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Autore: Spoocky    08/11/2019    4 recensioni
Nel corso di una giornata come tante sulla HMS Surprise Preservato Killick scopre una presenza misteriosa ed inquietante nella dispensa della nave.
Genere: Comico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Missing moments in Patrick O'Brian'
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Disclaimer: i personaggi non mi appartengono e non guadagno nulla da questa pubblicazione.

Buona lettura ^^

Ai quattro colpi della guardia del mattino[1] Preservato Killick lasciò la propria branda con un grugnito e brontolando si diresse alla latrina di prua.
Espletata quell’impellenza si diresse verso le stie in cui chiudevano le galline durante la notte.
Senza nemmeno essersi infilato i calzoni salì in coperta, avendo cura di non farsi vedere dall’ufficiale di guardia, e raccolse le uova da servire al capitano Aubrey.

Portò il suo lauto bottino nella cambusa e finalmente si rese presentabile prima di mettere sul fuoco la caffettiera e due fette di pane tostato, la prima colazione del capitano, che proprio in quel momento cominciava a muoversi nella sua cabina. Sapendo che prima di mangiare si sarebbe recato al giardinetto, Killick attese che il caffè fosse pronto prima di recarsi nella cabina con l’acqua per la rasatura.
Contrariamente alle sue previsioni, tuttavia, il capitano ignorò completamente bacinella ed asciugamano per gettarsi ancora in camicia sul pane ed il caffè: “Fa talmente caldo stamattina che pensavo di farmi una nuotata, prima di colazione.” Biascicò tra un boccone e l’altro, come spiegazione.
Per tutta risposta il famiglio emise un mugugno indistinto che poteva rassomigliare a un “Signorsì.” E si mise l’asciugamano in spalla, pronto ad accompagnare il comandante in coperta.

Nonostante il caldo torrido di Bombay, il ponte ribolliva di attività sotto lo sguardo vigile del secondo tenente Thomas Pullings e di William Babbignton, quest’ultimo ufficiale di guardia.
Compagno di navigazioni di Aubrey fin da ragazzino, il tenente non batté ciglio nel ritrovarselo davanti nudo come un verme, ma si scusò per essersi presentato a lui scalzo, in maniche di camicia e con un consunto paio di pantaloni da marinaio in lino al posto dell’uniforme.

Aubrey accolse le scuse con una sonora risata: “Se vi scusate voi, Tom, io che dovrei fare? Piuttosto, visto che fa così caldo, perché non vi unite a me per una nuotata? Vi farebbe bene rilassarvi un po’ in acqua.”
A quel punto Killick sapeva già che la risposta sarebbe stata un educato diniego: il tenente era un nuotatore provetto, bravo quasi quanto il suo comandante, ma alcuni anni prima si era rotto due costole in battaglia ed era rimasto cagionevole di polmoni, inoltre in quel periodo era occupato dalle operazioni di raddobbo, che assorbivano tutto il suo tempo ed energia.
“Vi ringrazio, signore” disse infatti “ma purtroppo devo rinunciare: tra neanche un’ora arriveranno le nuove cime e bisogna assolutamente ghindare la coffa di mezzana, che come potete vedere è in uno stato penoso.”
“Certo, certo. Avete ragione.” Una breve pausa di riflessione “Beh, vediamo di unire l’utile al dilettevole: farò il giro della nave a nuoto e, se vorrete seguirmi con il libro del commissario, vi indicherò se ci sono danni allo scafo o al timone. Siete d’accordo?”
“Assolutamente, signore. Vado subito a prendere il libro e una matita.”

Vedendo Pullings correre verso il quadrato con tutta la vivace leggerezza dei suoi vent’anni Aubrey si concesse un sorriso e si rivolse a Killick: “Che bravo giovane! Sempre così attivo e ligio al dovere! Mi farebbe piacere averlo con me per colazione stamattina.”
Killick mugugnò un altro vago “Signorsì.” E calcolò mentalmente come comporre una colazione decente mentre quello scapestrato del comandante lo costringeva a fare il giro della nave al suo seguito per essere pronto in ogni momento con l’asciugamano.
Tutto tempo sottratto alla cucina.


Agli otto colpi della guardia del mattino[2]  finalmente anche il dottore si decise a scendere dalla branda e ad unirsi al capitano e al tenente per la colazione.

Come sempre prima del suo caffè mattutino, il buon dottor Maturin aveva la vitalità di un bradipo narcolettico ma, non appena ebbe riacquistato le facoltà mentali esordì con una domanda che giunse forte e chiara alle orecchie del famiglio, perennemente incollate alla porta della cabina: “Signori, qualcuno di voi per caso ha visto il mio Lemur catta, di recente?”
‘Non sapevo che il dottore avesse un gatto[3].’ Fu il primo pensiero di Killick.
Evidentemente il comandante si era posto la stessa domanda: “Di che gatto stai parlando, scusa?”
“Ma che ‘gatto’ e ’gatto’! Sto parlando del mio Lemur catta, meglio noto come ‘lemure dalla coda ad anelli’.”
“Mai sentito.”
“Come?! E’ quella graziosa bestiola che ho recuperato in Madagascar quando ci siamo fermati a prendere acqua.”
“Ah! Intendi quel mostriciattolo! No, non l’ho visto. Voi, Tom?”
“Nemmeno io, dottore, mi dispiace. Non ne avrei nemmeno avuto il tempo comunque, con tutto quello che c’è da fare.”
“A proposito.  Tom, mio caro, vedo che avete acquisito un bel colorito stando sul ponte tutto il giorno ma, date le temperature, vi consiglierei di tenere un fazzoletto bagnato sul capo per non incorrere in un colpo di calore.”
“Vi ringrazio, dottore, farò sicuramente così.”
“Di nulla, gioia. Ora, se voleste passarmi il cestino del pane… come mai è già finito? Killick, altro pane, per favore!”

