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Autore: chiara10    11/11/2019    0 recensioni
"Lo guardavo e ogni volta mi rendevo conto che nonostante tutti i miei sforzi, nonostante mi stesse sul cazzo, nonostante mi facesse più male che bene io non ero andata avanti, non lo avevo dimenticato manco per niente."
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Era sempre stato così, o almeno non ricordavo un momento in cui non era andata così.
Potevo non vederlo per mesi forse anche anni e non pensarci, trascorrere la mia vita tranquillamente, vedendo altre persone, prendendomi anche tante sbandate, ma ogni santissima volta che lo incontravo ricominciava tutto come se non fosse passato neanche un giorno. Ogni volta che il mio sguardo si posava su di lui tutto quello che era successo tra di noi, tornava alla mente, o meglio quello che non era successo… Lo guardavo da lontano non facendomi vedere, né da lui né della mie amiche, per mantenere una certa dignità. Lo guardavo e ogni volta mi rendevo conto che nonostante tutti i miei sforzi, nonostante mi stesse sul cazzo, nonostante mi facesse più male che bene io non ero andata avanti, non lo avevo dimenticato manco per niente.
Lui, purtroppo per me e la mia sanità mentale, era una di quelle persone da cui non riuscivo a scappare, quelle cotte prese da piccola che possono diminuire, ma mai svanire del tutto. Non che non avessi avuto altre storie, altri rapporti, non avessi mai provato sentimenti per nessun altro, ma ogni volta che me lo trovavo davanti qualcosa dentro di me, si smuoveva. Non avevo mai capito se fosse più una cosa fisica o un sentimento profondo, uno sfizio da togliere per riuscire ad andare avanti o qualcosa da cui era più difficile evadere.
E alla fine anche lui si accorgeva di me, dopo molto più tempo di me, senza cercarmi tra le persone come facevo io, così di sfuggita come se fossi un piccolo dettaglio insignificante della sua vita, cosa che per me non era mai stato.
Dopo avermi notato, mi si avvicinò, come un serpente che ha puntato la sua preda.
“Ciao, non ti avevo visto.” disse ad alta voce, consapevole dell’effetto che mi faceva, usandolo a suo vantaggio per mettermi in difficoltà, perché lui traeva soddisfacimento nel vedermi in imbarazzo a causa di quello che provavo.
“Ciao..” Risposi provando a essere indifferente con un gesto della mano.
“Tutto bene?” Mi chiese ghignando in modo davvero insopportabile.
“Tutto ok, tu? Tutto bene?” Risposi provando a non prenderlo a schiaffi.
“Si tutto ok.”
Terminati i convenevoli, io tornai alle chiacchiere con le mie amiche e lui tornò dai suoi amici a godersi la serata. Ogni tanto, di sfuggita, per non farmene accorgere, lo cercavo, a volte senza neanche rendermene conto, ormai era un’abitudine, un’abitudine così sbagliata ma consolidata.
La serata passò tranquilla senza che mi considerasse. Come al solito, mi sentivo delusa, ma accantonai tutto in una parte del cervello perché non mi andava di rovinarmi le vacanze per uno così. Anche da sola mi rendevo conto che sarebbe stato difficile, ma dovevo almeno provarci.
Il giorno dopo, io e le ragazze uscimmo per dirigersi in spiaggia, luogo di ritrovo per i ragazzi del posto. Infatti, lì trovammo tutti i nostri amici. Mentre cazzeggiavamo parlando del più e del meno il migliore amico di mio fratello venne a chiedermi se mi andava di giocare a beach. Accettai subito, il beach era la cosa più vicina alla pallavolo che potessi fare in estate.
Solo al momento di entrare in campo mi resi conto che ci sarebbe stato anche lui, ero combattuta dall’essere felice per averlo intorno e contrariata perché sarebbe stato sicuramente molto fastidioso.
“Vabbè, ma se gioca lei, non c’è storia, è la campionessa.” Mi derise rivolgendosi al migliore amico di mio fratello. Io già infastidita lo ignorai, non volevo dargli soddisfazione. Entrai in campo passandogli accanto e non degnandolo di uno sguardo. Il mio migliore amico di mio fratello sorrise, era a conoscenza di alcune cose ed era a favore di una nostra unione.
