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Autore: lightvmischief    10/11/2019    0 recensioni
Una ragazza.
Un gruppo.
La sopravvivenza e la libertà.
Le minacce e i pericoli della città, delle persone vive e dei morti.
Prova a sopravvivere.
Genere: Azione, Drammatico, Science-fiction | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: AU | Avvertimenti: Violenza
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CAPITOLO 22

 

CALUM
 

Non ho chiuso occhio.

Sono ormai le prime ore del giorno, precisamente le cinque passate e le ore precedenti le ho trascorse girandomi e rigirandomi nel mio “letto”, provando persino a contare le pecore per disperazione, tutto pur di distogliere la mia mente da ogni pensiero che formulava.

Quei pochi minuti in cui sono riuscito ad addormentarmi erano peggiori di quelli in cui ero sveglio, perchè un incubo arrivava presto a prendere forma nella mia mente o perchè mi svegliavo con il respiro e il battito cardiaco accelerato per nessun motivo apparente.

Sono abituato ad avere incubi, ormai sono fedeli compagni delle mie dormite notturne da quando tutto questo casino è cominciato. Quello che mi spaventa è che questa volta riguardano persone che sono ancora vive: Elyse, Blaine, Tracey. Kayla.

Da quando, la sera prima, Wayne mi aveva messo la pulce nell’orecchio del fatto che sarebbero già dovuti essere rientrati, non sono riuscito a pensare ad altro, nonostante le molteplici prove. In qualche modo, i miei pensieri finivano dritti dritti verso quel baratro oscuro di paranoie, ansie e paure che potrebbero essere non del tutto infondate, purtroppo.

Da una parte, cerco, provo ad essere ottimista e tento di convincermi che ci deve essere un buon motivo se non sono ancora tornati, che non prevede la loro morte. Dall’altro, invece, quello è il primo pensiero.

Conosco Elyse da oltre tre anni: è arrivata nel gruppo di Travis sei mesi dopo lo scoppio della fine, con un carattere impetuoso fin dall’inizio. È una di quelle persone che sarebbero in grado di affrontare qualsiasi cosa si ponga davanti al loro cammino. 

E così è stato: è stata una figura vitale nella sopravvivenza del nostro gruppo, soprattutto per i primi due anni, dove nessuno ancora sapeva esattamente cosa fare o come organizzarsi. Eravamo semplicemente degli sconosciuti - tranne per poche facce note - raggruppati in uno spazio comune. Non avevamo ancora un senso di comunità o di appartenenza.

Elyse è sempre stata in prima fila nella lotta alla sopravvivenza: era sempre disponibile ad uscire, lei diceva perchè in quel modo poteva “sfogare la rabbia e l’odio che provo verso il mondo intero”. Avrebbe potuto uccidere i Morti anche a mani nude se voleva. Ha quel fuoco dentro che è rimasto veramente a poche persone ora.

Me la ricordo, appena arrivata, con i capelli rossi che le sorpassavano le spalle in lunghezza, le lentiggini cosparse sul suo naso e le sue guance, le labbra sottili ma dalle quali uscivano già allora parole taglienti e coraggiose. 

Non appena aveva preso un po’ di confidenza con le poche persone iniziali del gruppo, mi ricordo che aveva preso un coltello affilato, lo aveva messo in mano ad una donna che precedentemente faceva la parrucchiera e le aveva detto di fare un taglio netto. La donna, con gli occhi spalancati e l’espressione un misto tra sorpresa, scioccata e timorosa, le aveva tagliato i capelli fin sopra alle orecchie. 

Elyse odia avere i capelli lunghi e sta cercando da una vita un rasoio a pile per rasarli a zero, ma senza esito. Quindi continua a farseli tagliare con il coltello.

Il prossimo anno fa i ventiquattro anni, proprio come Wayne, solo che i due non vanno proprio d’accordo: Elyse crede che il ragazzo sia troppo gentile e premuroso per riuscire a sopravvivere a questo mondo.

Il rispetto è uno dei suoi valori in cui più crede e questo lo mostra soprattutto con Travis e Tracey. Li guarda quasi con ammirazione, uno sguardo che non avrei mai pensato di vedere sui suoi occhi color miele.

Beh, c’è poco da dire su di loro: Travis e Tracey sono per noi più giovani come dei genitori secondari - per chi è abbastanza fortunato da averli ancora con sè -. Hanno accolto tutti quanti a braccia aperte, ogni persona è la benvenuta: nessuno dovrebbe subire l’apocalisse da solo e ognuno può portare un potenziale grandioso al gruppo.

Ho conosciuto Tracey - la moglie di Travis - qualche settimana dopo aver incontrato Travis. Lei è una donna intelligente, concreta, le questioni pratiche sono il suo forte. È gentile ma diretta: se qualcosa non va bene, lo dice senza problemi. Del resto, ne potrebbe pagare l’intero gruppo.

Anche se non sembra, tutti noi siamo la sua famiglia, ci vuole bene come se fossimo parte dei suoi parenti o amici più stretti. Voleva avere dei figli assieme a Travis ma, sfortunatamente, i fatti l’hanno battuta sul tempo, impedendole di avere un luogo sicuro in cui crescere la propria famiglia. Per questo è particolarmente affettuosa con Margaret, Matthew e Dylan, proprio come se fossero figli adottivi.

Mi metto seduto, appoggiando la schiena al gradone dietro di me, facendo attenzione a non urtare il braccio della persona stesaci sopra e arrendendomi all’idea che non sarei riuscito in ogni caso a riprendere sonno. Mi sfrego la faccia con i palmi delle mani. Tiro le ginocchia vicino al petto, appoggiandoci poi la fronte e prendendomi la testa tra le mani.