Lo strillo del dottore mise in moto il famiglio che, mugugnando bestemmie, si recò alla dispensa per recuperare dell’altro pane.
Fu allora che lo vide.

Dal fondo oscuro della stanzetta due enormi occhi gialli lo stavano fissando, sospesi a qualche metro da terra. Scomparvero per un breve momento, per poi riapparire più vicini, accompagnati da un brontolio sinistro che nulla aveva che vedere con le strutture della nave.
Allora Killick si comportò nel modo più logico che gli venisse in mente per reagire ad un’apparizione tanto inquietante: si ribaltò all’indietro e cadde a terra, urlando bestemmie a raffica, mentre il fantasma strillava a sua volta, per poi sparire nell’ombra della dispensa.

Le urla del famiglio attirarono il dottore, Aubrey ed il tenente Pullings, che accorsero rapidamente in suo soccorso.
Lo trovarono riverso a terra, pallido come un cencio slavato e con un dito tremante puntato verso la dispensa.

“Che è successo, Killick?”
“S-sarebbe c-che nella dispensa c’è un fa- un fa-fa-fantasma, signore.”
“Sciocchezze. Non esiste niente del genere.”
“Ma io l’ho visto, signore. Vi giuro che l’ho visto!”
“Sembrate molto sicuro, avete controllato bene?”
“Ma certo che no! Ero sicuro che volesse entrarmi dentro per avere di nuovo un corpo, e non volevo mica cedergli il mio.”
“E cosa vi darebbe tanta sicurezza, sentiamo?”
“Beh, dottore, è risaputo che i fantasmi facciano questo. Lo sanno tutti.”

Alle spalle di Stephen, Aubrey e Pullings - che pure di norma non erano indifferenti alle superstizioni dei marinai – in quel momento stavano lottando per non scoppiare a ridere, ma lui rimase serissimo.
Recuperata la lanterna, entrò nella dispensa e, non trovando nulla ad un primo sguardo, declamò ad alta voce: “Rosa, rosae, rosae, rosam, rosa, rosa. Rosae, rosarum, rosis, rosas, rosae, rosis.[4] Ecco, ora non darà più fastidio.”

“Sentito il dottore? Prendere il pane e mollare gli ormeggi.”
“’gnorsì.” Non del tutto convinto dell’efficacia dell’esorcismo del dottore, Killick si addentrò circospetto nella dispensa, per uscire subito dopo rapido come un ratto e correre in cucina.
“Tu non vieni, fratello?”
“Non subito: Killick mi sembrava convinto di aver davvero visto qualcosa. Voglio controllare.”
“Non crederai anche tu a questa storia del fantasma, spero.”
“Giammai! Voglio solo dare un’occhiata, tutto qui.”
“Molto bene. Tom?”
“Se non vi dispiace, signore, resterei anch’io: sono curioso di vedere cosa ci fosse di tanto spaventoso nella dispensa.”
“Come preferite, ma poi non lamentatevi se non vi resteranno che le briciole.”
“Tu piuttosto, sottospecie di Trimalcione[5], vedi di non ingozzarti troppo. Torneremo subito.”
 


Date le minori difficoltà derivate dall’altezza, fu il dottore ad addentrarsi nei meandri della dispensa reggendo una lampada e quando ne uscì poco mancò che anche Pullings avesse un mancamento.
Sulla spalla di Maturin apparvero infatti due occhi arancioni che per un istante apparvero sospesi in aria. Man mano che Stephen si avvicinava, tuttavia, quegli occhi apparvero essere parte di una bislacca creatura grigiastra. Una specie di scimmietta pelosa con una folta coda bianca coperta di anelli neri.

Il sollievo fu tale che il giovane proruppe in una risata: “Così sarebbe questo il famoso fantasma della dispensa?” Tese una mano per accarezzare la bestiola, che strofinò la testa contro le sue dita, felice di farsi grattare le orecchie.
Anche Stephen si concesse un sorriso: “Questo, mio caro, è il famoso Lemur catta. Che ne dite?”
“Io non mi intendo di animali esotici, dottore. Però sembra davvero una simpatica creaturina.”
“Soprattutto per il sacro terrore che ha instillato al vecchio Killick, non vi pare?”
“Sissignore.” Questa volta il tenente si piegò in due per le risate.
“Beh. Direi che nessuno ci costringe a raccontargli la verità sul fantasma, che ne dite?”

L’unica risposta che ricevette dal tenente fu una risata anche più fragorosa della precedente.
 
- The End -
 
[1] Le 6:00.
[2] Le 8:00 del mattino
[3] “Cat”, in Inglese.
[4] Declinazione latina del nome “rosa”, tipico esempio di femminile della Prima Declinazione.
[5] O Trimalchione, personaggio del “Satyricon” dello scrittore latino Petronio (Massilia, 27d.C - Cuma, 66d.C)
  
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