Iniziammo la partita senza altre battutine, durante uno scambio, mentre mi trovavo sotto rete, fui travolta da una montagna di sabbia, mi girai e lo trovai a sghignazzare.
“Come i fottuti bambini.” Sussurrai mentre con le mani toglievo la sabbia da dosso.
“Scusa hai detto qualcosa? Non ho capito?” Mi disse irriverente.
“Assolutamente no, tranquillo.” Risposi con un tono affettato.
In qualche modo dovevo fargliela pagare, così decisi di vendicarmi sul campo, iniziai a battere volutamente su di lui, in quel caso i sette anni di pallavolo alle spalle mi tornavano utili, non riusciva a giocare decentemente neanche un pallone. L’ultimo punto fu il più divertente, mi fu alzata una palla davvero bella e allora decisi di schiacciare, schiacciavo raramente a beach perché la rete, per essere usata anche dai ragazzi, era molto più alta di quella cui ero abituata, ma per dargli una lezione dovevo farcela, stranamente vi riuscii e schiacciai giusto davanti ai suoi piedi lasciandolo interdetto.
I miei amici, che stavano guardando la partita, esplosero in grida di giubilo e urli da stadio come se avessi fatto il punto della vita; lo facevano principalmente per prendermi in giro, per evidenziare le mie doti pallavolistiche non proprio eccelse. Alle volte sapevano essere così stupidi ma gli volevo veramente tanto bene, nessuno doveva azzardarsi a toccarli, erano la mia famiglia.
Il migliore amico di mio fratello sorrise sia per la schiacciata sia per gli schiamazzi, era consapevole lo avessi fatto apposta a mirare su di lui, mentre uscivamo dal campo rivolgendosi lui disse scherzando.
“Lo avevi detto anche tu, se avesse giocato lei, non ci sarebbe stata partita no?!”
Lui sorrise e mi guardò, era un sorriso sincero, non trovavo nel suo sguardo scherno di alcun tipo, per una volta e sorrisi anch’io di rimando.
Era sbagliato, ne ero consapevole, ma quelle attenzioni mi facevano bene, il solo fatto che mi considerasse, anche se in un modo tutto suo mi rallegrava.
Tornai dalle ragazze, e Giorgia mi guardò maliziosamente.
“Ancora eh?!”
“Cosa?” Chiesi fintamente perplessa, sapevo cosa intendesse, ma era meglio negare, fino alla morte. Dovevo mantenere quel briciolo di dignità che mi rimaneva.
“Lo sai cosa, la sabbia, gli sguardi, le battutine. È così evidente che non serve manco dirlo.”
“Ma stai zitta, lo sapete, è un capitolo chiuso, quest’estate voglio solo divertirmi: alcool, feste e voi.”
 
“Quando la smetterete di comportarvi così e finalmente vi deciderete a combinare qualcosa sarà sempre troppo tardi.” S’intromise Paola facendo ridere tutte le presenti.
“Sai quante cose divertenti potreste fare al posto di stuzzicarvi così, sarebbe sicuramente un uso migliore del vostro tempo.” Disse Federica convinta.
“Ma tutte di me dovete parlare adesso?! Impiegate in modo migliore il vostro tempo, no?!” Chiesi ironicamente, riprendendo le parole di Federica.
“Lo sai che qua non c’è mai niente da fare, questa storia ci diverte, anche se noi non combiniamo nulla, visto che manca la materia prima, tu almeno fai qualcosa.” Disse Giorgia.
“Inoltre noi ci speriamo davvero che combini qualcosa con lui, dopo tutto sto tempo…” Aggiunse Cristiana.
 Era a lui che dovevano dirlo non di certo a me, pensai tra me e me, ma mi ridestai subito dai miei pensieri.
“Certo che manca la materia prima Giò, te li sei già passati tutti.” Affermai suscitando l’ilarità generale.
“Quanto sei simpatica oh.” Disse sorridendo a sua volta.
“Lo sai che ti amo.” Risposi con gli occhi da cerbiatto.
 
Passarono un po’ di giorni, e arrivò l’evento più atteso da noi ragazze. Era una stupidissima festa sulla spiaggia, ma era uno dei pochi eventi mondani dell’estate e potevamo finalmente ballare e scatenarci il più possibile. Inoltre la festa era molto conosciuta anche nei paesi vicini e questo comportava una grande affluenza di ragazzi e ragazze.