Quell’idiota di Blaine, invece, è un totale personaggio: non siamo andati subito d’accordo, ci sono volute un po’ di settimane per conoscerci, capire che entrambi stavamo solo cercando di fare il possibile per sopravvivere, poi infine abbiamo capito che eravamo soltanto due ragazzi spaventati per ciò che ci stava succedendo attorno.

Da quel momento in poi siamo diventati amici, ci siamo lasciati andare, abbiamo appreso uno cose dell’altro. Lui era sempre presente per una buona risata, per alleggerire l’atmosfera pesante che a volte si creava nel gruppo.  Sembra superficiale molte volte, ma in realtà cerca solo di nascondere quel suo lato preoccupato e profondo che ha dentro di sé. 

«Calum.» Sento il mio braccio sinistro venire punzecchiato un paio di volte, prima che io volti la testa per intravedere la figura di Ebony in ginocchio al mio fianco, che mi fa tornare in modo violento alla realtà.

«Ehi, che ci fai già sveglia?» le chiedo sottovoce, avvicinandomi quel che basta per distinguere nitidamente i lineamenti del suo viso, illuminato solo per metà e facendo risaltare i suoi occhi chiari.

«Non riesco a dormire» risponde, incespicando un po’ nelle parole.

«Come mai?»

«Ho fatto un brutto sogno.»

«Vuoi parlarne?» Scuote la testa, passando poi i pugni sugli occhi, sfregandoli. «Vieni qui, magari riesci a riaddormentarti, okay?» propongo, ritornando alla posizione precedente, appoggiato al muro.

Ebony si avvicina al mio fianco senza farselo ripetere due volte e appoggia la sua testa sul mio braccio, perchè troppo bassa per arrivare alla mia spalla. «Come mai Kaykay non è ancora tornata?» 

Stringo la mascella e mando giù la saliva, cercando di far sparire il groppo appena creatomisi in gola. «Non lo so, ma non preoccuparti, tornerà. È tosta, sa cosa fare là fuori. Ce la farà, tranquilla.»

«Lo so, è mia sorella, so che ce la farà. Tu non preoccuparti» risponde, enfatizzando il “tu”, nonostante il suo tono di voce strascicante. 

Guardo fisso davanti a me, non dandole una risposta. Ha ragione, sono io quello che si deve calmare e smetterla di preoccuparsi. Sarebbero tornati, tutti quanti.

Dopo qualche minuto, vedo che Ebony si è addormentata. I suoi capelli neri scendono disordinati sulle sue spalle e sulla sua schiena, ricordandomi quelli di sua sorella Kayla; una delle differenze immediate che si può cogliere, è il colore degli occhi: quelli della più giovane chiari di un verde tendente all’azzurro, mentre quelli della più adulta di un marrone scuro e profondo, schiariti soltanto dalla luce del sole.

Le differenze caratteriali, invece, sono infinite: se non fosse per la loro somiglianza fisica, non si potrebbe dire che sono sorelle. Ebony è estroversa, disponibile, a volte persino solare, per il poco tempo in cui è da noi. Forse è causa della giovane età, forse perchè è riuscita a vivere con i suoi genitori parte della catastrofe, forse è il suo meccanismo di difesa o forse è l’aver ritrovato sua sorella. Sono sicuro che dentro di lei, nel suo incoscio probabilmente, sta cercando di processare tutto quanto: la morte dei suoi genitori, il mondo presente, l’aver ritrovato la sorella creduta morta e la morte del fratello. 

Non avevo fatto domande sul loro fratello: me ne ero ricordato qualche ora dopo aver trovato Ebony, che Kayla mi aveva raccontato di avere anche un fratello più piccolo. Sarà sicuramente morto, purtroppo. Non volevo rabbuiare un momento per loro felice tirando in ballo il bambino.

Kayla, invece, è chiusa, sta sulle sue, permalosa e sulla difensiva. Solo ultimamente ha cominciato ad aprirsi - a modo suo - un po’ con tutti. So che ha creato un legame stretto con Mali e con Wayne, che ormai sono praticamente amici e ne sono felice. Dopo tutto quel tempo trascorso da sola in mezzo all’inferno, aveva bisogno di qualcuno che finalmente si prendesse cura di lei dal punto di vista mentale e che la facesse aprire, le facesse esternare i suoi pensieri.

Il suo, nostro rapporto invece, è un po’ diverso. Dobbiamo ancora chiarirci su questo: non credo voglia metterci un’etichetta, probabilmente la farebbe sentire incatenata a un qualcosa che per lei non può esistere. Ma al momento non mi importa. Al momento ho bisogno di saperla al sicuro e, soprattutto, viva.

Qualche settimana fa non avrei mai pensato che proprio lei - la ragazza che prima non capivo e quindi non riuscivo a sopportare - sarebbe diventata una persona importante per me. Certo, mi sarei comunque preoccupato per lei anche se non ci fossimo mai parlati, del resto è comunque una persona in carne ed ossa, con ancora un cervello che funziona e che si è presa cura del nostro gruppo, facendo parte delle uscite e salvando alcuni di noi là fuori - me compreso.

Ma qualcosa è cambiato, qualcosa è scattato. Amore? Decisamente troppo presto e troppo avventato come termine. Qualcosa si sta muovendo dentro di me, ma non sono ancora pronto a dargli un nome. Le circostanze, le responsabilità… 

Sfrego gli occhi con pollice ed indice del braccio libero, cercando di fermare i pensieri continui nella mia testa, che ormai mi hanno fatto compagnia per troppo tempo. Vorrei poter fare qualche passo, magari prendere anche una boccata d’aria fredda, ma non voglio svegliare la bimba appoggiata su di me, che finalmente sta riposando pacificamente.

   
 
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