sua voce mi pietrificò.
“Perché sei qui?”chiese. era una mia impressione o c’era una lieve speranza nel tono della sua voce?
“Volevo dirti qualcosa di persona, ma ho cambiato idea” feci per salire in auto ma mi afferrò la mano.
“Aspetta”
Per un momento dimenticai tutto il dolore abbandonandomi a quel tocco familiare. Poi tornai in me “Ho smesso di aspettare Ian” risposi fredda. “Ho solo un’ultima domanda da farti” lo guardai “ hai davvero portato un’altra a casa tua? Ci hai davvero fatto sesso? Sul letto dove abbiamo passato intere ore?”
Lui rimase paralizzato, incapace di emettere alcun suono. Era chiaro che non si aspettasse una domanda del genere.
Le mie labbra si sollevarono in un sorriso amaro.
“Non pensavo potessi essere così crudele; non dopo averti raccontato di come Dean mi abbia tradita. Deve essere una beffa del destino. Due volte allo stesso identico modo”
“No” rantolò lui.
“Non te ne faccio una colpa. Sapevo fin dall’inizio in cosa mi stavo andando a cacciare. Ho messo a tacere il buon senso per dare ascolto al mio stupido cuore, ma mi rendo conto di aver sbagliato. Tu sei così, non possiamo farci nulla”.
Mi divincolai dalla sua presa scansando la sua mano “non avvicinarti mai più a me”.
Il mio sguardo non lasciava nessun margine di scelta. Quella sera mi aveva spezzato il cuore definitivamente, e questa consapevolezza mi dava maggiore forza nel voler proteggere il piccolo esserino che cresceva nel mio ventre.
Lo lasciai lì, immobile e con lo sguardo vuoto.
Quando scesi dal taxi mi ero ormai ricomposta, seppur fossi sicura di avere gli occhi rossi e gonfi a causa del pianto; ma mai avrei immaginato di trovare Jeff seduto sui gradini del mio palazzo.
“Che ci fai qui?” chiesi incredula.
“Vi ho visti litigare” fu l’unica cosa che rispose.
Sospirai “Sto bene”.
“Davvero?” si avvicinò lentamente, sul volto un’espressione indecifrabile. Non lo avevo mai visto così serio, era sempre stato allegro e col sorriso sulle labbra.
“Perché sei qui?” ripetei.
“Davvero non lo sai?” rispose lui accarezzandomi le guance “Non respingermi...” sussurrò infilando il naso tra i miei capelli. “Credevo mi fosse passata, ma non é così. Muoio dalla voglia di picchiarlo per ciò che ti ha fatto...”
“No, la faccenda non ti riguarda” dissi fissandolo.
Anche lui era bello; lo avevo pensato dal primo momento. In più si era dimostrato sempre disponibile e gentile.
“Vorrei essermi innamorata di te” confessai scoppiando in lacrime “sarebbe stato molto meglio”.
“Shhh” mi confortò cullandomi tra le braccia.
Cos’era questo improvviso senso di calore che provavo?
“Ti accompagno su” disse mentre io annuivo.
“Entra” lo invitai una volta arrivati.
Jeff non se lo fece ripetere due volte. Forse stavo sbagliando o forse volevo ferire Ian come lui aveva fatto con me, ma in quel momento sapevo soltanto di non voler rimanere da sola.
  
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