Optai per un top argentato che lasciava la schiena scoperta e un pantalone lungo nero che evidenziava il mio fondoschiena, unico lato del mio corpo che apprezzavo.
Con le ragazze decidemmo di bere qualcosa prima di andare alla festa al nostro pub di fiducia, io azzardai due cocktail e uno shottino di tequila sale e limone.
“Non starai esagerando? Io non ti ci riporto a casa eh…” Mi apostrofò Paola.
“Lasciala stare, tranquilla ti porto a casa io se serve.” Rispose per me Giorgia
“ Ma se tu devi trovare chi accompagna te.” Disse ridendo Paola.
“Rega stasera voglio divertimi e fottermene di tutto e tutti, voglio ballare, bere e fare il cazzo che mi pare, senza problemi e senza paranoie.”
“ Allora stasera si scopa.” disse un mio amico e scoppiamo tutti a ridere.
Dopo una mezz’ora ci spostammo alla festa che era già iniziata, ma ancora nessuno aveva intrapreso a ballare in pista, erano tutti a sorseggiare i loro drink a bordo pista aspettando qualcuno che facesse partire la festa davvero. Ovviamente io e le altre ragazze noncuranti di essere le prime e le uniche a ballare, ci buttammo in pista, non ci interessavano gli occhi addosso volevamo solo scatenarci.
Dopo circa mezz’ora ero a quota quattro shot di rum e pera, avevo sempre retto abbastanza l’alcol o almeno lo bevevo da abbastanza tempo da conoscere i miei limiti, quindi decisi di dover smettere o almeno rallentare, per non finire in qualche anfratto a vomitare anche l’anima e aver veramente bisogno di qualcuno che mi riaccompagnasse a casa.
Così tornai in pista con l’intenzione di non avvicinarmi al bancone per almeno un’oretta. Il rum fece il suo effetto, percepivo il mondo intorno a me in modo totalmente diverso, sentivo la musica rimbombarmi dentro ma non ero stordita, era una sensazione piacevole. Ero dignitosamente brilla, euforica, ballavo usando tutto il corpo, forse anche in modo ridicolo, ma non ero interessata agli occhi esterni volevo solo stare bene con me stessa.
Nello stesso tempo intorno a noi si era creata una folla, tra l’alcol e la moltitudine di persone iniziavo a percepire troppo caldo, così presi la decisione di andarmi a fumare una sigaretta sulle panchine non lontane dalla pista da ballo.
“Mi offri una sigaretta?” Chiesi a un mio amico facendo gli occhi dolci.
“Ma tu non fumi, da quando hai iniziato?” Mi chiese lui perplesso.
“Lo sai che ogni tanto una sigaretta la fumo, soprattutto se bevo un po’, allora me la dai?” Chiesi proponendo gli occhi dolci di poco prima.
“Certo, tieni.” Mi rispose cacciando dal pacchetto una sigaretta e porgendomela.
Mi voltai verso le mie amiche che si stavano scatenando, richiamai la loro attenzione e gli mostrai la sigaretta per rendere esplicite le mie intenzioni.
Mi dissero che volevano ballare ancora un po’ e poi sarebbero venute anche loro, così decisi di andare da sola, il caldo era insopportabile per me e non ce la facevo più.
 Ero già lontana da loro quando mi accorsi che non avevo l’accendino, in quel momento mi passò accanto lui.
“Mi presti l’accendino per favore.” Gli chiesi toccandogli il braccio per fermarlo.
“Ma tu non fumi.” Mi disse enigmatico, ma notai subito che aveva alzato il gomito anche lui. Conoscevo ogni sua sfumatura, riuscivo da un solo sguardo a capire le sue condizioni, era una tecnica affinata ormai, mi ero concentrata tanto su di lui negli anni che un solo sguardo era sufficiente.
“Una ogni tanto la fumo, soprattutto quando bevo.” Risposi cercando di ostentare tranquillità.
“Bere? E cosa avresti bevuto tu, la coca cola?!” Mi prese in giro.
“Senti me lo dai quest’ accendino o no?!” Dissi iniziando a spazientirmi, aveva ancora il potere di farmi innervosire, anche se avevo promesso a me stessa che non lo avrebbe più avuto.
“Ehi tranquilla, come t’incazzi facilmente.” Ghignò divertito consapevole anche lui di avere ancora quel potere.
Mi porse l’accendino ed io lo presi, quasi strappandoglielo dalle mani, senza dire niente, poi mi voltai e mi diressi verso le panchine.
“Aspettami, vengo anch’io che ho bisogno di un attimo di pausa.” Mi disse affiancandosi a me e sorridendomi.
Arrivammo alla panchina in completo silenzio, la sua sola presenza accanto mi provocava uno stato di agitazione mista a trepidazione: eravamo soli, in uno stato alterato, era scontato che il mio cervello partisse per la tangente e iniziasse a creare film mentali. Alla fine lui era la mia debolezza e lo sarebbe stato per sempre.
Mi sedetti e mi accesi la sigaretta e gli riconsegnai l’accendino per permettergli di accendere la sua.
Lui si sedette accanto a me e si accese la sua, dopo un paio di minuti mi girai e lo trovai a osservarmi.
“Cosa c’è?” Sputai acida.
“Niente, non ti scaldare.” Disse scoppiando a ridere ed io sbruffai.
“Cosa sbruffi, t’infastidisco?!”
“No tranquillo è passato quel tempo, ora mi sei indifferente.” Stavo mentendo spudoratamente, ma sperai non se ne accorgesse.
“Sappiamo entrambi che stai mentendo, ma farò finta di niente.”
“Fai come vuoi.”
“Quanto sei acida.”
“Ha parlato.”
Questi botta e risposta erano estenuanti, mi sfiancavano mentalmente, aveva ragione Federica, avremmo potuto fare veramente tante cose interessanti al posto di battibeccare, stuzzicarci e litigare. Ma non saremmo stati noi, noi continuavamo a litigare, a insultarci e a rendere la cosa ancora più difficile da reggere. Eravamo in uno stato di stallo da cui ero certa, non saremmo mai usciti.
Con questi pensieri mi alzai decisa ad andarmene e a mettere più distanza possibile tra me e lui.
“Già te ne vai?” Mi disse aspirando l’ultima boccata dalla sigaretta e buttando il mozzicone per terra.
“Cosa dovrei fare qui?! Torno dalle altre.”
“Beh potresti stare con me.”
 Il mio cuore perse un battito, il mio stomaco si strinse in una morsa chiudendosi all’istante. Nella mia testa milioni d’idee, di fantasie si erano affollate, ma le repressi subito. Tante volte eravamo stati nella stessa situazione, aveva detto cose molto ambigue, fraintendibili. Aveva fatto affermazioni che avevano creato speranze in me, che poi erano state puntualmente disattese, vanificate e ne ero uscita sempre con il cuore scalfito, con l’autostima a pezzi. Così provai a mantenere le calma e rispondergli con la sua stessa moneta, scoppiai a ridere, e quella risata parve scalfire la sua aurea da ragazzo menefreghista.
“E cosa dovremmo fare, non trovo proprio nulla che possiamo fare tu ed io insieme qui?” Marcai tu ed io per fargli notare quanto la cosa era ridicola, quasi strideva, stonava.
“Non lo so hai qualche idea?” Disse avvicinandosi a me con il suo solito ghigno.
“No, non ho idee quindi preferirei tornare dalle mie amiche, buona serata.”
Mi stavo voltando per andarmene, quando lui mi afferrò per un braccio. Mi strattonò ed io voltandomi mi ritrovai con le labbra a un soffio dalle sue. I suoi occhi saettavano tra i miei occhi e le labbra. Ero immobile, trattenevo il respiro, invece il suo respiro mi solleticava il naso. Non stavo capendo più nulla.
Si avvicinò e le sue labbra si attaccarono alle mie, io in un primo momento mi allontanai sconvolta, era incredibile, quello che su cui fantasticavo da una vita si stava finalmente avverando. Mi avvicinai con calma, come se da un momento all’altro lui potesse ripensarci, come si fa con i cerbiatti per paura che scappino.
Appoggiai le mie labbra sulle sue, e lui sorrise. All’inizio fu un bacio innocente, senza pretese, poi a mano a mano divenne più passionale, più intenso, la voglia che ci trascinavamo dietro da tempo stava uscendo allo scoperto, tutta la passione, la rabbia, nascosta nei nostri battibecchi, nelle nostre litigate ce la stavamo trasmettendo a vicenda. Dopo poco tempo ci staccammo per riprendere fiato, appoggiai la fronte alla sua.
“Cosa stiamo facendo?” Gli chiesi quasi retorica.
“Mi sembra evidente no?!”
“Lo sai cosa intendo.”
“Non ci pensare e vivi il presente”
Dicendo questo si rifiondò sulle mie labbra, riuscivo a sentire il suo sapore, era strano, avevo passato tanto tempo a fantasticare su quel momento che non pensavo sarebbe più arrivato. Molte volte, prima di dormire, il mio cervello aveva immaginato mille scenari diversi e mille situazioni diverse che culminavano tutti in quello che stavo vivendo in quel momento. Lui finalmente si era lasciato andare, era finalmente sceso a patti con l’attrazione che provava nei miei confronti senza più provocazioni e giochetti infantili.
Mi concentrai sulle sue labbra sulle mie, sulla sua lingua che giocava con la mia, sulle sue mani che mi stringevano i fianchi. Ero tramortita da tutte le emozioni che mi stava causando, ero felice, felice come non lo ero da tempo, anche essendo consapevole che tutto quello sarebbe finito, e sarebbe finito lasciandomi con più dubbi di quelli che avevo già.
 
Mentre continuavamo a baciarci, il suo cellulare iniziò a squillare. Sicuramente i suoi amici lo stavano cercando, era ormai un po’ di tempo che eravamo lì.
Mi staccai per farglielo notare, e lui mi guardò interrogativo.
“Ti sta squillando il telefono, non rispondi?”
“Non me ne ero reso conto.” Disse passandosi una mano tra i capelli.
Prese il telefono in mano e, dopo aver letto il mittente della chiamata, lo bloccò.
“Gli altri mi stanno cercando, li raggiungo prima che mi trovino qui.”
Poi si staccò da me e tornò in pista. Si staccò veloce, come un cerotto, indolore, Io invece rimasi ferma immobile, il calore del suo corpo se ne era andato con lui, così avvolsi le braccia intorno al corpo per sentire un po’ di sollievo.
Tornai dalle ragazze, indecisa se dire loro cosa era successo o no, se ammettere di aver ceduto, di essermi fatta sopraffare ancora da quell’infatuazione o sorvolare. Ora volevo solo godermi la fine di quella serata, a quello avrei pensato l’indomani.
Appena mi videro le ragazze mi subissarono di domande per sapere, dove fossi stata tutto quel tempo e soprattutto con chi. Le ingannai dicendo che dopo aver fumato la sigaretta, avevo incontrato un ragazzo di un paese vicino e avevamo chiacchierato del più e del meno fino ad allora.
Iniziarono a insinuare, ma le bloccai sul nascere e stranamente ci crederono ed io potei finire la serata tranquillamente. Non lo incrociai più per tutta la serata.
 
Dopo una mattinata a rimuginare su quanto successo la sera prima, il pomeriggio andai in spiaggia con le altre. Mentre stavo per introdurre l’accaduto, lui mi passò davanti, non mi guardò, non si voltò a salutarmi ed io mi resi conto che le cose non erano cambiate, probabilmente non sarebbero cambiate mai. Così mi morsi la lingua, non dissi niente, propensa a non aprire mai con nessuno quell’argomento.
Dopo pochi minuti mi girai a guardarlo di nuovo e mi chiesi se quell’attrazione sarebbe mai svanita, se il suo potere su di me sarebbe mai finito; se quello sfizio che mi sarei sempre dovuta togliere non si era insinuato sotto pelle, nel profondo, diventando un bisogno spasmodico, irrazionale, quasi viscerale.
Se quella cotta adolescenziale, che avevo sempre fatto in modo rimesse tale alla fine, si era dimostrato qualcosa di più intimo, qualcosa di radicato, difficile da togliere dalla testa, dal cuore, dall’anima.




Ciao a tutti! speriamo che questa storia vi piaccia, sarei immensamente grata se me lo faceste sapere. C.
  
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